Banche. La crisi non è solo italiana.


Vuoi vivere. Ma sai cosa vuol dire vivere?
Seneca, Lettere morali a Lucilio


Dalla terribile crisi dello spread nel 2011 e per 4 anni consecutivi il sistema bancario italiano nel suo complesso ha cumulato 50 miliardi di perdite nette. La pulizia degli avviamenti e soprattutto le rettifiche sui crediti malati sono gli imputati di questo buco nei bilanci. Certo un quadro di crisi, difficile, e che ha pesato sugli azionisti che hanno pagato in termini di profonda caduta dei prezzi di Borsa oltre che essere costretti a sottoscrivere robusti aumenti di capitale.
Vista così la sofferenza delle banche italiane è indiscutibile, ma davvero è il sistema bancario che più si è piegato ai morsi della crisi finanziaria globale?
Sorprenderà molti, ma sarà utile sapere che quei 50 miliardi di perdite dell’intero universo del credito italiano li ha prodotti tutti insieme una sola banca inglese. La Royal Bank of Scotland ha cumulato un buco di bilancio dall’avvio della crisi di ben 48 miliardi di sterline. Sette anni consecutivi di perdite per il colosso inglese che ha avuto bisogno di essere nazionalizzato per sopravvivere. E nonostante la potente stampella pubblica, che per il sistema del credito britannico ha voluto dire un esborso netto dello Stato per 155 miliardi, Royal Bank of Scotland ha continuato a macinare perdite gigantesche. Solo nel 2015 si è vista un’inversione di rotta con l’ultima trimestrale che ha rivisto tornare il segno positivo.
Rbs non è l’unica ad aver subito l'urto: Lloyds Banking group ha visto bruciare 5,6 miliardi di sterline in perdite tra il 2010 e il 2013. Solo negli ultimi due anni è tornata ai profitti, ma che non bastano a riportare il saldo in positivo dall'inizio del 2008.
In fondo è lo stesso copione che ha visto protagonista in negativo la prima banca dell'eurozona. Con la perdita record di 6,8 miliardi con cui ha chiuso il 2015, Deutsche Bank ha riportato il suo orologio della profittabilità all’indietro di molti anni.Il buco miliardario del 2015 causato dall’ennesima sequela di accantonamenti per cause legali, quasi raddoppia la perdita per 3,8 miliardi accusata nel lontano 2008, l’anno della deflagrazione dei subprime. Anche per Deutsche Bank al di là dei maxi-picchi di perdita si è assistito negli anni a una contrazione pesante e costante della profittabilità. La Borsa non è stata a guardare ovviamente con il titolo che ha perso il 70% negli ultimi 5 anni.
Non che l’altro colosso tedesco la Commerzbank, sorretta dalla stampella pubblica, abbia fatto meglio. La seconda banca tedesca non si è più ripresa dal buco di 4,5 miliardi che l'ha prostrata nel 2009. I profitti netti hanno continuato a calare e il saldo cumulato è tuttora negativo. Ma Germania vuol dire oltre ai due campioni più rappresentativi, un sistema bancario pubblico per il 40% degli attivi bancari, fatto di Landesbank e Sparkasse. Le sole Landesbank hanno prodotto negli anni immediatamente successivi al 2008 ben 14 miliardi di perdite, in un sistema quello bancario tedesco che è stato puntellato, pena l'implosione, da aiuti di Stato per oltre 230 miliardi di garanzie e con un esborso reale netto per oltre 80 miliardi.
E proprio qui è il punto. Cosa sarebbe accaduto in bilanci che mostrano tuttora saldi cumulati negativi se non fosse intervenuta la mano pubblica dei Governi inglesi, tedeschi, spagnoli e francesi? La domanda non è oziosa. Senza l'aiuto delle finanze pubbliche la somma delle perdite sarebbe diventata gigantesca.
Il caso spagnolo è eloquente. Basti citare il caso del crac di Bankia, nazionalizzata dopo aver prodotto un buco da sola nel 2012 di ben 19 miliardi, poco meno della metà di tutte le perdite delle banche italiane in 4 anni messe insieme. Madrid con la sua bad bank pubblica, la Sareb ha messo in campo denari per 51 miliardi per rilevare le sofferenze (ben più alte di quelle italiane) degli istituti iberici travolti dalla crisi immobiliare che hanno così ceduto, liberandoli dai loro bilanci ben 100 miliardi di prestiti malati. Uno sgravio imponente che ha permesso al sistema bancario spagnolo di evitare di iscrivere nei conti perdite per decine di miliardi. Nonostante il poderoso aiuto la Caixabank ha più che dimezzato i suoi utili; lo stesso hanno fatto i colossi Santander e Bbva mentre il Banco Popular non solo ha prodotto nel 2012 un buco da 2,4 miliardi, ma ha chiuso il quarto trimestre 2015 con perdite per 172 milioni contro il miliardo di profitti pre-crisi.
E certa fragilità arriva da dove meno te lo aspetti. La svizzera non è più terra felix per le sue banche. Il Credit Suisse ha sorpreso tutti con una perdita record di 2,9 miliardi di franchi nel 2015. A pesare la svalutazione di un asset bancario americano. Per la banca elvetica il buco è secondo solo a quello del 2008 quando perdette oltre 8,2 miliardi. Ma è la contrazione della redditività costante nel tempo a rilevare le difficoltà del colosso svizzero. Gli utili netti sono scesi del 70% dal 2009 al 2014 prima della maxi-perdita attuale.

Fabio Pavesi da www,ilsole24ore.it - 8 febbraio 2016

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