Il presente dell'auto elettrica è poca cosa, per lo  più confinata alle flotte aziendali e alle auto ibride, che affiancano a un  motore elettrico quello a combustione interna. Le previsioni però indicano una  quota di mercato del 20-25% entro i prossimi 10 anni. Le auto  ibride, in particolare, potranno raggiungere il 10-15% nei prossimi 5 anni,  mentre per le auto esclusivamente ad alimentazione elettrica l'obiettivo è del  10% entro una decina di anni. Il passaggio ad una vera filiera industriale  passa però dall'abbattimento dei costi di produzione, acquisto e manutenzione,  il miglioramento tecnologico delle batterie e il problema della mancanza di una  rete adeguata per l'approvvigionamento di elettricità. Sono alcune delle  conclusioni del convegno organizzato da Confindustria Anie, Anfia e  Cei-Cives in collaborazione con la Rappresentanza a  Milano della Commissione europea per approfondire il tema «Auto  elettrica e infrastrutture: prospettive, sfide e opportunità».
    
  Secondo il libro bianco realizzato dal Cei-Cives «le emissioni degli  impianti di produzione dell'energia elettrica utilizzata per la ricarica delle  batterie, con l'attuale mix energetico e per ogni chilometro percorso, sono  drasticamente inferiori rispetto ad ogni altro tipo di veicolo». Prendendo in  considerazione i gas serra (CO2) le emissioni sono circa tre volte inferiori.  Le emissioni regolamentate per la motorizzazione (NOx, polveri, eccetera) sono  invece 5 volte inferiori. Il presidente dell'istituto Pietro Menga ha sottolineato come sia soprattutto il  modello plug-in, ovvero con una batteria ricaricabile con la spina, la migliore  soluzione sotto il profilo della riduzione delle emissioni dannose per  l'ambiente e per la salute dell'uomo. «Il problema è che le batterie fanno  salire i costi per i produttori di circa il 25-30%» ha spiegato.  Fondamentale, dunque, la volontà politica. «L'Unione Europea crede molto nelle  auto elettrica e in generale ecologica e ha stanziato nell'ambito del VII  programma notevoli risorse da distribuire al settore dell'auto per incentivare  la ricerca e lo sviluppo di queste tipologie di veicoli» ha sottolineato Carlo Corazza, direttore della  rappresentanza a Milano della Commissione europea, aggiungendo che «il settore  dei trasporti è responsabile di un quarto delle emissioni di CO2». 
  
  Ma piacerà agli automobilisti? «L'auto elettrica ha un difetto di prestazioni e  di autonomia rispetto a quelle attualmente circolanti - ha concluso Menga - non  bastano gli incentivi alla rottamazione, sono necessarie anche politiche locali  come la liberalizzazione dei parcheggi per questo tipo di vetture» per  sostenere la domanda. Negli ultimi «4-5 anni la legislazione italiana è rimasta  indietro». Per Nevio Di Giusto,  amministratore delegato di Fiat ricerche, «l'elettrico è la frontiera» solo che  ci vuole un nuovo modo di «concepire i veicoli». Le auto del Lingotto già oggi  hanno una media di emissione di CO2 più bassa rispetto ai concorrenti (133.7 grammi per  chilometro), motivo citato dal presidente americano Barack Obama come  strategico per l'alleanza con Chrysler. Al momento è soprattutto il metano a  garantire una riduzione delle emissioni. E le strategie vedono un tassello  importante nel MultiAir.  Sul lungo periodo invece «l'auto dovrà avere anche dei sistemi di cattura  dell'energia a bordo, ad esempio con dei pannelli fotovoltaici - ha concluso -  una visione che abbiamo espresso con la concept  car Phyllia». Presenti alla conferenza anche diverse imprese coinvolte  in segmenti diversi della filiera nascente, come Pininfarina, che di recente ha presentato l'auto  elettrica Bluecar, Faam, Micro-Vett, Enerblu, Ansaldo, Ept, Magneti Marelli, Scame Parre. 
  
Piaggio, ad aprile, ha invece consegnato i primi furgoncini Porter a trazione elettrica ai  Carabinieri di Siracusa per le attività di pubblica sicurezza del G8 italiano,  mentre 30 veicoli sono stati venduti alla spagnola Cespa e 80 alla connazionale  Fcc. Settantasei sono stati utilizzati dal Comune di Reggio Emilia per i  servizi tecnici. Per il passaggio da una clientela di nicchia ad una allargata  occorrono performance in linea con le motorizzazione tradizionali, tempi di  ricarica delle batterie più veloci e sicurezza di gestione. Quello delle  infrastrutture è un nodo decisivo. Ci vogliono centraline di ricarica  distribuite nel territorio (in sicurezza) e una rete elettrica all'altezza. Su  questo fronte si stanno muovendo diverse sperimentazioni che vedono fianco a  fianco produttori di automobili e utilities in diversi paesi. In Italia Enel e Daimler partiranno a ottobre 2009, per arrivare sulle strade nel  2010. Daimler metterà sul campo 100 Smart alimentate esclusivamente da corrente  elettrica per i cittadini che vorranno partecipare al progetto a Roma, Pisa e  Milano, mentre Enel si occuperà dell'infrastruttura necessaria per un nuovo  concetto di mobilità: 400 punti di ricarica dedicati e un sistema di controllo  centrale. «L'Italia, insieme a Regno Unito, Paesi Scandinavi, Francia e Spagna,  costituirà il 93% del mercato delle vendite in Europa. E si prevede che entro  il 2015 in  Europa circoleranno più di 250.000 auto elettriche», ha dichiarato Gianmarco Giorda, direttore operativo Anfia, citando una ricerca di Frost  & Sullivan.
8 maggio 2009 
L'UE investe sull'auto intelligente (27 ottobre 2009)   
 
Auto intelligenti in grado di comunicare con i semafori per dare in tempo reale la loro posizione e ricevere istruzioni sulla strada migliore da prendere per evitare le code: per la Commissione Ue è questo il futuro delle nuove tecnologie che aziende e Stati devono impegnarsi a sviluppare ed applicare. Per incoraggiarli, Bruxelles ha stanziato 300 milioni di euro per i «progetti del futuro». «Internet può aiutare a risolvere le sfide di tutti i giorni, le applicazioni on line hanno già migliorato i nostri trasporti», ha detto il commissario ai Media, Viviane Reding. Auto e semafori intelligenti sono già realtà ad esempio in Svezia, spiega la Commissione, dove grazie alla nuova gestione del traffico sono diminuite le code, le attese per i mezzi pubblici e le emissioni di gas nocivi. Ma le applicazioni «smart», ovvero tutti quegli oggetti che grazie ai chip comunicano con le infrastrutture madri scambiandosi grandi quantità di dati, posso essere utili anche in altri settori. Come quello sanitario: per Bruxelles, che invita i 27 a puntare sulla ricerca e le nuove tecnologie, anche l'assistenza domiciliare ad anziani o malati cronici potrebbe diventare più semplice e meno dispendiosa grazie a macchine che i medici siano in grado di controllare a distanza.