Natura, cibo e biodiversità, un patrimonio da valorizzare.


Il tempo ci rapisce gli altri , ma toglie, furtivamente, a noi una parte di noi stessi.
Seneca, Lettere a Lucilio


Il dibattito in corso su scala nazionale in merito alla riforma della legge sui parchi e le aree naturali protette deve fondarsi su una riflessione di fondo: quali politiche mettere in campo per la salvaguardia della biodiversità nel nostro paese? Questo è il punto. I parchi ricoprono un ruolo determinante per raggiungere l’obiettivo. Non sono l’unico strumento, ma sicuramente uno di quelli fondamentali.
Ne siamo consapevoli in Emilia- Romagna, una terra che per la sua posizione geografica presenta ben 2.700 specie diverse di piante, oltre 350 di animali vertebrati e una grande varietà di habitat.
Per questo la Regione a partire dagli anni 80 ha messo in campo azioni che oggi consentono di tutelare ben il 16% del territorio emiliano-romagnolo attraverso il sistema delle aree protette. Una rete che comprende 2 parchi nazionali condivisi con la regione Toscana, 1 parco interregionale per due terzi marchigiano, 14 parchi regionali e 15 riserve naturali. A queste aree si aggiungono 4 paesaggi naturali e seminaturali protetti e 33 aree di riequilibrio ecologico.
Non solo: sono 158 i siti della Rete Natura 2000, dei quali 139 Zps e 87 Sic, in parte coincidenti tra di loro, per una superficie complessiva di 270 mila ettari. La metà è esterna al sistema delle aree protette e per circa il 30% riguarda zone dove si svolge attività agricola.
Da ultimo – non per importanza, ma solo in termini temporali – ricordo lo straordinario riconoscimento di Riserva della biosfera dell’Unesco attribuito al Delta del Po e all’Appennino Tosco- Emiliano nel giugno del 2015 a Parigi. Un risultato che ci onora e al tempo stesso ci carica di una nuova responsabilità. Questa prestigiosa qualifica, di cui possono fregiarsi solo 14 riserve italiane e 675 nel mondo, impreziosisce vastissimi ambiti di inestimabile valore storico, culturale e ambientale. Un punto di partenza – da leggere insieme al vasto patrimonio sopra citato e già tutelato – per internazionalizzare le nostre ricchezze ambientali e promuovere una crescita sostenibile.
A fronte di un così ricco patrimonio, la Regione a partire dal 2008 ha mobilitato stanziamenti ingenti, risorse tecnicoscientifiche e universitarie per definirne un quadro conoscitivo approfondito sullo stato della biodiversità nel suo territorio. Una fotografia che manca su scala nazionale, nonostante quanto previsto dalla Strategia per la conservazione della biodiversità approvata nel 2010.
È questo uno dei primi elementi su cui occorre lavorare e da tenere presente nei processi di revisione normativa in atto: serve accrescere il sistema delle informazioni e delle conoscenze. Non è possibile prescindere da un’analisi dell’esistente e di ciò che si intende conservare, tenendo conto di dinamiche e variabili dirimenti quali i cambiamenti climatici.
Gli strumenti per monitorare l’evoluzione del nostro patrimonio naturale, nonostante gli sforzi di Ispra, sono ancora frammentati e insufficienti.
Al tempo stesso, mancano indicatori numerici di risultato delle azioni necessarie a prevenire e limitare la perdita di capitale naturale. I parchi, nazionali e regionali, sono strumenti primari per una seria strategia di conservazione della biodiversità. Come tali andrebbero caratterizzati per compiti precisi: va definita, per ciascuno, una vera e propria mission sulla quale valutare nel tempo il grado di efficacia delle azioni messe in campo. Serve una chiara individuazione dei livelli di responsabilità e dei mezzi a disposizione, sia umani che finanziari. Concretezza, chiarezza degli obiettivi e loro misurabilità, valutazione. Sono questi i criteri che ci devono guidare nelle modifiche alla disposizioni vigenti per assicurare politiche di prospettiva e largo respiro, volte al futuro.
Dopo l’approvazione della legge sugli ecoreati, che il nostro paese attendeva da 20 anni, la sfida delle riforme deve continuare. La Regione è pronta a dare il suo contributo, rendendo disponibili le esperienze e le conoscenze accumulate nel tempo.
Il tutto nell’interesse della tutela della biodiversità per il suo valore naturale, ma anche per rafforzare i percorsi di crescita sostenibile. Uno sviluppo fatto di natura, di cultura, di turismo e anche di agroalimentare. L’Emilia-Romagna, con le sue food valleys, ha un motivo in più per valorizzare la natura: essa è il primo marchio di qualità dei prodotti tipici di un territorio.
Si tratta dunque di temi strettamente connessi e alla base della strategia regionale per raggiungere quello che l’Europa ci chiede: una crescita sostenibile, intelligente e inclusiva.

Paola Gazzolo
Assessore alla difesa del suolo e della costa, protezione civile e politiche ambientali e della montagna , Regione Emilia-Romagna

Tratto da Ecoscienza - 2/2016


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Impresa Oggi - 3 giugno 2016


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