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9. L'arte della Comunicazione d'impresa. Il marchio


Come un botanico riconosce la pianta da una foglia, così da un'azione di un uomo si può risalire al suo carattere.
Schopenhauer


L'applicazione di uno o più segni di riconoscimento dell'autore di un manufatto è una tradizione che risale a più di 5.000 anni fa.
 Quando, in Europa, si affermano le  corporazioni artigiane la cultura del simbolo, inteso come segnale visuale distintivo di un'attività commerciale è già nella consuetudine sociale; ad esempio nella marchiatura di ceramiche,  tessuti, carta, oggetti in argento e ferro. Il processo innestato sui simboli, evolutosi con l'evolversi della produzione, ha contribuito ad intensificare l'insieme dei messaggi che il marchio trasmette.

  • Oggi, nessuno che si occupi di comunicazione negherebbe che il nome del marchio è un elemento fondamentale nel marketing.
  • I produttori investono creatività, tempo e denaro per sviluppare e proteggere i lori marchi.
  • I consumatori si basano sui marchi per identificare i prodotti e, nelle situazioni in cui non sono in grado di valutare attributi intrinseci di un prodotto, si basano su attributi estrinseci come, appunto, il marchio (Mazursky, 1986).

Fino ad una decina di anni fa, generalmente, il marchio "doveva" associare categoria merceologica e nome del produttore: ad esempio, Patatine San Carlo, Doppio Brodo Star, Mozzarella Vallelata Galbani, Salvavita Beghelli, Nutella Ferrero, Frutta Sciroppata Del Monte, Pelati Cirio, Sciroppi Fabbri, Carta Igienica Skottex, Profumo Chanel Numero 5. Questa strategia si è rivelata, successivamente, debole, in quanto solo descrittiva e lontana da un uso narrativo ed emozionale del marchio.
Una fase più evoluta è quella in cui il marchio perde la categoria merceologica; il nome è in grado di proiettare l'identità di uno o più prodotti è il periodo, ad esempio, dei Denim, Vitasnella, Opium, Diorissimo, Levissima, Nike, Martini, Benetton, Barilla, Valfrutta.
Questa prassi si riferisce alla capacità acquisita dal nome del marchio di condensare il corpo di tutta la comunicazione e di costituire la chiave del recupero mnemonico dell'immagine del prodotto sottostante; proprio come le ricerche di psicologia cognitiva hanno attribuito alla memoria semantica un ruolo chiave nel recupero mnemonico di un episodio o di una catena associativa.
Nel momento in cui il marchio viene considerato come la chiave d'accesso al reticolo mnemonico, diventando una sorta di detonatore semantico, allora si innesca il suo potenziale di comunicazione che rappresenta la punta più avanzata ed efficace.
Ad esempio, il potenziale narrativo di Il mulino bianco riporta all'unità della famiglia, alla vita a contatto con la natura, al rispetto dell'ambiente, al recupero dei sapori antichi. Un prodotto è, quindi, un oggetto di consumo all'uscita della fabbrica, ma, successivamente, "vivendo una propria storia"  si carica di significati che lo trasformano in un marchio in grado di sviluppare uno schema di associazioni per i consumatori.
Le ricerche più recenti hanno mostrato che la familiarità con un marchio è un fattore di selezione anche più decisivo della qualità percepita; questo comportamento del consumatore sembra dovuto al ruolo propriamente simbolico che il marchio assume condensando in sé sia gli aspetti tangibili che quelli intangibili.
La terza fase dell'evoluzione del marchio ha portato alla definizione di brand personality, cioè alla capacità, accertata dal consumatore, di attribuire ad una marca alcuni tratti di personalità, una capacità di produrre valori e un'offerta di relazione; in alcune pubblicità ci si rivolge, infatti, direttamente alla marca. La marca viene percepita come una persona: in effetti la "personificazione" viene operata facendoci sentire la marca come parte di un nostro mondo, come modello di uno stile di vita, come mezzo per far parte di una brand community; si pensi a Smart, Martini o Benetton.
 Aaker ha dimostrato che la maggior parte dei brand possiedono, agli occhi dei consumatori, una personalità descrivibile secondo cinque macro caratteristiche.

  • Sincerità: familiare, onesto, genuino, gentile.
  • Attivazione: cerca la sfida, vivace, ricco di immaginazione, attuale.
  • Competenza: affidabile, responsabile, efficiente.
  • Sofisticatezza: affascinante, raffinato, seducente, romantico.
  • Forza di carattere: resistente, forte, temprato, duro.

Giova sottolineare che la forza del marchio non deve essere monopolio della sola grande impresa; anche le PMI devono essere consapevoli della potenza comunicativa di un nome.
Ad esempio, quando viene lanciato un nuovo prodotto, la leadership dovrebbe affrontare con professionalità la scelta del nome. Esso deve essere facile da pronunciare e da ricordare, distintivo e anticipativo dei benefici che il prodotto produrrà. A differenza delle grandi imprese, per le quali il nome di un nuovo prodotto deve essere evocativo, proiettivo, suggestivo e associabile a una personalità forte e diversa, la piccola impresa punterà preferibilmente su nomi descrittivi e funzionali.

Per il precedente articolo clicca QUI.

Eugenio Caruso
31 gennaio 2011

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