Peter Drucker. Il padre della scienza del management.

Il mare unisce i paesi che separa.

Plutarco.


drucker

Introduzione

Un giorno la consulente d’impresa e scrittrice Elizabeth Haas Edersheim fu chiamata al telefono da Peter Drucker che Le chiese se voleva scrivere una bibliografia su di lui.
L’uomo accreditato di aver creato la scienza del management, l’uomo che aveva scritto 39 libri di management tradotti in chissà quante lingue, il consigliere dei CEO di General  Electric, della General Motors, della Ford,  dell’HP, della Johnson & Johnson, della Merck e della Motorola, consulente del presidente della Banca Mondiale, consigliere di Margaret Thatcher per le privatizzazioni e del presidente del Messico, Vicente Fox, Le chiedeva di scrivere un libro che spiegasse come avesse creato il moderno concetto di management, le chiedeva, pertanto,  un”interpretazione” di Peter Drucker.
La Edersheim impiegò due anni a intervistare l’economista austriaco, a leggere i suoi lavori, a discutere con i propri clienti sulle idee di Drucker e a sperimentarle; poco a poco Drucker divenne il mentore della Edersheim e insieme “si divertirono” ad applicare le varie ipotesi teoriche a casi pratici. Quando nel novembre 2005, Drucker morì la Edersheim continuò  a raccogliere materiale inedito con l’aiuto della moglie di Drucker e a intervistare più di 50 alti dirigenti e imprenditori che erano stati clienti di Drucker, come Akito Morito (Sony), Andy Grove (Intel), Bill Gates (Microsoft),  Jach Welch (Ge). Questo articolo riassume, brevemente, quanto scritto da  Elizabeth Haas Edersheim nel suo  The definitive Drucker, McGraw-Hill, 2008; per lo più, il libro riporta osservazioni di prima mano dell’economista austriaco.


Il primo impatto che la Edersheim ebbe rispetto alle idee di Drucker si possono riassumere in cinque punti.

  1. Il principio che Drucker riteneva prioritario è l’importanza di servire il cliente/consumatore. Egli sosteneva «La base del business è creare e servire il consumatore».
  2. Al secondo punto troviamo la “pratica della gestione”. «I piani restano solo buone intenzioni a meno che non si traducano immediatamente in duro lavoro. Il fare è l’unica strategia che clienti e consumatori vedono con i propri occhi». Dalla mia esperienza di dirigente poco affermare che a livello di top management vige più il principio della riunione, del workshop, del piano, piuttosto che il principio del “fare”.
  3. Trasformare la complessità in semplicità, entrando al cuore dei problemi, chiedendo e  ascoltando. «Comunque, il modo migliore per gestire il cambiamento è che siamo noi stessi a crearlo».
  4. Rafforzare la responsabilità dei leader.  «Essi sono il legame tra l’interno, sede dei costi e l’esterno, sede dei risultati». La grave crisi economico-finanziaria, iniziata nel 2008, è in gran parte da attribuirsi alla deresponsabilizzazione dei leader, tutti grandi liberisti, che nel momento del bisogno sono corsi tra le prosperose mammelle degli stati.
  5. La gestione è umanità. «Il manager è in grado di creare il lavoro di gruppo  e far sì che l’abilità di ciascuno venga valorizzata e la debolezza resa irrilevante».

Io personalmente ho sempre ritenuto Drucker un genio della gestione d’impresa, il padre del management moderno. D'altra parte il grande pensatore austriaco ha sempre indicato due punti fermi per manager e capi d'impresa, l'etica professionale e la responsabilizzazione, verso l'impresa e verso gli uomini; se si fossero seguiti i suoi dogmi, probabilmente, la crisi economica del 2008 sarebbe stata meno grave. Leggendo questo breve riassunto del libro della Edersheim noterete che molte frasi e osservazioni vi sono note. Questo perché l’economista austriaco è stato il maestro di tutti coloro che hanno scritto sull’impresa e che hanno assorbito e riprodotto la lezione di Drucker, come, sommessamente, ho fatto anch’io nei miei molti libri di management.

1. La rivoluzione silenziosa. «The best way to predict the future is to create it».

Dopo la seconda guerra mondiale, secondo Drucker,  i cambiamenti nel business furono graduali, fino ai primi anni ’90, poi il boom. Avvenne una rivoluzione silenziosa su cinque fronti:

  1. L’informazione esplose. «Noi ci troviamo in un momento particolarmente delicato, stiamo assistendo alla transizione dall’economia industriale a quella della conoscenza. Ci dovremo attendere drastici cambiamenti sia nella società civile che nel business».
  2. I confini geografici scomparvero. «Non importa dove un’attività venga svolta o se un computer lavori in India o nell’Indiana».
  3. Le vecchie assunzioni di carattere demografico sparirono (vita media, ruolo della donna e del bambino, migrazioni).
  4. I consumatori presero “il controllo” delle imprese. Essi partecipano attivamente alle scelte delle imprese, atraverso i consumi personalizzati e l'economia dell'accesso.
  5. Caddero i muri tra che separavano l’interno e l’esterno delle imprese. L’isolamento uccide le imprese. A proposito di quest’ultima osservazione, giova osservare che Drucker fu il primo a teorizzare il concetto di focalizzare le proprie forze sul proprio core business e lasciare che altri facciano il resto.

Conseguentemente, alle nuove frontiere della gestione d’impresa e ai nuovi spazi, Drucker ha elaborato alcuni principi.

  • Gestire un’impresa è come comporre un “LEGO” «L’abilità nel mettere insieme e collegare le varie parti, in diversi modi e facendo riferimento al cliente, definisce le performance di un’impresa».
  • A proposito della necessità di essere in sintonia con l’evoluzione Drucker osservava che «Abbracciare il nuovo significa abbandonare il passato; durante una transizione sia il business che l’organizzazione vanno ridefiniti»; non è salutare restare a metà del guado.
  • «Il business che noi conosciamo sta scomparendo; le imprese stanno imparando  a non vendere più “prodotti” ma esperienza. Non ha più senso parlare di competitor ma di soluzioni migliori, e maggior numero di scelte che possono essere assemblate in modi diversi. Le imprese focalizzate sul competitor sono focalizzate sul passato e non su un futuro fatto di tecnologie e opportunità offerte dal nuovo assetto demografico dei popoli».
  • Dall’inizio della rivoluzione industriale le imprese erano solite fare riferimento agli asset materiali come stabilimenti, macchinari, merci, materiali e le loro performance erano misurate in termini di prodotti.
  • Drucker è stato il primo a sostenere che la rivoluzione silenziosa aveva portato in prima linea gli asset intangibili come la rete di relazioni, la proprietà intellettuale, la conoscenza, che il mercato stava dando maggior risalto ai servizi piuttosto che ai prodotti e che le imprese di servizi avrebbero fatto più utili rispetto alle imprese di produzione. Grazie a questa rivoluzione silenziosa non era da escludere che gli Usa potessero perdere la loro leadership rispetto a India o Cina a esempio; leadership che gli Usa avrebbe potuto conservare solo se fossero rimasti fedeli al motto che il business è il motore economico della democrazia.

2. Il consumatore al fianco. «Whether companies like it or not, the customer is the boss».

Sono ancora poche le imprese, che occupate a risolvere i propri problemi interni, si siano focalizzate “sul mondo del consumatore”. Eppure  «Aver definito in modo esplicito il gruppo dei propri consumatori dà all’impresa enormi prospettive di successo».
Drucker è stato il primo a mettere in evidenza la rivoluzione introdotta alla General Motors da Alfred Sloan che per primo ha teorizzato l’importanza del consumatore nella definizione dei processi produttivi (oggi non c’è testo di gestione aziendale che non ne parli).
Drucker, con i propri clienti, era solito affrontare l’argomento “consumatore” ponendo quattro domande.

  1. Chi è il vostro customer?
  2. Che cosa ha valore per il vostro customer?
  3. Quali sono i vostri risultati con il customer?
  4. La vostra strategia verso il customer è in accordo con la strategia del vostro business?

1. Chi è il vostro customer. Quando la Edersheim interrogò i clienti di Drucker sui risultati delle discussioni nate con  Drucker da questa prima domanda ricevette risposte quasi unanimi; l’impresa aveva dovuto rivedere il proprio concetto di customer e riallineare la propria strategia alla nuova visione; comunque era sempre emerso il principio che non esiste quasi mai un unico consumer. Un  altro aspetto importante che emergeva spesso da quelle discussioni eranoaltre due domande:
«Chi non vogliamo che sia nostro customer».
«Tra i nostri non consumatori acclarati chi vorremmo che lo diventasse».
Il consumatore non va visto come un ricevitore di beni e servizi. Esso è un partner e i ruoli dell’impresa e del consumatore vanno continuamente evolvendo.
2. Che cosa ha valore per il vostro customer. Drucker si interrogava sui seguenti quattro punti. a) Avete la percezione che il concetto di valore che ha il consumatore sia allineato con il vostro. b) La relazione tra voi e il consumatore influenza il valore. c) Qual è il valore delle connessioni del tutto che è differente dalla somma delle sue parti. d) Quali dei desideri o delle domande del vostro customer restano insoddisfatti, nel vostro target market, e che potreste e dovreste soddisfare.
Il valore, in sostanza, si basa sulla vostra capacità di collegarvi con il consumatore e di conoscere i suoi bisogni e i suoi desideri.
3. Quali sono i vostri risultati con il customer. a) Come misurate i vostri risultati. b) Come suddividete i vostri risultati tra i vari prodotti e servizi. c) Utilizzate le informazioni che ricavate dai vostri risultati. d) Siete corretti e socialmente responsabili quando presentate i vostri risultati. A valle della grave crisi etica scoppiata negli Usa nel 2008, giova notare come Drucker  avesse sempre considerato importanti gli aspetti etici dell'informazione finanziaria.
4. La vostra strategia verso il customer è in accordo con la strategia del vostro business. a) Qual è il vostro livello di integrazione con il customer e qual è l’obiettivo della vostra offerta. b) Qual è il valore complessivo della collaborazione con il vostro customer. c) State investendo nel tessuto delle vostre relazioni.

3. Innovazione. «Tomorrow is an opportunity»

Drucker ha sempre creduto che il maggior valore di un’impresa è la sua capacità di anticipare e di investire nelle opportunità del domani, pertanto, la “fede” di Drucker nell’innovazione era assoluta; egli sosteneva, infatti,   «Chi non crede nell’innovazione non crede nel business». Innovazione di processo, innovazione di servizio, innovazione di marketing, innovazione della comunicazione, innovazione nella gestione d’impresa; ogni funzione e ogni segmento dell’impresa possono essere investiti dalla creatività e dall’innovazione, ma  spesso l’impresa è bloccata per un eccesso di “lealtà” verso quel prodotto e quei processi che hanno consentito il successo. Eppure già molti anni prima, nel 1912,  Shumpeter aveva coniato il principio della distruzione creatrice.
«Innovazione non è modificare tutto ogni momento; questo è anarchia. Mantenere tutto, sempre, immobile è la morte dell’impresa».
Drucker  era solito affrontare l’argomento “innovazione” con i propri clienti, ponendo quattro domande.

  1. A che cosa dovete rinunciar o che cosa dovete abbandonare per poter introdurre un’innovazione. Il management deve, pertanto, porsi le seguenti domande. Se oggi non fossi in questo business investirei risorse per entravi? Quali condizionamenti inconsci mi limitano dal poter pensare in modo innovativo? Quante delle nostre risorse sono impegnate nella ricerca di opportunità di innovazione?
  2. Cercate, sistematicamente, opportunità di innovazione. L’impresa deve essere sempre alla ricerca di nuove opportunità come se da questo comportamento dipendesse la sopravvivenza dell’impresa. Secondo Drucker le opportunità possono nascere dai seguenti fattori: a) L’inatteso b) I gap tra produzione e mercato c) La vulnerabilità o l'obsolescenza dei processi d) Le incongruità e) Le modifiche delle variabili demografiche f) I cambiamenti nelle percezioni della gente g) Le nuove conoscenze.
  3. Avete messo a punto una metodologia che vi consenta di trasformare le idee in soluzioni. E’ necessario valutare attentamente se idee e opportunità vengono poste sul tavolo in modo corretto. Le idee vanno confrontate attentamente con i bisogni del mercato. Le nuove idee vanno supportate economicamente e vanno monitorate con sensori esterni.
  4. Il vostro metodo di innovare si accorda con la vostra strategia di business. E’  necessario coniugare continuità e strategia. Bilanciare le competenze del core con le nuove competenze necessarie per avviare l’innovazione. Bilanciare vecchi e nuovi scenari. Focalizzarsi verso l’obiettivo dpoter gestire insieme diversi business.

4. Collaborazione e orchestrazione. «To give your customers what they need, you must follow two rules: play to your strengths and collaborate with other players»

L’idea che Drucker aveva di collaborazione è ancora valida oggi. Egli sosteneva che per dare al customer ciò di cui ha bisogno occorre seguire due strade: la prima è fare ciò che si sa fare meglio, cioè puntare sulle proprie forze, la seconda andare incontro a tutto lo spettro dei bisogni del cliente al di là delle possibilità dell’impresa, ciò significa collaborare con altre imprese, a volte anche competitrici, che possano complementare ciò che si ritiene il meglio per il customer.
A proposito di collaborazione e orchestrazione Drucker poneva tre fondamentali gruppi di domande.
1. Qual è il target della vostra collaborazione. Quali sono i difetti del modello tradizionale di business. Quali sono i bisogni che esso lascia insoddisfatti.  Qual è il premio che un modello collaborativo di business può sviluppare.
2. Come dovrebbe essere strutturata la collaborazione. Che cosa la vostra impresa fa meglio. Quali organizzazioni o individui sono i migliori per le altre attività necessarie per soddisfare  pienamente il customer. Qual è il vostro livello di integrazione con il customer e qual è lo scopo della vostra offerta. State allocando risorse nella  costruzione delle relazioni che vi interessano.
3. Come orchestrate e operate per il successo di una collaborazione. Cosa fate perché l’impresa sia agile e in grado di collaborare con i vostri partner come una ben diretta orchestra sinfonica. Siete consapevoli dei rischi che possono sorgere da un partner che possa diventare competitor. Avete organizzato un sistema di comunicazioni con i partner che consenta di prendere decisioni in tempo reale. Che tipo di monitoraggio utilizzate per controllare i risultati della collaborazione.

5. La gente e la conoscenza. «Knowledge can’t be taught, but it can be learned»

Drucker in tutta la sua vita di consulente e professore ha sempre posto le persone al primo posto, dipendenti e consumatori, stakeholders e azionisti.
A proposito di persone e conoscenza Drucker poneva cinque domande.
1. Quali sono le persone “giuste” per la tua organizzazione. Qual è, pertanto, il compito che vuoi affidare a quella persona. Di cosa ha bisogno quella persona per compiere al meglio il compito affidatogli.
2. Stai affidando ai tuoi dipendenti gli strumenti necessari per ottenere da loro la massima efficienza   e per far sì che contribuiscano al successo dell’impresa. Hanno essi chiara la missione e la metodologia di lavoro da seguire. Hanno autonomia e nello stesso tempo supporto. Stai veramente usando le loro capacità ostai cercando di gestire i loro problemi.
3. La struttura istituzionalizza il rispetto per le persone. Verifichi le capacità dei singoli con le opportunità che gli sono offerte. La struttura è in grado di massimizzare le conoscenze dei singoli. Monitori se le persone stanno crescendo professionalmente.
4. La conoscenza e l’accesso alla conoscenza sono organiche al tuo modo di fare business. Il miglioramento della conoscenza è  prevista nella “connessione” con il customer. La conoscenza è innervata nel tuo processo di innovazione. La conoscenza è prevista nei tuoi rapporti di collaborazione. La conoscenza è il cardine del tuo processo gestionale.
5. Qual è la tua strategia per investire nelle persone e nella conoscenza. Data la tua strategia globale e lo scopo della tua offerta in prodotti o servizi quali capability vuoi investire in essi. Che ruolo ha la conoscenza nel valore che offri al customer. Come e con quale intensità stai investendo nell’attrarre i tuoi dipendenti e nello sviluppare la loro conoscenza.

6. La presa delle decisioni: l’intelaiatura  che tiene il tutto insieme.«A decision  is a judgment. It is a choice between alternatives. It is rarely a choice bettween right and wrong»

A proposito del processo della presa delle decisioni Drucker poneva quattro domande.
1. Ti sei organizzato per focalizzare le decisioni critiche, hai illuminato la strada. In quel particolare momento è necessario prendere una decisione ti sei organizzato in tal senso.
2. Tu e la tua organizzazione siete pronti a prendere una rapida decisione avendo prestabilito altri piani. Quali sono le tue reali intenzioni. Quali sono i rischi. Hai preso in considerazione le alternative.
3. L’organizzata è pronta a impegnarsi sulle decisioni oramai prese. E’ tutto ottimizzato per il successo della decisione presa. Sei in grado di dare il massimo supporto alla decisione presa. Sei in grado di separare speranze da realtà.
4. Presa una decisione vi sono state destinate le risorse necessarie per il suo successo. Hai convinto l’organizzazione a convertire la decisione in azione. Hai previsto sistemi di monitoraggio. Mi è capitato spesso di notare il decisionismo dei capi nel perseguire una strada e titubanze e incertezze nell’investire nella decisione presa.

7. I CEO del ventunesimo secolo. «CEOs  have work of their own. It is work only CEOs can do, but also work which CEOs must do»

Drucker  considerava che i CEO dovessero possedere tre caratteristiche uniche.

  1. Un’ampia capacità di vision e l’abilità di chiedere e dare risposte su ciò che va fatto. Un aspetto che Drucker riteneva importante nella gestione d’impresa era la visione d’assieme. IL CEO stabilisce la strada da percorrere e si impegna per conseguire gli obiettivi che caratterizzano l’impresa.
  2. Dare il proprio imprinting al carattere e alla personalità dell’impresa. IL CEO forma e fa crescere la personalità dell’impresa. Il CEO deve vivere propositi, valori e principi dell’impresa. Quando le cose vanno male il CEO è l’unico e  primo responsabile; non può dire “Non lo sapevo”.
  3. L’influenza e il carisma sulle persone (singolarmente o collettivamente). Visione, personalità e influenza sulle persone tengono l’incertezza fuori dal futuro dell’impresa. Drucker, un giorno,  disse “Ciascuno di noi è un CEO”.

Eugenio Caruso
3 febbraio 2009

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