Il terrorismo internazionale un sintomo non la malattia


Il tuo spirito devi mutare, non il cielo sotto cui vivi.
Seneca, Lettere morali a Lucilio


Con questo articolo proseguo la pubblicazione di alcuni stralci del mio libro storico-economico L'estinzione dei dinosauri di stato. Il libro racconta i primi sessant'anni della Repubblica soffermandosi sulla nascita, maturità e declino di quelle grandi istituzioni (partiti, enti economici, sindacati) che hanno caratterizzato questo periodo della nostra storia. La bibliografia sarà riportata nell'ultimo articolo di questa serie di stralci. Il libro può essere acquistato in libreria, in tutte le librerie on-line, oppure on line presso la casa editrice Mind.
Per l'articolo precedente clicca QUI .


Copertina

L'11 settembre 2001, il terrorismo islamico colpisce il cuore degli Usa, le torre gemelli, a New York, e il Pentagono, a Washington, sono colpiti da aerei di linea dirottati da kamikaze islamici finanziati dallo sceicco Osama Bin Laden. I media, in un coro assordante, affermano "nulla sarà come prima". Questa affermazione potrebbe essere vera se sottendesse il vero problema della società umana. Chi, come me, ha avuto occasione di visitare centrali nucleari, grandi impianti chimici, laboratori civili e militari, e di viaggiare per il mondo, ha sempre avuto una sensazione precisa: la nostra società è facile bersaglio di qualunque pazzo o fanatico che voglia mettere in atto azioni di sabotaggio, come può diventare facile vittima dell'approssimazione, della routine, dell'incompetenza di chi ha responsabilità su oggetti, sistemi o strutture "a rischio". La sensazione di sicurezza che nel mondo occidentale abbiamo trasmesso ai nostri figli è fasulla, poggia su ipotesi sbagliate. "Nulla sarà come prima" è un concetto valido se si intende che la nostra vita quotidiana dovrà prevedere costi per sistemi di allerta e controllo su tutte le attività umane, non solo negli aeroporti o sugli aerei. La storia d'Italia si intreccia con una striscia di sangue di vittime innocenti; il nostro Paese dovrebbe essere cosciente di questa drammatica realtà. Dall'analisi dei nostri media si ha la sensazione che il mondo stia assistendo a una rappresentazione drammatica che riguarda l'occidente (meglio se circoscritto a Usa e Gb) e il fondamentalismo islamico. Questa rappresentazione è reale, ma è solo una sfaccettatura di una realtà più complessa che riguarda la vita degli individui su questo pianeta, è il sintomo di alcuni virus, che hanno accompagnato la storia dell'umanità, e, cioè, le forze dell'autodistruzione e della violenza che sono presenti nell'uomo, il delirio che spesso può avere il sopravvento sulla ragione, così come il cosiddetto "errore umano" che può, anch'esso essere responsabile della morte di migliaia di innocenti (Chernobyl, nell'Urss, Vajont, in Italia, Bhopal, in India). Nel luglio 2011 uno squilibrato uccide, nella tranquilla e “sicura” Norvegia più di settanta persone senza un reale plausibile motivo. Oggi, le tecnologie e la globalizzazione, se da una parte sono strumenti creati dall'uomo per migliorare la vita, dall'altra, sono gli elementi che acuiscono la fragilità della società umana; peraltro, più un sistema sociale è aperto e democratico, maggiore è la sua vulnerabilità. Nel nostro Paese, a esempio, sarà necessario affrontare, con la più seria determinazione, il problema della sicurezza del sistema energetico. Sicurezza delle infrastrutture ma anche delle fonti di approvvigionamento, in particolare per un Paese come il nostro fortemente dipendente dall'estero. All'indomani dell'11 settembre l'amministratore delegato dell'Eni ha dichiarato che, in caso di sanzioni contro la Libia, per l'Italia ci sarebbero gravi ripercussioni perché verrebbero a mancare 8 miliardi di metri cubi di gas. Cosa succederebbe allora se venissero meno, magari in pieno inverno, gli oltre venti miliardi di metri cubi (pari ad un terzo di tutti i nostri consumi) che ci arrivano dall'Algeria tramite il gasdotto transmediterraneo, possibile bersaglio di un attentato? D'altra parte, un editoriale pubblicato su The Economist del 15 dicembre 2001 inizia con queste parole «Se l'11 settembre ha realmente cambiato il mondo, una cosa su tutte ha cambiato: come l'Occidente dovrebbe considerare il problema energetico».

L'Italia in guerra
Gli Usa individuano in Bin Laden e nei Talebani afghani i responsabili delle azioni criminose e aprono un fronte di guerra in Afghanistan; Berlusconi fa "carte false" per essere cooptato con Gran Bretagna, Francia e Germania nella guerra. Gli Usa accettano il nostro appoggio e tutti i media iniziano, sia il peana sull'inevitabilità della nostra partecipazione, sia l'aggressione verbale nei confronti di chi è contrario. L'Italia è un Paese nel quale la base del potere e della legittimazione poggia sui miti; uscita sconfitta dalla seconda guerra mondiale, vive nel mito della vittoria che si aggiunge al mito dei fasti dell'impero, al mito risorgimentale, a quello della volontà plebiscitaria all'unità, al mito del primato culturale, al mito dell'antifascismo. Berlusconi comprende che con questa partecipazione può cancellare dubbi e perplessità che i politici stranieri hanno su l’Italia; cavalca il mito del patriottismo e trascina in un'inconsulta apoteosi bellicistica tutto il Paese. Il 7 novembre, il governo riesce ad avere l'approvazione all'intervento militare dalla maggioranza e dall'Ulivo, mentre i sondaggi dicono che un italiano su due è contrario e le stesse percentuali si riscontrano in Francia e Germania. Questa decisione consentirà, d'altra parte, a Berlusconi di sedere al tavolo con i colleghi di Usa, Gb, Francia e Germania. Ma, mentre Bush chiede agli americani «il coraggio della normalità», Berlusconi in un'intervista afferma «Senza il patriottismo non si va da nessuna parte. … Senza noi italiani il mondo sarebbe cosa ben diversa. Certamente non migliore».

LOGO

26 settembre 2016

Eugenio Caruso da L'estinzione dei dinosauri di stato.


IMPRESA OGGI ti offre un servizio?
Dàmmi solo due secondi!
Fai un clic sulla fascia pubblicitaria in alto. Grazie!!


www.impresaoggi.com