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Definizione di impresa

Impresa (da imprendere), sotto il profilo giuridico, è un'attività economica professionalmente organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi. Ciò è quanto si desume dalla definizione di "imprenditore" di cui agli articoli 2082 e 2083 del Codice civile.

Art. 2082 - E' imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata (articoli 2555, 2565) al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi (articoli 2135, 2195).

Art. 2083 - Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo (articoli 1647, 2139), gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia (articoli 2202, 2214, 2221).

L'impresa è perciò caratterizzata da un determinato oggetto (produzione o scambio di beni o servizi) e da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità e professionalità).
Sotto il profilo economico, va aggiunto che deve essere condotta con criteri che prevedano un’adeguata copertura dei costi con i ricavi, altrimenti si ha consumo e non produzione di ricchezza.
Inoltre l'impresa può essere definita come un sistema sociale tecnico aperto: un sistema è un complesso di interdipendenze di parti rispetto ad un obiettivo comune e quando si tratta di un sistema sociale tecnico le parti sono costituite da beni e persone (attrezzature, risorse umane, conoscenze e rapporti sociali). Un sistema aperto, inoltre, scambia con l'esterno conoscenza e produzione. Pertanto, l'impresa è un complesso di interdipendenze tra beni e persone che operano scambiando con l'esterno conoscenza e produzione e perseguendo un comune obiettivo consistente nella produzione di valore.

Le imprese si articolano in:

Imprese che producono beni materiali

  • Imprese agricole (producono beni sfruttando processi naturali legati alla terra)
  • Imprese industriali (compiono trasformazioni tecniche dei beni)

Imprese che producono servizi

  • Imprese di trasporto e telecomunicazioni
  • Imprese che distribuiscono energia elettrica, gas, acqua.
  • Imprese di commercio
  • Imprese di credito
  • Imprese di assicurazione
  • Imprese che forniscono servizi informatici

Per approfondimenti sui modelli di gestione di un'impresa si rimanda, al Glossario sull'impresa.

Tipologie d'impresa

L'impresa può essere esercitata sia da una persona fisica (1) che da una persona giuridica (2).

Si parla di impresa individuale quando il soggetto giuridico è una persona fisica che risponde coi proprio beni delle eventuali mancanze dell'impresa: in tal caso non c'è un'autonomia patrimoniale dell'impresa e se questa viene dichiarata fallita, anche l'imprenditore fallisce. Sono concettualmente simili all'impresa individuale quella familiare (formata al 51% dal capofamiglia e al 49% dai suoi familiari, con una parentela non superiore al 2° grado) e quella coniugale (formata solo da marito e moglie). Vedi sotto un approfondimento di impresa familiare, argomento che interessa molti dei frequentatori del Portale Impresa Oggi..
Se l'impresa è esercitata da una persona giuridica assume invece una veste societaria, che può essere di varia natura.
 
La società di persone è caratterizzata da un'autonomia patrimoniale imperfetta, in cui cioè il patrimonio della società non è perfettamente distinto da quello dei soci, per cui i creditori possono rivalersi anche sui beni dei soci (se il patrimonio societario è insufficiente). Si può avere una società semplice, S. s., (3) nel caso in cui non sia necessario svolgere una attività commerciale, ma si abbia la necessità di gestire un’attività (agricola o professionale, come ad esempio uno studio associato); una società in nome collettivo, S.n.c., (4) in cui tutti i soci sono responsabili in ugual parte e con tutto il loro patrimonio delle obbligazioni della società; o una società in accomandita semplice, S.a.s. (5),  in cui i soci accomandatari rispondono come nella S.n.c. e i soci accomandanti rispondono limitatamente al capitale conferito.

Le società di capitali (6) sono soggetti giuridici che godono di autonomia patrimoniale perfetta (il loro patrimonio è distinto da quello dei soci). Le forme riconosciute sono: società a responsabilità limitata, S.r.l. (7), società per azioni, S.p.A. (8) e società in accomandita per azioni, S.a.p.A. (9).

Le società cooperative (10) rappresentano una particolare forma societaria, le cui peculiarità sono connesse allo scopo mutualistico che perseguono.

Le ONLUS (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) costituiscono una categoria tributaria che gli articoli 10 e seguenti del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, prevedono possa essere assunta da associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative e altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedono espressamente una serie di requisiti. Tale qualifica attribuisce la possibilità di godere di agevolazioni fiscali (11).

Altre forme di impresa sono: le associazioni temporanee d'impresa (12) , i consorzi d'imprese (13) e il GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) (14).

Impresa familiare.

L'impresa familiare è un istituto giuridico di recente creazione nell'ordinamento italiano, disciplinato dall'art. 230 bis del codice civile. Esso regola i rapporti che nascono in seno ad una impresa ogni qualvolta un familiare dell'imprenditore presti la sua opera in maniera continuativa nella famiglia o nella stessa impresa. L'impresa familiare riceve per la prima volta tutela nel 1975 con la riforma del diritto di famiglia. L'esigenza sottesa alla creazione di tale istituto era di tutela nei confronti di quei familiari che pur lavorando all'interno di una impresa familiare non erano protetti nei confronti dell'imprenditore. Situazione iniqua che trovava larga applicazione nel mondo della piccola impresa italiana, in cui spesso il padre assumeva la qualifica di imprenditore, e la moglie ed i figli non ricevevano nulla in cambio del proprio lavoro.
È vivacemente discussa in seno alla dottrina italiana il problema della natura giuridica dell'impresa familiare. Le tesi maggiormente sostenute sono quelle che, rispettivamente, vedono nell'impresa familiare un'ipotesi di impresa collettiva o di un'impresa individuale. I sostenitori della prima teoria ritengono che tutti i componenti familiari che prestano la loro opera all'interno dell'impresa assumano la responsabilità collettiva nei confronti dei terzi, e acquistano la qualità di co-imprenditori. All'opposto, i sostenitori della teoria dell'impresa individuale ritengono che nell'impresa familiare sia imprenditore solo colui al quale spetta per legge tale qualifica. Solo quest'ultimo sarà responsabile con il proprio patrimonio dell'adempimento delle obbligazioni assunte dall'impresa, e solo questi sarà soggetto a fallimento in caso di insolvenza.
L'impresa familiare è costituita dall'imprenditore che di regola è il fondatore e al quale spettano tutti gli atti di ordinaria gestione, dal coniuge(pel quale si trattera' di una prestazione e non di una cogestione unitamente all'altro coniuge imprenditore), dai parenti entro il terzo grado e dagli affini entro il secondo grado. Dell'impresa inoltre possono far parte i figli adottivi e naturali. Il rapporto familiare deve persistere durante tutto l'arco della vicenda cosicché il divorzio e le invalidità matrimoniali sono motivo di scioglimento ma non la separazione legale che in quanto tale non fa venir meno il vincolo familiare. Dal punto di vista del lavoro la prestazione deve essere non saltuaria ma non necessariamente a tempo pieno, salvo diverso accordo (es. subordinato ex art 2094 cc o societario). Le mansioni possono essere le più varie. I familiari hanno diritto al mantenimento in rapporto alle condizioni economiche della famiglia, alla partecipazione agli utili (non alle perdite in quanto non c'è l'alea), ai beni acquistati con gli utili, e agli incrementi dell'azienda. I creditori personali dei familiari non possono pignorare i beni dell'impresa né espropriare la loro quota. Il pignoramento potrà avvenire esclusivamente sugli utili corrisposti. I familiari deliberando a maggioranza (con voto per teste e non per quote) decidono sull'impiego degli utili e degli incrementi nonché degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell'impresa. Sono cause di perdita della quota di partecipazione la morte, il recesso (se manca la giusta causa obbliga la parte a risarcire il danno), la cessazione del rapporto familiare, impossibilità sopravvenuta a prestare il proprio lavoro, l'esclusione deliberata dalla maggioranza dei membri. Il familiare non può cedere la sua partecipazione ad estranei, può cederla ad un altro familiare purché vi sia consenso della maggioranza dei membri. Alla cessazione dell'attività lavorativa per qualsiasi motivo (tranne la cessione a un familiare), e in caso di alienazione dell'azienda senza che il familiare eserciti la prelazione, ha diritto ad esser liquidato in denaro e il pagamento può avvenire in più annualità. n caso di divisione ereditaria o di trasferimento d'azienda i partecipi hanno diritto di prelazione sull'azienda.
Il trattamento fiscale è argomentato dall'art. 5 comma 4 del TUIR, nel quale è stabilito che il reddito imponibile dell'impresa familiare sia dichiarato unicamente dal titolare dell'impresa stessa, che a propria volta non può imputare ai collaboratori familiari una quota di reddito complessivamente maggiore del 49%. Questa quota non ha quindi la natura di un costo del lavoro da portare in deduzione dal reddito, ma di un utile da ripartire. Sempre ai fini delle imposte dirette, anche le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione dell'impresa familiare devono essere ripartite tra il titolare e i familiari. Nel caso di recesso di un collaboratore familiare dall'impresa, la somma liquidatagli, corrispondente a plusvalenze ed incremento del valore di avviamento tra l'inizio e la fine della sua collaborazione, non è tassabile in capo allo stesso, ma contestualmente non può essere dedotta dal reddito imponibile dell'impresa.

In questo Sito si cercherà di offrire un servizio al mondo dell’Impresa: il servizio si articolerà in due filoni principali. Quello dell’informazione specialistica per il miglioramento della gestione d’impresa e quello della conoscenza, allo scopo di ampliare il panorama culturale degli imprenditori e dei loro collaboratori.


Ma, obiettivo del Sito è anche quello di ampliare il concetto di impresa, uscendo dagli schemi previsti dal Codice civile.

Noi riteniamo di poter chiamare Impresa ogni organizzazione che richiede, sia la gestione di rapporti interpersonali, sia la corretta amministrazione delle entrate, delle uscite e dei patrimoni e in questa categoria rientrano organizzazioni come la famiglia, la parrocchia, il gruppo sportivo autogestito, l'organizzazione a fini umanitari, il sindacato, soggetti che, proprio come l’impresa prevista dagli articoli del C.C., hanno bisogno di sostegno e di informazioni per migliorare le proprie performance e che, dalla navigazione nel sito di Impresa Oggi potranno trovare risposte a molte domande. Giova notare che alcuni chiamano azienda questo concetto più esteso di impresa; io resto legato alla dizione impresa nell'accezione di intraprendre qualcosa.

Eugenio Caruso


NOTE
(1) Secondo l'ordinamento italiano sono persone fisiche gli individui che con la loro nascita diventano soggetti rilevanti ai fini del diritto, in quanto secondo l'articolo 1 del Codice civile divengono titolari di diritti e doveri, cioè acquisiscono la capacità giuridica. Con il raggiungimento della maggiore età la persona fisica acquisisce la capacità di agire, cioè la possibilità di porre in essere atti rilevanti ai fini giuridici. Al momento della morte dell'individuo si estingue anche la sua personalità giuridica.

(2) In diritto, con la locuzione persona giuridica si intende un soggetto di diritto costituito da persone fisiche e beni che si uniscono per raggiungere fini comuni, cui l'ordinamento giuridico riconosce la capacità giuridica. La persona giuridica è perciò distinta, innanzitutto per il suo carattere pluralistico, dalla persona fisica, cui si attribuisce una sfera di titolarità di diritti e doveri più prossima alle esigenze della vita dell'essere umano (ad esempio la materia del diritto di famiglia, che non riguarda la persona giuridica - secondo la dottrina prevalente - se non in modo incidentale e del tutto strumentale). Le persone giuridiche sono, tradizionalmente, distinte in primo luogo per la qualità della loro capacità giuridica, in genere riflettente gli scopi e le motivazioni alla base della loro istituzione, avendosi perciò la persona giuridica pubblica (che persegue interessi di utilità pubblica) e la persona giuridica privata (i cui interessi sono squisitamente privati e possono comprendere fini di lucro). Fra le persone giuridiche private, spiccano le associazioni, le imprese e le fondazioni. Di queste, una prima distinzione si suole individuare nella prevalenza del carattere umano ovvero patrimoniale dei rispettivi elementi costitutivi: per talune il carattere patrimoniale ha una sua prevalenza, riconoscibile perché in mancanza appunto di un patrimonio non ne avrebbe senso la costituzione, mentre per altre il carattere personale è prevalente anche quando si abbia un patrimonio, anche eventualmente cospicuo, inevitabile e necessario per garantirne strumentalmente l'attività (si pensi alle associazioni culturali, le quali pur in presenza, ad esempio, di una sede sociale di proprietà, cioè di un rilevante patrimonio immobiliare, non hanno ragion d'essere se non vi siano le persone che perseguano le immateriali finalità di statuto). In materia di associazioni, inoltre, si ha la distinzione fra persone giuridiche riconosciute e persone giuridiche non riconosciute: la distinzione classica ravvisa ancora una volta in un riferimento di tipo indirettamente patrimoniale la differenza, consistente - secondo tale visione - nel diverso status attribuito all'associazione riconosciuta, la quale con il riconoscimento perfeziona la sua figura di soggetto di diritto completamente separato dai singoli soggetti di diritto che la costituiscono. I soci, persone fisiche, continuano, infatti, a rispondere in proprio dei diritti e degli obblighi dell'associazione sino all'eventuale riconoscimento, con il quale l'associazione acquista invece "autonomia patrimoniale" rispetto ai soci e, per quanto di maggior rilievo per l'ordinamento, gestisce in proprio tutte le partite economiche e patrimoniali verso i terzi, perfettamente distinta dalle persone fisiche associate. L'associazione non riconosciuta, in realtà, non è del tutto priva di una sua autonomia, tanto che si parla per essa di una condizione di "autonomia patrimoniale imperfetta", ma, si tratta a ben guardare di una condizione grosso modo provvisoria, riconducibile alfine ai patrimoni dei singoli soci. La persona giuridica si origina con un atto, che in genere è detto atto costitutivo (per le fondazioni è l'atto di fondazione, che può essere incluso in un testamento); per l'ordinamento italiano, deve usarsi la forma di atto pubblico.
L'atto costitutivo deve comprendere dati correttamente estesi affinché l'ordinamento possa acquisire precisamente le necessarie informazioni su: denominazione della persona giuridica, tipo di persona ed eventuali specificazioni, scopo, durata, tipo, natura degli organi e persone fisiche di riferimento.
La persona giuridica si scioglie per: raggiungimento dello scopo sociale o sopravvenuta impossibilità di raggiungerlo, raggiungimento del termine di durata prevista, mancanza di soci (per le associazioni), fallimento (per le società commerciali).  Allo scioglimento segue la liquidazione del patrimonio.

(3) La società semplice è il tipo più elementare di società; essa non può essere utilizzata per l’esercizio di un’attività commerciale, dal 2001 è soggetta all’iscrizione presso la sezione speciale del registro delle imprese, con finalità di pubblicità legale oltre alla funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, ma non è soggetta al fallimento (es. svolgimento di attività agricole o professionali di modeste dimensioni). Dal punto di vista economico, non costituisce un tipo societario particolarmente rilevante, mentre dal punto di vista giuridico, la sua disciplina, dettata dagli articoli 2251 - 2290 del Codice civile si applica anche agli altri tipi di società personali, salvo quanto espressamente disposto dalla normativa specifica (art. 2293 c.c. e 2315 c.c.). In forza della disposizione contenuta dall'art. 2249 c.c., secondo comma, quello della società semplice è il regime residuale per l'attività societaria non commerciale, a cui si fa riferimento nel caso i contraenti non abbiano deciso di adottare un diverso tipo sociale.

(4) La società in nome collettivo (s.n.c.) è un tipo di società di persone disciplinato dagli articoli 2251-2290 del codice civile in cui tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali (art. 2291 c.c.). Ha normalmente a oggetto l’esercizio delle attività commerciali di dimensioni medio piccole, è soggetta all’iscrizione presso il registro delle imprese, alla tenuta delle scritture contabili e al fallimento.
Il codice distingue due tipologie di società in nome collettivo:

  • la società in nome collettivo regolare che si ha allorquando la società sia iscritta nel registro delle imprese. In tal caso l'atto costitutivo della società deve essere stipulato per atto pubblico o scrittura privata autenticata
  • la società in nome collettivo irregolare che si ha quando la società non è iscritta nel registro delle imprese.

 

(5) La società in accomandita semplice (S.a.s.) è una società di persone che può esercitare sia attività commerciale sia attività non commerciale e che si caratterizza per la presenza di due categorie di soci:

  • i soci accomandanti: che rispondono delle obbligazioni contratte dalla società limitatamente alla quota conferita (responsabilità limitata).
  • i soci accomandatari: che rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali. Solamente ad essi è attribuita l'amministrazione della società.

Essa è disciplinata dagli articoli 2313-2324 del codice civile, sul modello della società in nome collettivo con gli adattamenti resi necessari dalla presenza delle due categorie di soci. Un eventuale creditore potrà rivalersi sul capitale della società (come per le S.r.l.) e, in parte, sul patrimonio personale degli accomandatari (come per le S.n.c.). Sono soggette ad avere una partita IVA, un’iscrizione alla camera di commercio per le attività soggette e un registro societario. La S.a.s. si distingue dalla Società in accomandita per azioni dal fatto che la prima fa parte della categoria delle società di persone, dunque si applicherà la disciplina della Società in nome collettivo con i normali adattamenti previsti per la presenza di soci a responsabilità limitata, alla seconda, invece, viene applicata la disciplina della Società per Azioni, infatti fa parte della categoria delle Società di Capitali. Il Capitale sociale della Società in Accomandita semplice è divisa in quote, in modo tale che ogni socio ha una quota di grandezza diversa proporzionale ai conferimenti apportati

(6) Le società di capitali sono definite tali in quanto l'elemento del capitale ha una prevalenza concettuale e normativa rispetto all'elemento soggettivo rappresentato dai soci. La partecipazione dei soci al capitale sociale può essere rappresentata da azioni o da quote a seconda della specifica tipologia societaria. Nelle società di capitali i soci rispondono per le obbligazioni assunte dalla società nei limiti delle azioni o quote sottoscritte; in caso di insolvenza della società i creditori non possono rivalersi sul patrimonio personale dei singoli soci. Un'eccezione a questo principio si verifica quando il socio firma delle fideiussioni a garanzia di prestiti alla società: in quel caso il creditore può rivalersi sul patrimonio personale del socio-fideiussore

(7) Il tipo societario è stato profondamente innovato dalla riforma del diritto societario del 2003. Oggi, la società a responsabilità limitata si presenta come un modello intermedio e "ibrido" tra la S.p.A. e le società di persone: vi sono alcuni elementi, come la deroga completa del principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740, che la avvicinano alla S.p.A., associati ad altri elementi, come la flessibilità organizzativa o la personalità delle quote, che sono propri delle società di persone. Questo pone un problema a livello interpretativo su quale disciplina utilizzare per colmare le eventuali lacune del modello S.r.l. Probabilmente la soluzione più coerente è quella di analizzare ogni singola S.r.l. in concreto, e di stabilire, caso per caso, se i soci abbiano inteso costruire una società più vicina al modello S.p.A. (ad esempio con una rigida corporazione normativa) o al modello personalistico. La S.r.l. può costituirsi per contratto o, fin dal 1993, per atto unilaterale. Il capitale sociale minimo ammonta a 10.000 euro (art 2463, 2° comma, 4). È necessaria la redazione di un atto costitutivo per atto pubblico il quale contiene alcune indicazioni fondamentali sulla società (es. ammontare del capitale sociale, denominazione, oggetto sociale) e sulle regole sociali (es. rappresentanza, funzionamento, amministrazione).

(8) La Società per azioni (S.p.A.) è una società di capitali, in cui le partecipazioni dei soci sono espresse in azioni. Questo significa che il capitale sociale è frazionato in un determinato numero di titoli, ciascuno dei quali incorpora una certa quota di partecipazione e i diritti sociali inerenti alla quota stessa. In quanto società di capitali, le S.p.A. sono caratterizzate anche dall'autonomia patrimoniale perfetta, ossia dal massimo grado di autonomia patrimoniale. Il patrimonio della società, in altre parole, risulta essere completamente distinto da quello dei soci che, quindi, non sono chiamati a rispondere delle obbligazioni sociali. La responsabilità dei soci è limitata, in via di principio, alla sola quota di partecipazione. All'interno del Codice civile gli articoli che trattano della S.p.A. sono il 2325 e seguenti.

(9) La società in accomandita per azioni è una società di capitali a responsabilità mista, in quanto alcuni soci (accomandatari) sono responsabili illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali, mentre gli altri soci (accomandanti) sono responsabili soltanto nei limiti del proprio conferimento (art. 2462). La denominazione sociale dove contenere il nome di uno o più soci accomandatari. L'amministrazione della società spetta di diritto ai soci accomandatari, che lo sono a tempo indeterminato. Gli amministratori possono essere rimossi dal loro incarico con la deliberazione a maggioranza dell'assemblea straordinaria, se tale rimozione avviene senza giusta causa, gli amministratori hanno diritto a un risarcimento (art. 2466). La revoca degli amministratori deve essere deliberata con la maggioranza prescritta per le deliberazioni dell'assemblea straordinaria della società per azioni (art. 2456).

(10) A norma dell'articolo 45 della Costituzione la Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La cooperativa è un'impresa - in forma di società - nella quale il fine e il fondamento dell'agire economico è il soddisfacimento dei bisogni della persona (il socio): alla base della cooperativa c'è dunque la comune volontà dei suoi membri di tutelare i propri interessi di consumatori, lavoratori, agricoltori, operatori culturali, ecc.. L'elemento distintivo e unificante di ogni tipo di cooperativa - a prescindere da ogni altra distinzione settoriale - si riassume nel fatto che, mentre il fine ultimo delle società di capitali diverse dalle coop è la realizzazione del lucro e si concretizza nel riparto degli utili patrimoniali, le cooperative hanno invece uno scopo mutualistico, che consiste – a seconda del tipo di cooperativa - nell'assicurare ai soci il lavoro, o beni di consumo, o servizi, a condizioni migliori di quelle che otterrebbero dal libero mercato.
Fondamentale è la distinzione tra:

  • cooperative a mutualità prevalente
  • cooperative non a mutualità prevalente, dette "cooperative altre".

In base al Codice Civile sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che (art. 2512):

  • Svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi.
  • Si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci: Di conseguenza, il costo del lavoro dei soci deve essere superiore al 50% del costo complessivo di lavoro a carico della società cooperativa. In formula: (costo del lavoro dei soci / costo totale del lavoro) x 100 > 50.
  • Si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Il codice civile prevede criteri oggettivi per il calcolo della prevalenza e fissa i vincoli statutari da adottare per le cooperative a mutualità prevalente (art. 2513 e 2514). Le cooperative sociali sono considerate di diritto a mutualità prevalente. Le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente; inoltre queste ultime non possono trasformarsi in società a scopo di lucro, mentre l'eventuale passaggio da cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa a mutualità non prevalente è disciplinato dall'art. 2545 octies. Le cooperative sono caratterizzate dal voto capitario dei soci, ovvero dal fatto che ogni socio ha diritto a un voto in Assemblea, indipendentemente dal valore della propria quota di capitale sociale: viceversa, nelle società per azioni i voti sono attribuiti in proporzione al numero di azioni (con diritto di voto) possedute da ogni socio. Caratteristica propria della cooperativa è pure il principio di parità tra i soci (democrazia economica), che implica, tra l'altro, oltre al voto capitario, la necessità di un giudizio motivato sui motivi di ammissione o sul diniego di ammissione nei confronti di nuovi soci (art. 2528, quarto comma).
Ulteriori caratteristiche fondamentali sono:
- il principio cosiddetto della porta aperta (non è necessario modificare l'atto costitutivo a seguito dell'ammissione di nuovi soci: art. 2524);
- il capitale variabile della società cooperativa (art. 2511).
La partecipazione dei soci cooperatori al capitale sociale può essere rappresentata da quote (se si adotta la struttura di S.r.l. - S.c.a.r.l.) o da azioni (se viene adottata la struttura di S.p.A. - S.c.p.a.). Le cooperative sono regolate dalle norme specifiche presenti nel Codice civile, dall'articolo 2511 all'art. 2548, e, in quanto compatibili, dalle disposizioni sulla società per azioni (art. 2519 primo comma).
Per le cooperative costituite da meno di 9 soci è obbligatoria (art. 2522, secondo comma) l'applicazione delle norme sulle S.r.l. (e possono essere costituite esclusivamente da persone fisiche, non da persone giuridiche). Le norme sulla società a responsabilità limitata possono essere applicate anche nel caso in cui si verifichi una delle seguenti condizioni (e l'atto costitutivo preveda espressamente l'applicazione di tali norme):
- numero dei soci inferiore a venti,
- attivo patrimoniale inferiore a un milione di euro.
Le società cooperative godono di autonomia patrimoniale perfetta. L'art. 2518 dispone infatti che nelle società cooperative per le obbligazioni risponde soltanto la società con il suo patrimonio.
A seconda della natura dei soci e delle finalità che gli stessi intendono perseguire possiamo avere:

  • una Cooperativa di consumo: l'obiettivo è di acquistare e rivendere beni di qualità a prezzi vantaggiosi ai propri soci-consumatori;
  • una Cooperativa di produzione e lavoro: lo scopo consiste nel procurare lavoro alle migliori condizioni possibili per i propri soci-lavoratori;
  • una Cooperativa sociale: si tratta di cooperative di lavoro per la gestione di servizi socio sanitari ed educativi o finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate;
  • una Cooperativa edilizia: finalizzata alla costruzione di alloggi per i propri soci in un rapporto corretto tra qualità e prezzo;
  • una Cooperativa agricola o della pesca: si tratta di cooperative per coltivazione, trasformazione, conservazione, distribuzione di prodotti agricoli o zootecnici, oppure finalizzate all'esercizio in comune della pesca o di attività a essa inerenti.

Rispetto alle società di capitali aventi fine di lucro, le Cooperative, ivi comprese quelle Sociali, godono di particolari agevolazioni fiscali quali.

Imposte dirette

Per le Cooperative di produzione e lavoro

  • esenzione da Irpeg se l’ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con carattere di continuità non è inferiore al 50% dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi, esclusi quelli relativi alla materie prime e sussidiarie (art. 11 D.P.R. 601/1973).
  • esenzione, nella misura del 50%, da Irpeg se l’ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci è inferiore al 50% ma non al 25% dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi, esclusi quelli relativi alla materie prime e sussidiarie (art. 11 D.P.R. 601/1973).
  • deducibilità delle somme devolute ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
  • non concorrenza alla formazione del reddito imponibile delle somme destinate a riserve indivisibili, a condizione che sia esclusa la possibilità di distribuzione ai soci.

Imposte indirette

  • Imposta di Bollo: esclusione degli atti costitutivi e modificativi e degli atti di ammissione e recesso dei soci;
  • Imposta di Registro: esenzione degli atti di nomina e accettazione delle cariche sociali e degli atti che comportano variazione del capitale sociale per i quali non è previsto l’obbligo di registrazione;
  • Tasse di Concessione Governative: esenzione per l’iscrizione nel registro delle imprese degli atti costitutivi e degli atti soggetti a registrazione;
  • Imposte Ipotecarie e catastali: riduzione ad un quarto per la stipula di contratti di mutuo, di acquisto o di locazione, relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale.

(11) Alcune categorie di enti assumono automaticamente la qualifica di ONLUS (le cosiddette ONLUS di diritto); esse sono:

  • le organizzazioni di volontariato
  • le ONG
  • le cooperative sociali
  • i consorzi di cooperative sociali

Altre categorie di enti hanno invece la possibilità di derogare al divieto di svolgere attività diverse da quelle previste tassativamente (sono le cosiddette ONLUS parziarie); si considerano tali:

  • gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con cui lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese
  • le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno (autorizzazioni concernenti la somministrazione di alimenti e di bevande nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno).

I soggetti che possono assumere la qualifica di ONLUS sono:

  • associazioni riconosciute e non riconosciute
  • comitati
  • fondazioni
  • società cooperative
  • altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica.

I soggetti espressamente esclusi sono:

  • enti pubblici
  • società commerciali, diverse da quelle cooperative
  • fondazioni bancarie
  • partiti e movimenti politici
  • sindacato
  • associazioni dei datori di lavoro e di categoria

Requisiti necessari

Al fine di acquisire la qualifica tributaria di Onlus è necessario che gli enti richiedenti abbiano una serie di requisiti.
a) svolgimento di almeno una delle seguenti attività

  • assistenza sociale e socio sanitaria
  • assistenza sanitaria
  • beneficenza
  • istruzione
  • formazione
  • sport dilettantistico
  • tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico
  • tutela e valorizzazione dell'ambiente
  • promozione della cultura e dell'arte
  • tutela dei diritti civili
  • ricerca scientifica di particolare interesse sociale

b) l'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale;
c) il divieto di svolgere attività diverse da quelle menzionate alla lettera a) ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse;
d) il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'organizzazione, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge o siano effettuate a favore di altre ONLUS che per legge, statuto o regolamento fanno parte della medesima ed unitaria struttura (non profit);
e) l'obbligo di impiegare gli utili o gli avanzi di gestione per la realizzazione delle attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;
f) l'obbligo di devolvere il patrimonio dell'organizzazione, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale o a fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, salvo diversa destinazione imposta dalla legge;
g) l'obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
h) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
i) l'uso, nella denominazione ed in qualsivoglia segno distintivo o comunicazione rivolta al pubblico, della locuzione "organizzazione non lucrativa di utilità sociale" o dell'acronimo "ONLUS".
Per le tipologie istruzione, assistenza sanitaria, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte e tutela dei diritti civili si considerano esistenti le finalità sociali quando le attività siano rese nei confronti di terzi (come persone svantaggiate, o componenti di collettività estere) e non dei soci, fondatori, organi amministrativi di controllo, coloro i quali operino su mandato dell'organizzazione.

Tuttavia, parlando di attività connessa, le stesse finalità si intendono realizzate anche quando alcuni dei beneficiari siano soci della ONLUS. L'esercizio di attività connessa è consentito solo nel caso in cui queste non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i proventi non siano superiori al 66% delle spese complessive, pena la perdita della qualifica di ONLUS.

Le Organizzazioni di Volontariato, in quanto Onlus di diritto, godono di tutte le agevolazioni previste per tali enti, fermo restando l’applicazione delle disposizioni di maggiore favore previste dalla specifica normativa, quali: 

Imposte dirette

Non imponibilità dei proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali, purché sia documentato il loro totale impiego per i fini dell’organizzazione di volontariato.

Imposte indirette

  • Imposta sul Valore Aggiunto: esenzione delle cessione di beni e delle prestazioni di servizi agli associati.
  • Imposta di Bollo: esenzione degli atti costitutivi e di tutti gli atti connessi alla svolgimento dell’ attività.
  • Imposta di Registro: esenzione degli atti costitutivi e di tutti gli atti connessi alla svolgimento dell’attività nonché di tutte le donazioni disposte in loro favore.

Le Organizzazioni non governative (Ong), in quanto Onlus di diritto, godono di tutte le agevolazioni previste per tali enti, fermo restando l’applicazione delle disposizioni di maggiore favore previste dalla specifica normativa, quali: 

Imposte dirette

Per le Organizzazioni riconosciute idonee

- le attività di cooperazione sono attività di natura non commerciale;

Inoltre,

- possono beneficiare di contributi per le attività promosse in misura non superiore al 70% dell’importo delle iniziative programmate;

- possono essere assegnati specifici programmi di cooperazione, i cui oneri sono finanziati dalla Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.

(12) L’Associazione temporanea tra imprese (abbreviata con l’acronimo A.T.I.) è un’aggregazione temporanea e occasionale tra imprese per lo svolgimento di un’attività, limitatamente al periodo necessario per il suo compimento. Essa infatti nasce dalla convenienza, per due o più imprese che partecipano ad una gara d’appalto (o che stipulano contratti di grande valore con la pubblica amministrazione), a collaborare tra loro, al duplice scopo, da un lato, di garantire al committente l’esecuzione integrale e a regola d’arte dell’opera, e dall’altro, di non essere costrette a ricorrere alla costituzione di un’impresa comune o di un consorzio, che, in caso di esito negativo della gara, sarebbe destinato a scomparire immediatamente, con dei costi peraltro difficilmente recuperabili. In altre parole, si tratta di una joint venture, di cui poi costituisce l’ipotesi più rilevante, che si è diffusa maggiormente nel settore dei lavori pubblici, sopratutto a partire dalla legge 8 agosto 1977, n. 584, da quando cioè si è introdotta proprio la figura del "raggruppamento delle imprese per la partecipazione agli appalti e per l’esecuzione delle opere pubbliche". Con la costituzione dell’associazione temporanea, le imprese associate, pur restando giuridicamente soggetti distinti, possono quindi formulare un’offerta congiunta, obbligandosi a realizzarla congiuntamente. Detta offerta viene presentata per il tramite di una delle imprese associate, che assume la veste di impresa capogruppo e si assume l’impegno di curare i rapporti tra il raggruppamento ed il committente. Il rapporto esistente tra le associate e la capogruppo si identifica con la figura del mandato collettivo con rappresentanza. Prima della presentazione dell’offerta, infatti, le imprese associate devono conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, qualificata capogruppo, la quale formula l’offerta in nome e per conto proprio e delle mandanti.

Le associazioni temporanee vengono solitamente distinte in orizzontali , verticali e miste.

Nel primo caso, (associazioni orizzontali) il rapporto di collaborazione viene istituito tra imprese che esercitano attività omogenee e che si riuniscono al fine di suddividere i lavori e così ottenere, grazie al cumulo delle iscrizioni, i requisiti necessari per partecipare alla gara d’appalto. Nel secondo (associazioni verticali), invece, tale omogeneità tra le attività delle associate non esiste, e un’impresa che svolge la categoria di attività principale oggetto della gara assume la posizione di capogruppo e riunisce altre imprese mandanti che svolgano attività corrispondenti a parti dell’opera che il bando definisce come scorporabili; al riguardo, infatti, l’art. 13, comma 8, della legge n. 109/94 (c.d. legge Merloni) fornisce una definizione legale di tale genere di associazione temporanea.

L’associazione costituisce un’entità di fatto, dotata di struttura unitaria nei soli rapporti derivanti dall’appalto.

Come già anticipato, lo strumento tecnico utilizzato per dare luogo a tale forma di associazione è quello del mandato con rappresentanza, anche processuale, ad una società capogruppo che rappresenta l’aggregazione in tutti i rapporti necessari per lo svolgimento dell’attività, fino all’estinzione di ogni rapporto. Il mandato è conferito con atto pubblico o scrittura privata autenticata. L’A.T.I. operante nel settore pubblico può essere costituita da imprese, anche individuali e artigiane, oppure da società commerciali e cooperative, anche in forma di consorzio. Per quanto riguarda il soggetto giuridico, l’aggregazione non costituisce autonomo centro di imputazione di situazioni giuridiche soggettive, sicchè ogni impresa conserva la propria autonomia ai fini della gestione degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali. In altre parole, non vi è una organizzazione o associazione fra le imprese riunite, ognuna delle quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali. I concorrenti associati, con la presentazione dell’offerta, assumono la responsabilità solidale nei confronti dell’Amministrazione, nonché nei confronti delle imprese subappaltanti e dei fornitori; peraltro gli assuntori di lavori scorporabili sono responsabili nei limiti dell’esecuzione dei lavori di loro rispettiva competenza, ferma restando la responsabilità solidale della capogruppo. La legge Merloni, come modificata dalla legge 18 novembre 1998, n. 415 (c.d. legge Merloni ter), ha dettato una nuova ed organica disciplina della materia, ma rinvia a numerosi regolamenti ancora da emanare per quanto concerne la piena attuazione delle sue disposizioni.

(13) Il contratto del consorzio è definito all’art. 2602 CC come quel contratto nel quale più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Gli imprenditori firmatari del contratto creano dunque un'organizzazione destinata a regolamentare una certa fase produttiva (si pensi ai consorzi di contingentamento, in cui si fissano le quote massime di produzione o di scambio delle imprese partecipanti) o destinata addirittura all’esercizio in comune di una certa fase produttiva o commerciale (si pensi ai consorzi di distribuzione, in cui i prodotti di imprese diverse vengono trasportati e venduti utilizzando lo stesso canale di distribuzione). Il contratto con cui nasce il consorzio (che deve essere sempre per iscritto, pena la nullità) deve contenere, oltre tutti gli elementi identificativi del consorzio stesso, le seguenti indicazioni essenziali:

• I contributi dovuti dai consorziati

• Gli obblighi assunti dai consorziati

• Gli organi del consorzio con i poteri ad essi attribuiti

• Le condizioni per l’ammissione di nuovi consorziati, così come le cause di recesso ed esclusione dei   vecchi consorziati

• Le sanzioni per inadempimento a carico dei consorziati

La durata del consorzio, se non stabilita dal contratto, è di 10 anni. Le controversie dei consorziati riguardo il pagamento dei contributi, le deliberazioni degli organi consortili e tutte le altre questioni del consorzio, possono essere demandate dal contratto al giudizio di uno o più arbitri, le cui decisioni sono impugnabili di fronte all’autorità giudiziaria entro 30 giorni. Le deliberazioni consortili sono prese col voto della maggioranza dei consorziati (o con la maggioranza prevista dal contratto), nell’ambito degli organi consortili prestabiliti, i cui partecipanti rispondono verso i consorziati secondo le regole del mandato. Per la modificazione del contratto è invece necessaria, secondo le regole generali dei contratti, l’unanimità di consenso dei consorziati, ma il contratto anche qui può prevedere diversamente (per. es. una decisione a maggioranza). Nei casi prestabiliti in cui un consorziato se ne va per recesso o per esclusione, la sua quota di partecipazione accresce proporzionalmente quella degli altri partecipanti al consorzio. Se il contratto non dice niente il trasferimento dell’azienda di un consorziato fa subentrare di diritto l’acquirente nel consorzio, ma gli altri consorziati possono deliberare la sua esclusione, entro un mese dalla notizia, qualora esista una giusta causa ed il trasferimento d’azienda sia avvenuto per atto tra vivi. Per quanto riguarda le cause di scioglimento, oltre quelle previste dal contratto e quelle consuete di cessazione (raggiungimento dell’oggetto, impossibilità a raggiungerlo, decorso del termine, ecc.), sono da segnalare le seguenti che sono caratteristiche del consorzio:

• Provvedimento dell’autorità governativa, nei casi stabiliti dalla legge

• Volontà unanime dei consorziati (questa causa è implicita in quello che abbiamo detto a proposito delle   modifiche del contratto)

• Deliberazione a maggioranza dei partecipanti, se c’è una giusta causa

(14) Regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE).

Scopo di un GEIE è facilitare o sviluppare le attività economiche dei suoi membri mettendo in comune risorse, attività ed esperienze. Ciò darà migliori risultati rispetto a quelli possibili per i singoli membri. Il suo obiettivo non è quello di realizzare utili per se stesso. Se il gruppo realizza utili, questi verranno divisi tra i membri e tassati di conseguenza. Le sue attività devono collegarsi alle attività economiche dei suoi membri, ma non potranno sostituirle. Un GEIE non potrà impiegare più di 500 persone. Un GEIE potrà essere formato da società ed altri soggetti di diritto pubblico o privato, costituiti conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi sede nella Comunità. Potrà essere formato da persone fisiche che svolgono un'attività industriale, commerciale, artigianale o agricola oppure che forniscono servizi professionali o di altra natura all'interno della Comunità. Un GEIE dovrà avere almeno due membri appartenenti a Stati membri diversi. Nel contratto per la formazione di un GEIE devono figurare la denominazione, la sede e l'oggetto del gruppo, il nome, il numero e il luogo dove è registrato, nonché, eventualmente, il luogo in cui sono registrati i singoli membri, e la durata del gruppo se non è a tempo indeterminato. Il contratto dovrà essere depositato presso l'ufficio di registrazione designato da ogni Stato membro. La registrazione conferisce piena capacità giuridica al GEIE in tutta la Comunità. Gli estremi della costituzione o dello scioglimento di un GEIE dovranno essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (serie C e S). La sede legale di un gruppo dovrà situarsi all'interno delle Comunità e potrà essere trasferita da uno Stato membro ad un altro subordinatamente a certe condizioni. Ogni membro di un GEIE avrà almeno un voto, sebbene il contratto di gruppo possa dare a certi membri più di un voto, purché nessun membro ne detenga la maggioranza. Il regolamento indica le decisioni per le quali è richiesta l'unanimità. Il GEIE dovrà avere almeno due organi: i membri che agiscono collegialmente e l'amministratore o gli amministratori. Ciascuno degli amministratori, quando agisce a nome del gruppo, impegna il GEIE nei confronti dei terzi, anche se i suoi atti non rientrano nell'oggetto del gruppo. Nessun GEIE potrà ricorrere al pubblico risparmio. Un GEIE non deve necessariamente essere costituito con versamenti di capitale. I membri sono liberi di utilizzare metodi alternativi di finanziamento. Gli utili del GEIE saranno considerati utili dei membri e ripartiti tra questi secondo la proporzione prevista nel contratto di gruppo, o, nel silenzio del contratto, in quote uguali. I profitti o le perdite di un GEIE saranno tassabili solo in capo ai suoi membri. In contropartita della dell'autonomia contrattuale, che è alla base del GEIE, e del fatto che non si richiede ai membri un capitale obbligatorio, ogni membro del GEIE è solidalmente e illimitatamente responsabile delle obbligazioni del GEIE.


Per approfondire le caratteristiche che dovrebbero distinguere l'impresa moderna si rimanda al seguente successo editoriale: L'impresa in un mercato che cambia.


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