Sezioni   Naviga Articoli e Testi
stampa

 

        Inserisci una voce nel rettangolo "ricerca personalizzata" e premi il tasto rosso per la ricerca.

Intervento di Romano Prodi al seminario di Caserta

Benvenuti a questo Seminario,
un appuntamento che vorrei diventasse, in qualche modo, regolare. Perché mi sembra estremamente importante che periodicamente ci si scambino le idee, si rafforzi la squadra e ci si confronti gli uni con gli altri. E’ un Seminario che si confronta con scenari di cambiamento enormi, geopolitici e antropologici. Ma negli ultimi giorni abbiamo dovuto notare anche qual è la portata e l’enormità dei cambiamenti climatico-ambientali. Insomma, abbiamo tutta una serie di eventi esogeni che modificano lo sviluppo e lo scenario italiano e di cui dobbiamo tenere conto.
La prima osservazione che voglio fare in questa nostra analisi è che siamo stati messi spesso di fronte a contrapposizioni reali, esistenti, resistenti, ma di cui dobbiamo esaminare se hanno significato. La contrapposizione più importante di questi mesi è stata quella fra sviluppo industriale e infrastrutturale da un lato, e ambientale dall’altro, fra una modernizzazione e il mantenimento di tradizioni. E si è voluto quasi sempre presentare la nostra coalizione come frammentata negli interessi contrapposti.
Vorrei dirvi subito, all’inizio di questa mia esposizione, che non mi appassiona affatto il dibattito nominalistico che ha preceduto questo Seminario: cioè la contrapposizione tra riformismo e massimalismo che una buona parte dei media ha preso come strumento di interpretazione di questo incontro. Sappiamo che tra di noi esistono modi di pensare e approcci culturali differenti, ma siamo accomunati da un’identica visione sulla direzione verso cui deve procedere la nostra società. E abbiamo già dimostrato (omissis). Noi, contrapponendo questi discorsi fra riformismo e radicalismo, non andiamo assolutamente lontano, perché credo che chi vuole un’apertura ai mercati e una seria posizione di parità di fronte alla concorrenza non è certo quello che ritiene giustificata l’iniqua distribuzione dei redditi nel nostro Paese o che vi siano un milione e mezzo di pensionati che tuttora, ripeto tuttora, ricevono meno di 400 euro al mese.
Credo questa sia una coalizione che si riconosce in modo identico nei valori che stanno alla base della riforma della nostra società, arricchita da un dialogo continuo con i nostri elettori. Nella vera e reale attività di Governo non c’è stata questa distinzione fra riformismo e massimalismo e io vorrei fare un’osservazione a questo proposito, osservando l’attività della coalizione nei primi otto mesi nel Governo, nel Parlamento e di fronte al Paese. Abbiamo visto il manifestarsi, nell’ambito della nostra azione, di due tendenze che tra loro sono diverse nel modo di agire, cioè una tendenza che potremmo chiamare centripeta e una centrifuga. Da una parte dunque le scelte di coalizione, e questa è la tendenza centripeta di cui vi facevo l’esempio prima, che ha preso decisioni chiare, coerenti, tempestive rispetto a tantissimi problemi. Queste decisioni sono state una sintesi di successo tra diverse posizioni nella politica economica, intorno al trittico sviluppo-risanamento-equità, nella politica estera (pensate a cosa hanno significato il ritiro dall’Iraq, l’intervento in Libano, la natura delle nostre missioni all’estero), dove abbiamo sempre trovato una linea centripeta coerente. Ma anche sulla stessa politica dell’immigrazione, tanto delicata così come delicate saranno le scelte, sicuramente centripete, quando nei prossimi mesi tratteremo i temi cosiddetti eticamente sensibili.
Credo che proprio l’eterogeneità della nostra coalizione sia stata capace di rispondere a quelle che sono le istanze eterogenee della nostra società (omissis).
Da un altro lato però la nostra coalizione si è presentata come una polifonia poco armonica, spesso una cacofonia, perché nella comunicazione ciascuna delle componenti ha accentuato o spesso è stata costretta ad accentuare gli elementi identitari e gli aspetti che la differenziano dalle altre componenti. Si sono così attivate le forze che ho chiamato centrifughe non nelle decisioni, ma nella comunicazione e nell’immagine. Naturalmente, ed è in questo il paradosso, tanto più diventava forte la capacità di prendere decisioni condivise tanto più forte è sembrata l’esigenza di marcare nella comunicazione una differenza rispetto alle decisioni stesse, nel timore che la propria identità si sciogliesse nella miscela della decisione comune. E’ il paradosso della vita di questo Governo in questi mesi: comune nelle decisioni, ma fortemente diversificato nella comunicazione. E così forze centrifughe e centripete si sono alimentate a vicenda e purtroppo l’effetto di questa analisi, che nei contenuti è un’analisi serena e positiva, ha dato all’elettore l’idea di rendere la sostanza irrilevante, errore che speriamo non pesi nei comportamenti elettorali.
Questo è lo stato dei fatti. Ma teniamo presente che la forza centrifuga appare molto più interessante da registrare nei media rispetto alla centripeta. La nostra coalizione rischia di entrare in una spirale perversa e nella quale appare capace solo di prendere decisioni impopolari. Questo avviene ogni volta che gli stessi autori si allontanano dalle decisioni prese: quando il messaggio di noi autori prende distanza dalle decisione è chiaro che questa viene interpretata come sbagliata o impopolare. Credo dunque che in questo momento stiamo godendo di un sovrappiù di impopolarità determinato dalla comunicazione e non dai fatti compiuti.
Questo è un problema forte perché credo implichi decisioni coraggiose. Non so se voi ricevete le lettere che ricevo io molto spesso, ma gli elettori chiedono soprattutto fatti esemplari. L’irritazione ad esempio contro alcune remunerazioni in alcune funzioni della P.A., contro il sovrappiù di parlamentari, di consiglieri regionali, di commissioni è veramente a un livello di tensione e di irritazione estremamente forte. Ed è chiaro dunque che se noi vogliamo che comunicazione e sostanza coincidano dobbiamo essere ancora più spinti a decisioni coraggiose. E, ultima osservazione su questo tema, credo che se il bisogno di visibilità e di entità sia insopprimibile nella democrazia e complicato dalla complessità della coalizione, dobbiamo comunque applicargli due correttivi: il primo, e credo che su questo siamo sulla buona strada, è di rafforzare per ogni provvedimento del Governo la visibilità di chi ne è l’autore principale (credo su questo di non aver mai calpestato il ruolo autonomo dei ministri, ed è stato importante perché serve ad evitare le spinte centrifughe). Il secondo è quello di usare la comunicazione identitaria, non per prendere le distanze dal compromesso raggiunto, ma per sottolineare in positivo il contributo che il singolo ministro e la propria posizione ideale ha dato al contributo. (omissis).
Detto questo, vengo al contenuto operativo del Seminario di oggi in cui dobbiamo identificare le priorità che debbono sostenere il nostro principale obiettivo, cioè la crescita economica e sociale del Paese. Ricordo che la decisione di dedicare l’incontro a questo unico obiettivo non significa negare l’esistenza di altri importanti temi di discussione, da quelli costituzionali a quelli etici, temi per i quali ci saranno altre sedi di confronto. E l’unico tema di natura istituzionale che immagino avrà spazio naturale nel nostro dibattito, è quello del federalismo fiscale perché incide immediatamente sulla crescita del Paese e credo che sia inevitabile che qualcuno lo tocchi nel suo intervento. Crescita non vuol dire toccare solo i ministeri economici, ma tutti i ministeri: la ricerca scientifica, i giovani, la famiglia, i trasporti, le infrastrutture, la sicurezza pubblica, la giustizia.
Facciamo attenzione, perché l’impasse della crescita italiana non deriva solo da decisioni economiche, ma dalla stessa organizzazione base del nostro Stato e naturalmente è chiaro che questo vuol dire affiancare l’attività di Governo a una forte azione del Parlamento dove giacciono già molte proposte che, se trasformate in legge, contribuiscono al nostro obiettivo. Per questa ragione ho chiesto a Chiti di rappresentarci la situazione dei provvedimenti che sono in Parlamento, proprio per organizzare assieme le priorità e per lavorare con i parlamentari e i capigruppo. E, in secondo luogo, non dobbiamo perdere il contatto con i nostri elettori, con il nostro popolo, e quindi spiegare spiegare spiegare cosa stiamo facendo.
Per concludere sul passato, credo che tutti abbiamo lavorato bene. E sono certo che ciascuno sia singolarmente contento del lavoro fatto, anche se la Finanziaria ha portato conflitti, a volte anche aspri, nati più dalla scarsità di risorse da dividere che non da differenze sui contenuti. Abbiamo messo insieme un sistema articolato e concreto di azioni, un progetto di Paese e di società vera, non solo perché abbiamo aggiustato i conti, ma anche perché abbiamo avviato una nuova politica.
Il 2007 è proprio l’anno del cambiamento in cui diamo sostanza al risanamento effettuato con la Finanziaria, in cui dobbiamo lavorare in tutte le grandi aree, cioè energia, ambiente, diritti, salute, piccole e medie imprese, giovani, sicurezza, formazione, lavoro, famiglia. E certamente la lista delle azioni deve avere in primo luogo l’attuazione della Finanziaria. Per questo Enrico Letta ci parlerà dei passi concreti da compiere. In passato troppo spesso il Governo ha approvato la legge Finanziaria e poi l’ha lasciata lì. Noi abbiamo già fatto tutte le tabelle con le azioni da compiere e dobbiamo lavorare insieme per attuarla. E poi abbiamo gli assi portanti che qui voglio solo elencare e sui quali voi ritornerete.


www.impresaoggi.com