Comunicazione d'impresa N. 7. Gli altri strumenti della Comunicazione.

Io per me sono consapevole di non essere sapiente affatto.

Socrate



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Premessa (seguito di Comunicazione d'impresa N. 6)

Questa serie di articoli (in fondo sono citati tutti gli altri) che, nell’insieme, costituiscono una sorta di manuale della comunicazione indirizzato prevalentemente alle piccole e medie imprese, si conclude con l’analisi di tutti gli altri strumenti della comunicazione che, pur interessando una percentuale minore delle piccole e medie imprese, in alcuni casi possono essere elementi efficaci ed unici.

1. La televisione

Nel campo della comunicazione di massa un discorso un po’ approfondito merita la televisione, importante strumento pubblicitario delle grandi e piccole imprese; le prime, grazie alle reti nazionali, le seconde, grazie alle reti locali.
Dagli anni cinquanta, in Italia, la televisione ha fatto passi da gigante e ha contribuito enormemente all'evoluzione della società.
Con il tempo la televisione è diventata la compagna e l'elemento di socializzazione di bambini, giovani, adulti e anziani; ciò che compare sul video è la realtà, o la proiezione immaginifica della realtà, il video è l'elemento per avere visibilità nella vita, schermo e realtà si sono fusi nell'immaginario della gente.
McLuhan afferma "Il medium è il messaggio" la televisione è immagine e il messaggio sta nell'immagine.
Uno studio recente ha mostrato che nelle trasmissioni delle grandi reti nazionali il “gossip” sta occupando fette di palinsesto sempre più importanti.
Fortunatamente, questo susseguirsi di "spazzatura" é alternato da prodotti di alta qualità: gli spot televisivi. In gran parte di essi si nota la mano di un'ottima regia e la fantasia di creativi, che in venti - trenta secondi sono in grado di trasmettere un messaggio pubblicitario che può decidere della sorte del prodotto reclamizzato, degli attori, del regista, dell'agenzia.

Ma per capire la pubblicità televisiva dobbiamo affrontare il problema in modo più vasto e generale. Possiamo, ad esempio, partire da due definizioni, apparentemente contrastanti, che due grandi teorici della televisione ci hanno fornito già negli anni sessanta:

  • da un lato Raymond Williams sostiene che «la pubblicità non è più semplicemente un modo di vendere beni, ma una vera e propria parte della cultura di una società»;
  • dall'altro lato Marshall McLuhan sostiene che «storici e archeologi scopriranno un giorno che i richiami pubblicitari della nostra epoca sono le riflessioni quotidiane più ricche e più fedeli che mai una società abbia fatto sull'intero campo delle sue attività».

Forse le idee di entrambi si equivalgono nel senso che queste riflessioni denoterebbero lo stato della civiltà che le ha prodotte e il grado cui è arrivata la pubblicità.
È, comunque, doveroso chiedersi la genesi di questo bombardamento pubblicitario che entra direttamente nelle case attraverso le centinaia di spot teletrasmessi in un sol giorno con un ritmo che è costante, ritmato, ininterrotto, su tutte le reti televisive.
Chi è l'inventore della tecnica del martellamento pubblicitario? Negli anni cinquanta - sessanta, chiamato persuasore occulto, il pubblicitario fa leva sui bisogni inconsci della gente per vendere un determinato prodotto: un po' tecnico, un po' artista, ma soprattutto grande esperto di relazioni umane, il creativo pubblicitario, nelle sue ricerche, si è sempre avvalso, ieri come oggi, di metodi scientifici quale psichiatria, psicanalisi, sociologia, statistica.
Molti anni sono passati da quando, negli stessi anni cinquanta - sessanta nacquero forti correnti di pensiero che contestavano la scienza del comportamento e la ricerca motivazionale, studiate per orientare i mercati; queste correnti contestavano una società dei consumi modellata da una comunicazione basata sul principio della persuasione dell’inconscio.
Giova, ora, analizzare che influenza questo principio può avere sui vari segmenti della popolazione.
La nostra società è passata attraverso la contestazione giovanile della fine degli anni sessanta e i giovani hanno acquisito nuovi valori, nuove abitudini e una grande autonomia che li porta, spesso, a trascorrere il proprio tempo libero fuori di casa con gli amici o in discoteca; se essi vivono una vita sana non è certo la pubblicità che può influenzare negativamente la loro crescita.
L'adulto, oggi, ha una vita sociale abbastanza vivace, ha riscoperto il cinema e il teatro, spesso ha del tempo libero da dedicare agli hobby, agli amici e allo sport, e le occasioni di socializzazione sono molteplici.
Da quanto posso osservare da amici che hanno dei bambini piccoli noto che è facile arricchire la loro vita di interessi e motivazioni che non siano strettamente legati alla televisione e quindi agli eventuali messaggi che essa può trasmettere; l'uso delle cassette e dei Dvd riduce drasticamente l'eventuale contaminazione.
Esiste, obiettivamente in tutti i paesi, un'importante fascia di forti "consumatori della pubblicità", specie tra gli anziani e le persone con scarsa scolarizzazione.
Ma, qual è l'influenza che la comunicazione pubblicitaria può avere su di essi?
Forse quella di creare un piccolo universo di fantasie e di sogni che aiuta a rendere più allegra la vita, forse quella di mitigare sentimenti drammatici, arcaici tabù o paure, stemperandoli nell'ironia e infondendo laicità alla vita, forse quella di consentire ad anime insonni o minate dall’ansia o dalla depressione di affacciarsi ad una finestra virtuale, che può fungere da placebo o da compagno.
È difficile trovare diabolica una scienza il cui obiettivo è dare al prossimo ciò che desidera.

2. La radio

Il potere di questo medium lo si scopre, quando i giovani si chiudono nella loro camera per ascoltare l’emittente preferita, quando il pensionato passeggia nei viali dei giardini con la radiolina all'orecchio, quando l'adulto viaggia in macchina con la compagnia di una radio; i notiziari, i segnali orari, i bollettini meteorologici, le notizie sul traffico, le notizie sportive hanno trasformato la radio nel sistema nervoso dell'informazione.
Se l'alfabetizzazione aveva portato all'individualismo, la stampa al nazionalismo, la radio riporta al localismo, al nucleo familiare e ad una sorta di arcaico tribalismo.
Secondo l’ultimo rapporto del Censis sui media, la radio si conferma nella sua vocazione musicale, giovanile e amicale e gli ascolti sono in continua leggera crescita. Si ascolta essenzialmente per la musica che trasmette (50%), soprattutto fra i giovani (67%) e per i servizi informativi e formativi per un pubblico adulto.
Il Censis ha riscontrato una significativa fidelizzazione con l'emittente, dato che il 30% del campione interpellato afferma che la propria radio è quasi sempre sintonizzata sulla stazione preferita.
Dagli anni sessanta la radio offre ai giovani, sia la possibilità di chiudersi in una propria privacy, sia di stabilire un legame tribale con gli altri membri del gruppo.
Occorre notare che la radio è un medium bifronte, da un lato restringe il mondo alle dimensioni della propria camera o della propria auto e si rivolge alle necessità personali dell'individuo nelle diverse ore del giorno, dall'altro partecipa all'estensione sensoriale dell'uomo, avviata dall'era dell'elettricità, inserendo il parametro della velocità nella trasmissione delle informazioni, e diventando, pertanto, un elemento di stimolo per gli altri media.
Giova notare che, per lo più, l’utente della radio è diverso dall’utente televisivo; forti ascoltatori della radio sono i giovani e le persone che per ragioni di lavoro si muovono molto in macchina. Generalmente i due diversi gruppi ascoltano radio diverse e queste, pertanto, trasmettono messaggi pubblicitari diversi.
Questa considerazione generale non è sempre vera e un esperto di marketing si accorge immediatamente che, a volte, il messaggio pubblicitario è rivolto a un target sbagliato.
Se un’impresa si appoggia a un’agenzia pubblicitaria per proporre messaggi pubblicitari alla radio faccia sempre un serio monitoraggio sulla tipologia dell’emittente proposta, sull’ascoltatore tipico di quella radio, sull’ora in cui il messaggio verrà trasmesso.
Per la radio valgono le stesse considerazioni fatte per la televisione; le reti nazionali interessano i grandi gruppi allo scopo di rafforzare il marchio, le radio locali o minori sono efficaci strumenti di comunicazione per le piccole e medie imprese.

3. I quotidiani

Secondo l’ultimo rapporto del Censis sui media i quotidiani non mostrano, rispetto agli anni precedenti, nessuna novità sul piano della diffusione, che resta sostanzialmente stabile e decisamente bassa, rispetto al resto dell’Europa (da circa vent'anni il numero giornaliero di quotidiani letti in Italia è di circa sei milioni).
Viene, peraltro, confermato il loro ruolo imprescindibile nell'ambito della comunicazione.
I quotidiani sono percepiti, da chi li legge, come:

  • uno strumento fondamentale "per capire i fatti che accadono" (40%),
  • "un'abitudine difficile da interrompere" (30%),
  • “un’abitudine indiretta”, dato che circa il 29% dice di leggerlo "perché qualcuno in casa lo compra".

Di un certo interesse sono anche le indicazioni su come dovrebbe essere il quotidiano ideale:

  • facile da maneggiare (26%),
  • meno costoso (24%),
  • con articoli brevi (20%),
  • che sappia raccontare i fatti, non in maniera agguerrita e ansiogena, bensì con un tono pacato (18%).

Da alcuni anni è andata diffondendosi, anche in Italia, la free-press; si tratta di quotidiani distribuiti gratuitamente nelle grandi città e che riportano solo notizie. Questi quotidiani sono anche chiamati "giornali radio stampati", infatti, alle notizie, date in forma molto stringata, si alternano brevi inserzioni pubblicitarie che rendono economicamente vantaggiosa l'iniziativa. Su questi quotidiani trovano spazio inserzioni pubblicitarie anche di piccole e medie imprese che hanno l’ambizione di farsi conoscere a livello nazionale, senza dover sostenere i costi elevati dei quotidiani nazionali.
Come per televisione e radio anche nel settore dei quotidiani esiste il segmento distribuito a livello nazionale e quello a livello locale; ad esempio, dove vivo, nella Brianza lecchese ha una buona diffusione La Provincia di Lecco.
Questi giornali locali sono molto ricchi di inserzioni pubblicitarie riguardanti il settore del piccolo e medio commercio (abbigliamento, arredamento, autosaloni, giardinaggio) i servizi locali, anche di grandi gruppi (assicurazioni, agenzie di viaggi, centri di telefonia, centri di autonoleggio, agenzie per il lavoro, ambulatori e studi medici privati, agenzie immobiliari), il settore dell’intrattenimento (ballo, palestre, ristoranti, pizzerie, centri benessere, libri che parlano dell’area).


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4. I call center e i contact center

Call center e contact center stanno segnando la nuova frontiera di marketing e comunicazione; le medie e grandi imprese sono, generalmente, attrezzate con strutture interne, mentre le piccole e medie imprese possono fare affidamento su società specializzate che lavorano per conto terzi.
Il call center è un sistema organizzativo per la gestione del traffico telefonico, sia in entrata, che in uscita, adottato per migliorare l'efficacia del rapporto con il cliente, per effettuare attività di promozione, di acquisizione di nuovi clienti e di tele vendita.
Il contact center è un call center evoluto che integra le funzionalità di telecomunicazione con i sistemi informativi, aggiungendo all'utilizzo del mezzo telefonico altri strumenti o canali di comunicazione, quali: lo sportello, la posta, il fax, l’e-mail, il sito web, le messaggerie su telefoni cellulari.
Il call center, così come il più evoluto contact center, devono essere intesi come una modalità di gestione dei contatti e delle relazioni, secondo una visione strategica e progettuale volta ad accentuare una cultura “orientata al marketing”.
Ne deriva che l'operatore di queste strutture deve possedere:

  1. una forte motivazione e orientamento al servizio,
  2. spiccate capacità relazionali e comunicative,
  3. resistenza allo stress,
  4. abilità di concentrazione,
  5. predisposizione alle relazioni interpersonali e al lavoro in team,
  6. attitudine al problem solving,
  7. capacità organizzative,
  8. rapidità di apprendimento,
  9. abilità di ascolto,
  10. capacità di autocontrollo,
  11. conoscenze informatiche,
  12. conoscenze specifiche, laddove necessarie.

È opportuno notare che operatore di call center o di contact center non ci si improvvisa; per la creazione di un centro che operi con elevati livelli di efficienza operativa è necessario, anzi, indispensabile che il dipendente venga formato e che la formazione lo segua durante tutto il suo percorso professionale.

Negli anni Settanta, la tecnologia delle comunicazioni non consentiva un’efficace gestione dei flussi telefonici tale da garantire l’assistenza al cliente durante tutto il ciclo di vita del prodotto: i call center e i loro operatori potevano assicurare soltanto risposte standard ai quesiti posti dalla clientela. L’eccessiva promozione mediatica dei numeri verdi, a fronte della debolezza tecnologica dei centralini, portò ad offrire, per un lungo periodo, un servizio inefficiente e incapace di soddisfare i destinatari. L’inefficienza dei numeri verdi era poi patologica, in Italia, nel caso dei grandi gruppi statali o parastatali.
Il concetto moderno di call center inizia a delinearsi verso la fine degli anni ’80, quando la tecnologica telefonica immette sul mercato una nuova soluzione: il distributore automatico di chiamate o ACD (Automatic Call Distributor).
 Il sistema è semplice: un centralino riceve un numero grande a piacere di chiamate e le smista in modo automatico al primo operatore libero. Se nessuno può rispondere, il distributore lascia l’utente in attesa, assegnandogli un ordine di priorità rispetto agli altri utenti e lo informa della situazione. Parallelamente all’adozione degli ACD, al fine di ottimizzare la presenza del personale, vengono sviluppati software ad hoc mirati a stabilire il corretto numero di operatori necessario per ogni ora del giorno.

5. La cartellonistica

Trascurando i mega cartelloni che incombono nelle grandi città per la pubblicità delle grandi marche o dei candidati alle elezioni politiche o amministrative, il settore della cartellonistica o della comunicazione visiva è molto utilizzato, anche dalle piccole e medie imprese.
Le strade urbane, le strade statali e provinciali, le aree dedicate ad attività sportive e ricreative (campi di calcio, campi di pallacanestro, circoli) sono, spesso, popolate di cartelloni fissi o mobili con la pubblicità di un’azienda o di un evento.
Obiettivo della comunicazione visiva è realizzare uno strumento in grado di attrarre l’attenzione di un cliente o di un potenziale cliente verso l’impresa o un evento che coinvolge l’impresa (nuova sede, campagna di saldi, liquidazione, rinnovo magazzino), ma ha anche la funzione di comunicare all’interno dell’azienda. Infatti, molto spesso, la comunicazione visiva è utilizzata, anche, per consolidare l'immagine aziendale verso i dipendenti.
Esistono delle regole ferree su come fare comunicazione attraverso la cartellonistica.
I cartelli posti lungo le strade di traffico veloce devono avere:

  1. una titolazione che consenta di individuare rapidamente di che cosa si tratta,
  2. frasi concise,
  3. un linguaggio chiaro,
  4. figure nitide,
  5. dimensione adeguata per la lettura da parte di un automobilista dotato di visus normale,
  6. nel caso si voglia dare l’indicazione su come raggiungere l’impresa va messa ben in evidenza la distanza in metri.

Se il cartellone non risponde a questi requisiti diventa anacronistico e fonte di fastidio per l’eventuale lettore. A volte si notano cartelloni, totalmente o parzialmente, nascosti da fronde o da alberi; l’impresa che ricorre a questo strumento di comunicazione è opportuno verifichi periodicamente lo stato “di salute” dei cartelloni ai quali è affidato il compito di trasmettere un messaggio chiaro e leggibile.
I cartelloni posti lungo le strade urbane o in aree di riunione, generalmente, hanno una massa maggiore di informazioni e riguardano un’impresa che opera a livello della città, oppure informano su un evento locale. In questa categoria rientrano anche i cartelloni posti in prossimità di semafori.
In generale le imprese che utilizzano, con maggior frequenza, il cartellone pubblicitario sono quelle che hanno un prodotto o un servizio che cambia rapidamente nel tempo, come, agenzie immobiliari, agenzie di viaggi, negozi di abbigliamento, organizzatori di spettacoli e altre forme di intrattenimento.
Molto frequenti sono, anche, i cartelloni che pubblicizzano servizi legati al settore dell’automobile, al settore dell’edilizia, ristoranti e negozi di abbigliamento.
Anche piccole e medie imprese che hanno un marchio da difendere a livello locale fanno ampio uso della cartellonistica. Spesso in questi casi viene abbinata una sponsorizzazione.

6. La comunicazione organizzativa

Solo pochi anni fa la struttura organizzativa era considerata, esclusivamente, uno strumento per migliorare i processi, sia interni, che verso l'esterno, ai fini di migliorare l'efficienza e l'efficacia di un'impresa.
Oggi la struttura organizzativa deve tenere anche conto di essere un componente importante della comunicazione d'impresa.
Sono ancora poche le imprese che hanno realizzato quanto sia importante, ai fini della comunicazione, la struttura organizzativa. Infatti, al di là di ogni ben strutturata strategia di comunicazione, molto spesso, la più significativa interfaccia tra impresa e mondo esterno è proprio la struttura.
Questa scarsa valutazione del valore della struttura organizzativa, ai fini della comunicazione, appare quando, un’impresa si riorganizza in termini, ad esempio, di maggiore efficienza interna, ma, dall’esterno, si nota una sensibile riduzione del potere comunicativo della nuova struttura.
Già da alcuni anni, tra gli addetti ai lavori, ci si chiedeva se fosse ancora opportuno parlare di comunicazione interna o se fosse oramai indispensabile riferirsi al concetto di comunicazione organizzativa.
I risultati di ricerche e analisi dimostrano che «il concetto di comunicazione organizzativa è più adeguato a interpretare e descrivere le forme e i contenuti sempre più variegati e complessi della comunicazione».
In estrema sintesi, cioè, la comunicazione interna si è trasformata in organizzativa poiché gli strumenti, le iniziative e le modalità di comunicazione che riguardavano i "pubblici" interni, devono riguardare anche una serie di "pubblici" esterni e pertanto devono necessariamente coinvolgere la struttura.
In altre parole la comunicazione interna ha ampliato il suo raggio d'azione fino a comprendere la gestione e lo sviluppo dell'impresa nel suo complesso.
La comunicazione organizzativa si propone di gestire e potenziare le relazioni dell'impresa con tutti i soggetti rilevanti per l'impresa stessa e, cioè, con tutto il sistema degli stakeholder.
I risultati di una serie di ricerche mostrano che l'avvio di seri programmi di trasparenza ha riflessi importanti e fondamentali sull'organizzazione interna e soprattutto sui processi operativi dell'impresa.
Alla separazione tra interno ed esterno si sostituiscono l'integrazione, il dialogo e lo scambio interfunzionale.
Si diffonde, pertanto, il principio della collaborazione come asset fondamentale per creare valore per tutto il sistema degli stakeholder (Glossario Gestione di impresa - Sezione Definizioni) .

7. La promozione del marchio

Oggi, nessuno che si occupi di comunicazione negherebbe che il nome del marchio è un elemento fondamentale nel marketing.
I produttori investono creatività, tempo e denaro per sviluppare e proteggere i lori marchi.
I consumatori si basano sui marchi per identificare i prodotti e, nelle situazioni in cui non sono in grado di valutare attributi intrinseci di un prodotto, si basano su attributi estrinseci come, appunto, il marchio.
Fino ad una decina di anni fa, generalmente, il marchio "doveva" associare categoria merceologica e nome del produttore: ad esempio, Patatine San Carlo, Doppio Brodo Star, Mozzarella Vallelata Galbani, Salvavita Beghelli, Nutella Ferrero, Frutta Sciroppata Del Monte, Pelati Cirio, Sciroppi Fabbri, Carta Igienica Skottex, Profumo Chanel Numero 5.
Questa strategia si è rivelata, successivamente, debole, in quanto solo descrittiva e lontana da un uso narrativo ed emozionale del marchio.
Una fase più evoluta è quella in cui il marchio perde la categoria merceologica; il nome è in grado di proiettare l'identità di uno o più prodotti è il periodo, ad esempio, dei Denim, Vitasnella, Opium, Diorissimo, Levissima, Nike, Martini, Benetton, Barilla, Valfrutta.
Questa prassi si riferisce alla capacità acquisita dal marchio di condensare il corpo di tutta la comunicazione e di costituire la chiave del recupero mnemonico dell'immagine del prodotto sottostante; proprio come le ricerche di psicologia cognitiva hanno attribuito alla memoria semantica un ruolo chiave nel recupero mnemonico di un episodio o di una catena associativa.
Nel momento in cui il marchio viene considerato come la chiave d'accesso al reticolo mnemonico, diventando una sorta di detonatore semantico, allora si innesca il suo potenziale di comunicazione che rappresenta la punta più avanzata ed efficace.
Ad esempio, il potenziale narrativo di Il mulino bianco riporta all'unità della famiglia, alla vita a contatto con la natura, al rispetto dell'ambiente, al recupero dei sapori antichi.
Un prodotto è un oggetto di consumo all'uscita della fabbrica, ma, successivamente, "vivendo una propria storia" si carica di significati che lo trasformano in un marchio in grado di sviluppare uno schema di associazioni per i consumatori.
Le ricerche più recenti hanno mostrato che la familiarità con un marchio è un fattore di selezione anche più decisivo della qualità percepita; questo comportamento del consumatore sembra dovuto al ruolo propriamente simbolico che il marchio assume condensando in sé sia gli aspetti tangibili che quelli intangibili.

8. La promozione commerciale

Come è noto la promozione è un elemento del marketing che utilizza un bene aggiunto al prodotto o al servizio in un periodo di tempo determinato.
È uno strumento tipico delle grandi imprese e della distribuzione, ma può essere utilizzato, con altrettanta efficacia da piccole e medie imprese che abbiano caratteristiche tali da poter valorizzare lo strumento.
In termini generali si può affermare che il ruolo della promozione è quello di incoraggiare un acquisto attraverso un miglioramento temporaneo del valore del prodotto.
Hugh Davidson sostiene che «La pubblicità non è in grado di concludere una vendita, ma la promozione è in grado di farlo e lo fa»; obiettivo delle promozioni, infatti, è tradurre una disponibilità del consumatore verso un prodotto, indotta dalla pubblicità, in una decisione di acquisto.
Nell'orchestrazione della comunicazione d’impresa, non va però dimenticato che compito della promozione non è solo quello di aggiungere valore ad un prodotto, ma anche quello di richiamare i valori della marca.
La promozione, intesa come strumento della comunicazione, è abbastanza recente; prima degli anni settanta la promozione veniva utilizzata in modo prevalentemente tattico, generalmente, per risolvere problemi legati al mancato raggiungimento dei target di vendita, oppure, per liberare i magazzini dai prodotti con scadenza ravvicinata o dai prodotti stagionali e, in questa prima fase, la promozione era rivolta alla distribuzione.
Con la nascita della grande distribuzione cresce l'importanza della comunicazione direttamente dal punto di vendita e il produttore, in un contesto altamente competitivo, trasforma la promozione da elemento tattico in elemento strategico integrato nell'orchestrazione della comunicazione d’impresa.
È interessante sapere che negli Usa gli investimenti nelle promozioni hanno superato da anni quelli nella pubblicità. Questo strumento trova particolare successo nei prodotti molto standardizzati; infatti, spesso, il consumatore è consapevole della mancanza di differenziazione tra una marca e l'altra e, a parità di prestazione percepita, il prezzo diventa pertanto la variabile principale all'atto dell'acquisto e la promozione viene percepita come uno "sconto" sul prezzo di vendita. Se la pubblicità attiva una potenzialità futura d’acquisto, la promozione attiva una decisione immediata d’acquisto.

9.  Comunicare attraverso il prodotto

Fino ad una ventina di anni fa il marketing considerava il prodotto, come un semplice componente del marketing mix, e quindi lo analizzava e lo monitorava in base alle sue prestazioni funzionali, alla qualità, al posizionamento sul mercato e al prezzo.
Successivamente, questo paradigma è stato superato al punto che, spesso, le caratteristiche simboliche e comunicative del prodotto sono diventate più importanti di quelle funzionali.
Oggi, nell'impresa, il prodotto è visto, sia come elemento fondamentale per il conto economico, sia per il ruolo che esso gioca nell'ambito della comunicazione. Le principali caratteristiche che consentono al prodotto di svolgere la funzione di tipo comunicativo sono sostanzialmente quattro: la forma, il design, il colore, il packaging.
La forma di un prodotto non può ovviamente prescindere dalla funzione che il prodotto deve svolgere, tuttavia è possibile "adeguare" la forma rispetto a tre principali tipologie formali: cubo, sfera, piramide.

  1. Il cubo simboleggia la stabilità, la solidità, la razionalità, la saggezza.
  2. La sfera può simboleggiare il tempo, la divinità, la protezione materna, la creazione.
  3. La piramide con la punta verso l'alto o verso il basso rappresenta rispettivamente i simboli maschile e femminile; essa può rappresentare inoltre convergenza, integrazione e sintesi.

Il cubo trasmette l'attività, la sfera la soddisfazione, la piramide la tensione.
Osservando l'evoluzione di automobili, elettrodomestici, mobili, ad esempio, si nota che negli anni cinquanta e sessanta prevalgono cubo e piramide, negli anni ottanta e novanta prevale la sfera, si osserva, infatti, un progressivo arrotondamento degli spigoli. Questa tendenza è guidata, in parte da necessità funzionali, in parte dall'attenuarsi dello scontro sociale e da una maggiore e diffusa tranquillità economica.
Oggi vediamo un mix di forme arrotondate e forme angolari, nel contesto, da una parte, di un ritorno all'antico, dall'altra di una valorizzazione della creatività e della fantasia; l'abbandono di proporzioni e simmetrie rivela, inoltre, il desiderio di superare banalità e noia.

Il design può incrementare sensibilmente il valore di un prodotto grazie ad un'accentuata differenziazione rispetto alla concorrenza. Giova osservare che in un mercato nel quale prestazioni funzionali e qualità tendono alla standardizzazione il design può essere l'unico elemento di differenziazione.
Il design può accrescere le prestazioni simboliche del prodotto, può migliorare le capacità di adattamento all'ambiente in cui deve essere utilizzato, può facilitarne l'uso, può migliorare la gradevolezza del suo utilizzo.
Se ci troviamo in un negozio di prodotti per la casa, in generale, qual è il criterio con cui scegliamo un cavatappi, o una saliera, o un'oliera, a parità di prestazioni? Il design con il messaggio che esso ci trasmette.
Per molti prodotti il design e l'immagine del designer rappresentano una forte motivazione d'acquisto in quanto il prodotto comunica valori di stato e di gusto.

Il colore può essere un elemento fondamentale nel processo di acquisto, sia se è legato al design, sia per una sua specificità diretta che tocca una sfera percettiva profonda e difficilmente modificabile. Tra le sensazioni visive il colore è quella più viva; è interessante osservare che i bambini sono in grado di accoppiare tra loro i colori prima di essere capaci di verbalizzarli. Alcune ricerche hanno mostrato che il blu è il colore preferito dalla cultura occidentale, seguito dal bianco, dal verde e dal rosso. I bambini amano il rosso. In genere, i giovani preferiscono i colori caldi, gli adulti quelli freddi.
Ricordiamo che Louis Cheskin, direttore del Color Research Institute of America, divenuto uno dei maggiori scienziati mondiali della ricerca motivazionale, a chi gli chiedeva come mai non avesse cambiato il nome al proprio Istituto, rispondeva che, comunque, il colore resta uno degli elementi fondamentale per la ricerca delle motivazioni d'acquisto inconsce delle persone.

Dopo aver analizzato le caratteristiche che consentono al prodotto di svolgere funzioni comunicative si ritiene che un discorso a parte meriti il packaging, in quanto elemento in grado di esaltare le succitate caratteristiche essendo l'interfaccia "sensoriale" tra il prodotto e l'acquirente.
Il packaging nasce per l'esigenza di assicurare l'integrità e l'igiene del prodotto nei vari passaggi tra il produttore e il cliente finale. Successivamente, al packaging è stato assegnato un compito più importante: facilitare la vendita di ciò che esso protegge.
Il ruolo della confezione, nel suo rapporto con il prodotto, si articola, oggi, in, almeno quattro funzioni.

  • La funzione di protezione che è quella per cui nasce il packaging. Il fallimento di questa funzione rende vane le altre. Nel progettare la funzione di protezione va anche tenuto conto della facilità di apertura (si pensi, ad esempio, alla comodità dell'apertura a strappo delle lattine e dello scatolame) e di eventuale chiusura del contenitore (ad esempio sistemi tipo zip di buste per alimenti).
  • La funzione di stoccaggio deve facilitare la gestione dei magazzini oppure facilitare il deposito in casa; la superiorità di questa funzione, rispetto ai prodotti della concorrenza, può realizzare un elevato vantaggio competitivo. Si pensi alle battaglie condotte dai produttori di detersivi per lavatrici, aventi come focus la dimensione dei contenitori.
  •  La funzione di utilizzo riguarda la facilitazione nell'uso del prodotto, oppure la possibilità di un riutilizzo della confezione stessa.
  • La funzione di stimolo all'acquisto riguarda la capacità di "vendere" il prodotto attraverso una comunicazione serrata e immediata al confronto con altri prodotti. A volte il packaging può assumere un'importanza comunicativa superiore al prodotto; esso possiede, infatti, una vita comunicativa specifica, rispetto agli altri mezzi di comunicazione, una vita basata sul carattere sensoriale della visione o del tatto.

10. Merchandising e punti di vendita

Il merchandising può essere definito come l'insieme delle tecniche, differenziate in base alle dimensioni dell’impresa, orientate a vendere il “prodotto”, alle condizioni migliori e nei più appropriati punti di vendita e, quindi, a comunicare, nel migliore dei modi, l'attrattiva del “prodotto” agli occhi del consumatore.
I negozi che hanno gettato i primi semi del merchandising sono stati i supermercati; ora queste tecniche sono adottate anche nei piccoli negozi e sono state recepite anche dalle farmacie, che appaiono, oggi, come piccoli supermercati.
Merchandising e punti di vendita sono elementi di marketing la cui comunicazione è quotidianamente osservata e posta in discussione; essi sono, infatti, le arene nelle quali si confrontano, nel concreto, offerta e domanda.
Oltre all'allestimento interno un altro aspetto fondamentale del successo di un punto vendita è la sua localizzazione.
Non merita approfondimenti la constatazione che un piccolo negozio dovrà localizzarsi nel centro della città e il grande centro commerciale alla periferia, vicino a veloci strade di accesso.
Dall'individuazione della sua sede fisica dipende gran parte del successo di un punto vendita.
È opportuno considerare che il marketing sta sviluppando tecniche innovative per la grande distribuzione, dove i bisogni dei clienti si presentano in modo multiforme, con valenze di natura psicologica, sociale e culturale molto variegate.
La società Ikea, per prima, ha voluto identificare il punto vendita come un luogo di ritrovo e di soddisfazione del desiderio di "vivere meglio".
Sull'esempio della società svedese tutta la grande distribuzione sta considerando le proprie aree di vendita come grandi laboratori, dove sperimentare, sia modelli e approcci di comunicazione innovativi, sia spazi nei quali i clienti possano aggirarsi, non solo per fare acquisti, ma anche per soddisfare bisogni sempre più immateriali. Ciò allo scopo di caricare di forti significati emotivi l'atto dell'acquisto e fidelizzare il cliente.
Specialmente nei piccoli centri, la gente ha sostituito i quattro passi in Piazza con i quattro passi al Centro Commerciale; il Centro, spesso, è posizionato vicino a vie di traffico veloce, è dotato di ampi parcheggi ed è in grado di offrire al cliente forme di intrattenimento e servizi utili (parrucchieri, fabbri, calzolai, beauty farm, farmacia, bancomat, area giochi, agenzie di viaggi, lavanderie).

11. Gli interventi nel sociale

La comunicazione della responsabilità sociale delle aziende è un elemento che ha fatto la sua apparizione, in Italia, verso la fine degli anni novanta, mentre in Usa era già da tempo praticato. Giova notare, peraltro, che, nel passato, le aziende esitavano a rendere ufficiale il proprio impegno sociale per timore che esso venisse interpretato come un'operazione opportunistica o che potesse trasformarsi in un pericoloso boomerang. Alcune ricerche hanno, invece, sorprendentemente, mostrato i seguenti risultati.

  • Un elevato livello di consenso dei consumatori italiani a proposito della partecipazione delle aziende alla soluzione dei problemi sociali.
  • Un altrettanto elevato consenso, da parte dei consumatori, alla comunicazione, da parte delle imprese, del proprio impegno sociale.
  • Una percentuale molto bassa di consumatori scettici, diffidenti o perplessi sull'attivismo delle imprese nell'ambito sociale.
  • Una percentuale molto elevata di consumatori ha dichiarato di sentirsi impegnata a privilegiare il prodotto di un'azienda attiva in qualche iniziativa sociale.

Queste ricerche mostrano, che la comunicazione dell'impegno sociale di un'impresa è diventata una parte integrante dell'orchestrazione della comunicazione d'impresa.
Peraltro, le dichiarazioni pubbliche di dirigenti di medie e grandi imprese mettono in luce che l'impegno sociale di un'impresa non rappresenta solo un costo, ma può rivelarsi un'eccellente leva di vantaggio competitivo.
In generale la piccola e media impresa vive a contatto con una comunità ristretta nella quale iniziative di responsabilità sociale hanno, generalmente, una risonanza molto alta. Se il mercato dell'impresa è locale, l'impresa ne trarrà vantaggi diretti immediati, se il suo mercato va oltre i confini del territorio i ritorni economici saranno dilatati nel tempo e comunque si riscontrerà, immediatamente, una maggiore aggregazione e fedeltà nel sistema degli stakeholder, e non è poco.

12.  La comunicazione interpersonale

Non possiamo abbandonare l’argomento concernente gli strumenti della comunicazione verso l’esterno senza dare un cenno allo strumento principe: la comunicazione interpersonale. L’argomento, peraltro, è stato trattato diffusamente in E. Caruso, Comunico, quindi esisto, Tecniche Nuove, 2005.
È ovvio che la capacità della comunicazione interpersonale è un valore fondamentale all'interno dell'impresa.
Essa consente di avere venditori efficaci ed efficienti, di godere di una grande fluidità nella circolazione delle informazioni tra gli stakeholder, di facilitare il lavoro di gruppo, di rendere efficace un’eventuale comunicazione organizzativa.
È interessante aprire questo argomento rifacendoci ai grandi retori del passato. I tre cardini sui quali la retorica dell'età classica fondava la propria capacità persuasiva erano.

  • Logica
  • Emotività
  • Etica.

Possiamo vedere che questi princìpi dell'arte di persuadere sono tuttora validi.
In una riunione un imprenditore apre i lavori esponendo dati tecnici, cifre, proiezioni, statistiche; in breve i partecipanti sono aggrediti dalla noia, la loro capacità di concentrazione entra in crisi, l'irritazione verso il relatore sale con lo stesso andamento con cui scende la volontà di approvazione. Quando un discorso teso alla persuasione di altri si basa solo sulla logica ha poche probabilità di essere accettato.
Un altro imprenditore parla ai collaboratori di responsabilità, senso di appartenenza, lavoro di squadra, cita aneddoti ed esempi che toccano il cuore dei presenti, ma, alla fine, non ottiene nessun consenso perché il suo pathos è privo di argomentazioni logiche. A volte sono i venditori a cadere in questo tranello della retorica persuasiva.
Solo se si è in grado di coniugare la concretezza della razionalità con la "leggerezza " dell'emotività è possibile persuadere un interlocutore.
Il terzo cardine della persuasione dei retori classici è l'etica, intendendo con etica la forza morale del persuasore.
Se il comunicatore è dotato di forza morale e vuole arrivare ad uno stato di soddisfazione per sé e per l'interlocutore, vedrà nascere, spontaneamente, nella relazione una congruenza tra messaggi verbali e messaggi psicologici, congruenza che è una forza della persuasione.
Questa componente è, forse, sottovalutata, ma, personalmente ho avuto modo di constatare la forza di persuasione di persone stimate per la propria deontologia, per la capacità di mantenere fedelmente la parola data e di rispettare patti e scadenze.
È vero che non sono molti gli imprenditori privi di etica, ma non sono rari coloro che camminano sulla linea di confine; rispettano, ma il più tardi possibile e dopo continue sollecitazioni. Anch’essi, con il tempo riescono a perdere credibilità e forza morale.
Anche oggi, quindi, se in un'interlocuzione sono presenti logica, emotività ed etica il successo nell'azione della persuasione è garantito.

Per un approfondimento del tema Comunicazione d'impresa si rimanda al seguente successo editoriale. Comunico quindi esisto.

Eugenio Caruso


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  • Comunicazione d’impresa N. 4. Internet


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