Famiglie in difficoltà, Sud  in affanno sul fronte dell'occupazione, calo dell'export. Lo rileva il Rapporto  annuale Istat presentato  nella Sala della Regina di Montecitorio.. 
    
    Una famiglia su 5 è in difficoltà.Una famiglia su cinque ha difficoltà  economiche crescenti e il 6,3% addirittura non riesce ad arrivare a fine mese.  Secondo l'Istituto di statistica, il 22% circa delle famiglie italiane è  vulnerabile mentre il 41,5% si può definire «agiato». L'Istat spiega che del  22% di chi ha problemi circa 2 milioni e mezzo di famiglie (il 10,4%) segnalano  difficoltà economiche più o meno gravi e risultano potenzialmente vulnerabili  soprattutto a causa di forti vincoli di bilancio. Spesso non riescono a  effettuare risparmi e nella maggioranza dei casi non hanno risorse per  affrontare una spesa imprevista di 700 euro. Sono la Sicilia (20,1% e la Calabria 17,1% le regioni  dove è maggiore la frequenza di questo gruppo. La crisi economica globale può  essere un'occasione per riflettere sugli errori commessi, ha commentato il  presidente dell'Istat, Luigi Biggeri. «Il focolaio di infezione - ha detto  Biggeri - si é inserito in un più ampio contesto di fragilità del sistema  finanziario e, soprattutto, economico del Paese: va però detto che le  condizioni perché esso potesse propagarsi rapidamente si erano gradualmente  accumulate nel tempo». 
    
    Occupazione, Sud in affanno. Le condizioni del mercato del lavoro in  Italia «peggiorano a causa della crisi in atto». Per la prima volta dal 1995,  infatti, la crescita degli occupati nel 2008, che sono aumentati di 183 mila  unità rispetto al 2007, è risultata inferiore a quella dei disoccupati, saliti  di 186 mila unità sempre rispetto all'anno prima. Il mercato del lavoro  evidenzia ancora un divario strutturale tra il Nord e il Sud del Paese, ma  anche nel Mezzogiorno ci sono territori in controtendenza. L'analisi del  mercato del lavoro, pur «nel quadro strutturale dell'accentuato divario  territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno», spiega il rapporto Istat, mette in  evidenza «alcune aree in difficoltà nelle ripartizioni centro-settentrionali»  che nel complesso sono invece caratterizzate da buone condizioni occupazionali  particolarmente positive in Umbria e Toscana, e per contro «aree forti al Sud e  nelle Isole», dove invece il quadro generale è critico. Ci sono sistemi  costieri della Sardegna e dell'Abruzzo che si caratterizzano per tassi di  occupazione medio-alti (superiori alla media del Centro-Nord nel caso di Olbia  e la Maddalena:  50,7%) e tassi di disoccupazione contenuti (inferiori alla media Italia o a  quella della ripartizione di riferimento: rispettivamente 6,7% e 12,1%). Per  contro le situazioni più critiche sono localizzate in Calabria e Sicilia.
    
    Anche gli immigrati fanno i conti con la crisi. Accanto al disoccupato  italiano spunta, infatti, anche la figura di quello straniero che è uomo ed ha  un'età compresa fra i 40 e i 49 anni. Venuti in Italia con la speranza di  trovare un posto di lavoro, gli immigrati devono come tutti, fare i conti con  la crisi economica. Secondo il Rapporto nel 2008, erano 162mila le persone con  cittadinanza straniera in cerca di lavoro, 26mila in più rispetto all'anno  precedente. Nel quarto trimestre 2008 la quota stranieri disoccupati arriva a  superare il 10% del totale dei senza lavoro. Il fenomeno, eccetto l'area del  Nord-Ovest, interessa tutto il territorio nazionale. 
    
    Cala dello 0,3% la pressione fiscale. Dal Rapporto emerge che la  pressione fiscale complessiva nel 2008 é diminuita di 0,3% rispetto all'anno  precedente, passando dal 43,1% nel 2007 al 42,8 nel 2008. Il dato contenuto  nelle 400 pagine del Rapporto é riferito all'ammontare delle imposte dirette,  indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil.  L'istituto evidenzia poi che la pressione fiscale in Italia é più alta del 2,6%  rispetto alla media dei paesi Ue. Una pressione più alta di quella italiana é  registrata in Danimarca, Svezia, Belgio, Francia e Austria. Inferiore al 30% é  invece in Slovacchia, Lituania, Romania e Irlanda. Si registra un calo delle  entrate da Iva (-4%) e da Irap (-8,5 per cento).
    
    
Rallenta la crescita dei colletti bianchi, aumentano quelli blu. Rallenta la crescita dei colletti bianchi dopo la dinamica positiva del  precedente biennio, mentre crescono quelli blu. I lavoratori delle professioni  prevalentemente intellettuali registrano nel 2008 un significativo  rallentamento del ritmo di crescita dalle 537 mila e 301 mila rispettivamente  del 2006 e del 2007 si passa a 95 mila del 2008. Il risultato é dovuto alla  diminuzione delle professioni manageriali con un -4,2%, e tecniche -3,2% e  dall'aumento di quelle a elevata specializzazione con un segno positivo del  4,6%. Sono le donne a contribuire maggiormente rispetto agli uomini alla  crescita delle professioni di elevata specializzazione e contrastano la  flessione maschile tra i tecnici delle scienze fisiche, naturali e  dell'ingegneria. I colletti blu, che sono i lavoratori delle professioni manuali  presentano dinamiche dell'occupazione differenziate: alla decisa contrazione  dei conduttori di impianti e macchinari con un -4,3% nel secondo semestre  dell'anno, si contrappone una crescita sia dei colletti blu ad alta  specializzazione per 2,2%, quanto per il personale non qualificato del 4,2%,  soprattutto a causa della spinta dovuta alla componente straniera. 
Export  in calo. Il calo di domanda internazionale ha colpito fortemente il  sistema produttivo, con cadute rilevanti delle esportazioni soprattutto nella  parte finale del 2008 e all'inizio del 2009. «Queste dinamiche - spiega il  Rapporto Istat - hanno interrotto una fase di espansione del commercio  internazionale che aveva visto il miglioramento delle nostre condizioni di  competitivitá e portato nel 2007   a un aumento della quota delle esportazioni mondiali per  la prima volta dopo molti anni». Circa 1.500 imprese, attive nell'export in  ogni bimestre dall'inizio del 2007   a ottobre del 2008, non sono più esportatrici nel  periodo successivo. Fra queste, 300 hanno una dimensione medio-grande (con più  di 50 dipendenti). Le microimprese (1-9 addetti) hanno evidenziato una dinamica  meno negativa: si tratta però soltanto di 2.800 imprese rappresentative  dell'1,2% delle esportazioni. Le grandi imprese hanno, invece, ridotto  nettamente il loro contributo all'export totale, dal 56,8% dei primi mesi del  2007 al 52,1% del 2009. Sono 22.395 le imprese attive all'esportazione  dall'inizio del 2007 alla fine di febbraio 2009 e coprono circa il 90% del  valore totale delle vendite all'estero. Se hanno fatto registrare un +9,8% nel  primo bimestre 2008, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, nei  primi due mesi del 2009 si segnala invece un crollo del -29,4 per cento.  Complessivamente, tra l'inizio del 2007 e l'inizio del 2009, la variazione è  negativa e pari al 22,5 per cento. 
    
  Il Pil in Italia scende a -1,8% rispetto all'area Ue. Nelle grandi  economie dell'area Ue il tasso di variazione del Pil nel 2008 é rimasto  positivo mentre l'Italia ha registrato una diminuzione (-1,0%). Di conseguenza,  il differenziale negativo di crescita dell'Italia rispetto all'Unione europea  si é ampliato ulteriormente, portandosi a 1,8%.  Nell'Unione europea il peggioramento si é manifestato già a partire dal secondo  trimestre 2008, acuendosi fortemente nei mesi finali dell'anno (-1,6% nel  quarto trimestre). I principali impulsi negativi sono giunti dalla caduta degli  investimenti e dal deterioramento del saldo netto con l'estero dovuto, in  particolare, al crollo delle esportazioni. Nel primo trimestre del 2009 il pil  ha registrato una contrazione molto intensa (-2,5%) in termini congiunturali e  -4,6% rispetto allo stesso trimestre del 2008. Nonostante la caduta della  seconda parte dell'anno, nella media del 2008, il pil nell'Uem é cresciuto  dello 0,8% (2,6% nel 2007).
  I manager in difficoltà. Nel vortice della crisi sembrano esserci anche i manager. L'identikit del "nuovo disoccupato", delineato dal rapporto ISTAT, (35 - 54 anni, centro-nord, capofamiglia con titolo di studio, ex-lavoratore stabile dell'industria) corrisponde  alla tipologia del dirigente industriale. E' una costante: in tutte le imprese piccole e grandi, il dimagrimento degli organici colpisce notevolmente le figure manageriali. I numeri assoluti possono sembrare piccoli, ma segnalano che parallelamente al problema delle famiglie povere emerge anche il dramma di un ceto medio che vede azzerato, improvvisamente, redditi da 100.000 - 120.000 euro. Secondo Federmanager nel 2008 sono stati licenziati circa 7.000 dirigenti, nel primo trimestre del 2009 circa 3.000 (quasi tutti over 45) e la previsione per la fine anno è di 10.000 unità, il 12% degli attuali 84.000 dirigenti industriali. Questo è sicuramente un segnale terrificante perchè si dànno due sole ipotesi. La prima è che i dirigenti estromessi non servivano per l'impresa per la loro obsolescenza o incapacità; la seconda, nel caso di licenziamento di persone valide, la cecità dell'impresa che si libera delle persone che possono creare innovazione e valore. 
28 giugno 2009 
Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda a 
 
E. Caruso, L'estinzione dei dinosauri di stato.
  