L'impresa a rete
			
			
			
La cultura è uno strumento maneggiato da professori, per fabbricare professori, che, a loro volta, fabbricheranno altri professori.  
Simone Weil 
 
L'impresa non è più  un'isola, ma è inserita nella rete delle relazioni che la legano con i clienti,  con i fornitori, con i sub-fornitori, con i consulenti, con le imprese alleate,  con la concorrenza e, più in generale, con gli attori del territorio; ecco  perché è anche difficile stabilirne i confini.  
La partecipazione ad una  rete esprime la capacità di un'impresa, specie se piccola o media impresa, sia di utilizzare le  proprie relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche  e di mercato che da sola non sarebbe in grado di raggiungere, sia di  migliorare, quindi, il proprio vantaggio competitivo. 
In letteratura, si parla, di  norma, di sei tipi di impresa a rete. 
  - Un'impresa ha attuato il decentramento della maggior parte delle  proprie attività verso imprese sub-fornitrici. Vi sono casi in cui  l'impresa centrale occupa meno dell'1% della forza lavoro complessiva,  ricordiamo: Benetton, Nike Shoes, Schwinn Bicycle. General Electric dà ai  sub-fornitori 1,5 miliardi di dollari di ordini, Motorola e Kodak realizzano  oltre il 50% della loro produzione con sub-forniture. La Bmw, tedesca, nota per il buon  livello tecnologico, acquista da una miriade di Pmi italiane componenti  tecnologici per 1000 milioni di Euro: vetri, air-bag, pompe, freni, valvole,  scatole del cambio, antifurti, pistoni, cilindri, volanti, sistemi Abs.
 
  - Si realizza una costellazione di imprese, ossia sistemi di imprese  complementari e collegate tra loro in un ciclo di produzione completo. Esse  possono anche non avere collegamenti societari o organizzativi, ma collaudati  sistemi di cooperazione operativa. È il caso, ad esempio, delle macchine  utensili e dei robot in Lombardia e in Emilia; non per nulla il settore è in  continua crescita.
 
  - In Italia notevole successo  ha avuto una tipologia di impresa a rete, un po' diversa ma ugualmente  innovativa, il distretto industriale e  l'area sistema: un insieme di  soggetti produttivi "locali", caratterizzati da una comune filiera  merceologica, da una diffusa competenza (in alcuni casi secolare) in quel  particolare settore produttivo, dall'esistenza di strutture di servizi  specifici alle imprese e dalla presenza prevalente di Pmi. Questa soluzione  viene studiata attentamente da parte degli economisti, in quanto elemento di  crescita e aggregazione della "cultura imprenditoriale". I distretti  industriali o le aree sistema (tra i più importanti: piastrelle, Modena -  macchine industriali, Milano - prodotti in metallo, Milano - pompe e turbine,  Milano - calzature, Treviso - seta, Como - macchine industriali, Bergamo -  tessile, Modena - lana, Prato - occhiali, Belluno - oreficeria, Vicenza -  imballaggio, Bologna - elettrodomestici, Ancona - divani, Bari/Matera), sono un  potente strumento di marketing per il successo del made in Italy. Anche in  questo caso, emerge il gap Nord/Sud; ad esempio, dai 15 distretti della  Lombardia, 8 del Veneto, 7 dell'Emilia Romagna, 5 delle Marche, si passa ai 2  della Campania, 2 della Puglia e 1 della Basilicata. È interessante, comunque,  l'evoluzione del polo di Marcianise, una delle aree a maggior sviluppo  industriale del Mezzogiorno. Sulle rovine degli errori commessi nel passato  dallo stato e, nonostante le guerre di camorra, sta nascendo un distretto  industriale nel settore delle telecomunicazioni. Il rapporto annuale del Censis continua ad evidenziare, anno per anno, un  buon andamento dell'economia dei distretti industriali. D'altra parte, lo  stesso Censis sottolinea che i distretti rischiano di rattrappirsi su se stessi  se non si ricorre con urgenza a rafforzare il sistema dei trasporti viario e  ferroviario, sia quello delle grandi direttici nazionali e internazionali, sia  quello locale. Osservava un imprenditore del Nord «La nostra efficienza cessa  al di fuori dei cancelli delle nostre imprese». Un'indagine della Cattolica  di Milano ribadisce che i distretti industriali saranno, ancora per anni, il  più importante fattore di espansione dell'export italiano. Gli arcipelaghi del  sistema produttivo italiano fanno export in tutto il mondo. Nel 2002, i 66  principali distretti e aree sistema italiani hanno esportato per 62,5 miliardi  di euro, il 25% dell'intero export del paese; in assenza di grandi imprese, i  distretti sono stati definiti, a ragione, le multinazionali italiane. D'altra  parte, anche per le Pmi dei distretti è necessario un salto di qualità; le Pmi  in Italia si trovano di fronte alla possibilità di svolgere un ruolo  propulsivo, anche per l'economia del Sud. Ora, se questa costellazione di  imprese non acquista consapevolezza delle nuove opportunità apertesi dalla  crisi del fordismo e del post-fordismo, se non sarà in grado di esprimere un  management all'altezza dei problemi e un progetto di ampio respiro, allora  tutto il sistema produttivo italiano potrebbero andare incontro a pericolose  involuzioni. In questa stessa categoria di "impresa a rete" possiamo  inserire aree come la   Silicon Valley e un gran numero di parchi scientifici e  tecnologici tematici di tutto il pianeta.
 
  - Sistemi imprenditoriali  costituiti da imprese giuridicamente autonome ma legate tra loro da forti vincoli associativi e da strutture  consortili di servizi comuni (consorzi industriali, cooperative di consumo,  confederazioni di artigiani).
 
  - Si ha infine il caso di grandi imprese che si fanno piccole;  aziende cioè che hanno un'unicità di struttura proprietaria e organizzativa, ma  che, tuttavia, si articolano al loro interno in strutture che sono "quasi  imprese" (business unit, profit centre, task force). Ad esempio la Abb ha attuato un forte  processo di decentramento operativo e di deleghe, in tutto il mondo. Il grado  di autonomia e la flessibilità di queste strutture, consente, peraltro, di  accrescere la quantità di lavoro affidabile a ditte esterne, ampliando, oltre i  confini dell'azienda "madre", l'impresa a rete.
 
  - Imprese che hanno adottato  sistemi integrati di marketing. È il  caso, ad esempio, delle imprese in franchising, quando il franchisor non si  limita ad accordi di tipo commerciale, ma suggerisce una strategia di marketing  comune e sinergica. 
 
 
Dalle considerazioni svolte sui diversi modelli di  impresa a rete appare evidente che le piccole e medie imprese (Pmi) trovano enormi opportunità di  business da questi sistemi organizzativi. Sembra però opportuno affermare che  Pmi non è sinonimo di successo sicuro, ma che, anche, per questo tipo di  impresa esistono gioie e dolori. 
Per approfondire le caratteristiche che dovrebbero distinguere l'impresa moderna si rimanda al seguente successo editoriale: L'impresa in un mercato che cambia 
Eugenio Caruso  
 
  
 
			
			
					
			
			
			
			
			
			
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