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2. Arte e scienza della comunicazione d'impresa. Introduzione, parte prima.

La fantasia è più importante del sapere.
Einstein


Con il termine di comunicazione aziendale intendiamo, sia quella che circola all'interno dell'impresa, sia quella che l'impresa trasmette verso l'esterno nell'ambito delle proprie attività di marketing.
In questa introduzione, per amore di omogeneità con il pensiero corrente, partiremo assecondando l'idea che comunicazione interna ed esterna siano due funzioni aziendali distinte.
Durante il corso della trattazione arriveremo a verificare la parziale infondatezza di questo assioma.

Comunicazione verso l'interno

La comunicazione all'interno dell'azienda è uno degli strumenti base di successo; facile a dirsi, ma non a realizzarsi. Ostacoli alla comunicazione in azienda sono: le differenti esperienze del personale, i diversi gradi di cultura, preparazione, addestramento e mentalità, le diverse abitudini, una sottostima dell'importanza della funzione, una volontà di non diffondere le informazioni, la gelosia.
Esistono anche ostacoli alla veridicità dell'informazione in base al principio delle buone notizie o della bella figura nei confronti dei capi; nella comunicazione si tende, spesso, a dar rilievo ai fatti positivi e a trascurare quelli negativi.
In un'azienda moderna la gestione della comunicazione è una funzione fondamentale. Per ottimizzare questo processo l'imprenditore, o un suo stretto collaboratore, dovrà impegnare molte energie al fine di sensibilizzare le persone a leggere e ad ascoltare, di creare un clima per la libera circolazione delle informazioni e delle idee, di creare gli strumenti per la circolazione delle informazioni, di far sì che la politica aziendale sia recepita da tutti in modo chiaro.
Quest'attenzione facilita, sia i processi decisionali, anche ai livelli più bassi, sia l'attuazione dell'empowerment..Quando si parla di azienda moderna va sottolineato, infatti, il valore della responsabilizzazione dei dipendenti in modo che essi, superato il ruolo della semplice dipendenza, si sentano portati a giocare quello della partnership; per arrivare a questa conquista l'azienda deve comportarsi in modo trasparente.
Ogni dipendente deve essere messo nelle condizioni di valutare come sta andando l'azienda, il suo reparto, lui stesso; se non ha una chiara visione di che cosa ci si attende da lui, di come può contribuire al raggiungimento dei traguardi aziendali e se quanto fa non gli viene riconosciuto e non gli porta vantaggi concreti non potrà mai diventare un partner di quell'impresa.

La sindrome della reticenza

 L'imprenditore di una media impresa, con il quale stavo discutendo su come migliorare la comunicazione all'interno dell'azienda sosteneva: «Non riesco a stabilire un rapporto sincero con i miei dipendenti. Spesso ho la sensazione che i vari responsabili non mi dicano la verità sull'andamento dei loro reparti o uffici. Probabilmente nessuno mente, ma percepisco che mi tengono nascosti fatti importanti per una buona gestione e una corretta programmazione».
Questa situazione è stata chiamata da Goleman la "sindrome della reticenza" e, cioè, il vuoto di informazioni che si crea attorno a un leader quando i suoi collaboratori evitano di trasmettergli informazioni importanti.
Perché si crea questa sindrome perversa per il buon funzionamento dell'impresa?
A volte, coloro che dovrebbero informare temono la collera dell'imprenditore, specie quando questi simbolicamente "giustizierebbe" ogni messaggero di sventure. In questi casi, chi si azzarda a comunicare una cattiva notizia dovrebbe avere la vocazione del capro espiatorio.
Altri dipendenti hanno la fama di brave persone che non creano mai problemi; essi credono nel gioco di squadra che comporta, nella visione ideale che hanno dell'azienda, l'obiettivo di non turbare il capo con cattive notizie.
Esistono poi gli ottimisti ad oltranza che vedono solo positivo e per i quali la cattiva notizia va esorcizzata non parlandone.
La sindrome della reticenza può diffondersi nell'azienda come un'epidemia, colpendo a tutti i livelli; essa è alimentata dal naturale istinto di compiacere il capo e si esprime con la tendenza a fornire feedback positivi e trattenere o minimizzare quelli negativi. Il più delle volte non c'è malizia perché ognuno, nel proporsi come "messaggero di sventure" teme di ferire i sentimenti dei propri interlocutori o di essere causa di turbamento e preoccupazioni per l'azienda.
Un effetto indiretto negativo di questa incapacità di far scorrere tutte le notizie utili alla buona gestione dell'impresa è un'altra malattia: tutti sono portati a sovrastimare sensibilmente le proprie capacità, le proprie performance, il proprio contributo. L'impresa si chiude su se stessa perdendo le doti della consapevolezza, della capacità di auto valutarsi, della trasparenza, del lavoro di gruppo.
Molti imprenditori sono consapevoli che il poter disporre di informazioni tempestive e sincere sull'andamento di ogni minima componente dell'impresa è di vitale importanza; perché allora i leader non si impegnano strenuamente per avere feedback veritieri?
Il parere dell'autore è che molti imprenditori hanno un cattivo rapporto con i dipendenti e sono intimamente convinti che non si possa fare nulla per cambiare. Eppure la strada del cambiamento esiste ed è percorribile come abbiamo analizzato nel libro Gestire e motivare le persone.

Gli strumenti per facilitare la comunicazione

In generale, un'azienda dispone di una serie d'informazioni che vengono raccolte e gestite secondo il vecchio modello della gestione per obiettivi.
L'ufficio acquisti gestisce gelosamente il proprio database fornitori, l'ufficio contratti quello delle offerte, gli amministrativi quello dei contratti, i commerciali hanno la propria mailing list cui inviare cataloghi e materiale pubblicitario e attivare le iniziative di marketing, l'imprenditore ha un proprio elenco di "personalità" da coinvolgere in occasione di avvenimenti topici per l'azienda, la direzione del personale dispone di curricula di potenziali collaboratori e consulenti e ovviamente il nominativo e le funzioni di tutti i dipendenti.
D'altra parte, nel modello dell'impresa a rete l'insieme dei dipendenti, dei fornitori, dei clienti, dei collaboratori esterni costituisce il sistema degli stakeholder, sul quale si basa la struttura dell'impresa moderna; sembra pertanto paradossale che le informazioni riguardanti tutti questi soggetti, che pure fanno parte di un'unica realtà, vivano all'interno di archivi indipendenti non integrati tra loro e spesso realizzati sotto forma cartacea.
Per superare questi inconvenienti, le aziende più avanzate nell'adozione di strumenti di marketinge comunicazione innovativi hanno introdotto la funzione del database marketing, ovvero l'introduzione delle tecniche dell'information and communication technology nella gestione degli archivi. Questa funzione consente di tenere sotto controllo almeno i seguenti elementi.

  • La gestione in tempo reale di un database contenente dati su client, prospect e suspect, sui contatti avvenuti, sulle offerte emesse e sulla loro conclusione, sui motivi della non trasformazione di un'offerta in ordine, sugli ordini ricevuti.
  • Informazioni su chi ha contattato chi e con quali risultati.
  • L'identificazione dei clienti a maggiore potenzialità.
  • La classificazione degli schemi e delle abitudini d'acquisto dei clienti.
  • L'identificazione dei "decisori" e del loro atteggiamento nei confronti dell'azienda.
  • L'identificazione dei principali concorrenti.
  • L'identificazione dei clienti passati alla concorrenza o strappati alla concorrenza e le possibili spiegazioni.
  • Il marketing operativo dell'azienda.
  • Lo sviluppo di modelli previsionali che consentano di comunicare da parte della persona giusta, nella forma giusta, al momento giusto, alla persona giusta.
  • Una mailing list per l'invio di comunicazioni periodiche.
  • Elenchi per lo sviluppo di offerte promozionali mirate.
  • Dati sul mercato, ricavati da: questionari, contatti da fiere, reclami, ricerche ad-hoc, informazioni provenienti dai canali della distribuzione.
  • Dati sull'efficacia dei diversi tipi di promozione commerciale condotti dall'azienda.
  • Dati sui fornitori e sul legame di partnership instaurato con l'azienda.
  • Dati sui collaboratori esterni e sui risultati ottenuti grazie alla loro collaborazione.
  • L'elenco del personale interno che ha contatti con il mondo esterno e in generale tutto il front-end.

Va sottolineato che i dati archiviati devono avere il massimo grado di attendibilità; un database è efficace solo se le basi di partenza sono certe. Chi ha gestito database di aziende sa che la percentuale di modifiche, ogni anno, può superare il 30%.
La realizzazione del database centralizzato e dei relativi programmi di gestione non è un'operazione semplice. È opportuno partire dal database dei commerciali attorno al quale costruire il database completo, con i tempi fisiologici necessari perché tutte le persone da coinvolgere vengano coinvolte e addestrate e tutti gli elementi citati nell'elenco di cui sopra vengano progressivamente inseriti. È opportuno sapere che esistono sul mercato ottimi software applicativi per la realizzazione di data base aziendali.
È utile ricordare che lo strumento del data base è stato introdotto, inizialmente, nell'ambito delle attività di marketing del modello classico. Con l'introduzione del modello relazionale il direct marketing ha ampliato la portata della propria azione creando un marketing mirato alla creazione di relazioni al fine di trasformare i clienti in clienti fedeli. Il data base marketing è uno strumento ancora più avanzato volto a facilitare comunicazione, tattica e strategia aziendali.

Il data base marketing è un'attività che richiede investimenti materiali e immateriali, essa, pertanto, deve essere organizzata in modo che l'impresa, in tempo reale, possa ottenere risposte certe ad un certo numero di domande, quali.

  • Chi sono e quanti sono i nostri clienti e i nostri key-client.
  • Quali sono le loro caratteristiche.
  • Abbiamo individuato le loro aspettative.
  • Siamo in grado di comunicare con i loro decisori.
  • Che azioni dobbiamo compiere per trasformare un prospect in un client.
  • Sappiamo realizzare il massimo business con i clienti fidelizzati.
  • Quali altri prodotti potrebbero essere offerti a quel segmento di mercato.
  • Quali segmenti offrono le maggiori probabilità di crescita.
  • Quali sono i segmenti più remunerativi.
  • Quali sono i clienti più importanti di ciascun segmento.
  • I clienti sono soddisfatti dei nostri servizi post vendita.
  • Quanto ci costa la promozione verso ogni key-client.
  • Abbiamo una visione chiara del perché alcune nostre offerte non si sono trasformate in ordini.
  • Abbiamo un'idea dei problemi che l'offerta dell'azienda incontra sul mercato.
  • Sappiamo quale è l'attività promozionale della concorrenza nei confronti dei nostri key-client.
  • Abbiamo un'esatta visione dei reali bisogni dei nostri clienti.
  • Siamo certi che le nostre attività di marketing siano le più adatte, in relazione ai bisogni e alle caratteristiche dei clienti.
  • Quali sono le iniziative di marketing che riescono meglio a influenzare la loro decisione d'acquisto.
  • A fronte dei bisogni manifestati dai clienti, abbiamo individuato cosa dobbiamo fare per soddisfare quei bisogni.
  • Siamo certi che le informazioni possedute dall'azienda raggiungano tutti coloro che ne potrebbero avere bisogno.
  • Quali sono stati i risultati di una campagna di direct marketing.
  • Che tasso di redemption hanno le nostre attività di direct marketing.
  • Abbiamo un sistema di controllo della nostra comunicazione.
  • Siamo in grado di valutare l'efficacia dei nostri canali di distribuzione.
  • Siamo in grado di dare al mercato le informazioni esatte sulla nostra azienda.
  • La comunicazione verso l'esterno è omogenea e chiara.
  • Siamo in grado di segmentare il mercato per le nostre attività promozionali.
  • Siamo in grado di segmentare l'offerta.
  • Cosa potrebbe accadere se decidessimo di cambiare la nostra strategia di marketing.
  • Conosciamo la nostra concorrenza e la sua strategia di marketing.
  • Quali sono i nostri dipendenti che riescono a creare maggior valore per il cliente.
  • Qual è il grado di sioddisfazione di questi clienti.

È evidente che acquisire la capacità di rispondere, in tempo reale, alle domande sopra elencate richiede la costruzione di un sistema informatico aziendale che dovrà crescere in modo omogeneo, con continuità, con la certezza da parte di tutti del suo valore e senza l'angoscia di dover finire (infatti non si finirà mai); è un'attività da grande, come da piccola impresa, tutto dipende dalle risorse che l'azienda può dedicarvi.
Quando il valore economico di un'azienda nasce dal tessuto delle sue relazioni, il database delle relazioni è in, un certo senso, la cassaforte dei valori aziendali. Nel database, non solo vengono classificate le relazioni, ma vengono archiviate anche, sia le decisioni riguardanti il loro sviluppo, mantenimento o abbandono, sia le caratteristiche e le performance del front-end dell'impresa.
Nel modello relazionale gli obiettivi primari da conseguire, grazie alla funzione del database marketing, sono indicati nel seguito:

  • La fidelizzazione totale del cliente (il valore di un cliente dura tutta la vita).
  • La conservazione di ciascuna relazione e il suo progressivo inserimento nelle catene del valore dell'impresa.
  • La definizione di chi e quando deve contattare il cliente.
  • La trasformazione di una relazione (in particolare un fornitore importante o un cliente la cui produzione dipenda dal nostro prodotto) in partnership.
  • La conoscenza, sia delle caratteristiche del mercato, che delle strategie di produzione e di vendita dei clienti.
  • La conoscenza delle attività di riorganizzazione aziendale dei clienti.
  • La capacità di formulare una "specifica offerta" per uno "specifico cliente".
  • La definizione di strategie adatte ad influenzare le modalità d'acquisto dei clienti.
  • La definizione del prezzo ottimale per ciascuna categoria di cliente.
  • Favorire le vendite con la tecnica del telemarketing o del direct mail, grazie alla capacità di stabilire un rapporto quasi del tipo one to one con ciascun cliente.
  • Fare sentire il cliente come socio di un "club esclusivo".
  • Personalizzare l'assistenza ai clienti.
  • Valutare, con un buon grado di affidabilità, l'efficacia delle azioni promozionali condotte e migliorarne i risultati.
  • Avviare iniziative volte al coinvolgimento di fornitori e clienti nella realizzazione del commercio elettronico.

Un data base relazionale aggiornato e dinamico consente di contattare i singoli soggetti della rete al momento opportuno e con la proposta più appropriata. Senza questo strumento, e nella necessità di dover adottare il modello del marketing relazionale, si rischia il caos all'interno dell'azienda (nessuno sa cosa fare esattamente e tutti fanno tutto) e il disorientamento del cliente.
Si incontrano, purtroppo non raramente, imprenditori che affermano "Io sono la memoria storica della mia impresa e sono in grado di dare risposte a tutte le domande che possano farmi i miei collaboratori" e che pertanto non si rendono conto dell'importanza di investire nella creazione di un sistema informatico centralizzato. Le imprese che utilizzano questi sistemi informatici avanzati sono aziende che applicano il  modello di "gestione a libro aperto" nel quale ognuno trova le informazioni necessarie per lavorare nelle migliori condizioni e ognuno può dare il proprio contributo per arricchire la "biblioteca" delle informazioni.
 L'autore è stato svariate volte testimone del fatto che imprese apparentemente solide si sono trovate in difficoltà quando in un mercato apparentemente statico sono apparsi competitori dei quali non era stata prevista la forza, oppure quando uno o più clienti ritenuti fedeli hanno abbandonato l'azienda per la concorrenza, oppure quando l'imprenditore ha dovuto affrontare il ricambio generazionale. La mancanza di una memoria storica informatizzata e interattiva e quindi di un processo informativo e comunicativo ben lubrificato è, per lo più, la causa delle difficoltà citate.

Mettere in atto il database management, dando a ciascun dipendente la possibilità di accedere al database, con gli opportuni livelli di accesso, consente di realizzare la gestione a libro aperto, di cui sopra. Esso è il più potente strumento di comunicazione interna in quanto rende consapevoli i dipendenti di far parte di una squadra alla quale ciascuno può offrire il proprio contributo. Essa consente anche di mettere in evidenza che comunicazione verso l'interno o verso l'esterno possono essere due facce della stessa medaglia.

Comunicazione verso l'esterno

Nel precedente paragrafo abbiamo illustrato la funzione del database management, metodologia di gestione che migliora la comunicazione interna e che è fondamentale per quella verso il mondo esterno. Giova subito affermare che:

"La conoscenza, da parte del potenziale acquirente, dell'esistenza sul mercato di un bene o di un servizio e delle sue caratteristiche è alla base di qualsiasi attività di scambio"

Esistono vari mezzi che consentono di sviluppare una comunicazione verso l'esterno: la stampa (in particolare le riviste specializzate), la radio, la televisione, Internet, il direct marketing, il contatto personale, la cartellonistica, mostre e fiere; ognuno di questi ha un costo e una specificità rispetto al prodotto o all'azienda.

In generale l'ideazione, lo sviluppo e l'attuazione di una strategia di comunicazione dovrebbero rispettare gli otto principi introdotti da Brochand e Lendrevie:

  • Principio di esistenza.  La strategia di comunicazione deve essere scritta, conosciuta e accettata da tutti coloro che sono direttamente coinvolti. In tal senso si ha l' evidenza che comunicazione verso l'esterno e comunicazione verso l'interno devono avere, almeno, uno stesso punto di genesi.
  • Principio di continuità. Una strategia di comunicazione deve essere concepita per durare, evitando soluzioni di continuità nella trasmissione dei messaggi. Questo è un aspetto estremamente importante; come vedremo in seguito, infatti, importanti e costose campagne di comunicazione su un prodotto o su una marca, spesso, falliscono. Obiettivo della comunicazione è fare in modo che nessuna campagna fallisca pena il rischio di dover perdere nella continuità dell'informazione e creare pericolose fratture che potrebbero creare confusione nel cliente.
  • Principio di differenziazione. Va creato un codice di comunicazione che sia in grado di dare al "prodotto" un'identità precisa e di assegnare, agli occhi del cliente, un valore esclusivo a quel "prodotto". I processi di standardizzazione delle produzioni fanno sì che il consumatore sia convinto che non c'è differenza tra molti prodotti; la differenziazione, spesso, la crea solo la Comunicazione.
  • Principio di chiarezza. Una buona comunicazione deve basarsi su idee forti e semplici. Se osserviamo la pubblicità sui diversi media possiamo osservare che questo principio è osservato, sempre, in modo scrupoloso.
  • Principio di realismo. Non fissare obiettivi sproporzionati alla capacità di offerta; la comunicazione deve trasmettere messaggi adeguati alla tipologia del prodotto e alla tipologia del target di mercato che si vuole colpire.
  • Principio di adattamento. La comunicazione deve adattarsi ai diversi media usati (Pr, giornali, etere, cartellonistica, fiere, riviste specializzate) e i media dovranno essere congruenti con il tipo di comunicazione che si vuole trasmettere. A esempio, se si vuole diffondere un messaggio che riguarda il business to business, difficilmente si ricorrerà ad uno spot sulle televisioni nazionali, ma si opterà, piuttosto, per una pubblicità su riviste di settore o per la partecipazione ad una fiera.
  • Principio di coerenza. In nessun caso vanno create situazioni in cui le informazioni trasmesse sul "prodotto" possano essere percepite dal cliente come incoerenti. Si collega al principio di continuità; il cliente vuole che la comunicazione su un prodotto di proprio gradimento non presenti fratture né incongruenze. A esempio, mostrare quattro ragazzi sportivi che fumano la pipa e sorseggiano un cognac davanti a un caminetto potrebbe essere un messaggio incongruente.
  • Principio di accettabilità interna. È necessario che la comunicazione e i suoi messaggi siano compresi non solo dai clienti ma anche dalle risorse umane interne all'azienda. Anche questo principio evidenzia la necessità di non separare le due forme di comunicazione.

La communication satisfaction

La communication satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori.

  • La qualità dell’informazione e la soddisfazione per l’informazione aziendale: riguardano la qualità di informazioni sulle caratteristiche tecniche che corredano il prodotto (completezza dei manuali d'uso, etichette di istruzioni, ingredienti), ma anche la modalità di organizzazione delle informazioni e la fruibilità delle interfacce informative.
  • La qualità dei linguaggi utilizzati nei prodotti e nelle comunicazioni: appropriatezza, comprensibilità, stile, assenza di imperfezioni, semplicità.
  • La consonanza d’immagine:  deriva dalla conformità tra l'immagine veicolata del prodotto e l'auto immagine ideale che ha di se il fruitore.
  • La trasparenza delle condizioni commerciali: la comunicazione aperta, chiara, delle condizioni tecniche e di vendita.

In riferimento al tema della consonanza d’immagine, qualora l'immagine di prodotto si discosti, o sia in opposizione alla immagine di sé ideale, può nascere dissonanza cognitiva rispetto all'intenzione di acquisto del prodotto.
La vicinanza dell'immagine di marchio al sé ideale del cliente-target diviene un fattore di successo della comunicazione aziendale. Al contrario, l'associazione del marchio a un'immagine indesiderata, o a comportamenti considerati negativamente dal cliente-target, sono in grado di deprimere persino l'intenzione di acquisto di prodotti giudicati dal consumatore intrinsecamente validi. Ad esempio, associare un modello di fuoristrada con un safari in Africa può deprimere la volontà di acquisto di quel modello da parte di una persona contraria alla caccia.
Un aspetto importante è la trasparenza dell’informazione. Un esempio di scarsa trasparenza è il trovare difformità tra prezzo comunicato e prezzo rilevato, anche se la comunicazione è formalmente veritiera. A parte le difformità fraudolente, esistono infatti anche difformità celate. Ad esempio, una compagnia telefonica può affermare che le proprie telefonate costano un certo prezzo al minuto, ma questo è assolutamente fuorviante se poi viene addebitato uno scatto alla risposta. Lo scatto produce un costo esagerato per le telefonate brevi, e questo viene taciuto. La comunicazione perciò in questo caso è veritiera ma lacunosa, e ciò genera insoddisfazione.

La relationship satisfaction

In ogni tipo di esperienza di acquisto è possibile individuare due componenti: una componente tecnica legata alla prestazione in sé, e una componente relazionale costituita dal rapporto umano che si instaura tra acquirente e venditore.
Pertanto, di particolare importanza risulta la distinzione tra elementi tangibili del prodotto e elementi intangibili, poiché la soddisfazione del consumatore non si limita alla soddisfazione circa gli attributi del prodotto, ma comprende anche la soddisfazione verso gli aspetti relazionali e di servizio che accompagnano l'acquisto.
In altre parole, la soddisfazione verso il prodotto si trasforma in soddisfazione verso l'esperienza di acquisto, intesa nella sua globalità: qualità e imballaggio del prodotto, prestazioni percepite durante l'utilizzo, chiarezza delle istruzioni, capacità di rassicurazione da parte della forza di vendita, rinforzi positivi nel post-vendita, garanzie, rapporto interpersonale con i rappresentanti dell'azienda, soddisfazione per il prezzo.
A livello di prodotto è possibile identificare quindi due componenti.

  • Aspetti tangibili: rendimento, caratteristiche, opzioni, stile, durata, resistenza.
  • Aspetti intangibili: qualità del servizio, qualità della comunicazione, cortesia, competenza del personale, qualità del servizio post-vendita, qualità dell'assistenza, garanzie, cordialità, capacità di ascolto del cliente.

Le relazioni hanno un alto impatto emotivo. In molte situazioni di acquisto ad alto coinvolgimento il consumatore può restare colpito più dalle componenti relazionali del venditore che non dalle componenti tecniche del prodotto. Un atto di grave scortesia del venditore difficilmente verrà rimediato da una buona prestazione di prodotto.
Prodotti molto simili dal punto di vista del contenuto, come la benzina o la tazzina di caffè al bar, risentono ancora maggiormente del peso della componente relazionale, l'elemento in grado di fare la differenza.
Nel consumare un caffè, l'avventore del bar non si limita a ricercare il prodotto generico, ma spesso respira le atmosfere del locale, è alla ricerca di un momento di svago o di socializzazione, o di un rapporto umano.
Proprio a causa della crescente uniformità tecnica di fondo, la competizione si sposta dalla differenza sul prodotto alla differenza sulla comunicazione e sulla relazione tra fornitore e cliente. Caratteristiche relazionali come affidabilità, trasparenza, sicurezza, competenza, capacità di recupero di situazioni critiche, capacità di ascolto, assumono un peso sempre maggiore nella scelta di un fornitore.
La capacità empatica di avvicinamento all'altro, per la fornitura di un servizio, costituisce un elemento di fondamentale importanza.
Realizzare prodotti discreti o accettabili non rappresenta più un traguardo per l'impresa che punti al vertice della competitività. Il traguardo si sposta verso l'immissione nel prodotto di caratteristiche in grado di avvicinarlo al "prodotto ideale" e di componenti relazionali: un livello di qualità che, a volte, il consumatore riesce a percepire solo in maniera inconsapevole.
Il modello consente un allargamento del concetto di customer satisfaction. Ne consegue che anche la politica della qualità, così come viene contemplata oggi dalle imprese, richiede una sostanziale trasformazione, passando da un focus, molto orientato al prodotto, per orientarsi verso un nuovo modello basato su una comunicazione che sia in grado di far affiorare nel consumatore bisogni che sono o ancora latenti o a livello di percezione.

Eugenio Caruso
22 aprile 2010

La premessa di questa serie di articoli la trovi cliccando qui.

Tratto, parzialmente, da E. Caruso Comunico quindi esisto Tecniche Nuove 2005

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