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Aumentano gli occupati negli Usa


Il sommo bene è la fermezza di un animo che non si spezza, è insieme accortezza, grandezza, integrità morale, libertà, armonia, bellezza
Seneca, De vita beata


Altri 215.000 impieghi creati e un tasso di disoccupazione fermo al 5,3 per cento. L’economia americana, in luglio, ha potuto fregiarsi di nuovi segni di vitalità del mercato del lavoro, che negli ultimi tre mesi ha generato in media 235.000 posti lasciandosi alle spalle la brusca frenata nella crescita sofferta a inizio anno. Una performance sufficiente anche a mantenere in carreggiata una stretta di politica monetaria fin da settembre.
Ma se la Federal Reserve contava sui dati di luglio per sciogliere ogni riserva e allontanare ogni preoccupazione davanti a un primo, ravvicinato aumento dei tassi d’interesse così non è stato. Le statistiche hanno rispettato le attese della vigilia con una precisione millimetrica: anche sul fronte dell’aumento mensile dei salari orari, pari come previsto allo 0,2% a 24,99 dollari. Un incremento dei compensi che se c’è stato rimane modesto, mostrando un’inflazione al consumo tutt’ora al palo e lontana dal 2% che è il target ideale della Banca centrale.
I miglioramenti occupazionali sono stati a loro volta temperati da un tasso di partecipazione alla forza lavoro rimasto inchiodato ai minimi dal 1977 - al 62,6% - che denuncia una persistente fragilità. Ben 6,3 milioni di americani restano inoltre forzati del part-time, impossibilitati a trovare assunzioni a tempo pieno.
La marcia del lavoro il mese scorso, tuttavia, in assenza di nuovi shock esterni basta secondo gli analisti a dar credito alla prospettiva di un iniziale, graduale passo di normalizzazione della politica monetaria - la prima stretta dal 2006 che dovrebbe muovere il costo del denaro dall’attuale livello ultra-accomodante vicino a zero - in occasione del prossimo vertice del 16 e 17 settembre. Una prospettiva ancora men che sicura, ma riaffermata da più di un esponente della Fed negli ultimi giorni. Una delusione dal mercato del lavoro, che ieri non c’è stata, avrebbe invece allontanato questa scommessa verso l’appuntamento di dicembre.
La Fed, a detta degli operatori, ha di fatto ammorbidito i criteri per un rialzo iniziale durante la sua scorsa riunione. Ha invocato la necessità di ulteriori miglioramenti sul mercato del lavoro prima di procedere, ma ha qualificato il termine “miglioramenti” con l’aggiunta di “alcuni”. Il dato di luglio sull’occupazione potrebbe essere interpretato proprio come un segno di qualche altro passo avanti.
La creazione di posti di lavoro il mese scorso, trainata da 210.000 buste paga nel settore privato, ha visto in prima fila i servizi, dal commercio al dettaglio (36.000 nuovi impieghi) alla tecnologia, dal turismo alla sanità (entrambi capaci di aumenti di 30.000 unità). Ma schiarite sono arrivate anche dal manifatturiero, che ha saputo generare 15.000 posti, il massimo da gennaio. Il comparto minerario, che comprende l’energia sotto pressione per i bassi prezzi del petrolio, ha tuttavia perso altri cinquemila occupati.
«Gli Stati Uniti hanno creato 5,7 milioni di posti di lavoro in due anni, la miglior performance dal Duemila - ha dichiarato Jason Furman, consigliere economico di Barack Obama -. Le imprese private hanno dato vita a 13 milioni di nuovi posti nel corso di 65 mesi consecutivi, un record. E il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi dal 2008». Ma, ha ammesso Furman, «molto resta ancora da fare, il mercato del lavoro risente ancora di debolezze. Per questo il presidente ha proposto nuovi investimenti infrastrutturali, nuove iniziative per aprire il commercio globale ai prodotti e servizi statunitensi e un aumento del salario minimo per i lavoratori». Il dato occupazionale di luglio, ha tuttavia concordato Ryan Sweet, senior economist di Moody's Analytics, «è stato nell’insieme solido».

EDITORIALE

28 agosto 2015



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www.impresaoggi.com