Dati ISTAT al gennaio 2016


Gli uomini non vivono ma sono sempre in attesa di vivere
Seneca. Lettere morali a Lucilio

OCCUPAZIONE. Dopo la crescita registrata tra giugno e agosto (+0,5%) e il calo di settembre (-0,2%) e ottobre (-0,2%), a novembre 2015 la stima degli occupati cresce dello 0,2% (+36 mila). Tale crescita è determinata dalla componente femminile e dall'aumento dei dipendenti permanenti e degli indipendenti mentre calano i dipendenti a termine. Il tasso di occupazione aumenta di 0,1 punti percentuali, arrivando al 56,4%. La stima dei disoccupati a novembre diminuisce dell'1,6% (-48 mila); il calo riguarda uomini e donne e le persone con meno di 50 anni. Il tasso di disoccupazione, in calo da luglio, diminuisce ancora nell'ultimo mese di 0,2 punti percentuali arrivando all'11,3%. Dopo la crescita di settembre (+0,5%) e ottobre (+0,3%), a novembre la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni rimane sostanzialmente stabile, sintesi di un calo delle donne e di una crescita degli uomini. Il tasso di inattività, pari al 36,3%, rimane invariato. Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo settembre-novembre 2015 diminuiscono i disoccupati (-4,4%, pari a -134 mila), sono in lieve calo anche le persone occupate (-0,1%, pari a -12 mila), mentre crescono gli inattivi (+0,6%, pari a +88 mila). Su base annua la disoccupazione registra un forte calo (-14,3%, pari a -479 mila persone in cerca di lavoro), cresce l'occupazione (+0,9%, pari a +206 mila persone occupate), cresce anche l'inattività (+1,0%, pari a +138 mila persone inattive).
REDDITO DELLE FAMIGLIE E PROFITTI DELLE IMPRESE. Nel terzo trimestre del 2015 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti è aumentato dell'1,3% rispetto al trimestre precedente e dell'1,5% nel confronto con il corrispondente periodo del 2014. Il potere di acquisto delle famiglie consumatrici, che tiene conto anche dell'andamento dei prezzi al consumo, nel terzo trimestre del 2015 è aumentato dell'1,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,3% sul terzo trimestre del 2014. Nei primi tre trimestri del 2015, nei confronti dello stesso periodo del 2014, il potere di acquisto è cresciuto dello 0,9%. La spesa delle famiglie per consumi finali, in valori correnti, è aumentata dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e dell'1,2% rispetto al corrispondente periodo del 2014. Nel terzo trimestre del 2015 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 9,5%, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,3 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014. Il tasso di investimento delle famiglie consumatrici nel terzo trimestre del 2015 è stato pari al 6%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali sia rispetto al trimestre precedente, sia nei confronti del terzo trimestre del 2014. La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 40,1%, è rimasta invariata sia rispetto al trimestre precedente sia rispetto al corrispondente trimestre del 2014. Nel terzo trimestre del 2015 il tasso di investimento delle società non finanziarie è sceso al 18,8%, con una diminuzione di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 0,2 punti percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014.
PIL DELL'EUROZONA. La ripresa dell'Eurozona è attesa continuare a un ritmo moderato. Il Prodotto interno lordo è previsto aumentare dell'1,5% nel 2015 e dello 0,4% congiunturale in T1 e T2 2016. I consumi privati rappresenteranno la componente principale della crescita, sostenuti dalla caduta del prezzo del petrolio e dall'incremento dei redditi da lavoro. Anche i consumi pubblici sono previsti in aumento trainati, in particolare in Germania, da una politica fiscale espansiva. Le favorevoli condizioni di accesso al credito, unitamente all'incremento del grado di utilizzo degli impianti, costituiranno un incentivo alla ripresa degli investimenti nei primi due trimestri del 2016. Assumendo un prezzo del petrolio fisso a 35 dollari per barile e una stabilizzazione del cambio del dollaro a 1,08 nei confronti dell'euro, l'inflazione è prevista aumentare moderatamente e raggiungere lo 0,4% in T2 2016.
INFLAZIONE Di mese in mese – e da parecchi mesi ormai – aspettiamo prima e commentiamo poi i dati sull’inflazione con ansia crescente. Come un medico, alziamo lo sguardo preoccupati per quel battito sempre così lontano e fievole. Solo lo 0,1% in dicembre (e parliamo di inflazione tendenziale e cioè dicembre 2016 rispetto al dicembre 2015) dopo un altrettanto magro 0,1% in novembre. E dopo un estate e un autunno che avevano manifestato qualche sintomo di ripresa: 0,2% da giugno a settembre e addirittura 0,3% in ottobre. E lo facciamo a Roma così come nelle altre capitali dell’Eurozona il cui tasso di inflazione ha toccato lo 0,2% (sempre su base annua) nello scorso dicembre, in linea con l’andamento dell’intero 2015. Sgomenti, alziamo allora lo sguardo verso Francoforte, verso la torre della Banca Centrale Europea e chiediamo che si stampi nuova moneta ancor più di quanto non si sia già fatto fino ad ora e che il QE venga prorogato e poi prorogato ancora.Ma stiamo ascoltando il battito giusto? Se si guarda alla cosiddetta core inflation e cioè all’andamento dell’indice dei prezzi al netto delle sue voci più volatili (il petrolio, per esempio, o gli alimentari) o, per dirla con gli economisti, all’andamento tendenziale del prezzo dell’offerta aggregata, allora la prospettiva cambia in misura piuttosto significativa. In Italia, l’inflazione core si è attestata nell’ultimo trimestre dello scorso anno in media intorno intorno allo 0,8% (su base annua): il doppio rispetto a quanto osservato nell’ultimo trimestre del 2014. Nell’eurozona il dato dell’ultimo scorcio del 2015 è simile se non leggermente superiore a quello italiano e, anche in questo caso, appare in graduale crescita. Certo, siamo ancora lontani dal 2% scolpito nel marmo dello statuto della Banca Centrale Europea. Ma siamo anche piuttosto lontani dal profilo piatto dei prezzi prevalente nel dato ufficiale. Siamo proprio sicuri che la cosa non meriti una riflessione? In periodo in cui si fanno disavanzi di bilancio nonostante che l’economia mostri segni di ripresa, è lecito pensare che si possa stampare moneta anche in presenza di prezzi in tendenziale crescita. Ma quanto ci costerà questa dolce follia e quando ci verrà presentato il conto?

Eugenio Caruso

12 gennaio 2016

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