1996. Difficoltà per l'Italia a entrare negli accordi di Maastricht.


Il tuo spirito devi mutare, non il cielo sotto cui vivi.
Seneca, Lettere morali a Lucilio


Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e declino di quelle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
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Copertina

Il 21 settembre 1996, a Dublino, il presidente della Commissione europea, Jacques Santer, annuncia che l’Italia non potrà far parte della moneta unica fin dalla prima fase, mentre l’Fmi fa sapere che l’Italia non potrà centrare i propri obiettivi senza toccare pensioni e sanità. Il ministro Visco, probabilmente ancora schiavo dell’idea protocomunista dell’accerchiamento, afferma che esiste in Europa una congiura contro l’Italia. Il Governo si sveglia dal proprio torpore e presenta una legge finanziaria durissima. Prodi aveva presentato la propria candidatura a primo ministro con lo slogan: «Entreremo in Europa riformando lo Stato sociale e senza imporre una lira in più di tasse», la legge finanziaria, invece, risulta il contrario di quella promessa. Le imposte aumentano ma lo Stato sociale non viene riformato; ad esempio, lo scandalo delle pensioni d'oro e delle cosiddette pensioni baby non viene nemmeno preso in considerazione.
Per evitare il crack previdenziale che potrebbe abbattersi sull’Europa, la Germania di Helmut Kohl ha varato una riforma in base alla quale dopo il 2005 i lavoratori tedeschi andranno in pensione a 65 anni. In Italia trionfa lo slogan «Pensioni e sanità non si toccano», ma queste due voci rappresentano da sole l’80% delle uscite dello Stato, di conseguenza l’unica soluzione resta quella dell’inasprimento fiscale. La Finanziaria va nella direzione di soffocare l’economia gonfiando ulteriormente il fiume di miliardi che da ogni angolo d’Italia parte verso Roma per ingorgarsi in un sistema di inefficienze, sprechi e corruzioni.
Il 18 ottobre 1996 Prodi invia una lettera al Gazzettino, rivelando tutta la sua arroganza. Il capo del Governo esordisce affermando: «Confesso: non ne posso più di sentir parlare continuamente del malessere del Nord-Est […] e di sentir accusare Roma di essere assente […] voglio risposte precise, che vadano oltre i discorsi meramente economici». Sono sostanzialmente due le risposte che possono essere date a Prodi.
Primo: il capo del Governo non si rende conto del malessere del Nord-Est. La sua cultura e il suo passato non gli consentono di capire i problemi delle aree produttive d’eccellenza; il suo passato, infatti, è quello del boiardo dell’industria pubblica. Ha scritto Arrigo Levi: «Se vuoi capire Berlusconi, studia la Fininvest. Se vuoi capire Prodi, conosci Nomisma». Gli 89 soci del centro di ricerche bolognese fondato da Prodi sono in gran parte banche, in particolare quelle che erano sotto il suo controllo quando era presidente dell’Iri. Incidentalmente, in occasione dello scandalo Necci emerge che Nomisma ha svolto pagatissimi studi per le Ferrovie dello Stato dal 1992 al 1996; appare quindi chiaro che la società vive grazie alle capacità di lobby messe insieme da soci tanto potenti. La cultura di Prodi è quella dell’impresa che vive attaccata alle mammelle dello Stato.
Secondo: mentre le aree d’eccellenza hanno bisogno di misure urgenti, l’azione di Governo è bloccata da corporazioni e lobby, nulla si muove in direzione della riforma dello Stato. Non meraviglia che l’unica risposta alle richieste del Nord-Est sia l’arroganza. Il 25 novembre 1996 la lira rientra nel Sistema monetario europeo, la parità con il marco è fissata a 990 lire, dopo una serrata trattativa che ha visto i “mastini” della Bundesbank opporsi al tentativo italiano di fissare il cambio a un valore superiore. Il segnale che proviene da Bruxelles è la dichiarazione di una mezza fiducia accordata all’Italia, ma anche un preciso messaggio a proseguire sulla strada del risanamento. Questo passo, un’inflazione sotto il 3% e il consenso degli ambienti finanziari internazionali sono indubbiamente un’iniezione di fiducia per il Governo. Il 1996 si chiude con alcuni dati economici positivi: l’inflazione è al 2,6%, la lira è rientrata nello Sme e il tasso di sconto è sceso al 7,5%; e altri negativi: la crescita del Pil è stata, nel 1996, solo dello 0,7%, la più bassa dei Paesi del G7, la disoccupazione è ancora aumentata e la parità con il marco fissata a 990 lire si rivelerà un handicap che il Paese continua a pagare.

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24 marzo 2016

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.



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