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Comunicazione d'impresa. N. 4 - Internet

Stratega è colui che dei fatti sa vedere, insieme, le cause e gli effetti e non si confonde nell’individuare ciò che conviene o non conviene fare.

Timoteo



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Premessa (seguito di Comunicazione d'impresa N. 3)

Alla fine dello scorso millennio molti economisti sottolineavano la certezza che la nuova frontiera di ogni possibile sviluppo economico era rappresentata dalla Rete.

Un'inchiesta pubblicata nel 1999 da Booz-Allen & Hamilton, dopo aver intervistato circa mille dirigenti di alto livello, aveva messo in evidenza i seguenti dati.

Il 92% dei dirigenti era convinto che Internet avrebbe trasformato integralmente il mercato globale entro qualche anno.

Il 37% si attendeva una forte concorrenza da parte di aziende di nuova costituzione, fortemente orientate all’utilizzo di Internet.

L'86% affermava che Internet avrebbe imposto modifiche significative nelle strutture organizzative.

Jack Welch, il mitico presidente della General Electric, affermava, nel 1999, che non era più il tempo di aspettare che la rivoluzione informatica investisse le aziende, ma di considerare Internet con priorità 1,2 3 e 4.

In conferenze e convegni si affermava che le aziende, sopravvissute alla selezione naturale del passaggio dal “reale” al “virtuale” si sarebbero imposte nel mercato globale attraverso il nuovo miracoloso strumento della Rete. Tutto ciò a bassi costi, e grazie alla trasformazione di qualche tecnico interno in esperto di informatica o all’utilizzo di qualcuna delle molte società che si erano improvvisate specialiste nella realizzazione dei siti per le imprese.

Nonostante queste appassionate dichiarazioni, già in quegli anni qualcuno, come il guru della Rete David Siegel, metteva in guardia le aziende affermando che, per la maggior parte di esse, l’approccio ad Internet era sbagliato.

Siegel faceva, in sintesi, le seguenti considerazioni.

  1. Molti soggetti imprenditoriali non sono in grado di comprendere i reali aspetti innovativi della Rete. Molte aziende trattano il web come una fiera o un'estensione del proprio catalogo; peraltro, le imprese programmano il loro ingesso on-line prendendo spunto da ciò che fanno le altre aziende, instaurando una reazione a catena di errori e approcci sbagliati.
  2. Secondo Siegel un altro errore era «concentrarsi sulla tecnologia per la tecnologia». La trappola della tecnologia è un pozzo senza fondo e molte imprese vi cascano. Spesso la responsabilità della realizzazione del sito è affidata a esperti informatici dell'impresa o esterni che, generalmente, non sanno quando è il momento di fermarsi, hanno in mente ambiziosi obiettivi tecnologici, grandi progetti, un database mostruoso, prevedono un'infinità di link, ma la qualità del contenuto e l'interazione con i clienti non sono in cima alle loro priorità (1) . Il risultato è che gran parte dei siti appaiono con scritte che scorrono e che nessuno riesce a leggere, loghi roteanti, animazioni, passaggi virtuali, roll-over (2) . Affermava Siegel «Potete capire fino a che punto la vostra impresa è caduta nella trappola della tecnologia dal tempo che occorre per correggere un errore di scrittura».
  3. Utilizzare i siti web come vetrine o brochure dell’impresa. Un altro pozzo senza fondo può diventare il sito brochure; generalmente realizzato da esperti di pubbliche relazioni o grafici, trasformatisi in informatici, che si preoccupano più di enfatizzare i pregi dei prodotti o l'immagine dell’impresa che di soddisfare i potenziali visitatori. Il sito ha generalmente una struttura di menu a discesa con interminabili documenti sull'impresa, informazioni sulla struttura organizzativa, casi aziendali, comunicati stampa e tutto quanto già contenuto nei cataloghi cartacei. I visitatori del sito sono bombardati da una miriade di informazioni prosciugate delle informazioni che realmente interessano al potenziale cliente. Di converso esistono siti con una home page quasi vuota e che non dà sufficienti informazioni su cosa fare per andare a reperire le informazioni di cui uno ha bisogno.
  4. Cercare di fare tutto per tutti. Quasi ogni impresa cerca di compiacere ogni potenziale visitatore del sito; non stupisce il fatto che pochi restino soddisfatti. Molte aziende adottano un approccio da grande magazzino con la speranza che ognuno possa trovare qualcosa che lo interessi. Tipicamente, questi siti presentano la home page come fosse un campo di battaglia tra le varie componenti dell’impresa; questa è confezionata con una tale densità di informazioni che nessun visitatore vi si sente benvenuto.
  5. Osserva Siegel che è errato puntare il focus sull'e-commerce più che su l'e-business. Il principio guida per la realizzazione del sito dovrebbe essere quello che ci ha insegnato l'analisi transazionale; il web, più che uno strumento realizzato per forzare l'acquisto di qualche cosa (e-commerce), deve diventare il luogo nel quale si incontrano due o più persone per organizzare un processo (e- business).
  6. E' esperienza comune quanto sia noiosa la navigazione attraversi i siti di molte aziende. Suggeriva Siegel «Che l'impresa cerchi di osservare il proprio sito con gli occhi del cliente, perché la maggior parte delle aziende che decidono di mettersi on-line non si pongono le domande giuste e finiscono per realizzare qualcosa che non interessa.
  7. Entrando maggiormente nell’operatività, suggeriva Siegel, se un'impresa decide di mettersi on-line deve cambiare, deve adattarsi ad un nuovo rapporto con gli stakeholder, forse trasformarsi in qualcosa di diverso. E se dovrà cambiare sarà opportuno che l'impresa si rimodelli seguendo i suggerimenti provenienti da tutti gli stakeholder. Sarà necessario aprire delle chat-line con le quali i clienti possano raggiungere molti dipendenti dell'impresa; inoltre l'impresa dovrà far sì che anche i clienti si parlino tra di loro in modo che dalle loro discussioni possano nascere interessanti stimoli. Nello stesso modo dovrebbero partecipare alle discussioni, i fornitori, i collaboratori esterni, le associazioni di categoria e quanti ritengono di potersi relazionare con l'impresa. Così facendo la vision (3) della nuova impresa potrà nascere dal forte coinvolgimento tra gli stakeholder, ognuno dei quali avrà dato un contributo mirato per il conseguimento di una coevoluzione di tutti i soggetti coinvolti.

(1) Io personalmente, come direttore della R&S di una grande impresa, ho avuto modo di constatare come sia difficile convincere ricercatori e tecnici di mantenere il focus sull’obiettivo e non sulla tecnologia.

(2) Aree che cambiano quando il mouse vi passa sopra.

(3) È la capacità di un imprenditore di indicare la direzione verso la quale sviluppare l'impresa. Vision è anche intuizione e immaginazione.


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