Non è opportuno dire la verità a una persona che non sia disposta ad accettarla. 
Seneca Lettere morali a Lucilio

La crisi petrolifera del periodo '73-'76 sconvolge il  quadro economico del Paese; la dipendenza della nostra economia dagli  idrocarburi rivela tutto il suo costo e la sua pericolosità. 
Si  tenta una programmazione industriale, ma alle chiacchiere non seguono i fatti  se non nel salvataggio di imprese e banche in crisi. Nella politica di  salvataggio viene coinvolta principalmente la chimica di base (Montedison, Sir  e Liquichimica finiscono all'Eni per strade diverse), l'Efim persegue autonome  politiche espansive creando gravi squilibri economici e finanziari, i fondi di  dotazione raggiungono, nel 1978, quasi il 25% dei trasferimenti complessivi  alle imprese. L'intervento di sostegno alle imprese si caratterizza, quindi, per  una forte componente "assistenziale" a società non più remunerative,  in settori obsoleti. Le stime sui ritorni economici che sarebbero entrati nelle  casse dello stato dalla nazionalizzazione del settore elettrico si rivelano  utopistiche, anzi, anche l'Enel entra in una crisi finanziaria di tale gravità  che impone, nel 1973, la costituzione di un fondo di dotazione. Il settore elettrico, in  mano privata produceva "vergognosi" utili per gli azionisti, in mano  pubblica produce "democratici" debiti a carico del Paese.
A  seguito della prima crisi petrolifera tutti i maggiori paesi industrializzati  avviano politiche di diversificazione delle fonti energetiche, per ridurre la  dipendenza dall'estero; l'Italia che è il Paese con la massima dipendenza tra  tutti quelli industrializzati, vara una serie di piani energetici, che  prevedono ambiziosi programmi nucleari.   Ma tutto resta solo sulla carta.
Nel  giugno 1979, l'Eni,  sotto la presidenza del socialista Mazzanti, firma con Petromin, l'organismo  pubblico che in Arabia saudita tratta le forniture di greggio, un contratto  triennale. Petromin si impegna a fornire all'Eni 91 milioni di barili di  petrolio in tre anni, al prezzo di diciotto dollari al barile. Nello scontro  politico in atto tra andreottiani, sinistra Dc, craxiani e sinistra socialista,  a qualcuno conviene far trapelare l'informazione che per quella fornitura è  stata pattuita una tangente di un dollaro e venti centesimi al barile, in parte  destinata ai mediatori sauditi, ma, in parte, finita nelle casse dei partiti italiani.  Le trattative con i paesi del medio oriente, e non solo, prevedono l'uso  istituzionalizzato della tangente ai mediatori locali; quello che emerge  nell'affare Petromin è che l'Eni gonfiava le tangenti per finanziare i partiti.  Le strade per mettere le mani sui soldi degli italiani sono infinite.
Il  solo centro di potere, del Paese, che spinge per un "ritorno al  capitalismo puro" è Mediobanca che tenta di rimettere in linea di  navigazione «le due uniche corazzate di cui disponeva il nostro asfittico sistema  imprenditoriale: Fiat e Montedison». 
   I primi risultati Cuccia li ottiene a Torino;  prima, in collaborazione con la Deutsche Bank, porta, nel 1976, agli Agnelli  superindebitati 415 milioni di dollari di investitori libici, e, poi,  suggerisce di affidare i pieni poteri della Fiat a Cesare Romiti cui viene  affidato il compito di riportare ordine e produttività nelle fabbriche gestite  tra lo strapotere del sindacato e l'inefficienza del management. 
Nel  1981, Mediobanca conduce in porto l'operazione "privatizzazione della  Montedison", contando sull'appoggio di Mario Schimberni, che ha mosso i  primi passi in Bpd a fianco di Romiti, e al quale, dopo il fallimento di Cefis,  è stato affidato, nella Montedison, lo stesso incarico di Romiti alla Fiat.  L'operazione ha l'appoggio del ministro delle partecipazioni statali, Gianni De  Michelis, amico di Schimberni. Un gruppo di privati (Agnelli, Carlo Bonomi,  Marzotto, Orlando, Pirelli) acquista, da Montedison, Gemina (una scatola vuota  riempita delle quote Iri ed Eni di Montedison), che, con meno del 20% del  capitale, diventa il socio di riferimento. 
el 1984 viene annunciato il  "sostanziale pareggio di bilancio" della Montedison; anche questa  volta, però, l'impresa non vede un serio processo di risanamento, ma solo un  inbellettamento (dovuto, sia a un'economia drogata dall'inflazione, sia a una  capitalizzazione della borsa trainata dal boom thatcher-reaganiano); il trucco  non viene scoperto subito, ma, alle prime difficoltà, risulterà una situazione  industriale molto pesante.  Nel 1986 Raul  Gardini, alla guida dell'impero dei Ferruzzi, si impossessa della Montedison,  alla cui presidenza siede sempre Schimberni, e, da quel momento, iniziano, per  il "corsaro di Ravenna", una serie di eventi negativi, che  culmineranno con il fallimento di Enimont, la joint-venture pubblico-privato,  lo scandalo delle tangenti e il disastro del gruppo Ferruzzi. La vita della  Montedison sarà ancora travagliata; la Ferfin, nell'estate del '93, si trova sull'orlo  del crack. Nella finnaziaria dei Ferruzzi vengono a galla 31.500 miliardi di  debiti consolidati, oltre a diversi ammanchi in società estere; in quel  drammatico mese di giugno, nel pieno delle inchieste giudiziarie su  tangentopoli, i Ferruzzi decidono di consegnare a Mediobanca le chiavi del  gruppo ritenendo quella decisione come l'unica strada per il risanamento.
La Ferfin viene affidata a  Guido Rossi, presidente (sostituito poi da Lucchini) e a Enrico Bondi,  amministratore delegato; con la regia di Mediobanca viene elaborato un piano di  ristrutturazione del debito che prevede: restituzione immediata del debito nei  confronti dei creditori esteri, rinuncia da parte delle banche nazionali a  parte dei crediti e degli interessi, conversione dei crediti residui in  capitale, dismissioni di alcune attività che portano 10.000 miliardi in cassa.  Da quel momento, istituti bancari e privati vicini a Mediobanca detengono il  controllo della Ferfin. Nel luglio del '96, la Ferfin viene ribattezzata  Compart; la Compart,  nel novembre 2000, incorpora Montedison e cambia il proprio nome in quello  della sua incorporata. Il nocciolo di controllo della Nuova Montedison sarà  costituito, nel novembre 2000, da Mediobanca 13,5%, Banca di Roma 8%, San  Paolo-Imi 6,7%, Gruppo Tassara 5,4%, Generali 4,7%, Italmobiliare 3%,  Caltagirone 1,8%, Serfis 1,8%. Il 3 ottobre 1997 la Banca d'Italia e l'Antitrust  (guidata da Amato) avviano un'indagine sul piano di risanamento del gruppo  Ferruzzi; l'indagine mette in evidenza due semplici realtà. Uno, nel 1993, con  la vendita delle attività del gruppo, Ferfin sarebbe stata in grado di pagare i  propri debiti senza necessità di azzerare il capitale, due Mediobanca, che aveva  ricevuto l'incarico del risanamento del gruppo, invece di muoversi in tale  direzione, ha operato per sottrarre il gruppo al controllo dei Ferruzzi.
Nel  decennio degli anni settanta, nei paesi più industrializzati i modelli  keynesiani dell'economia entrano in crisi e si affermano le teorie liberiste  dei Chicago-boys che ispireranno le politiche di Margaret Thatcher e Ronald  Reagan. 
Nel 1974, il premio nobel per l'economia va a Friedrich Hayek, il  profeta del liberismo, che afferma «Seguendo le tradizioni morali sorte  spontaneamente e sottostanti all'ordine concorrenziale del mercato ... noi  possiamo generare e raccogliere una quantità di conoscenza e di ricchezza più  grande di quella che potrebbe essere ottenuta e utilizzata in un'economia  diretta centralisticamente ... ». Il centralismo economico e i  "dinosauri" di stato hanno invece grandi estimatori in Italia, dove  nell'indifferenza di un'opinione pubblica rassegnata e drogata da media corrivi  e correi si realizza un colossale spreco di risorse umane e materiali che non  ha uguali nel mondo.
I  dati macroeconomici
La  caratteristica principale macroeconomica degli anni settanta riguarda il  processo inflazionistico. L'inflazione, tra gli anni quaranta e sessanta, era  considerata un fenomeno episodico. Di ampie dimensioni, come nel '46-'47,  oppure di dimensioni limitate, come nel '51 e nel '62-'63, ma episodi che svolgevano  la funzione di redistribuire il reddito tra imprese e famiglie. Nel corso degli  anni settanta, l'inflazione diventa un fenomeno con caratteristiche permanenti  e strutturali; la formulazione di corrette aspettative di inflazione diventa lo  strumento principale per un qualsiasi contratto. I comportamenti che  differenziano l'economia italiana degli anni settanta dalle altre economie  europee hanno le proprie radici nelle decisioni di politica economica e sociale  prese a metà degli anni '60, con la riforma del sistema pensionistico e con il  sostegno diffuso a imprese e lavoratori in difficoltà. È una filosofia di  governo imperniata sull'obiettivo di stabilizzare, in modo dirigistico, il  livello dell'attività economica, sull'irrilevanza dell'equilibrio del bilancio  dello stato, sulla subordinazione di tale bilancio a qualunque domanda di  protezione proveniente dal sistema sociale o da quello economico, sulla  politica di incentivazione dei consumi. 
Nel  marzo del 1979, con l'adesione dell'Italia al Sistema monetario europeo (Sme),  viene posto il primo elemento embrionale per una nuova filosofia di governo  dell'economia. 
Il  riassorbimento degli effetti del primo shock petrolifero aveva richiesto circa  cinque anni e si era concluso nel '78 con un tasso di inflazione del 12%, molto  più elevato di quello degli altri paesi europei. L'adesione allo Sme  rappresenta, anche, l'ammissione politica che la salvezza per la nostra  economia non può che venire dalle condizioni e dai vincoli stringenti che tale  adesione ci impone. 
Il  lungo periodo, dal '78 al '92, che sarà necessario per debellare l'inflazione  nel nostro Paese, mostra  la viscosità  del sistema politico al cambiamento. Una volta, infatti, che gli attori  politici si rendono conto che il sistema degli incentivi è un ottimo strumento  per risolvere qualsiasi tipo di difficoltà essi incorporano nel proprio dna la  predisposizione alla soluzione dei problemi, prevalentemente, con strumenti  inflazionistici.
Eugenio Caruso 
Nella versione PDF oltre agli aspetti economici viene illustrato, anche, dettagliatamente, lo scenario storico.

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