Il manuale della fonderia. Capitolo 17. Marketing e comunicazione

Quello che sai riconosci di saperlo; quello che non sai riconosci di non saperlo. Ecco la sapienza.

Confucio


Tra il 1985 e il 1987 sono stato direttore di un progetto da tre milioni di dollari il cui obiettivo era la realizzazione presso la Royal Scientific Society of Jordan di una serie di laboratori sulle tecniche di fonderia e di analisi dei materiali, allo scopo di far crescere le imprese del Paese.
Il progetto era stato acquisito dalla società per la quale lavoravo grazie ad efficaci azioni di Marketing e di Comunicazione.
Le principali attività di marketing si erano basate su una ricerca di mercato nelle aree del Magreb, di Egitto, Siria e Giordania, ricerca che aveva evidenziato i seguenti elementi:

  • nell'area mancavano competenze specialistiche sulla fonderia e sulla caratterizzazione dei materiali ed erano pertanto assenti imprese operanti nel settore,
  • tra i paesi presi in considerazione esisteva una certa consuetudine alla collaborazione tecnico-scientifica,
  • la Royal Scientific Society of Jordan godeva di notevole prestigio tanto che l'allora Presidente Onorario era l'attuale monarca hascemita,
  • la Royal Scientific Society aveva un progetto di trasformazione da struttura di ricerca in ente anche in grado di offrire servizi e formazione  a favore delle imprese locali ed estere,
  • presso la Royal Scientific Society esistevano competenze di metallografia,
  • tutti i funzionari incontrati avevano dimostrato comportamenti "eticamente" corretti,
  • la Giordania era il paese con la maggiore stabilità politica,
  • la Giordania poteva godere di un finanziamento del governo italiano volto ad attività di trasferimento tecnologico,
  • la cooperazione verso i paesi del Medio Oriente era ben vista a livello politico italiano.

Le attività di comunicazione si erano concentrate sui seguenti punti:

  • convincere i responsabili dell'ente giordano che la mia impresa era qualificata ad effettuare operazioni di trasferimento tecnologico e che l'Italia era in grado di fornire risorse materiali e immateriali di prim'ordine,
  • illustrare al nostro ministero degli esteri, sia la validità di un progetto sulla fonderia e sull'analisi dei materiali da realizzarsi in Giordania, sia l'interesse per il nostro paese ad attivare una collaborazione con la Royal Scientific Society,
  • coinvolgere nel progetto gli eventuali imprese fornitrici delle attrezzature e della formazione,
  • entusiasmare al progetto i nostri ingegneri e tecnici,
  • organizzare una serie di workshop tra tecnici giordani e tecnici interni e dei potenziali fornitori italiani, al fine di definire dettagliatamente una Proposta di progetto che fosse in grado di rispondere alle reali esigenze del paese,
  • assicurare formalmente i tecnici giordani che dopo lo start-up sarebbe stata assicurata, per alcuni anni, l'assistenza italiana,
  • portare i vari interlocutori a considerare il progetto come "evento ineludibile".

Dal punto di vista operativo tutto andò nel migliore dei modi perché le strutture tecniche si rivelarono all'altezza della situazione, ma, principalmente, perché le azioni preliminari di marketing e comunicazione avevano preparato il terreno per la buona riuscita dell'impresa.
Questa premessa aiuta ad avviare un'analisi breve ma completa sui due temi di questo capitolo.
È opportuno sottolineare che il settore della fonderia, in Italia, è costituito, per lo più, da piccole e medie imprese e pertanto, la trattazione si rivolge a questa tipologia di impresa. Anche le imprese fornitrici delle fonderie (1) sono generalmente piccole e medie imprese.


(1) Imprese produttrici di macchine utensili, di sistemi automatizzati, di impianti per fonderia, di impianti per il controllo delle emissioni e delle acque reflue, di strumentazione per i controlli non distruttivi, di impianti di movimentazione e di sollevamento, di stampi, aziende fornitrici di materiali speciali.


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1 Il marketing

    Con la rivoluzione industriale nasce la grande industria che si rivolge direttamente al consumatore/cliente e la cui missione è produrre. Ben presto, però, gli industriali si accorgono che non è sufficiente riempire piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere e creare sistemi di distribuzione efficaci, portare il prodotto verso il cliente; l'impresa si trasforma e si orienta alla vendita.
Nel momento in cui si riconosce l'importanza strategica di vendere si può affermare che il marketing inizia a muovere i suoi primi passi; per questo motivo, all'inizio della sua storia, il marketing è la scienza della vendita. Gli anni precedenti la grande depressione, la produzione domina e le attenzioni delle imprese sono concentrate sui costi di produzione e di distribuzione. Con i consumatori che acquistano le merci alla velocità con cui vengono prodotte, non c'è bisogno di preoccuparsi di creare una relazione con il cliente, è sufficiente fare in modo che i percorsi della distribuzione, dal produttore al consumatore, funzionino efficacemente. La Ford, all'inizio della sua produzione di massa, costruisce un solo tipo di automobile il leggendario modello T; obiettivo principale dell'azienda è ridurre il più possibile il prezzo di vendita e, grazie a questo principio, la Ford riesce a conquistare una posizione dominante. Con il crescere del benessere, alcune aziende incominciano, peraltro, a rendersi conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualcosa in più, pur di uscire dalla standardizzazione e il gusto del consumatore inizia a diventare una componente nella strategia della produzione di massa.
Uno dei primi passi verso la realizzazione dei principi del marketing viene compiuto dalla General Motors, il cui Presidente Sloan afferma, nel 1933, «La preoccupazione di acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del consumatore finale sta acquisendo una crescente importanza» e «... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la via più rapida per conseguire profitti ».
Dopo la guerra, a partire dagli anni '50, si assiste a un'accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing. Con il graduale passaggio dalla produzione per il magazzino della prima impresa fordista alla produzione su richiesta del cliente, il prodotto va sempre più trasformandosi in un servizio al consumatore, l'impresa orientata alla vendita si trasforma in impresa orientata al cliente (Caruso, 1999).
Nasce la customer satisfaction e, gradualmente ma costantemente, il cliente diventa l'elemento che sempre più influenza e pilota le scelte e le strategie delle imprese. In Italia, l'eccesso di domanda rispetto all'offerta, rallenta il processo di formazione di una cultura di marketing; questa nasce negli anni '60, per effetto della presenza delle imprese multinazionali che trasferiscono in Italia tecniche di gestione già consolidate. Il concetto di marketing inizia a diffondersi negli anni '70, ma è solo negli anni '80 che esso si impone come elemento centrale dei comportamenti e delle strategie delle imprese.
Con il graduale rivolgersi dell'impresa verso il soddisfacimento dei bisogni del cliente si assiste ad una nuova evoluzione nel mondo dell'economia: la transizione dall'era industriale a quella post-industriale.
L'aumento dei redditi delle famiglie aveva innescato, all'inizio del XX secolo, la produzione di massa di beni di consumo, capace di fornire prodotti che un tempo erano realizzati all'interno del nucleo familiare. Un ulteriore aumento dei redditi aveva consentito, lungo tutto l'arco del XX secolo, lo sviluppo dei "servizi alle famiglie". Quando, nel 1973, Daniel Bell scrisse il famoso The coming of post-industrial society, in Usa e in Europa, l'erogazione di servizi aveva già superato la produzione di beni materiali, diventando la prima forza trainante del capitalismo. In quell'anno, infatti, negli Usa ben 65 lavoratori su 100 erano occupati nel settore dei servizi (nel 2005 il comparto dei servizi occupa, in Usa, più del 77% della forza lavoro e contribuisce per più del 75% al valore aggiunto dell'economia).
Si noti che se, nell'era industriale, i fattori produttivi fondamentali erano rappresentati da capitale e lavoro, nell'era post-industriale i fattori fondamentali diventano l'informazione e la conoscenza.
Nell'evoluzione del rapporto tra offerta e domanda la centralità del cliente viene portata alle estreme conseguenze. Nel caso di prodotti tecnologici si instaura nel cliente una frenesia verso la novità fine a se stessa mentre, all'altro estremo, nel campo dei beni di consumo, il consumatore è interessato ai buoni acquisto, ai sorteggi, ai bollini, ai gadget, alle vendite promozionali, piuttosto che alle caratteristiche e alla qualità del prodotto. 
L'esasperazione della customer satisfaction porta, peraltro, ad alcune disfunzioni.

  • Alcune imprese sono diventate così sensibili ad ogni capriccio del cliente da perdere la cognizione reale del prodotto.
  • Il management delle imprese industriali ha ampliato alcune linee di produzione senza costruire un'adeguata logistica di trasporto e vendita.
  • Gli staff di marketing sono cresciuti senza un adeguato controllo del ritorno economico.
  • Anche i venditori sono disorientati dalla vastità dell'offerta e non sono in grado di aiutare il cliente nelle sue scelte.

Fortunatamente per il mercato, a metà degli anni '90, grazie ad un riposizionamento della funzione marketing in azienda, si assiste ad una significativa evoluzione del cliente; ad esempio la suggestione per il nuovo, indipendentemente dai suoi contenuti, va perdendo di attrattiva. Il consumatore ha imparato a sue spese che non sempre il nuovo risulta soddisfacente; ne sono emersi, sia un orientamento di estrema selettività verso il nuovo che viene accettato in quanto assicura un incremento di performance considerate "rilevanti" rispetto al vecchio prodotto, sia una sorta di insofferenza nei confronti di ciò che non risulti di facile utilizzo.
Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava, prevalentemente, alla qualità del prodotto all'atto dell'acquisto, oggi, nel business to business (b2b), più del 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l'evoluzione dell'impresa, ma, anche, la maturazione del cliente, portano, quindi, alla nascita dell'impresa "moderna", preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati. L'impresa moderna, finalmente libera dal dogma della superiorità del produttore o di quella del cliente si evolve con velocità sempre maggiore e si trasforma; la netta demarcazione tra fornitore e cliente tende a scomparire per fare posto alla cultura del "servire". Molte categorie tradizionali di gestione vengono superate: il funzionamento dell'impresa diventa semplice e diretto al fine di poter esprimere rapidità decisionali, capacità innovative e flessibilità (2) . L'impresa non è più un'isola, ma è inserita nella rete delle relazioni che la legano con i clienti, con le aziende fornitrici, con i sub-fornitori, con i consulenti, con le aziende alleate, con le agenzie di pubblicità, con la concorrenza e, più in generale, con gli attori del territorio. La partecipazione ad una rete esprime la capacità di un'impresa, specie se Pmi, sia di utilizzare le proprie relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche e di mercato che da sola non sarebbe in grado di raggiungere, sia di migliorare, quindi, il proprio vantaggio competitivo.
Con la trasformazione dell'impresa, anche il marketing si evolve, anzi si può affermare che, spesso, è proprio il marketing che segna il tempo di queste trasformazioni.
La maggior parte delle imprese opera secondo il marketing management ove con questo termine si intende, secondo la American Marketing Association, fare in modo che coloro ai quali è affidata la responsabilità del marketing siano in grado di:

  • dirigere e controllare tutte le attività di marketing dell'impresa in una visione di sistema;
  • collaborare alla formulazione di obiettivi, politiche, programmi e strategie;
  • formulare una politica per ciascun prodotto;
  • collaborare all'organizzazione e alla formazione dei quadri, anche quelli destinati alla produzione e ai servizi interni;
  • attuare i piani di marketing e controllare che gli obiettivi vengano conseguiti.

L'impresa moderna si avvia a diventare sempre più orientata al marketing; questo processo non è facile né indolore, esso si scontra, infatti, contro tre componenti, la resistenza ai cambiamenti, la prevalenza degli interessi dei responsabili su quelli dell'impresa, la carenza di cultura. Nonostante queste difficoltà, le imprese più avanzate e che meglio sanno affrontare le sfide della globalizzazione e dell'innovazione, stanno rapidamente adeguandosi a questo orientamento.
Uno dei maggiori contributi del marketing moderno è stato aiutare le imprese a rendersi conto dell'importanza di trasformare la propria struttura organizzativa dalla focalizzazione di prodotto alla valorizzazione del circolo virtuoso impresa - mercato (Caruso, 2004).
Il classico articolo Marketing Myopia di Theodor Levitt e le celebri cinque domande, che secondo Peter Drucker, ogni impresa dovrebbe rivolgersi:

  • Qual è il nostro business.
  • Chi è il nostro cliente.
  • Che cosa assume valore per il cliente.
  • Quali saranno le caratteristiche del nostro business in futuro.
  • Quale dovrebbe essere il nostro business ( Drucker, 1986),

hanno svolto un ruolo rilevante nell'affermare il nuovo modo di pensare. Ma molti anni devono trascorrere prima che le imprese riescano ad adottare una trasformazione della propria visione da un orientamento "interno-esterno" a quello "esterno-interno-esterno".
Per uscire dalle crisi economiche che, periodicamente, attanagliano il pianeta, agli economisti, alle banche centrali, ai governanti è affidato il compito di sostenere la domanda, individuando soluzioni macroeconomiche come la politica dei tassi, il prelievo fiscale, le opere pubbliche, ma un ruolo importante lo sostiene, sempre, il marketing delle imprese, che è capace di individuare nuovi strumenti, nuove strategie e nuove politiche per stimolare la ripresa dell'economia.
Da quanto detto appare evidente che un'impresa che non abbia una propria politica di marketing è destinata al declino. Il problema che si vuole proporre, sia pure in modo estremamente sintetico, è: "Si possono ipotizzare metodologie operative per un marketing vincente?".
Nel seguito vengono descritti alcuni valori che possono, opportunamente combinati e personalizzati, condurre un'impresa al successo e i relativi problemi che si incontrano nell'offrire questi valori (Kotler, 1999 - Kotler 2005).

  • Praticare una qualità superiore. Esistono diversi significati del termine qualità; di un'autovettura cosa intendiamo per qualità? La potenza del motore,  il design, i bassi consumi, la velocità, la sicurezza, la durata, la presenza del navigatore, le basse emissioni, la ricchezza delle dotazioni, la durata della garanzia, la vicinanza di un centro di assistenza? Probabilmente, ogni cliente ha in mente una propria idea di qualità. Esiste, poi, un altro problema spinoso; il cliente, per lo più, ha un'idea della qualità di un prodotto, ma nessuna prova concreta della sua reale esistenza. Infine i vari produttori tendono a standardizzare la "qualità" e ciò può portare ad escludere la qualità come fattore determinante per l'acquisto. Potrà essere solo un'accurata politica di marketing a trasformare la qualità in un'importante leva competitiva.
  • Praticare un miglior servizio. Ognuno ha una propria idea di buon servizio. Al ristorante ci sarà il cliente che apprezzerà la velocità, come quello che, volendo trascorrere una serata piacevole, non sopporta i comportamenti pressanti dei camerieri. Un servizio può essere caratterizzato da tempestività, cordialità, convivialità, competenza, assistenza, consiglio, ma ogni cliente attribuisce valori diversi a ciascuna di queste peculiarità. Non serve dichiarare di offrire un buon servizio, occorre personalizzare il servizio alla percezione che ciascun cliente ha di buon servizio.
  • Praticare prezzi inferiori. La strategia del prezzo ha mostrato la propria validità in molti casi. Il rischio di questa strategia è legato alla possibilità dell'entrata sul mercato di un'impresa concorrente che pratichi prezzi inferiori. D'altra parte non è sufficiente praticare prezzi inferiori, ma è necessario offrire al cliente un prodotto che, complessivamente, lo faccia sentire ripagato per quanto ha ottenuto in cambio del proprio danaro.
  • Detenere un'elevata quota di mercato. Le imprese che godono di questa posizione possono sfruttare economie di scala e forza del marchio per mantenere o rafforzare la propria posizione. I dati economici delle grandi imprese, però, spesso, non sono soddisfacenti dal punto di vista degli utili; molti ricorderanno che, negli anni ottanta, General Motors, Sears (3), Ibm, ad esempio, conseguirono risultati economici scadenti e inferiori a quelli di concorrenti minori. Conosco molte piccole imprese, che, lavorando in nicchie di mercato, sono leader mondiali e fanno utili elevati.
  • Personalizzazione dei prodotti. È una politica che può procurare notevoli soddisfazioni e che è applicabile, facilmente, nel caso dei prodotti industriali e nel caso dei servizi. L'adozione di questa politica sottende un'ottima conoscenza dei problemi reali del cliente.
  • Miglioramento continuo del prodotto. Questa strategia è molto efficace a patto che l'impresa sia in grado di comunicare tempestivamente ed efficacemente la superiorità del proprio prodotto. È importante, inoltre, che i miglioramenti effettuati vengano apprezzati dal mercato, se il mercato non li apprezza non esistono; ad esempio, molti prodotti di massa già offrono al cliente un elevato grado di soddisfazione e spesso ulteriori incrementi di utilità non vengono apprezzati. Esistono, invece, possibilità di migliorare la propria posizione di mercato nel caso dei prodotti industriali e nel caso dei servizi alle imprese.
  • Innovazione di prodotto. Spesso alle imprese si impone l'alternativa "Innovarsi o scomparire"; la Sony, con l'introduzione continua di nuovi prodotti, ha causato il declino di molti concorrenti. D'altra parte è noto che il tasso di caduta  di nuovi prodotti, nel settore dei beni di consumo, si aggira sull'80%,  e nel mercato dei beni industriali, è intorno al 30%. Il dilemma è "se non innovo sparisco, se innovo devo investire notevoli somme di danaro"; il problema può essere superato con efficaci ricerche di mercato.
  • Entrare in mercati in forte sviluppo. Mercati in forte sviluppo come l'automazione, le nanotecnologie, la microelettronica, le telecomunicazioni, hanno fatto la fortuna di piccole e grandi imprese, ma, molte sono fallite. Su cento nuove imprese di software che entrano in una nuova area di attività solo qualche decina sopravvive. Normalmente mercati in forte sviluppo richiedono notevoli investimenti in R&S; conosco un'impresa italiana, leader mondiale in un settore di nicchia delle telecomunicazioni, che riesce a difendere la propria posizione solo grazie a forti investimenti in ricerca. Purtroppo, rispetto ai competitori esteri, le aziende italiane devono combattere contro uno stato latitante e burocratico nel campo degli incentivi all'innovazione.
  • Sopravanzare le aspettative del cliente. Il marketing afferma "corrispondere alle aspettative del cliente significa soddisfarli, sopravanzarle, significa deliziarli". È molto facile che un cliente che sia rimasto "deliziato" dall'offerta di un'impresa diventi un cliente fedele e leale. Anche qui sorge un problema, se un cliente è stato soddisfatto oltre le proprie aspettative è probabile che nel futuro queste si manifestino in modo ancora crescente. L'impresa deve gradatamente limitarsi a soddisfare e non più a sopravanzare tali aspettative per non cadere in un vortice estremamente pericoloso per la sua redditività. Questo comportamento lo si ritrova nei venditori, che per acquisire un cliente "sopravanzano le sue aspettative", ma non potendo mantenere nel tempo questo atteggiamento finiscono spesso col perderlo.

(2) Si parla di organizzazione snella.

(3) In quegli anni la più grande impresa di vendite al dettaglio del mondo, superata negli anni '90 da Wal-Mart che adottò una strategia di prezzo più competitiva.


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2 La comunicazione

La comunicazione d'impresa è il tessuto connettivo tra il mondo della produzione e il mercato, è lo strumento indispensabile, sia per parlare all'interno dell'impresa, che per dialogare con tutto il sistema degli stakeholder (4). Non è assurdo affermare che la comunicazione è l'impresa e che senza comunicazione l'impresa non esiste (Caruso, 2005).
In realtà, specialmente nelle piccola e media impresa (5), questo potente asset è, spesso, sottostimato o utilizzato in termini riduttivi, e, quasi sempre, le imprese non sanno sfruttare le possibili sinergie dei vari aspetti della comunicazione.
Nella letteratura specializzata, da tempo, si parla di orchestrazione della comunicazione, intendendo la necessità di considerare l'insieme degli strumenti della comunicazione alla stregua di un'orchestra che deve eseguire una composizione, che prevede gli a solo e gli assieme, che devono, però, obbedire tutti ad uno spartito.
Un altro aspetto innovativo e moderno della comunicazione è la tendenza ad annullare la separazione tra comunicazione verso l'esterno e comunicazione verso l'interno dell'impresa, e a progettare sistemi di comunicazione verso tutto il sistema degli stakeholder. Ciò in perfetta analogia con i risultati di molte ricerche che hanno mostrato come la client satisfaction e la employee satisfaction siano due aspetti della stessa realtà; a dipendenti soddisfatti corrispondono clienti soddisfatti.
Nel seguito analizzeremo i vari strumenti della comunicazione d'impresa mostrando come tali strumenti devono rispondere ad un'unica cabina di regia che deve preoccuparsi di comunicare, verso il mondo esterno e verso l'interno dell'impresa, messaggi coerenti, veritieri e tali da rafforzare l'identità dell'impresa.

2.1 La pubblicità

In generale un'impresa si affida a un'agenzia di pubblicità, la quale viene messa al corrente sia sul messaggio che si vuole trasmettere, sia sul mercato target al quale si vuole far pervenire il messaggio. Avendo come vincoli il "cosa dire" e "a chi dirlo", l'agenzia si preoccupa del "come dirlo", anzitutto attraverso la scelta dei mezzi e dei corrispondenti veicoli.
I mezzi e i veicoli più comuni sono la radio, la televisione, la stampa, le riviste specializzate, gli affissi, le insegne luminose, i manifesti, i cataloghi, i depliant, le cassette, Internet.
Il piano pubblicitario, in generale, viene affidato al media planner, il programmatore dei mezzi. La programmazione dei mezzi è condizionata dai tempi di attuazione del piano pubblicitario, che, a loro volta, sono subordinati alla natura del prodotto, ai sistemi di vendita, alle caratteristiche del mercato e della concorrenza, agli atteggiamenti del cliente, alle disponibilità finanziarie, alle esigenze dei tempi di ritorno economico del piano stesso.
Successivamente, il messaggio scelto viene tradotto in frasi (gli slogan) semplici, persuasive e facili da ricordare, da parte dei copywriter,  e in immagini, da parte dei grafici, i quali lavorano sotto la direzione dell'art director.
Decenni di pubblicità e di esperienze sul campo hanno mostrato l'importanza degli aspetti scientifici della pubblicità. Oggi si sa come la pubblicità funziona, come costruire una strategia che dia ai creativi la possibilità di sviluppare il proprio ingegno, come superare le "obiezioni virtuali" di un cliente sempre più smaliziato e cinico e, principalmente,  come adeguare il piano pubblicitario alle tipologie di prodotto e di mercato.
È ovvio che il messaggio pubblicitario, destinato al cliente, raggiunge indirettamente tutto il sistema degli stakeholder, pertanto l'immagine che emerge deve essere chiara e veritiera, deve mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive reali ed essenziali per il segmento di clientela scelto. La creazione dell'immagine dell'impresa dovrà basarsi su prove che hanno suscitato testimonianze da parte degli stakeholder; si tratta, quindi, anche di gestire queste prove. Un'accorta gestione dell'immagine viene confermata, sia dalla fierezza dell'appartenenza che mostra il personale, sia dal compiacimento o dall'orgoglio dei clienti di essere serviti da quell'impresa. L'immagine deve poter sfumare nell'identità dell'impresa e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento degli obiettivi e dei valori aziendali.
Nel campo della comunicazione di massa un discorso a parte merita la televisione, il principale strumento pubblicitario delle grandi e piccole imprese; le prime, grazie alle reti nazionali, le seconde, grazie alle reti locali.
Dagli anni cinquanta la televisione ha fatto passi da gigante e ha contribuito enormemente all'evoluzione della società. La televisione è diventata la compagna e l'elemento di socializzazione di bambini, giovani, adulti e anziani; ciò che compare sul video è la realtà, è la proiezione immaginifica della nostra realtà, il video è l'elemento per avere visibilità nella vita, schermo e realtà si sono fusi nell'immaginario della gente. Non a caso i budget di tutte le grandi imprese prevedono una quota cospicua di investimenti nella pubblicità televisiva; se il video è la realtà, lo spot è la proiezione del prodotto nella realtà.
È interessante osservare che la pubblicità, generalmente,  si articola in due momenti, quello razionale e quello emozionale:

  • lo stile logico razionale è rappresentato dalla pubblicità comparativa, dagli articoli tecnici e dalla pubblicità che troviamo nelle riviste specialistiche,
  • ma, le moderne tecniche di comunicazione fanno entrare lo stile emozionale anche in quello razionale. Sfogliando le succitate riviste tecniche possiamo trovare poderosi compressori sui quali sono adagiate leggiadre fanciulle, ballerine di Degas che riportano a impianti e macchine vibranti, elefanti e tartarughe a rappresentare robustezza e durata di un prodotto industriale, impianti chimici utilizzati come strutture per acrobati da circo, macchinari con lo sfondo di una superficie lunare o di una maestosa catena montuosa.

2.2. Le riviste specializzate tecnico-professionali

Un discorso specifico merita la pubblicità nel business to business (b2b), in particolare quello che riguarda le imprese del settore della fonderia. È difficile che queste imprese abbiano le risorse economiche per ricorrere alla televisione o alla radio, d'altra parte, nel b2b anche la grande impresa, generalmente, non ha interesse a questi mezzi di comunicazione, in quanto, per lo più, poco efficaci. L'azione pubblicitaria, nel b2b, si sviluppa sostanzialmente con inserzioni pubblicitarie e con aerticoli tecnici nelle riviste specializzate, oltreché con la partecipazione a mostre e fiere.
Un ruolo fondamentale svolto dalle riviste specializzate è anche quello formativo; infatti tra le fonti a disposizione di un lavoratore che voglia mantenere aggiornata la propria formazione professionale, la più importante è proprio quella delle riviste tecnico - professionali che si occupano di un particolare settore. I dati del 2005 mostrano che sono circa 9,5 milioni i lavoratori che "consumano" riviste specializzate; il dato è particolarmente impressionante se si considera che, in Italia,  i lettori regolari o saltuari di quotidiani sono circa  11,5 milioni (Guaglione, 2005). Le motivazioni di lettura di tali riviste sono:

  • tenersi aggiornati (89%),
  • comprendere le dinamiche del settore (83%),
  • conoscere le opinioni di esperti e operatori autorevoli ((76%),
  • prendere atto dell'esistenza di nuovi prodotti e nuove soluzioni (76%),
  • conoscere le innovazioni scientifiche, tecnologiche e organizzative (74%),
  • conoscere le nuove normative (72%),
  • cambiare facilmente lavoro (25%).

Fa notare Giuseppe Nardella, Presidente della Anes (Associazione Nazionale Editoria Periodica e Specializzata) che «La stampa tecnica specializzata si sta sempre più rivelando, uno strumento sia di comunicazione privilegiata per la piccola e media impresa, sia di formazione per le nuove generazioni in procinto di entrare nel mondo del lavoro», auspicando, inoltre, una sempre maggiore diffusione di questa tipologia editoriale nella scuola media superiore italiana (Biondi, 2005).
Va rilevato che, a volte, gli articoli tecnici contenuti nelle riviste specializzate sono pesanti e poco chiari. Anche qui si pone un problema di comunicazione; ciascun autore dovrebbe seguire le seguenti facili regole per rendere i propri articoli più "leggeri".

  • Articolare l'elaborato in tre fasi:
  • un inizio, che ha la funzione di catturare l'interesse del lettore e spingerlo a proseguire la lettura; un modo efficace è rifarsi  a qualche fatto reale o noto,
  • una parte centrale, cui è affidato il compito di sviluppare gli argomenti per i quali l'articolo viene scritto,
  • una conclusione che specifichi in modo conciso il messaggio che l'autore vuole trasmettere.
  • Dividere l'articolo in paragrafi. I paragrafi introducono sinteticamente gli argomenti, segnalano al lettore che è iniziata un'altra fase della trattazione, rendono la lettura più fruibile.
  • A volte, può essere utile articolare anche ciascun paragrafo in un'introduzione, una parte centrale e una conclusione.
  • Limitare il numero di argomenti trattati per ciascun paragrafo.
  • Articolare ogni argomento in tre fasi: ciò che è familiare, ciò che è noto, ciò che è nuovo.
  • Creare raccordi efficaci tra le frasi all'interno del paragrafo e tra i paragrafi. In assenza di raccordi, i lettori faticano ad individuare il collegamento tra le idee e a seguire lo sviluppo logico della trattazione.
  • Utilizzare elementi di stacco (senza esagerazioni). I grassetti, gli elenchi puntati o numerati, gli spazi bianchi, la grafica riducono lo sforzo mentale da parte del lettore.
  • Effettuare un editing finale sui contenuti, sullo stile, sull'accuratezza. La regola d'oro è "accorciare le frasi e finalizzare ogni parola".

2.3 Le pubbliche relazioni

Le pubbliche relazioni (PR) sono uno strumento della comunicazione che si propone di sviluppare e governare sistemi di relazione consapevoli, programmati, interattivi e simmetrici tra un'azienda e i suoi stakeholder. L'attività delle relazioni pubbliche, per ciascun obiettivo specifico della comunicazione d'impresa,  si articola nelle seguenti fasi:

  • identificazione delle variabili che influenzano l'obiettivo,
  • ascolto degli stakeholder sulle variabili identificate,
  • definizione dei messaggi chiave,
  • pre test per analizzare il livello di familiarità, credibilità e autorevolezza percepite,
  • progettazione e realizzazione di specifiche iniziative relazionali. Giova ricordare che, spesso, l'azienda moderna è "intelligenza relazionale" (Caruso, 2003),
  • fase di ascolto per misurare l'efficacia delle azione realizzate.

Le relazioni pubbliche, nel contesto della comunicazione aziendale, hanno visto, nel corso degli anni, succedersi periodi di grande sviluppo a periodi di grande depressione. La caduta di interesse, che le PR vedono periodicamente, è dovuta a una causa ben precisa:  l'imprenditore vede le PR come uno strumento per azioni di lobby e non come un componente dell'orchestra della comunicazione aziendale, anzi un componente di rilevanza fondamentale se ad esso è affidato il compito di instaurare relazioni interpersonali e per ascoltare la gente sullo stato e sulle iniziative dell'impresa.
Generalmente, la pubblicità si pone l'obiettivo di creare una disponibilità del consumatore verso un prodotto; compito delle PR è collaborare alla ricerca dei mezzi perché quella disponibilità si trasformi in una precisa decisione di acquisto.

2.4 Partecipazione a fiere e mostre

La partecipazione alle fiere di settore può avere diversi obiettivi:

  • rafforzare il tessuto relazionale,
  • rafforzare la propria rete commerciale,
  • monitorare la concorrenza,
  • conoscere potenziali acquirenti,
  • individuare nuove opportunità di business,
  • comunicare al mercato la propria presenza.

Questo elemento della comunicazione d'impresa è certamente uno dei più sfruttati dalle aziende del settore della fonderia, perché, a costi non molto sostenuti, consente di inviare una serie di messaggi a clienti, fornitori e concorrenti:

  • siamo sempre presenti,
  • abbiamo un potenziale innovativo che altri non hanno,
  • la nostra comunicazione è continua e vincente,
  • la crisi (eventuale) non ci ha distolto dall'investire nello sviluppo,
  • le nostre risorse umane sono di prim'ordine,
  • siamo orientati a creare delle partnership.

La preparazione alla partecipazione a fiere e mostre è spesso gestita dal responsabile delle PR; l'esperienza insegna che, a volte, queste manifestazioni vengono sottovalutate dal settore produttivo che le considera una perdita di tempo e un intralcio alla propria operatività. Lo scollamento tra pubbliche relazioni e produzione può rendere inefficace un evento che dovrebbe essere uno degli elementi centrali dell'operatività di marketing e si perde, spesso, l'obiettivo della comunicazione a favore della pura presenza d'obbligo.

2.5 La comunicazione organizzativa

Solo pochi anni fa la struttura organizzativa era considerata, esclusivamente, uno strumento per migliorare i processi, sia interni, che verso l'esterno, ai fini di migliorare l'efficienza e l'efficacia di un'impresa. Oggi la struttura organizzativa deve tenere conto di essere un altro componente importante della comunicazione d'impresa.
Già da alcuni anni, tra gli addetti ai lavori, ci si chiedeva se era ancora opportuno parlare di comunicazione interna o se era oramai indispensabile riferirsi al concetto di comunicazione organizzativa. I risultati di ricerche e analisi (Invernizzi, 2000) dimostrano che «il concetto di comunicazione organizzativa è più adeguato a interpretare e descrivere le forme e i contenuti sempre più variegati e complessi della comunicazione». In estrema sintesi, cioè, la comunicazione interna si è trasformata in organizzativa poiché gli strumenti, le iniziative e le modalità di comunicazione che riguardavano i "pubblici" interni, devono riguardare anche una serie di "pubblici" esterni e pertanto devono necessariamente coinvolgere la struttura. La comunicazione organizzativa si propone, pertanto, di gestire e potenziare le relazioni dell'impresa con tutti i soggetti rilevanti per l'impresa stessa e, cioè, con tutto il sistema degli stakeholder. Alla separazione tra interno ed esterno si sostituiscono l'integrazione, il dialogo e lo scambio interfunzionale. Si diffonde, pertanto, il principio della collaborazione come asset fondamentale per creare valore per tutto il sistema degli stakeholder. Innescare meccanismi di collaborazione comporta, pertanto, cambiamenti nella struttura e nei comportamenti organizzativi. La comunicazione organizzativa diventa parte integrante dei processi produttivi e decisionali e dei rapporti con il mondo esterno; essa viene usata per definire la mission, la vision, la cultura e i valori dell'impresa.
Occorre inoltre osservare che se le imprese gerarchico-funzionali hanno sentito il bisogno di attivare la comunicazione organizzativa ciò vale, a maggior ragione, per le imprese più evolute, come le imprese a rete (Caruso, 2003). Esse, infatti, necessitano di supporti comunicazionali diversi  e integrati e, per realizzare un'efficace integrazione, l'impresa deve strutturarsi e organizzarsi in maniera adeguata. È importante rimarcare che la comunicazione organizzativa è uno strumento fondamentale per la Pmi. Se l'accesso verso l'impresa avviene attraverso risorse umane ciascuna delle quali ha la piena responsabilità del proprio ruolo ed è in grado, sia di riportare in modo corretto al proprio capo, che di accompagnare il soggetto esterno lungo la catena comunicativa siamo di fronte ad un'impresa che sa sfruttare il sistema organizzativo per comunicare. Se l'accesso comunicazionale avviene esclusivamente attraverso l'imprenditore, il segnale che si ricava dall'esterno è, quanto meno, di incapacità nell'utilizzare le risorse umane o di carenza di risorse umane pregiate.

2.6 La sponsorizzazione

La sponsorizzazione è un contratto commerciale tra due o più parti: in tale contratto una parte (detta sponsor) cerca di promuovere un marchio, un'impresa, un prodotto, un servizio finanziando un avvenimento, una manifestazione, la manutenzione di un'opera monumentale, uno spettacolo televisivo o radiofonico, un club sportivo, un personaggio famoso (chiamati sponsee). Lo sponsee, in cambio di un corrispettivo in danaro, si impegna a veicolare l'immagine del soggetto indicatogli dallo sponsor. La sponsorizzazione sportiva è, in Italia, una delle più praticate, tanto che anche piccole e medie imprese associano il proprio nome a squadre di calcio, basket, volley, ciclismo, automobilismo.
A differenza di altre forme di comunicazione, la sponsorizzazione non ha, generalmente, un contenuto conoscitivo sull'oggetto della sponsorizzazione; la sua funzione non è, infatti, quella di diffondere informazioni, ma, bensì, di far conoscere, accrescere, potenziare, rivitalizzare l'immagine dello sponsor.
D'altra parte, è assolutamente fondamentale che la sponsorizzazione sia associata e coerente con altre forme di comunicazione; ad esempio un'azienda che associa il proprio nome ad un club sportivo deve, necessariamente, abbinare alla sponsorizzazione una pubblicità che sia in grado di veicolare i messaggi relativi ai prodotti e alle loro caratteristiche. Per una piccola e media impresa è possibile abbinare la sponsorizzazione di un club sportivo con la pubblicità su riviste specialistiche, ad esempio.
Colpisce, spesso, la mancanza di razionalità che governa ancora l'uso della sponsorizzazione da parte delle Pmi, spesso, non frutto di una scelta ponderata, come avviene per altri strumenti della comunicazione, quanto come risposta a fattori puramente occasionali o emotivi.
Gli sponsor del settore sportivo, in base al rapporto che si stabilisce tra i loro prodotti e l'attività sponsorizzata, possono essere classificati in tre categorie.

  • Tecnico. Quando lo sponsor fornisce agli atleti i prodotti indispensabili per lo svolgimento dell'attività sportiva: sci, scarpe, tute, caschi, slittini.
  • Di settore. Quando i prodotti possono essere utilizzati nell'attività sportiva pur non essendo legati al gesto sportivo: bevande energetiche, acque, creme, occhiali.
  • Extrasettore. Quando i prodotti dell'impresa non vengono utilizzati nell'attività sportiva.

(4) L'insieme dei soggetti con i quali l'impresa deve costantemente confrontarsi per raggiungere i propri obiettivi di mercato, e cioè: dipendenti, clienti, fornitori, PA, distributori, mass-media, associazioni ambientaliste, associazioni consumatori, sindacato.

(5) Nel settore della fonderia questo atteggiamento è un po' più accentuato.


2.7 Internet

Nonostante le iniziali limitazioni tecnologiche, le aziende non hanno tardato a comprendere il valore del www in particolare come mezzo in grado di raggiungere qualsiasi cliente in ogni parte del mondo. In pochi anni, la rete è diventata un mezzo fondamentale di comunicazione globale, in grado di disseminare a bassi costi informazioni su un'impresa.
La maggior parte dei web di prima generazione erano costituiti da poco più che documenti statici. Il cliente interagiva con il web con la lettura di testi e l'osservazione di fotografie e disegni. Questo modo di trasferire informazioni dall'azienda al cliente è stato chiamato "stile brochure" ed è, oggi, considerato un modo primitivo di utilizzare le potenzialità di Internet. Esiste ancora, però, la falsa idea che avere un sito web dal design accattivante, tramite il quale proporre prodotti ed accettare ordini, sia sufficiente per portare le aziende verso il successo nella comunicazione su Internet.
Un notevole salto di qualità è stato fatto quando ci si è resi conto che Internet non era solo macchine, connessioni, software e protocolli, ma era, sostanzialmente, fatto di persone e che le relazioni tra le persone ne erano l'ossatura.
Per beneficiare delle molte opportunità offerte dal web ed evitarne, contestualmente, le minacce, le imprese dovrebbero sviluppare una strategia per la realizzazione dell'impresa digitale che permetta di garantire la flessibilità necessaria per stare al passo con le dinamiche del mercato. Le aziende con un occhio rivolto al futuro riconoscono che la chiave per il successo è costruire un modello di impresa digitale che venga definito, sia dalle dinamiche di business, sia da quelle tecnologiche. In un'ottica sistemica si può affermare:

  • che il cuore dell'impresa digitale è costituito da una spina dorsale costituita da processi,
  • che una piattaforma di successo deve superare i confini dell'azienda ed includere tutto il sistema degli stakeholder.

Una volta che i processi siano stati definiti e progettati si può passare a sviluppare le applicazioni digitali (6) che supportano ciascun processo: ad esempio, l'applicazione digitaledel business to business supporta il processo di acquisto da parte del cliente.
Per fornire un servizio personalizzato il web offre la promozione di prodotti ritagliati su segmenti di mercato ben precisi, allo scopo di attivare una fidelizzazione di quel segmento verso lo stesso prodotto. Seguendone i percorsi di acquisto vengono tracciati i customer's browsing, ritagliati sulle preferenze del cliente, in modo che la sua navigazione sia facilitata e il "navigatore" venga portato al repeat business.
Il catalogo virtuale è un componente essenziale di ogni e-application che abbia come obiettivo l'offerta di beni o servizi. Quando la fase di ricerca su catalogo incrocia la fase del confronto tra prodotti, è essenziale che il cliente possa utilizzare strumenti che gli consentano di confrontare con facilità le varie offerte. Per ovviare a questo esistono siti proprietari (siti web di Intermediari di informazioni) che offrono queste forme di confronto tra prodotti similari e inoltre sono stati messi a punto linguaggi (Extensible Markup Language) che consentono all'utente di confrontare informazioni provenienti da fonti diverse.
Quando finalmente il cliente è pronto per l'acquisto l'applicazione digitale deve provvedere alla sua autenticazione e ad assicurare che la transazione venga effettuata in modo accurato e confidenziale.
Giova osservare che la pubblicità, così come è stata finora proposta su Internet non funziona. La caduta di investimenti in campagne di banner pubblicitari testimonia, infatti, un fenomeno destinato a scomparire. Doveroso allora trovare delle risposte, perché da queste può risultare utile ricavare indicazioni su come e quando fare comunicazione pubblicitaria sul web in modo profittevole.
Se si pensa alla pubblicità banner prima maniera, che rimanda a una comunicazione sempre a senso unico, non si può non concludere che si tratta di una forma di pubblicità che non veicola un servizio e che non offre soluzione a problemi  e quindi non sfrutta le vere potenzialità del web, ma svolge una funzione puramente promozionale.
Per rilanciare il web marketing è necessario allargare il concetto di web, conferendo al banner nuove modalità e funzionalità. Risulta necessario coinvolgere, nella realizzazione del sito web, principalmente il cliente, attivando delle chat-line che possano consentire, peraltro, a tutto il sistema degli stakeholder di partecipare alla sua realizzazione.

2.8 Il marchio

Quando, in Europa, si affermano le  corporazioni artigiane la cultura del simbolo, inteso come segnale visuale distintivo di un'attività commerciale è già nella consuetudine sociale; ad esempio nella marchiatura di ceramiche,  tessuti, carta, oggetti in argento e ferro. Il processo innestato sui simboli, evolutosi con l'evolversi della produzione, ha contribuito ad intensificare l'insieme dei messaggi che il marchio trasmette.

  • Oggi, nessuno che si occupi di comunicazione negherebbe che il nome del marchio è un elemento fondamentale della comunicazione.
  • I produttori investono creatività, tempo e denaro per sviluppare e proteggere i lori marchi.
  • I consumatori si basano sui marchi per identificare i prodotti e, nelle situazioni in cui non sono in grado di valutare attributi intrinseci di un prodotto, si basano su attributi estrinseci come, appunto, il marchio.

Fino ad una decina di anni fa, generalmente, il marchio "doveva" associare categoria merceologica e nome del produttore. Questa strategia si è rivelata, successivamente, debole, in quanto solo descrittiva e lontana da un uso narrativo ed emozionale del marchio. Una fase più evoluta è quella in cui il marchio perde la categoria merceologica; il nome è in grado di proiettare l'identità di uno o più prodotti. Questa prassi si riferisce alla capacità acquisita dal nome del marchio di condensare il corpo di tutta la comunicazione e di costituire la chiave del recupero mnemonico dell'immagine del prodotto sottostante.
Nel momento in cui il marchio viene considerato come la chiave d'accesso al reticolo mnemonico, diventando una sorta di detonatore semantico, allora si innesca il suo potenziale di comunicazione che rappresenta la punta più avanzata ed efficace.
Occorre mettere in evidenza che il marchio non è un'esclusività della grande impresa che si rivolge al mercato del consumo di massa, ma esso ha un valore,  a volte anche maggiore, nella piccola e media impresa che opera nel b2b e il cui marchio è sinonimo  di competenza, affidabilità, qualità, serietà, e capacità di mantenere e accrescere, nel tempo, questi valori.
Le ricerche più recenti hanno mostrato che la familiarità con un marchio è un fattore di selezione più decisivo della qualità percepita; questo comportamento sembra dovuto al ruolo propriamente simbolico che il marchio assume nel momento in cui condensa in sé sia gli aspetti tangibili che quelli intangibili (Aaker, 1997).

2.9 Merchandising e punti di vendita

Il merchandising può essere definito come l'insieme delle tecniche, a differenti livelli, orientate a vendere, alle condizioni migliori, e nei più appropriati punti di vendita e cioè a meglio comunicare l'attrattiva dei prodotti agli occhi del consumatore.
I negozi che hanno gettato i primi semi del visual merchandising sono stati i supermercati, ora queste tecniche sono adottate anche nei piccoli negozi e sono state recepite anche dalle farmacie o dai negozietti di prodotti etnici, che appaiono, oggi, come piccoli supermercati.
Merchandising e punti di vendita sono elementi di marketing la cui comunicazione è quotidianamente osservata e posta in discussione; essi sono infatti le arene nelle quali si confrontano, nella concreto, offerta e domanda.
Oltre all'allestimento interno, un aspetto fondamentale del successo di un punto vendita è la sua localizzazione. Non merita approfondimenti la constatazione che un piccolo negozio dovrà localizzarsi nel centro della città e il centro commerciale alla periferia, vicino a veloci strade di accesso.
Dall'individuazione della sua sede fisica dipende gran parte del successo di un punto vendita.
Un paio di anni fa, da un argentiere di una media città, mi era stata chiesta una consulenza per migliorare il fatturato di vendita; la strategia commerciale prevedeva di far concorrenza, con l'offerta di prodotti di minor costo, ad un esercizio localizzato nel centro storico e abbastanza raffinato. Il negozio era situato in un ambiente molto valido e sofisticato dal punto di vista architettonico, ma completamente decentrato rispetto al percorso di shopping abituale dei cittadini, con un ingresso in salita e privo di marciapiede. Per di più, esso non aveva nelle vicinanze una farmacia, un tabaccaio, un negozio alimentare, la fermata di un autobus tutte condizioni che consentono di incanalare un flusso di potenziali clienti. La mia diagnosi è stata "cercatevi immediatamente una nuova collocazione". La strategia del commerciante prevedeva di attirare una clientela non molto sofisticata, ma la localizzazione del negozio richiedeva al potenziale cliente uno sforzo per superare tutta una serie di barriere psicologiche: entrare in un grazioso cortiletto, fare una sia pur breve rampa di scale, affrontare l'incognita del negozio chiuso. Il consiglio non venne accettato con conseguenze catastrofiche per il commerciante.
Tutte le grandi marche cercano spazi nei centri storici o nelle grandi aree commerciali; è una vera e propria corsa alle insegne che comunicano.
Le prime imprese che hanno cercato un accesso diretto al dettaglio sono stati i nomi della moda, che hanno costruito reti diffuse a scala globale. Oggi non c'è settore dove le marche più note non abbiano iniziato a sperimentare l'apertura di propri punti di vendita; è il ritorno allo spazio fisico attuato in perfetta sinergia, peraltro, con quello virtuale di Internet.
Se l'impresa non vuole vedere indebolire il proprio status deve rafforzare il posizionamento dei punti di vendita perché è lì che si gioca la battaglia della credibilità.
In molti avevano creduto che il web potesse agevolmente coprire il ruolo di relazione tra prodotto e cliente finale. In parte è vero, ma si è dovuto anche ammettere che nulla può sostituire le vetrine, gli scaffali di esposizione, il contatto fisico con il prodotto.
È ovvio che per molte imprese diventare retailer significa imparare un nuovo mestiere, peraltro, non solo devono essere messi in gioco investimenti cospicui, ma, principalmente, il punto di vendita deve creare  un ambiente che sia fedele con l'immagine che il cliente ha della marca, altrimenti si rischia il fallimento.
In questi punti di vendita vengono creati ambienti in grado di connotare non solo i prodotti, ma i valori e i simboli a cui essi si richiamano e la rivalutazione dello spazio fisico sottende la volontà di individuare nuovi percorsi di comunicazione.

  • Passare dalla customer satisfaction al tentativo di individuare e di soddisfare bisogni fortemente connotati da elementi immateriali.
  • Cercare piattaforme che consentano di sviluppare relazioni più strette e personalizzate con il cliente.
  • Riscoprire la potenzialità della dimensione fisica nel rapporto diretto con il cliente.
  • Tendere ad annullare la tradizionale suddivisione tra produttore e distributore. Nel momento in cui chiunque voglia svolgere una funzione attiva di analisi della domanda e di ricerca di risposte per soddisfarla necessita di una "finestra" fisica sul mercato.

2.10 L'identità

Storicamente l'impresa che ha creato il concetto di "identità" è stata la tedesca AEG. Subito dopo la seconda guerra mondiale presso la grande azienda tedesca viene sviluppata l'idea che l'impresa debba superare il paradigma in base al quale la comunicazione debba concentrasi sulla sola qualità della produzione, ma che debba poter esprimere, con continuità, anche informazioni sulla reputazione e sull'autorevolezza dell'impresa.
Il management della AEG impone, quindi, una drastica rivoluzione alla comunicazione aziendale, proponendo al mercato una qualità espressa non solo dalle capacità funzionali del prodotto, ma anche dal valore del suo design e del suo processo di produzione. I cataloghi informano sui materiali costruttivi e sui componenti, il logo diventa informativo e familiare, le fabbriche e i negozi sono sottoposti ad interventi architettonici innovativi e unificanti; nasce un nuovo concetto di design che viene veicolato al cliente come strumento in grado di influenzare le caratteristiche funzionali del prodotto.
Inconsapevolmente, nascono la comunicazione sull'immagine e sull'identità d'impresa, categorie, oggi, irrinunciabili per garantire vitalità ad una marca o ad un prodotto.
L'immagine aziendale si articola in due categorie:

  • L'immagine proiettata è come l'impresa vuole essere vista e percepita da terzi.  Le componenti che influenzano l'immagine proiettata sono sostanzialmente:
  • il comportamento di ciascun dipendente nei riguardi del mondo esterno,
  • il design, rappresentato dal marchio dell'impresa, dalla piacevolezza e dalla facilità di lettura dei cataloghi, delle brochure, del sito web, dallo stile di progettazione del prodotto, dall'edificio dell'azienda e dai suoi punti di vendita,
  • l'ambiente di lavoro,
  • la qualità della comunicazione.
  • L'immagine percepita è l'insieme dei valori e dei messaggi percepiti ed elaborati dal mondo esterno all'impresa. Essa è, quindi, la restituzione, sia delle effettive capacità dell'azienda, che delle azioni messe in atto per andare oltre quello che l'azienda è già.

L'immagine deve risultare chiara, deve cioè mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive essenziali per il segmento di clientela scelto. La creazione dell'immagine deve basarsi su prove che hanno suscitato testimonianze da parte dei clienti; si tratta quindi di gestire queste prove.

2.11 Il prodotto

Fino ad una ventina di anni fa il prodotto era considerato come un semplice componente del marketing operativo, e quindi lo si analizzava e lo si monitorava in base alle sue prestazioni funzionali, alla qualità, al posizionamento sul mercato, al segmento di mercato, al prezzo.
Successivamente, questo paradigma è stato superato al punto che, spesso, le caratteristiche simboliche e comunicative del prodotto sono diventate più importanti di quelle funzionali. Oggi, nell'impresa il prodotto viene visto, sia come elemento fondamentale per il conto economico, sia per il ruolo che esso gioca nell'ambito della comunicazione. Le principali caratteristiche che consentono al prodotto di svolgere la funzione di tipo comunicativo sono sostanzialmente quattro: la forma, il design, il colore e il packaging.
La forma di un prodotto non può ovviamente prescindere dalla funzione che il prodotto deve svolgere, tuttavia è possibile "adeguare" la forma rispetto a tre principali tipologie formali: cubo, sfera, piramide.

  • Il cubo simboleggia la stabilità, la solidità, la razionalità, la saggezza.
  • La sfera può simboleggiare il tempo, la divinità, la protezione materna, la creazione.
  • La piramide con la punta verso l'alto o verso il basso rappresenta rispettivamente i simboli maschile e femminile; essa può rappresentare inoltre convergenza, integrazione e sintesi.

Il design può incrementare sensibilmente il valore di un prodotto grazie ad un'accentuata differenziazione rispetto alla concorrenza. Giova osservare che in un mercato nel quale prestazioni funzionali e qualità tendono alla standardizzazione il design può essere l'unico elemento di differenziazione.
Il colore può essere un elemento fondamentale nel processo di acquisto, sia se è legato al design, sia per una sua specificità diretta che tocca una sfera percettiva profonda e difficilmente modificabile. Tra le sensazioni visive il colore è quella più viva; è interessante osservare che i bambini sono in grado di accoppiare tra loro i colori prima di essere capaci di verbalizzarli. Alcune ricerche hanno mostrato che il blu è il colore preferito dalla cultura occidentale, seguito dal bianco, dal verde e dal rosso. I bambini amano il rosso. In genere, i giovani preferiscono i colori caldi, gli adulti quelli freddi.
Il packaging è un elemento in grado di esaltare le caratteristiche comunicazionali del prodotto essendo l'interfaccia "sensoriale" tra il prodotto e l'acquirente. Il packaging nasce per l'esigenza di assicurare l'integrità del prodotto nei vari passaggi tra il produttore e il cliente finale. Successivamente, al packaging è stato assegnato un compito molto più importante: facilitare la vendita di ciò che esso protegge. Il ruolo della confezione, nel suo rapporto con il prodotto, si articola, oggi, in, almeno quattro funzioni (Vescovi, 1990).

  • La funzione di protezione che è quella per cui nasce il packaging. Il fallimento di questa funzione rende vane le altre.
  • La funzione di stoccaggio deve facilitare la gestione dei magazzini.
  • La funzione di utilizzo riguarda la facilitazione nell'uso del prodotto (7), oppure la possibilità di un utilizzo indipendente della confezione.
  • La funzione di stimolo all'acquisto riguarda la capacità di "vendere" il prodotto attraverso una comunicazione serrata e immediata al confronto con altri prodotti. A volte il packaging può assumere un'importanza comunicativa superiore al prodotto; esso possiede, infatti, una vita comunicativa specifica, rispetto agli altri mezzi di comunicazione, una vita basata sul carattere sensoriale della visione o del tatto.

2.12 Gli interventi nel sociale

La comunicazione della responsabilità sociale delle imprese è un elemento assolutamente nuovo nel panorama italiano della vita d'impresa, ma non per questo meno interessante.
Giova notare, peraltro, che, nel passato, le imprese esitavano a rendere ufficiale il proprio impegno sociale per timore che esso venisse interpretato come un'operazione opportunistica o che potesse trasformarsi in un pericoloso boomerang, come il noto caso della Benetton insegna (8). Alcune ricerche hanno, invece, sorprendentemente, mostrato i seguenti risultati.

  • Un elevato livello di consenso dei consumatori a proposito della partecipazione delle aziende alla soluzione dei problemi sociali.
  • Un altrettanto elevato consenso, da parte della gente, al fatto che le imprese comunichino il proprio impegno sociale.
  • Una percentuale molto bassa di persone scettiche, diffidenti o perplesse sull'attivismo delle imprese nell'ambito sociale.
  • Una percentuale molto elevata di consumatori ha dichiarato di sentirsi impegnata a privilegiare il prodotto di un'azienda attiva in qualche iniziativa sociale.

Queste ricerche mostrano che la comunicazione dell'impegno sociale di un'impresa è diventata una parte integrante dell'orchestrazione della comunicazione d'impresa. Peraltro, le dichiarazioni pubbliche di alti dirigenti di medie e grandi imprese mettono in luce che l'impegno sociale di un'impresa non rappresenta solo un costo ma può rivelarsi un'eccellente leva di vantaggio competitivo.

2.13 Le promozioni

Come è noto la promozione è un elemento del marketing che utilizza un bene aggiunto al prodotto o al servizio in un periodo di tempo determinato. Più estesamente si può affermare che il ruolo della promozione è quello di incoraggiare un acquisto attraverso un miglioramento temporaneo del valore del prodotto.
Hugh Davidson sostiene che «La pubblicità non è in grado di concludere una vendita, ma la promozione è in grado di farlo e lo fa»; obiettivo delle promozioni, infatti, è tradurre una disponibilità del consumatore verso un prodotto, indotta dalla pubblicità, in una decisione di acquisto. Nell'orchestrazione della comunicazione aziendale, non va però dimenticato che compito della promozione non è solo quello di aggiungere valore ad un prodotto, ma anche quello di richiamare i valori della marca.
La promozione intesa come strumento della comunicazione è abbastanza recente; prima degli anni settanta la promozione era uno degli strumenti del marketing operativo e veniva utilizzata in modo prevalentemente tattico, generalmente, per risolvere problemi legati al mancato raggiungimento dei target di vendita, oppure, per liberare i magazzini dai prodotti con scadenza ravvicinata o dai prodotti stagionali.
Con la nascita della grande distribuzione cresce l'importanza della comunicazione direttamente dal punto di vendita  e il produttore, in un contesto altamente competitivo, trasforma la promozione da elemento tattico in elemento strategico integrato nell'orchestrazione della comunicazione aziendale.
Il produttore deve fare solo attenzione a non generare nel consumatore un'assuefazione alla promozione che potrebbe, con il tempo, danneggiare l'immagine della marca. Inoltre l'eccesso di promozioni genera "consumatori infedeli", le imprese attivano le promozioni per attirare i consumatori infedeli, ma, in un circolo perverso, così facendo favoriscono l'infedeltà, poiché il consumatore troverà sempre una marca concorrente in promozione.
In generale possiamo affermare che da una campagna promozionale attuata con scopi strategici e non tattici, l'impresa possa attendersi una serie di vantaggi:

  • stimolare la propria forza vendita verso un nuovo prodotto,
  • spingere un prodotto che si trovi nel suo stato di maturità,
  • facilitare l'introduzione di un nuovo prodotto presso la distribuzione,
  • neutralizzare l'azione di un'impresa concorrente,
  • stimolare una prova da parte del cliente,
  • spingere il cliente a creare delle scorte al fine di togliere mercato alla concorrenza,
  • spingere i dettaglianti all'approvvigionamento,
  • sostenere l'azione pubblicitaria,
  • sviluppare fedeltà al prodotto dell'impresa.

2.14 La comunicazione economico finanziaria

Sempre più spesso il sistema degli stakeholder è interessato a ricevere informazioni sulla strategia dell'impresa, sui suoi risultati economici, sulle prospettive future. Affinché un'impresa possa realizzare la propria strategia è fondamentale che sia in grado di legare a sé i soggetti chiave necessari al proprio sviluppo (Caruso, 2003); d'altra parte i vari interlocutori "critici" possono avere attese diverse rispetto ai contenuti della comunicazione aziendale. Possono risultare importanti, di volta in volta, informazioni sulle caratteristiche dei prodotti, sulla rete di vendita, sulla forza della marca, sui risultati aziendali passati, presenti e previsti, sulle performance economico-finanziarie. La comunicazione riguardante la gestione dell'impresa deve riguardare, pertanto, anche i risultati sull'assetto reddituale, finanziario e patrimoniale, definita comunicazione economico-finanziaria.
Questo tipo di informazione interessa, prevalentemente, il mondo finanziario e degli investitori e, pertanto, riguarda, fondamentalmente, le grandi imprese, specie se quotate. Non va, peraltro, trascurata la sua importanza anche per le Pmi che, se vogliono costituire un sistema coeso e sinergico di stakeholder, dovranno essere in grado di comunicare a tutti, in modo trasparente e corretto, la propria situazione economico finanziaria.

3 Conclusione

Le argomentazioni che sono state trattate indicano un tracciato che conduce l'impresa ad orientarsi verso una gestione centrata sul marketing e a relazionarsi ad altri soggetti al fine di creare valore insieme. È stato messo in evidenza come il marketing sia una sorta di lubrificante del motore aziendale e  la comunicazione il suo spirito vitale.
Occorre sottolineare che allacciare relazioni che siano durature e in grado di creare valore non è sempre un'impresa facile, specialmente se i soggetti non sono preparati psicologicamente a creare rapporti e che la capacità di creare un tessuto relazionale giova sia al marketing che alla comunicazione.
D'altra parte questa capacità può essere considerata, forse, la più importante nel mondo dell'impresa, specialmente oggi, nell'era del villaggio globale. Imprenditori e manager devono saper creare un tessuto relazionale e pertanto devono, necessariamente, imparare le tecniche del relazionamento attraverso l'ottimizzazione delle funzioni di marketing e di comunicazione. Ritengo sia interessante chiudere questo capitolo ricordando le frasi di tre esperti della psicologia umana.
Sostiene Dale Carnegie «C'è un solo modo per ottenere da qualcuno quello che vogliamo. Fare in modo che l'altra persona sia indotta a desiderare quello che vogliamo noi». Ma di solito la gente che cosa vuole? La maggior parte degli psicologi sostiene che il bisogno più sentito della natura umana, soddisfatti i bisogni materiali, è "il desiderio di essere importante"; questo concetto deve essere tenuto sempre a mente ed è fondamentale nello sforzo che ciascuno compie per creare relazioni costruttive.
Un altro principio guida, volto a fluidificare le relazioni, è stato espresso da Henry Ford il quale scrisse: «Se esiste un segreto del successo nel campo dei rapporti sociali, direi che sta tutto nel riuscire a vedere dal punto di vista dell'altra persona, a mettersi nell'angolo di visuale altrui».
Infine nel VI secolo a.C. il grande Esopo osservava «Quando nei tempi che furono, Prometeo ebbe fabbricati gli uomini, appese loro al collo due bisacce piene l'una dei vizi altrui e l'altra dei vizi propri; quella dei vizi altrui la pose loro davanti e l'altra la appese di dietro. Ecco perché gli uomini scorgono a prima vista i difetti altrui, mentre i propri non li hanno mai sotto i propri occhi».

Eugenio Caruso


Bibliografia
Aaker D. A., La gestione del valore della marca, FrancoAngeli, 1997
Biondi F., (a cura di) Fatti, Fonderia - Anno 54°, aprile 2005, pag. 14
Caruso E., Gestire l'impresa del 2000, FrancoAngeli, 1999.
Caruso E., L'impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove, 2003
Caruso E., Il circolo virtuoso impresa - mercato, Tecniche Nuove, 2004
Caruso E., Comunico quindi esisto, Tecniche Nuove, 2005
Drucker P., Manuale di management, Etaslibri, 1986
Guaglione E., Il futuro sta nella comunicazione, Fonderia - Anno 54°, luglio 2005, pag. 48
Invernizzi E., La comunicazione organizzativa. Teorie, modelli e metodi, Giuffrè, 2000
Kotler P., Il marketing secondo Kotler, Il Sole 24 Ore, 1999
Kotler P., 300 risposte sul marketing, Tecniche Nuove, 2005
Vescovi T., Il marketing del prodotto, Cedam, 1990

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((6) Note anche come e-applications.

(7) È il caso, ad esempio degli imballaggi dei kit di montaggio.

(8) La Benetton, dopo aver impostato la propria campagna pubblicitaria a difesa dei diritti dell'uomo, venne accusata di sfruttare il lavoro minorile in Turchia, attraverso un'azienda subfornitrice.


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