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Il riscaldamento del pianeta. Opinione di Indur Goklany


Tanto per prendere lo spunto da luoghi comuni: la primavera aveva cominciato ad aprirsi, ma già mentre declinava verso l'estate, proprio nel momento in cui dovevano iniziare i primi caldi, divenne pittosto fredda e ancora non c'è molto da fidarsi di lei, perchè spesso segna un ritorno all'inverno.

Seneca Lettere morali a Lucilio (61 - 65 d.C.)


L’economista Indur Goklany, vicedirettore per le politiche scientifiche e tecnologiche dell’ufficio di analisi del dipartimento degli Interni Usa, ha pubblicato, per il Cato Institute (1), un libro dal titolo The improving state of the world.
E’ interessante analizzare quello che Goklany afferma, poiché la sua posizione è di forte antagonismo rispetto alle cassandre che da tempo “terrorizzano” l’opinione pubblica con prospettive di catastrofi ambientali più o meno vicine.
L’economista sostiene il principio rivoluzionario che non vanno trascurati i vantaggi che derivano all’economia mondiale da un lieve innalzamento della temperatura del pianeta.
Innanzitutto, egli sostiene, “Non sappiamo con certezza quanta parte dell’effetto serra sia dovuta all’uomo e quanta sia di origine naturale. Ma una cosa è certa, la crescita economica e la creazione di nuove imprese, che rafforza le capacità di adattamento dei sistemi economici e sociali, rappresenta la migliore delle cure. Senz’altro più efficace di ogni terapia di contrasto al cambiamento climatico decisa a tavolino”.
La tesi di Goklany è la seguente. “Da una parte esiste una correlazione tra le emissioni di gas a effetto serra prodotte dall’uomo e il livello di sviluppo economico, dall’altra si suppone che l’aumento delle emissioni possa far aumentare le temperature globali. Però i modelli climatici finora utilizzati a sostegno della teoria che l’uomo sia il principale responsabile del riscaldamento dipendono da così tante variabili e parametri che, in pratica, si può ottenere qualunque risultato”
Secondo l’economista se esiste una correlazione tra lo sviluppo economico e il riscaldamento del pianeta la questione può destare preoccupazione solo se si dimostra che i vantaggi economici derivanti dallo sviluppo e dalla nascita di nuove imprese sono inferiori ai costi attribuibili al mutamento del clima. In sostanza secondo Goklany ci si deve chiedere.
“E’ meglio un mondo più ricco e più caldo, o un mondo più freddo e più povero?” (2) .
Afferma Goklany  “Il mutamento del clima determinerà costi e benefici a seconda del settore economico e dell’area geografica. L’ultimo rapporto dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, una rete di climatologi e altri scienziati che si riunisce periodicamente sotto l’egida delle Nazioni Unite al fine di valutare i progressi in campo climatologico e l’effetto dei mutamenti climatici sulla società) indica che, a livello globale, con un riscaldamento attorno ai due gradi il bilancio potrebbe essere positivo. Le latitudini più alte beneficerebbero, sia di una riduzione di morti e di malattie da freddo, sia di una maggiore produttività agricola e delle foreste. Alle latitudini più basse si osserverebbero una riduzione della produttività agricola e un aumento delle malattie tropicali”.
Secondo Goklany questi dati dell’Ipcc non tengono conto di due aspetti, lo sviluppo economico,  che comunque investirà anche i paesi in via di sviluppo, anche perchè i paesi più avanzati hanno interesse ad impiantarvi proprie imprese, e l’adattabilità dell’uomo ai cambiamenti; questi aspetti potrebbero consentire anche alle aree ”meno fortunate” di superare senza sostanziali svantaggi l’eventuale cambiamento climatico. D’altra parte, osserva l’economista, la maggiore ricchezza e lo sviluppo economico sono ottimi catalizzatori anche al fine di migliorare l’adattabilità degli individui. Eventualmente le organizzazioni internazionali dovrebbero monitorare che la distribuzione di costi e benefici avvenga in modo omogeneo sul pianeta.
Infine, osserva Goklany, se il riscaldamento globale, dovesse nel 2085 causare la morte di circa l’8% di individui nelle aree maggiormente colpite dal riscaldamento globale (per fame o per malattie), come calcolato da alcuni studiosi, secondo il protocollo di Kyoto, mantenendo le temperature ai livelli del 1990, convenzionalmente utilizzato come anno base, quegli uomini si potrebbero salvare.
Ma il protocollo di Kyoto, per il suo progetto di riduzione delle emissioni, prevede, ad esempio, che nel solo 2010 occorrerebbe spendere 165 miliardi di dollari.. Ebbene sempre secondo il protocollo di Kyoto quei 165 miliardi di dollari potrebbero salvare solo lo 0,42% di quell’8%.
Per contro, le stesse Nazioni Unite stimano che affrontando direttamente i singoli problemi e non la causa, come il riscaldamento globale, con una spesa di soli 22 miliardi di dollari (sempre riferiti al 2010) si potrebbero salvare dal 50% al 75% di quelle persone.
Quindi, secondo Goklany, la riduzione della vulnerabilità sarebbe molto più efficace della costosissima politica della riduzione delle emissioni.
Continua l’economista “ E’ ovvio, che, nel lungo termine qualche misura di mitigazione delle emissioni può essere necessaria, ma credo che la priorità sia decisamente quella di stimolare lo sviluppo economico dei paesi più arretrati (creandovi imprese e ricchezza) e di aiutarli a ridurre la loro vulnerabilità, oltre che sostenere misure di riduzione delle emissioni che siano economicamente valide e investire nelle nostre conoscenze sul clima”.

6/02/2007
Eugenio Caruso


COMMENTO DI IMPRESA OGGI

Questo e altri articoli che riguardano il problema del riscaldamento globale non rispecchiano le opinioni dei professionisti che lavorano per la costruzione del SITO. Riteniamo, peraltro, assolutamente importante, per la laicità dell’informazione, riportare le voci di quegli esperti che non concordano con le mode del momento.
Non dimentichiamo che nel  1972 uscì, sponsorizzato da parte del Club di Roma, il rapporto I limiti dello sviluppo nel quale erano previste imminenti catastrofi naturali, dovute all’inquinamento e allo sfruttamento delle risorse naturali; nessuna di quelle ipotesi si è concretizzata. Eppure il Rapporto fu discusso dai governi, da scienziati famosi, fu l’argomento principe dei media per mesi e l’Unesco uscì con questa profezia “ I limiti dello sviluppo verrà probabilmente citato negli anni a venire come il punto di partenza di un profondo riesame dei valori che hanno retto le società occidentali in questi ultimi due secoli. In un certo senso questo studio promosso dal Club di Roma può venire paragonato al movimento degli enciclopedisti francesi che schiuse l’età moderna”.



(1) Il Cato Institute è il fiore all'occhiello dei libertarian statunitensi. Fondato a San Francisco, nel 1977, l'istituto prende il nome dalle "Cato's Letters", un carteggio tra i pensatori inglesi John Trenchard e Thomas Gordon pubblicato sul London Journal dal 1720 al 1723. Definite da Clinton Rossiter come "la fonte di idee politiche più popolare, citata e stimata del periodo coloniale", le Cato's Letters sono state raccolte in volume nel 1755, diventando una delle principali ispirazioni filosofiche che hanno messo in moto la Rivoluzione Americana.

(2) Anche il Rapporto Stern, compilato per il governo Blair, mostra che il benessere globale netto è maggiore se il pianeta è più caldo.


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