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Come creare valore per l'impresa

Ciņ che l'uomo non sa o che non ha pensato vaga nella notte per il labirinto della mente.

Goethe



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1. Premessa

Obiettivo principale di un’impresa, sancito anche dal codice civile, è l’impegno nella creazione di valore, questo principio è fondamentale se l’impresa vuole attirare e conservare collaboratori di alto livello, creare opportunità di crescita professionale e personale, gratificare gli investitori e competere in modo efficace.

La cultura della creazione e della distribuzione di valore è puro ossigeno per l'organismo dell'impresa. Essa crea un ambiente aziendale vitale ed entusiasta, nel quale gli individui possono trovare opportunità genuine; chi lavora in una situazione di questo tipo ha maggiori occasioni di crescita professionale, lavora più intensamente e meglio.

In molte imprese, gli imprenditori o i manager sono portati ad accrescere vendite e profitti, guardando ad un orizzonte temporale breve. Essi perseguono ogni mercato e cliente con il risultato di sconfinare dai mercati obiettivo stabiliti a livello di strategie, di appannare l'immagine aziendale e disperdere le risorse, Dimenticano che i clienti tendono a scegliere fornitori sulla base del valore a lungo termine piuttosto che su una storia di breve durata.

2. La generazione del valore

L'approccio "tradizionale" prevede l'ottimizzazione della catena del valore "impresa per impresa", in modo autogestito e indipendente. Ogni impresa si preoccupa di organizzare al meglio il proprio segmento di valore, partendo da un output, cosa si vuole vendere, e da un input, cosa si deve acquistare, ben definiti. L'ottimizzazione dell'insieme delle catene del valore delle imprese che concorrono alla realizzazione di un business, deriva dall'ottimizzazione autonoma di ogni anello della catena.
L'approccio "integrato" prevede una valutazione dell'intera catena, da parte di ciascuna impresa che partecipa al business. Ciò significa che input e output vengono analizzati con l'obiettivo di massimizzare il rapporto valore/costo, anche attraverso il reengineering del ruolo dell'impresa, cioè del segmento di business espletato, per meglio concentrasi su un core business a chiaro valore aggiunto.

Questa politica può essere condotta con:

  1. la revisione delle attività, in funzione del segmento di business definito come proprio core business (business process reengineering);
  2. l'esternalizzazione (outsourcing) delle attività considerate non primarie per la competitività del segmento di business definito come proprio core business;
  3. il monitoraggio continuo del vantaggio competitivo;
  4. l'orientamento al marketing;
  5. ottimizzando la comunicazione;
  6. il cambiamento, a monte e a valle, dei rapporti con fornitori e clienti.

Con questo approccio si creano e si sviluppano logiche di partnership e di comakership (1) con un numero selezionato di fornitori e di clienti, e la creazione di "catene forti", a rapporto privilegiato e semplificato, il cui obiettivo comune è la creazione di valore.

3 Crisi dell'impresa basata sul valore

I primi scricchiolii della crisi del sistema economico statunitense erano stati avvertiti prima dell'11 settembre 2001, quando, già da tempo, gli investimenti nelle nuove tecnologie erano rallentati, vistosamente, ridimensionando molti dei protagonisti della net economy e determinando un crollo del Nasdaq.

Dopo l'attentato alle Torri Gemelle l'economia americana subisce una contrazione e il Dow Jones inizia una repentina discesa; l'andamento dei corsi azionari mette però in luce una situazione patologica che stava inquinando il sistema economico americano. Infatti, nell'eccitazione di una borsa prodiga di soddisfazioni, top manager corrotti truccano i bilanci delle imprese da loro dirette, gonfiando gli utili con la complicità di revisori dei conti disposti a tutto per i lauti compensi assicurati.

Nel giro di pochi mesi, la scoperta della contabilità "disinvolta" di questi manager distrugge decine di migliaia di posti di lavoro e annulla il risparmio di milioni di investitori. La prima grande impresa ad essere scoperta è la Enron, gigante dell'energia, il cui top management aveva occultato perdite per 586 milioni di dollari, trascinando nella propria rovina anche l'auditor, Arthur Andersen, che aveva certificato i bilanci truccati.
Poi esplodono i casi di Global Crossing e WorldCom il cui top management aveva intascato centinaia di milioni di dollari grazie a stock option e a prelevamenti illeciti. WorldCom, il colosso statunitense delle telecomunicazione dichiara bancarotta, con un buco di  bilancio di 11 miliardi di dollari; la ristrutturazione del 2003, che viene condotta sotto il vecchio e glorioso marchio di Mci, lascia in mano a  milioni di azionisti pezzi di carta senza valore.  
L'inasprimento delle sanzioni nei confronti di manager corrotti porta all'arresto del fondatore di ImClone, accusato di aver artificiosamente fatto salire il valore delle azioni della società, diffondendo la falsa notizia che le autorità avevano approvato la vendita di un medicinale per la cura del cancro. Vengono incriminati il Ceo della Tyco International per evasione fiscale e quello della Tv via cavo, Adelphia Communications, per aver prelevato dalle casse dell'impresa 3,1 miliardi di dollari.
I Ceo di Ibm, Xerox e General Electric si affrettano a correggere i loro bilanci per sottrarsi al sospetto di manipolazioni contabili. Una battuta che circola tra gli operatori di Wall Street è «Quando la marea si sarà ritirata si vedranno quelli che sono i manager nudi».

Il boom degli anni novanta aveva diffuso un delirio di onnipotenza tra i dirigenti delle imprese americane e molti non avevano saputo  trattenersi dall'arraffare i soldi investiti nelle società; questi episodi hanno gettato un'ombra di discredito su manager e imprenditori e hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che il capitalismo può sopravvivere alle nostalgie dello statalismo solo se vengono rispettati i principi etici di base dell'economia.
Gli episodi del boom delle borse e del successivo crollo hanno aperto il vaso di Pandora  delle recriminazioni sulla nuova economia e sui danni che essa avrebbe portato al sistema capitalistico. Tra le varie, una teoria che sta prendendo piede tra il management più conservatore, è che la bolla speculativa sia da attribuire ad un modello di gestione orientato al valore, valore che, inglobando risorse immateriali, come creatività, partnership, fiducia del potenziale di nuove tecnologie, ipotesi di  raggiungimento di obiettivi, avrebbe consentito a manager disonesti di giocare sul fatto della non misurabilità di tali asset immateriali, per derubare le aziende affidategli.
La panacea sarebbe il ritorno alla centralità del bilancio basato su dati e informazioni misurabili e controllabili.
Fortunatamente, questa nostalgia del passato non scalfisce la piccola e media impresai per la quale centrale è ciò che crea valore: la partnership, la creatività, le competenze, l'innovazione, la cultura imprenditoriale, la soddisfazione degli stakeholder, l'identità,  l'immagine dell'impresa e gli utili. 


(1) Strategia d'acquisto che prevede un forte coinvolgimento dei fornitori, al fine di ottenere vantaggi competitivi in termini di qualità, servizio, innovazione e costo. Essa si basa su un rapporto di autentica collaborazione e sulla condivisione del vantaggio competitivo, derivante dalla collaborazione.



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