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Avere successo con il marketing. Capitolo 2 - Impresa e marketing crescono insieme

Non mi stancherò mai di servire.

Leonardo da Vinci


Questo è il secondo di una serie di articoli tutti mirati a illustrare i vantaggi per l’impresa di un forte orientamento al marketing. Per il Capitolo 1 clicca qui. Per il Capitolo 3 clicca qui.


1. Impresa e marketing crescono insieme

Con la rivoluzione industriale nasce la grande industria che si rivolge direttamente al consumatore e la sua missione è produrre.
Ben presto, però, ci si accorge che non è sufficiente riempire piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere e creare sistemi di distribuzione efficaci, portare il prodotto verso il cliente; l'impresa si trasforma e si orienta alla vendita.
Nel momento in cui si riconosce l'importanza strategica di vendere si può affermare che il marketing inizia a muovere i suoi primi passi; per questo motivo, all'inizio della sua storia, il marketing è la scienza della vendita. Va sottolineato, però, che, in questa fase, non esiste ancora un rapporto diretto tra produttore e consumatore; questi resta un ricevitore passivo dei "messaggi" imposti dalla produzione.
Gli anni precedenti la grande depressione, la produzione domina e le attenzioni delle imprese sono concentrate quasi esclusivamente sui costi di produzione e di distribuzione. Con i consumatori che acquistano le merci alla velocità con cui vengono prodotte, non c'è alcun bisogno di preoccuparsi di creare una relazione con il cliente, è sufficiente fare in modo che i percorsi della distribuzione, dal produttore al consumatore, funzionino efficacemente.
Una situazione analoga a quella degli anni venti si verificherà alla fine della seconda guerra mondiale.

La Ford, all'inizio della sua produzione di massa, costruisce un solo tipo di automobile il leggendario modello T; obiettivo principale dell'azienda è ridurre il più possibile il prezzo di vendita e, grazie a questo principio, la Ford riesce a conquistare una posizione dominante.
Con il crescere del benessere, alcune imprese incominciano a rendersi conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualche centinaia di dollari in più, pur di uscire dalla standardizzazione. Una di queste, la General Motors, avvia la politica della produzione di una gamma di modelli studiati per le esigenze di una clientela differenziata. Il gusto del consumatore inizia a diventare una componente nella strategia della produzione di massa.
Se Ford fu il pioniere del vantaggio competitivo basato sul prezzo, Sloan, presidente della Gm, fu il pioniere del vantaggio basato sulla segmentazione.

La grande depressione dà una spinta al marketing. Come è noto, è nei momenti di crisi che le imprese più vivaci attuano iniziative di tipo innovativo per superare le difficoltà.
Uno dei primi passi verso la realizzazione dei principi del marketing viene compiuto proprio dalla Gm, il cui Presidente Sloan afferma, nel 1933, «La preoccupazione di acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del consumatore finale sta acquisendo una crescente importanza» e «... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la via più rapida per conseguire profitti ».
Questo processo di valutazione del ruolo del consumatore, rispetto alla strategia della pura vendita, subisce un passo d'arresto con la seconda guerra mondiale, quando la scarsezza dell'offerta rispetto alla domanda mette nuovamente in secondo piano le esigenze del consumatore.

Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, si assiste a un'accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing.

Si può affermare che, se negli anni '30 obiettivo del direttore commerciale era quello di massimizzare le vendite, negli anni '50-'60 obiettivo del direttore marketing, delle imprese più avanzate, diventa quello di ottimizzare il profitto dall'azione di vendita, di definire gli elementi per la realizzazione dei piani di sviluppo e di approntare iniziative atte a contrastare la concorrenza.
L'esperienza accumulata nel campo del marketing mostra che non esiste un modello organizzativo unico valido per tutti; anche tra imprese affini è difficile l'esportazione di un'organizzazione. Storici sono i fallimenti delle riorganizzazioni della Ford e della Chrysler, quando vollero imitare la General Motors (Buell, 1992) o della Westinghouse, che tentò di copiare la General Electric.
La creazione di un'impresa marketing oriented, ad esempio, è un processo delicato che va attuato per gradi e che richiede personale al quale affidare compiti e responsabilità e la creazione di una cultura aziendale conseguibile solo attraverso lo sviluppo delle risorse umane.

Con il graduale passaggio dalla produzione per il magazzino della prima impresa fordista alla produzione su richiesta del cliente, il prodotto va sempre più trasformandosi in un servizio al consumatore, l'impresa orientata alla vendita si trasforma in impresa orientata al cliente.

Nasce la customer satisfaction e, gradualmente ma costantemente, il consumatore diventa l'elemento che sempre più influenza e pilota scelte e strategie aziendali. Il responso dello scaffale è sacro e, negli anni '60-'70, viene assunto nelle aziende il principio della centralità del consumatore/cliente rispetto alla produzione. Tutta la letteratura scientifica americana di quegli anni pone in posizione centrale il consumatore e arriva a far coincidere l'operatività del marketing con l'obiettivo della customer satisfaction.

In Italia, l'eccesso di domanda rispetto all'offerta, rallenta il processo di formazione di una cultura di marketing; questa inizia a fare capolino negli anni '60, per effetto della presenza delle imprese multinazionali che trasferiscono in Italia tecniche di management già consolidate in patria. Il concetto di marketing inizia a diffondersi negli anni '70, ma è solo negli anni '80 che esso si impone come elemento centrale dei comportamenti e delle strategie aziendali. Le televisioni commerciali hanno un ruolo importante nello sviluppo di strategie di marketing innovative.

La customer satisfaction non ha raggiunto nel settore dei servizi la qualità che si riscontra nel settore produttivo; eppure molte statistiche hanno dimostrato che creare insoddisfazione nei clienti dei servizi può portare un'impresa alla rovina. Gli americani hanno introdotto il concetto del "killer occulto", un "virus" che si manifesta appunto nel caso in cui un'impresa di servizi non si preoccupi della soddisfazione del cliente (Caruso, 1999).

Con il graduale rivolgersi dell'impresa verso il soddisfacimento dei bisogni del cliente si assiste ad una nuova evoluzione nel mondo dell'economia: la transizione dall'era industriale a quella post-industriale.

L'aumento dei redditi delle famiglie aveva innescato, all'inizio del XX secolo, la produzione di massa di beni di consumo, capace di fornire prodotti che un tempo erano realizzati all'interno del nucleo familiare e aveva trasformato, pertanto, le abitazioni da luoghi di produzione (mobili, utensili, saponi, tessuti, abiti, generi alimentari) in luoghi di consumo. Un ulteriore aumento dei redditi aveva consentito, lungo tutto l'arco del XX secolo, il massiccio ingresso nel mercato dei servizi alle famiglie.
Quando, nel 1973, Daniel Bell scrisse il famoso The coming of post-industrial society, in Usa e in Europa, l'erogazione di servizi aveva già superato la produzione di beni materiali, diventando la prima forza trainante del capitalismo. In quell'anno, infatti, negli Usa ben 65 lavoratori su 100 erano occupati nel settore dei servizi (nel 2000 il comparto dei servizi occupa, in Usa, più del 77% della forza lavoro e contribuisce per più del 75% al valore aggiunto dell'economia).
Daniel Bell ha interpretato la caratteristica fondamentale del capitalismo "post-industriale" con le seguenti parole: «La società dell'era industriale qualifica la qualità della vita in base alla quantità di beni posseduti, la società dell'era post-industriale classifica la qualità della vita in termini di servizi e comodità, quali, assistenza sanitaria, educazione, tempo libero, ricreazione, turismo, arte».
Giova affermare che se, nell'era industriale, i fattori produttivi fondamentali erano rappresentati da capitale e lavoro, nell'era post-industriale i fattori fondamentali diventano, prima, l'informazione, e, successivamente, la conoscenza.
Nell'evoluzione del rapporto tra offerta e domanda la centralità del cliente viene portata alle estreme conseguenze. Il produttore si trasforma in un ricevitore passivo della domanda del consumatore; è il mercato e non la produzione che stabilisce il ciclo di vita del prodotto, a prescindere dalla sua perfezione tecnologica, il valore di un prodotto perde la sua oggettività, per dipendere da un numero di variabili che sfuggono al controllo della produzione.
Nel caso di prodotti tecnologici si instaura nel consumatore una frenesia verso la novità fine a se stessa mentre, all'altro estremo, nel campo dei beni di consumo, il cliente è interessato ai buoni acquisto, ai sorteggi, ai bollini, alle vendite promozionali, alla visibilità pubblicitaria, piuttosto che alle caratteristiche e alla qualità del prodotto. 
Nell'organizzazione aziendale prevale il criterio della necessità di operare dal basso verso l'alto, dal cliente alla produzione; ogni segmento dell'impresa (ricerca e sviluppo, progettazione, produzione, amministrazione, acquisti, trasporti) viene organizzato in funzione delle esigenze del cliente.

L'esasperazione della customer satisfaction porta, peraltro, ad alcune disfunzioni.

  • Alcune aziende sono diventate così ossessivamente sensibili ad ogni capriccio del cliente da perdere la cognizione reale del prodotto.
  • Il management ha ampliato repentinamente certe linee di prodotto senza costruire un'adeguata logistica di trasporto e vendita.
  • Gli staff di marketing sono cresciuti senza un adeguato controllo del ritorno economico.
  • Con l'ampliarsi della produzione, le aziende si sono convertite alla struttura divisionale, orientando la propria organizzazione al prodotto, ma creando ambiguità, lotte interne, confusione.
  • Agli inizi degli anni '90 la Mazda si trova con un listino di ben 929 modelli diversi di autovettura, la Matsushita con 220 tipi diversi di televisori e 62 di videoregistratori, Procter & Gamble Japan ha oltre 600 linee di prodotto; nel 1995 la Sony presenta sul mercato più di 5000 nuovi prodotti. Il cliente, che aveva innescato questa rincorsa alla novità, è ora disorientato da un'offerta così ampia e perde la corretta percezione del valore differenziale tra i vari prodotti.
  • Anche i venditori sono disorientati dalla vastità dell'offerta e non sono in grado di aiutare il cliente nelle sue scelte.
  • Le imprese, pur di seguire la frenesia del cliente verso la novità, hanno creato prodotti con funzioni sempre più complesse che la maggioranza dei consumatori non utilizza.

L'approccio della centralità del cliente mostra i propri limiti; esso rischia, infatti, di tarpare le potenzialità di innovazione e la fantasia dei produttori. Gli esperti americani devono ammettere che l'impresa, nella rincorsa affannosa dei desideri dei consumatori/clienti, di soggetti, cioè, caratterizzati da comportamenti emotivi e chiusi nella propria limitata esperienza per rappresentare la fonte dell'innovazione, è stata la vittima di questo atteggiamento market responsive (1).
 
Viene riabilitato il technology push (2), ma, contestualmente, riconosciuto lo stesso livello di importanza a cliente e produttore; nell'impresa moderna inizia ad affermarsi il concetto che il cliente è un partner dell'impresa.
                                     
Fortunatamente per il mercato, a metà degli anni '90, grazie anche ad un riposizionamento della funzione marketing in azienda, si assiste ad una significativa evoluzione del cliente; ad esempio la suggestione per il nuovo, indipendentemente dai suoi contenuti, va, man mano, perdendo di attrattiva. Il consumatore ha imparato a sue spese che non sempre il nuovo risulta soddisfacente; ne sono emersi, sia un orientamento di estrema selettività verso il nuovo che viene accettato in quanto assicura un incremento di performance considerate "rilevanti" rispetto al vecchio prodotto, sia una sorta di insofferenza nei confronti di ciò che non risulti user friendly.

Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava, prevalentemente, alla qualità del prodotto all'atto dell'acquisto, oggi, il 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l'evoluzione dell'impresa, ma, anche, la maturazione del consumatore, portano, quindi, alla nascita dell'impresa "moderna", preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati.

L'impresa moderna, finalmente libera dal dogma della superiorità del produttore o di quella del cliente si evolve con velocità sempre maggiore e si trasforma; quasi tutte le categorie tradizionali di gestione vengono superate. Il funzionamento dell'impresa diventa semplice e diretto al fine di poter esprimere rapidità decisionali, capacità innovative e flessibilità che non appartengono certamente al bagaglio delle organizzazioni di tipo fordista e post-fordista.

Oggi si parla di impresa virtuale, di impresa senza confini, di impresa cava, di impresa a rete, di impresa snella, tutti modi di interpretare l'impresa:

  • valorizzando prodotti e processi di natura immateriale;
  • trasferendo all'esterno alcune o tutte le attività operative e valorizzando pertanto il ruolo della PMI altamente specializzata;
  • privilegiando, come risorsa principale, l'intelligenza dell'uomo;
  • basando tutti i processi aziendali sulla information technology (Duse, 1998);
  • puntando, nei rapporti interpersonali, sul coinvolgimento dei dipendenti, sulla forza della motivazione (Denny, 1998) e sul modello dell'open-book management (Ivancic, 1998);
  • utilizzando l'automazione per lavori manuali, pesanti, routinari o rischiosi;
  • sostituendo al taylorismo, che tende a ingessare l'impresa la lean production (3), che prevede il continuo miglioramento delle mansioni affidate agli operatori, il processo di delega delle responsabilità anche ai livelli inferiori, la job rotation e l'apprendimento continuo;
  • adottando processi di lavorazione a basso impatto ambientale e a basso consumo energetico;
  • operando, non tanto per la centarlità del cliente, ma per la sua fidelizzazione.

L'impresa moderna è caratterizzata da un'organizzazione reticolare (impresa a rete o impresa rete) in grado di orientare il proprio ambiente interno verso un'area sempre più vasta, espressione di un mercato operante nel cosiddetto villaggio globale.

L'impresa non è più un'isola, ma è inserita nella rete delle relazioni che la legano con i clienti, con i fornitori, con i sub-fornitori, con i consulenti, con le aziende alleate, con le agenzie di pubblicità, con la concorrenza e, più in generale, con gli attori del territorio; ecco perché è anche difficile stabilirne i confini. La partecipazione ad una rete esprime la capacità di un'impresa, specie se Pmi, sia di utilizzare le proprie relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche e di mercato che da sola non sarebbe in grado di raggiungere, sia di migliorare, quindi, il proprio vantaggio competitivo.
Con la trasformazione dell'impresa, anche il marketing si evolve, anzi si può affermare che, ad un certo stadio di questo processo, è proprio il marketing che segna il tempo di queste trasformazioni.
La maggior parte delle aziende opera secondo il marketing management (Kotler, 1993), ove con questo termine si intende, secondo la American Marketing Association, l'insieme delle seguenti azioni:

  • dirigere e controllare tutte le attività di marketing dell'impresa;
  • partecipare alla formulazione di obiettivi, politiche, programmi e strategie;
  • indirizzare la politica dei prodotti;
  • collaborare all'organizzazione e alla formazione dei quadri;
  • attuare i piani e conseguire gli obiettivi di marketing.

L'impresa moderna si avvia a diventare sempre più orientata al marketing; questo processo non è facile né indolore, esso si scontra, infatti, contro tre componenti, la resistenza ai cambiamenti, la prevalenza degli interessi dei dirigenti su quelli dell'impresa, la carenza di cultura (Di Stefano, 1997). Nonostante queste difficoltà, le imprese più avanzate e che meglio sanno affrontare le sfide della globalizzazione e dell'innovazione, stanno rapidamente adeguandosi a questo orientamento.

Giova osservare che, praticamente, l'intera elaborazione teorica nel campo del marketing, sviluppata prima degli anni '70, faceva riferimento esclusivamente alle imprese impegnate in attività di vendita dei propri prodotti o dei propri servizi allo scopo di ricavarne profitto.
Solo negli anni '80, in Usa, si scopre che anche le organizzazioni senza scopo di lucro, pubbliche e private, devono affrontare problemi di marketing. Le scuole superiori e le università competono per acquisire il maggior numero di allievi, i musei per attirare i visitatori, gli ospedali per accrescere il numero dei propri pazienti, le chiese per sollecitare l'impegno di un maggior numero di fedeli, le organizzazioni di volontariato per aumentare il proprio campo d'azione umanitaria. Ma non solo le organizzazioni, negli anni ottanta si scopre che anche gli individui possono sviluppare attività di marketing: i politici per raccogliere un maggior numero di voti, i medici per aumentare il numero dei pazienti, gli artisti per godere di maggiore popolarità. Uno studioso di marketing annovera nel campo degli utenti delle tecniche di marketing i giovani che cercano l'anima gemella e il barbone che individua la migliore posizione per chiedere l'elemosina.
Ciò che accomuna tutte queste situazioni è il desiderio da parte di qualcuno di ottenere qualcosa da parte di qualcun altro: acquisto, servizio, attenzione, interesse, benevolenza, curiosità, desiderio, fama. Ma per sollecitare queste risposte, è necessario offrire qualcosa che gli altri percepiscano come dotato di valore, così da determinare un'autonoma e libera intenzione di offrire qualcosa in cambio. Si attua, così, lo scambio, il concetto base del marketing (Kotler, 1999).
Uno dei maggiori contributi del marketing moderno è stato aiutare le imprese a rendersi conto dell'importanza di trasformare la propria struttura organizzativa dalla focalizzazione di prodotto alla valorizzazione del circolo virtuoso impresa - mercato - impresa.
Il classico articolo Marketing Myopia di Theodor Levitt e le celebri cinque domande, che secondo Peter Drucker, ogni impresa dovrebbe rivolgersi,

Qual è il nostro business.
Chi è il nostro cliente.
Che cosa assume valore per il cliente.
Quali saranno le caratteristiche del nostro business in futuro.
Quale dovrebbe essere il nostro business ( Drucker, 1986).

hanno svolto un ruolo rilevante nell'affermare il nuovo modo di pensare. Ma molti anni sono trascorsi prima che le imprese avviassero una trasformazione della propria visione da un orientamento "interno-esterno" a quello "esterno-interno-esterno".

Nel 2001, nel pieno della crisi economica innescata dallo sgonfiarsi della bolla speculativa della fine anni '90, il grande economista Paul Krugman, uno dei pochi ad aver previsto l'avvenimento affermava: «Che cosa vuol dire che è tornata l'economia della depressione? Essenzialmente vuol dire che, per la prima volta da due generazioni, la scarsità della domanda - una spesa privata non sufficiente a sfruttare la capacità produttiva che abbiamo a disposizione - è oramai diventata un chiaro ostacolo al benessere di gran parte del mondo. Noi - e con questo mi riferisco agli economisti, ma anche ai politici e in generale a tutti quelli che hanno un buon livello di istruzione - non ce l'aspettavamo. Quell'insieme di nozioni che prende il nome di "economia dell'offerta" costituisce una teoria che funziona male, e che avrebbe avuto poco successo se non avesse fatto presa sui preconcetti della gente; ciò nonostante, negli ultimi anni, il pensiero economico si è sempre più spinto  a enfatizzare il ruolo dell'offerta, piuttosto che quello della domanda.  …   La verità è che la vecchia economia che si concentra sulla domanda ha ancora molto da offrirci» (Krugman, 2001).

Per uscire dalla crisi economica che attanaglia il pianeta, dall'inizio del terzo millennio, agli economisti, alle banche centrali, ai governanti è affidato il compito di sostenere la domanda, individuando soluzioni macroeconomiche come la politica dei tassi, il prelievo fiscale, le opere pubbliche, ma un ruolo importante deve averlo anche il marketing che dovrà individuare nuove strategie e nuove politiche per stimolare i consumi.

Eugenio Caruso
11-09-2008

 


NOTE

(1) Strumento derivato che permette al compratore di acquistare o vendere a un prezzo determinato al momento della stipula, un certo quantitativo di azioni. Una società può avvalersi di tale strumento per incentivare il proprio personale.

(2) Il technology push è la predisposizione dell'industria a spingere il proprio prodotto, forzando la volontà espressa o latente del consumatore/cliente.

(3) La lean production è stata introdotta dalla Toyota; è un sistema di produzione che impiega una modesta quantità di risorse aziendali, combina i vantaggi della produzione artigianale con quella di massa, consente di produrre un'ampia varietà di prodotti, impiega squadre di dipendenti multi-specializzati, è fortemente automatizzata, opera con un gran numero di sub-contractors, responsabilizza i lavoratori, che sono stimolati ad individuare eventuali anomalie nel processo di produzione. Alla squadra è affidato il compito della manutenzione di macchinari e impianti posti sotto la sua responsabilità.


Bibliografia

Buel V.P., Manuale di marketing, FrancoAngeli, 1992.
Caruso E., Gestire l'impresa del 2000, FrancoAngeli, 1999.
Club de Bruxelles, The future of telematic services for SMEs, 1995.
Denny R., Motivazione: l'arma vincente, FrancoAngeli, 1998.
Drucker P., Manuale di management, Etaslibri, 1986.
Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio, FrancoAngeli, 1997.
Duse M., L'azienda per progetti, FrancoAngeli, 1998.
Ivancic C., J. Bado, Open-book management, FrancoAngeli, 1998.
Kotler P., Scott W. G., Marketing management, Isedi, 1993.
Kotler P., Il marketing secondo Kotler, Il Sole 24 Ore, 1999.
Krugman P., Il ritorno dell'economia della depressione, Garzanti, 2001.

Per un approfondimento sul marketing si invia al successo editoriale
E. Caruso, Il circolo virtuoso impresa mercato, Tecniche Nuove

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