Elisabetta I. Abile, prudente e autorevole.


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.
Seneca Lettere morali a Lucilio


GRANDI PERSONAGGI STORICI

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In questo portale, abbiamo illustrato vita e doti di grandi personaggi della storia, quali figure emblematiche da tenere come modelli per imprenditori, manager, leader politici. Ugualmente ritengo doveroso prendere in considerazione la vita di Elisabetta I d'Inghilterra; ella, infatti, seppe muoversi con abilità, prudenza e una capacità logica inusuale tra enormi ostacoli, insidie e complotti; prima dell'ascesa al trono tenne sempre un profilo basso, conscia di non avere gli strumemnti per puntare direttamente al potere. Era consapevole della propria intelligenza e femminilità e le sfruttò per irretire uomini che l'avrebbero potuta aiutare, senza farsi mai coinvolgere in vincoli duraturi.

Infanzia e giovinezza.
Elisabetta, figlia di Enrico VIII e della sua seconda moglie, Anna Bolena, fatta decapitare dal sovrano, che egli aveva segretamente sposato tra la fine del 1532 e l'inizio del 1533, nacque a Greenwich, il 7 settembre 1533 e venne battezzata tre giorni dopo con il nome delle nonne Elisabetta di York ed Elisabetta Howard. Enrico avrebbe desiderato un maschio per assicurare la successione, ma dato che Maria, l'unica figlia superstite di Caterina d'Aragona, era stata dichiarata illegittima con l'annullamento del matrimonio dei genitori, Elisabetta era, all'epoca, l'erede presunta. Nel gennaio 1536 Anna Bolena partorì un figlio che morì nel travaglio; il re, per potersi risposare, la accusò di tradimento con il fratello e di stregoneria: il 2 maggio venne rinchiusa nella torre di Londra ed il 19 maggio fu decapitata; il giorno successivo Enrico si fidanzò con Jane Seymour. Elisabetta era l'unica prova tangibile dell'esistenza di Anna "La grande puttana", cosicchè dalla "Piccola puttana", un esserino dalla pelle diafana e dai tratti delicati, venivano, a corte, distolti gli sguardi per evitare ogni contatto con un essere infetto.
Elisabetta, che allora aveva tre anni, fu dichiarata illegittima, perse il titolo di principessa e fu cresciuta in esilio nel palazzo di Hatfield con la sorellastra Maria, fino a che Jane Seymour non diede alla luce un figlio maschio, Edoardo. La nascita di Edoardo mise fine alle preoccupazioni dinastiche, ma Elisabetta e Maria, comunque, contuinuavano a non essere viste di buon occhio perché" illegittime". In seguito, la sesta moglie di Enrico, Caterina Parr, riconciliò il re con Elisabetta che, assieme alla sorellastra Maria, fu reinserita nella linea di successione dopo il principe Edoardo, con l'Atto di Successione del 1544. Grazie a Caterina Parr, Elisabetta riceve un'educazione in un ambiente rigidamente protestante, sotto la guida dell'insegnante umanista Roger Ascham, studiando latino, greco, francese, italiano (di fatto, uno dei primi documenti autografi di Elisabetta, una lettera, è scritta in italiano) e spagnolo. Ma se Elisabetta, come donna, doveva passare molte ore a cucire, molte più ne passa con Roger Ascham. La ragazza è dotata di un'intelligenza brillante e gode di un'ottima memoria; le lingue, il fulcro della sua educazione umanistica, saranno il suo pane, Cesare, Cicerone e i Padri della Chiesa i suoi idoli; ella padroneggia l'arte dello scrivere ed è prodigiosa nel suonare il virginale. Mi piace evidenziare che tutti i personaggi che furono pietre miliari nella storia della nostra società e che abbiamo analizzato in questo portale, furono tutti precocissimi adolescenti.
La quarta e quinta moglie di Enrico VIII, Anna di Cléves e Caterina Howard, non ebbero alcuna influenza su Elisabetta; forse si allentarono un po' le restrizioni e le ostilità. All'età di nove anni Elisabetta ebbe un nuovo compagno Robin Dudley, figlio di John Dudley, uomo influente alla corte di Enrico. Robert avrà un ruolo importante nella vita di Elisabetta; forse fu l'unico uomo che Elisabetta avesse amato.
La prima governante di Elisabetta fu Lady Bryan, che poco dopo fu sostituita da Katherine Champernowne (che, sposando John Ashley, un cugino dei Bolena, divenne, di fatto, parente di Elisabetta) la quale strinse un profondo legame con Elisabetta e rimase per tutta la vita sua intima confidente. Un altro personaggio importante nei primi anni di Elisabetta fu Matthew Parker, il sacerdote prediletto di Anna Bolena, che, prima di morire, gli aveva raccomandato di vegliare sulla salute spirituale della figlia. Dopo l'ascesa di Elisabetta al trono, Parker divenne il primo arcivescovo di Canterbury. Caterina Parr, una delle donne più ricche d'Inghilterra, la sesta moglie di Enrico, per ben cinque anni, fu molto più che una matrigna per Elisabetta, Maria ed Edoardo; in particolare la nuova Regina provvide con cura all'educazione di Elisabetta. La bambina viene affidata all'erudito Richard Cox e quindi a John Cheke, regio professore di greco a Cambridge. Cheke, proprio come linguista classico, riconosce le capacità di Elisabetta e raccomanda che le venga assegnato un tutore personale. La scelta cade su William Grindal, dotto erudito di Cambridge, che fa conoscere a Elisabetta, nelle lingue originali, Demostene, Aristotele, Platone, Virglio, Cicerone, Livio e altri autori classici; l'humus culturale di Cambridge, in quegli anni, rappresenta un ponte tra l'umanesimo cattolico e universalista di Erasmo da Rotterdam e Tommaso Moro e l'ala protestante e radicale. Elisabetta condivideva con la matrigna l'amore per l'italiano, lingua con la quale Elisabetta e la Regina comunicavano. Attorno al 1544 Elisabeta realizzò alcuni libri manoscritti, uno, in francese, era dedicato "al giustamente sommo, giustamente potente e giustamente temibile principe Enrico, ottavo di quel nome, sovrano d'Inghilterra, Francia,e Irlanda, Difensore della fede". A tredici, quattordici anni, Elisabetta era già una figura con la quale fare i conti; il suo carisma si stava precocemente sviluppando, l'attrazione fisica era potente e le risorse esteriori erano rafforzate da una straordinaria forza d'animo.

elisabetta 13

Elisabetta a 13 anni.


Il regno di Edoardo VI
Enrico VIII morì nel 1547 e gli successe Edoardo VI, all'età di dieci anni. Che Edoardo fosse il successore era palese, ma anche Maria avrebbe avuto ottime possibilità, perchè era amata dal popolo, come lo era stata la madre, e il suo potente zio, Carlo V, era pronto a scendere in campo per difenderne i diritti. Maria aveva , però, un difetto, era cattolica, religione che era accettata, oramai, solo da una minoranza degli inglesi e Carlo V lo aveva perfettamente capito. Non altrettanto sagace sarà il figlio Filippo II.
Caterina Parr, due mesi dopo la morte di Enrico, sposa l'amante, Thomas Seymour (Lord Grande Ammiraglio d'Inghilterra e zio di Edoardo), e tiene Elisabetta con sé. Giova ricordare che l'impetuoso Thomas Seymour aveva chiesto, a suo tempo la mano di Elisabetta, non tanto per il suo sangue reale ma, probabilmente, perchè ne era affascinato. Le voci di corte sostenevano che Elisabetta ricambiò le attenzioni di Seymour e che si era delineato un triangolo amoroso. Nel 1548 Caterina Parr volle mettere fine allo scandalo e allontanò Elisabetta che si trasferì a Cheshunt nella residenza di sir Anthony Denny. Qui Elisabetta riprese gli studi con Roger Ascham, con il quale si dilettava a leggere in greco le orazioni di Isocrate e Demostene e le tragedie di Sofocle, oppure, in latino, Cicerone e Livio. Da Cheshunt, Elisabetta riprese il contatto epistolare con Caterina Parr, che le era sinceramente affezionata; ma dopo un parto difficoltoso anche Caterina morì. Le voci di corte attribuirono la sua morte ad avvelenamento da parte del marito irritato per l'allontanamento di Elisabetta. Thomas Seymour partì per la West Country allo scopo di radunare un gruppo di fedelissimi; il suo obiettivo era scalzare dal trono Edoardo e innalzarvi Elisabetta. Questa per timore o per avvedutezza si guardò bene dall'avallare l'opera di Seymour.
Il fratello di Thomas, Edward Seymour, era l'uomo più potente d'Inghilterra, era colui che sotto Enrico VIII aveva sconfitto gli scozzesi e che ora, come Lord Protettore di Edoardo, guidava la politica inglese e governava con pugno di ferro il Consiglio; Edward fece di tutto per ostacolare le mire del fratello. Ma Thomas fece un'imprudenaza, irruppe negli appartamenti privati di Edoardo e di Maria, con un gruppo di fedeli. Il tentativo fallì e Thomas fu rinchiuso nella torre di Londra, con i suoi sodali, con il tesoriere di Elisabetta, Thomas Parry, e la governante Caterina Ashley, accusati di aver tenuto i contatti tra i due cospiratori: Thomas ed Elisabetta. La giovane, a soli quindici anni seppe resistere per settimane alle indagini di abilissimi inquisitori inviati dal Lord Protettore, senza che nessuno la consigliasse o la sostenesse; gli inquisitori dovettero arrendersi e Parry e Kat Ashley furono scagionati. Elisabetta fu privata dall'amata governante, sostituita da lady Tyrwhitt. Allora, la giovane inviò al Lord Protettore una lettera piena di controargomentazioni e di metodiche e ragionate giustificazioni, troppo sofisticate per essere ribattute da un uomo avvezzo alla dialettica delle armi. Ella, inoltre, pretendeva l'emanazione di un proclama atto a "frenare le malelingue" intente a diffondere menzogne sul suo conto. Il Lord Protettore si convinse ed emanò un bando solenne in cui si dichiaravano calunniose le voci su Elisabetta e si denunciava come colpevole chi le diffondeva; infine, sia la Ashley, sia Parry furono restituiti al suo servizio. Il 19 marzo 1549 il Lord Ammiraglio fu impiccato; nove mesi più tardi Elisabetta fu ricevuta alla corte del fratello "con gran pompa e trionfo". Ella appariva troppo casta, troppo palesemente verginale perchè fosse vero che avesse avuto una relazione con Thomas, intorno a lei "si respirava aria di vangelo". In effetti Elisabetta andò coltivando un'immagine di pietà morigerata e innocente, sia per contrastare le recenti calunnie, sia per conformarsi al tono di zelante protestantesimo della corte di Edoardo VI; al contrario la sorella Maria continuava a professare la sua fedeltà alla religione cattolica e si rifiutava di far parte della corte del fratello.
Intanto il protettorato e il Protettore erano stati spazzati via: Edward aveva portato avanti la politica inflazionistica di Enrico VIII, conducendo l'Inghilterra alla più nera miseria, inoltre il suo protestantesimo radicale aveva condotto ad accese rivalità tra gli stessi protestanti, la rabbia dei contadini, sempre più poveri, si scatenò contro le ricchezze del vecchio clericalismo con la profanazione di chiese, di conventi, di chiostri, e, in nome di una qualunque fede, si accettò la liceità del crimine, grazie anche alla politica umanitaria del Protettore. Poi, nell'estate del 1549, quasi metà dell'Inghilterra si sollevò in rivolta. Nella parte occidentale si organizzò una resistenza armata contro il nuovo libro di preghiere voluto dal Protettore e si chiese, addirittura un ritorno alla messa e la restaurazione degli antichi simboli. Il Devon e la Cornovaglia erano fuori controllo e le sommosse nel Wiltshire, nel Dorswet, nell'Hampshire e in altri focolai del Sud minacciavano di accendere un'insurrezione generale. Vi furono violente ribellioni nello Yorkshire e nell'East Anglia. In questa situazione era emersa la debolezza del Protettore e del suo governo; la situazione fu presa in mano da lord Russell (conte di Bedford), con i suoi mercenari italiani e da John Dudley (duca di Northumberland), che con i suoi lanzichenecchi tedeschi, fece strage dei ribelli.
Così al posto del Seymour, condannato alla Torre per la sua incapacità/tradimento di difendere il regno, emerge quale effettivo capo del Consiglio John Dudley. Questi impone imponenti misure di sicurezza, sintomatiche del timore che qualcuno rilevasse la intrinseca debolezza del regno e si spalancassero le dighe della ribellione. Dudley approntò un esercito semipermanente di mercenari sotto la guida di consiglieri fidati. Ma la vita di Edoardo più che nelle mani di Dudley era in quelle del destino; Edoardo stava lentamente morendo. I soliti pettegolezzi di corte già parlavano di avvelenamento. Dudley si preoccupava della successione, non si fidava di Elisabetta alla quale preferiva la più matura Maria, ma questa non voleva assolutamente abbandonare la propria fede. Giova notare che finché Edoardo VI visse, la situazione di Elisabetta rimase sicura anche se tra Maria ed Elisabetta i contrasti erano sempre più acuti.

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Edoardo VI nel 1550 (di William Scrots)


Il regno di Maria
Nel 1553 Edoardo, sedicenne, morì, lasciando un testamento che annullava le volontà del genitore e dichiarava sua erede Lady Jane Grey; il testamento era stato redatto da Dudley e i suoi nella calligrafia di Edoardo. Allo scopo di mantenere uno stretto controllo del potere Dudley si era preoccupato di far sposare Jane Grey con l'unico suo figlio scapolo Guildferd, sei settimane prima della morte di Edoardo. Contestualmente stava brigando perchè il figlio Robert divorziasse dalla moglie per poterlo far sposare ad Elisabetta. Lady Jane ascese al trono, ma fu deposta meno di due settimane dopo. Resa forte dal sostegno popolare, Maria entrò trionfalmente a Londra con la sorellastra al fianco. A Maria, qualunque fosse la sua fede, andava la lealtà del Consiglio; una divergenza religiosa molto profonda non aveva scalzato l'adesione degli inglesi a una logica di succcesione consolidata nel tempo. Maria aveva la stessa vivacità intellettuale e culturale di Elisabetta, ma essendo figlia di Caterina aveva adottato una stretta osservanza al cattolicesimo romano.
Quando Maria I sposò Filippo II di Spagna, un matrimonio molto sgradito ai suoi sudditi protestanti, temendo di poter essere deposta e sostituita dalla sorella, a seguito della fallita ribellione protestante di Wyatt fece imprigionare Elisabetta nella Torre di Londra. Gli spagnoli chiesero l'esecuzione di Elisabetta, ma pochi inglesi desideravano mettere a morte un membro della popolare dinastia Tudor e anche i tentativi di rimuoverla dalla successione fallirono a causa dell'opposizione del Parlamento. Di fatto Elisabetta aveva pochi motivi per sperare nella clemenza di Maria. Era stata in contatto con i cospiratori, costoro le avevano scritto e avevano ricevuto da lei risposte orali; due di loro, James Crofts e Nicholas Throckmorton, avevano frequentato liberamente la sua casa. I pretesti per la sua esecuzione non mancavano e, inoltre, rimaneva pur sempre il fatto che la rivolta era stata tramata, progettata e messa in atto nel nome di Elisabetta, con il dichiarato obiettivo di portarla sul trono. Elisabetta in quel periodo ebbe modo di scoprire che Maria era una donna implacabile, ma non spietata; nella realtà non furono portate evidenze che Elisabetta approvasse la congiura. Nelle sue lettere a Maria, Elisabetta, mostra con la sua solita fredda logica l'impossibilità di poterle attribuire qualche colpa.
Giova notare che Maria I non firmò il documento dell'esecuzione. Dopo due mesi nella Torre, ad Elisabetta furono concessi gli arresti domiciliari al castello di Woodstock (il Blenheim Palace, a Woodstock nello Oxfordshire), sotto la custodia di Sir Henry Bedingfield; alla fine dell'anno, quando si diffuse la voce che Maria era in attesa di un figlio, si trattava invece di una gravidanza isterica, Elisabetta poté tornare a corte con l'assenso di Filippo, che, preoccupato che la moglie potesse morire di parto, preferiva che la corona inglese passasse a lei piuttosto che a Maria Stuart, regina di Scozia. Filippo II aveva, inoltre, accarezzato l'idea che, in caso di morte della gracilissima Maria, avrebbe potuto sposare Elisabetta.
Tale preferenza, da parte del cattolicissimo Filippo, nasceva da motivi strettamente politici: sebbene cattolica, la giovane Stuart era stata cresciuta alla corte francese, era promessa al delfino, il futuro Francesco II e una sua ascesa al trono d'Inghilterra avrebbe portato le isole britanniche interamente nella sfera di influenza della Francia, con la quale la Spagna era in guerra dall'inizio del secolo (la pace di Cateau-Cambrésis sarebbe stata firmata solo nel 1559). Per tutta la durata del suo regno Maria, appoggiata anche dal marito, continuò a perseguitare i protestanti, guadagnandosi il soprannome di "Maria la Sanguinaria", e tentò di convertire Elisabetta, che si finse cattolica, ma mantenne il suo credo protestante; gli storici dell'epoca sostenevano che non si erano mai visti tanti prigionieri rinchiusi alla Torre. Molti sintomi della malattia che perseguitava Maria possono, oggi, essere attribuiti anche ad avvelenamento. Gli stessi sintomi di cui soffriva Edoardo VI.
Mi piace ricordare che Carlo V, padre di Filippo II, si pentì amaramente di aver spinto per il matrimonio del figlio con Maria I perchè si rese conto che quest'ultima, con il suo acceso clericalismo, avrebbe portato l'Inghilterra al di fuori della chiesa romana e posto le basi per un insanabile dissidio tra Spagna e Inghilterra.
Hampton Court era in preda a un lieto trambusto quando Elisabetta vi giunse nelll'aprile 1555; sembrava imminente il parto di Maria e Filippo aveva convinto la Regina a chiamare a corte Elisabetta. In caso di complicazioni a causa del parto Filippo riteneva saggio tenere Elisabetta sotto controllo. Questa, a corte, tendeva a restare isolata per non mettere in imbarazzo i cortigiani inglesi, a causa della sua religione, ma quando apriva bocca rivelava la forza della sua intelligenza e stregava chiunque l'ascoltasse. Il virtuosismo di Elisabetta in campo linguistico, ella parlava con sicurezza nella loro lingua con quasi tutti gli stranieri, affascinava anche il rozzo e impacciato Filippo che padroneggiava solo lo spagnolo e che quando cercava di parlare in inglese accoglieva solo sorrisini di derisione. Nel frattempo, però, Elisabetta tratteneva buoni rapporti con gli spagnoli; il parto di Maria si rivelava sempre più una gravidanza isterica, la sua salute andava peggiorando ed Elisabetta faceva di tutto per ingraziarsi gli spagnoli. Probabilmente, sia lei che Filippo avranno pensato a un matrimonio tra di loro in caso di morte di Maria. A fine luglio i saloni e le camere di Hampton Court puzzavano, i pavimenti erano luridi, rifiuti organici giacevano dappertutto, Filippo e il suo seguito salparono per le Fiandre, la corte si trasferì a Oatlands, i cortigiani tornarono alle loro residenze e Maria rimase sola con la sorella che vedeva sempre più vicina alla sua successione. Elisabetta fu inviata ad Hatfield, con i suoi amati servitori, Blanche e Thomas Parry e Kat Ashley e i tutor, Roger Asham, l'italiano Castiglione e il matematico e filosofo John Dee; durante il tragitto fu acclamata dal popolo ma lei cercò di tenere un basso profilo per non indispettire la sorella. Maria fremeva di rabbia, anche perchè le congiure andavano moltiplicandosi e i cortigiani che le erano stati fedeli si allontanavano da lei; ma il comportamento di Elisabetta verso gli spagnoli stava dando i suoi frutti. Filippo infatti tratteneva Maria dal compiere vendette contro la sorella. Si optò allora sull'idea di un matrimonio e il candidato prescelto fu il cattolico Emanuele Filiberto duca di Savoia nelle cui vene scorreva sangue sassone; Elisabetta si oppose alla proposta. Nel 1557 Filippo ritornò in Inghilterra e convinse Maria a concedergli uomini e danaro per finanziare un attaco al confine franco-fiammingo, cosicchè l'Inghilterra si trovò in guerra con la Francia. L'anno seguente gli inglesi furono sconvolti dalla notizia che Calais era sata occuopata dai francesi. Questo episodio fu la goccia che fece traboccare il vaso dell'irritazione degli inglesi verso la loro sovrana; inoltre il Consiglio, ritenendo necessaria la presenza di un successore "costrinse" Maria a dichiarare che Elisabetta le sarebbe succeduta in caso di morte. Da quel momento ogni inglese ben pensante incominciò a preoccuparsi su quale potesse essere il miglior marito per la futura sovrana. Sin da piccola, fino all'ascesa al trono, Elisabetta seppe muoversi con abilità e prudenza tra ostacoli, insidie e complotti; tenne sempre un profilo basso, conscia di non avere gli strumemnti per puntare direttamente al potere; fece sempre in modo che il popolo sapesse che la sua fede era la chiesa riformata ma non cercò mai il confronto diretto con i cattolici; dava il proprio assenso di massima alle congiure contro Maria ma non si fece mai trovare direttamente implicata; era consapevole della propria intelligenza e femminilità e le sfruttò per irretire uomini che l'avrebbero potuta aiutare, senza farsi mai coinvolgere in vincoli duraturi.

 

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Maria I di Hans Eworth

Elisabetta inizia a regnare
Il 17 novembre 1558, alla morte di Maria, Elisabetta ascese al trono, godendo di una popolarità di gran lunga maggiore di quella della sorella e fu incoronata il 15 gennaio 1559. All'epoca non c'era un arcivescovo di Canterbury. Dal momento che i vescovi più anziani rifiutarono di partecipare alla cerimonia (perché illegittima secondo il diritto canonico, e perché protestante) fu il vescovo di Carlisle, una figura poco importante, a incoronarla, mentre la comunione fu celebrata non dal vescovo, ma dal cappellano personale della regina, per evitare di celebrare con il rito cattolico. L'incoronazione di Elisabetta fu l'ultima ad avvenire con il rituale latino: le successive incoronazioni si svolgeranno secondo il rito di lingua inglese. Più tardi Elisabetta persuase il cappellano della madre, Matthew Parker, a diventare il primo arcivescovo anglicano di Canterbury. Egli accettò solo per lealtà alla memoria di Anna Bolena, dato che trovava difficile trattare con Elisabetta. Il primo compito che si assunse la nuova regina fu quello di stipulare una pace decorosa con la Francia; per dirla con il Cancelliere del Consiglio, infatti, il re di Francia aveva un piede a Calais e uno in Scozia, diventata in quegli anni roccaforte francese. Sin dall'inizio Elisabetta incutè soggezione tra i cortigiani; prese il potere in maniera decisa e repentina. Ella, come aveva fatto il padre, era determinata a impedire che i consiglieri facessero fronte comune contro di lei. Elisabetta misurava il valore dei suoi collaboratori, individuava i punti di forza e di debolezza di ciascuno e poi procedeva a servirsene per tenerlo sotto controllo. Le sue tattiche sconcertavano tutti anche il primo consigliere Cecil.
Una delle più importanti preoccupazioni dei primi anni di regno di Elisabetta fu la religione: la giovane si appoggiò a William Cecil per consigli in materia. L'Atto di Uniformità del 1559, rese obbligatorio l'uso del "Book of Common Prayer" per i servizi religiosi, ovvero una sintesi fra tradizione cattolica e innovazioni protestanti pensata per garantire da una parte l'uniformità religiosa e dall'altra un'ampia tolleranza di fedi. Il controllo papale sulla Chiesa d'Inghilterra, ripristinato da Maria, fu definitivamente abolito. La regina assunse il titolo di "Supremo Governatore della Chiesa d'Inghilterra", piuttosto che di "Capo Supremo", prevalentemente perché diversi vescovi e molti membri della comunità ritenevano che una donna non potesse essere il capo della Chiesa. L'"Atto di Supremazia", sempre del 1559, prescrisse inoltre che i pubblici ufficiali prestassero giuramento riconoscendo il controllo del sovrano sopra la Chiesa pena severe punizioni.
Molti vescovi opposero resistenza alla politica religiosa elisabettiana e furono rimossi dai loro uffici e rimpiazzati da nuovi incaricati che si sarebbero sottomessi alla supremazia della regina. Ella nominò inoltre un Consiglio Privato interamente nuovo, rimuovendone molti cattolici. Sotto Elisabetta le lotte di fazioni nel Consiglio e i conflitti a corte diminuirono grandemente. I più importanti consiglieri di Elisabetta furono William Cecil, Segretario di Stato, e Nicholas Bacon, il Lord Guardasigilli. Elisabetta ridusse anche l'influenza spagnola sull'Inghilterra, sebbene Filippo II l'avesse aiutata ponendo fine alle Guerre Italiane con la pace di Cateau Cambrésis (furono firmati in realtà due trattati: uno tra Elisabetta ed Enrico II di Francia il primo giorno e uno tra Enrico e Filippo II di Spagna quello successivo, nella cittadina di Le Cateau-Cambrésis, circa venti chilometri a Sud-Est di Cambrai). Elisabetta rimase. sempre, indipendente nella sua diplomazia e respinse la proposta di matrimonio del cognato. L'ambasciatore spagnolo scriveva a Filippo "Elisabetta è molto più temuta di sua sorella Maria, impartisce ordini e va avanti per la sua strada, nel modo più autonomo possibile, come aveva fatto suo padre". Ella tenne sempre il timone fisso sul principio l'Inghilterra per l'Inghilterra, principio di cui il suo altro regno, l'Irlanda, non beneficiò mai. L'imposizione dei costumi inglesi e le politiche religiose della regina furono ampiamente impopolari tra gli irlandesi.
Tre mesi dopo l'incoronazione Lord Robert Dudley, conte di Leicester (a detta delle dame di corte il più bell'uomo di Inghilterra) assunse un ruolo di rilievo tra i consiglieri di Elisabetta, e nessuno avrebbe mai immagginato che la sovrana ne facesse il proprio amante. Dalle testimonianze dell'epoca, sul punto focale della questione, se la regina vergine perse o meno la sua verginità nel 1559, sempre che ciò non fosse accaduto con Thomas Seymour, non si ricavano informazioni. Cercare nelle parole della stessa Elisabetta un'allusione alla verità è frustante e inconcludente, perchè la regina provava un piacere perverso a scandalizzare e stordire gli altri.
Intanto Filippo II la corteggiava con accanimento ed Elisabetta gli dava grandi speranze, mentre, trattava con un agente di re Enrico al quale faceva credere di voler rompere i legami con la Spagna. Distratti così spagnoli e francesi Elisabetta continuava a rafforzare l'esercito con uomini e materiale bellico finchè non fu firmata la pace di Le Cateau-Cambrésis. Pace che era il vero obiettivo di Elisabetta. Superato il rischio francese, nel 1559, si iniziò a parlare di un matrimonio con l'arciduca Carlo, figlio dell'imperatore Ferdinando, ritenuto il miglior partito per la sovrana. Naturalmente il Consiglio era diviso tra fautori della proposta spagnola e fautori di quella austriaca; Elisabetta tergiversava trascorrendo periodi felici con il suo Robert Dudley. Ella proclamava la propria sovranità nel regno del sesso con la stessa determinazione con cui la asseriva nella politica. L'8 settembre 1560 Amy Dudley, moglie di Robert, fu trovata morta ai piedi di una scalinata; molti sospettarono la mano del marito, magari con l'aiuto di Elisabetta. Lo scandalo fu enorme e Dudley venne cacciato da corte ed esiliato nella sua casa di Kew; d'altra parte con Amy viva, Robert era per Elisabetta un passatempo con Amy morta poteva diventare un altro noioso corteggiatore. Elisabetta trovò una pericolosa rivale nella cugina, la cattolica Maria Stuart, regina di Scozia e moglie del re di Francia Francesco II, la quale aveva un carattere impulsivo in antitesi con la prudenza della cugina Elisabetta. Nel 1559 Maria Stuart si era proclamata regina d'Inghilterra avvalendosi della controversa legittimità di Elisabetta, con il supporto dei francesi, previsto dagli accordi nuziali tra Maria e Francesco II. In Scozia la madre di Maria, Maria di Guisa, che aveva governato la Scozia come reggente, tentò di aumentare l'influenza francese in Gran Bretagna concedendo all'esercito francese fortificazioni in Scozia. Un gruppo di lord scozzesi (protestanti) alleati di Elisabetta deposero Maria di Guisa e, posti sotto pressione dagli inglesi, i rappresentanti di Maria Stuart firmarono il Trattato di Edimburgo, in base al quale le truppe francesi dovevano essere ritirate dalla Scozia. Sebbene Maria rifiutasse di ratificare il trattato, esso ottenne l'effetto desiderato e la minaccia francese fu allontanata dall'Inghilterra. Dopo la morte del marito Francesco II, Maria Stuart, il 15 agosto 1561, ritornò in Scozia, mentre per la Francia iniziava il periodo delle Guerre di Religione. Temendo ulteriori possibili minacce da parte francese, Elisabetta diede aiuto agli ugonotti nella loro lotta contro la reggente Caterina de' Medici. Elisabetta firmò la pace con la Francia nel 1564, rinunciando all'ultimo possedimento inglese in territorio francese, Calais, ma non abbandonò la rivendicazione formale al trono di Francia che i monarchi inglesi mantenevano dall'epoca di Edoardo III, durante la Guerra dei Cent'Anni, e che fu abbandonata solo da Giorgio III, nel 1802 col Trattato di Amiens.
Alla fine del 1562 Elisabetta aveva contratto il vaiolo, ma ne era guarita; al termine della malattia la regina riammise a corte Robert Dudley. Nel 1563, allarmato per la malattia quasi fatale della regina, il Parlamento chiese che si sposasse o che nominasse un erede per evitare una guerra civile alla sua morte. Ella rifiutò di fare entrambe le cose e il Parlamento non fu riunito fino a quando Elisabetta non ebbe bisogno della sua approvazione per alzare le tasse nel 1566. La Camera dei Comuni minacciò di trattenere i fondi fino a quando la regina non avesse preso provvedimenti per la successione, ma Elisabetta rifiutò ancora. Durante il regno di Elisabetta furono prese in considerazione diverse linee di successione. Una possibile era quella di Margherita Tudor, la sorella maggiore di Enrico VIII: erede in quel caso sarebbe stata Maria Stuart; una linea alternativa era quella di Maria Tudor, la sorella minore di Enrico VIII: l'erede in tal caso sarebbe stata lady Catherine Grey; un altro possibile successore era Henry Hastings, conte di Huntingdon, che poteva invocare la sua discendenza da Edoardo III. Tutti e tre i possibili eredi presentavano problemi: Maria era cattolica, Catherine Grey si era sposata senza il consenso della regina e il puritano Huntingdon non voleva la corona.
Maria Stuart, nel frattempo, aveva i suoi problemi in Scozia. Elisabetta aveva proposto che, se avesse sposato il suo Robert Dudley, inglese e protestante Elisabetta avrebbe "proceduto a considerare il suo diritto e titolo a essere la sua cugina più prossima ed erede." Maria rifiutò e sposò il cattolico Henry Steward o Stuart, conte di Darnley, suo cugino e, in quanto nipote di Margherita Tudor, anch'egli possibile pretendente al trono inglese. Il matrimonio però non fu felice: lui era iroso e violento al punto che si ritenne necessario ucciderlo. Difatti il 9 febbraio 1567 la residenza del conte andò a fuoco e lui fu strangolato mentre tentava la fuga. Non è chiaro se dietro l'assassinio ci fosse stata la stessa Maria oppure la nobiltà scozzese. In seguito Maria sposò il presunto assassino dell'ex marito, James Hepburn, conte di Bothwell, causando la sollevazione dei nobili protestanti scozzesi che esiliarono James e costrinsero lei ad abdicare in favore del figlio ancor bambino, Giacomo VI.
Nel 1568 l'ultima possibile erede inglese al trono, Catherine Grey, morì: lasciava un figlio, che era però stato dichiarato illegittimo, e una sorella, nana e gobba. Elisabetta fu di nuovo costretta a prendere in considerazione un successore scozzese, nonostante la situazione confusa del paese. Maria, che era stata imprigionata dopo la sua abdicazione, riuscì a scappare e fuggì in Inghilterra, dove fu catturata da forze inglesi. A quel punto, Elisabetta si trovò di fronte a un grave dilemma. Riconsegnarla agli scozzesi era ritenuto un gesto troppo crudele, mandarla in Francia avrebbe significato mettere nelle mani del re francese una potente arma; reinsediarla con la forza sul trono di Scozia poteva essere un gesto eroico, ma avrebbe causato un conflitto troppo aspro con gli scozzesi; imprigionarla in Inghilterra le avrebbe permesso di partecipare a complotti contro lei stessa. Elisabetta optò per l'ultima soluzione: Maria fu tenuta confinata per diciotto anni, per lo più nel castello di Sheffield, in custodia di George Talbot, conte di Shrewsbury, e della moglie.
Complotti, ribellioni e guerre
Nel 1569 Elisabetta fronteggiò una grande ribellione cattolica conosciuta come la Ribellione settentrionale, istigata dal duca di Norfolk, dal conte di Westmorland e dal conte di Northumberland. Papa Pio V aiutò la ribellione, inviando un banchiere fiorentino di nome Roberto Ridolfi con un'ingente somma di danaro per acquistare armi ed equipaggiamenti, scomunicando la regina e dichiarandola deposta con una bolla papale, la Regnans in Excelsis, che però fu promulgata solo dopo che la ribellione era stata domata. In realtà l'esercito dei ribelli si sgretolò lentamente per autoconsunzione; la tattica temporeggiatrice adottata da Elisabetta fece sì che all'arrivo dell'inverno il popolino se ne tornasse alle proprie abitazioni. I conti fuggirono al Nord e Sussex, il comandante del'esercito inglese, ordinò di dare una lezione ai contadini che avevano costituito il grosso dell'esercito ribelle. Il capo della polizia militare passò di villaggio in vilaggio impiccando centinaia di persone, indipendentemente da credo o partecipazione alla ribellione. Nel 1571 la ribellione ebbe un altro sussulto grazie alle cospirazioni del legato papale Ridolfi, ribellione che ebbe termine con l'esecuzione del duca di Norfolk e una riduzione della libertà personale di Maria Stuarda. Dopo la bolla Elisabetta non poteva continuare con la sua politica di tolleranza religiosa e cominciò a perseguitare i suoi nemici religiosi, provocando continue cospirazioni cattoliche volte a rimuoverla dal trono; in questo periodo Elisabetta crea una fitta rete di spie che le consentono di anticipare le mosse dei nemici interni ed esteri.
Elisabetta, nel frattempo si era fatta un nuovo nemico: il cognato, Filippo II di Spagna. Dopo che Filippo aveva lanciato un attacco a sorpresa contro i corsari inglesi Francis Drake e John Hawkins nel 1568, Elisabetta ordinò di attaccare le navi spagnole nel 1569 e finanziò Francis Drake perchè conducesse una continua azione di corsa contro i galeoni spagnoli che tornavano dalle americhe carichi d'oro. Filippo, già impegnato nella ribellione delle province olandesi, non poteva sostenere lo sforzo di una guerra contro l'Inghilterra, ma favorì alcune cospirazioni per deporre Elisabetta. La Spagna, che era rimasta in termini amichevoli con l'Inghilterra dall'epoca del matrimonio di Filippo con Maria I, cessò di essere una potenza amica.
Dopo aver annullato le cospirazioni cattoliche tra il 69 e il 71 e aver superato una nuova grave malattia iniziò a prendere forma, in Inghilterra, una nuova venerazione popolare: il culto per la regina. Alla fedeltà nei riguardi della monarchia si aggiungeva una particolare venerazione per Elisabetta come simbolo protestante e come simbolo di liberazione dal male. La sua figura assurse i connotati di un talismano nazionale, una sorta di portafortuna e sia la sua fragilità che l'assenza di eredi contribuivano a renderla più preziosa e indispensabile. Nulla più dei suoi viaggi estivi contribuiva a diffondere il suo culto e ad arricchirlo. Quando Londra diventava troppo afosa la corte si spostava in campagna, in una processione che si snodava per chiliometeri, con la regina, in ultimo a distribuire sorrisi e cenni con il capo. In quarantacinque anni di regno attraversò più volte le Midlandas, L'East Anglia, il Kent, il Sussex, la West Country, visitando centinaia di città e di villaggi, alloggiando nei manieri reali o in quelli delle grandi famiglie aristocratiche. Per i contadini e i popolani l'arrivo della regina era un incanto che accendeva le loro vite con il luccichio delle fiabe; era un avvenimento del quale parlare per una vita. Questo contatto reale con il suo popolo accrebbe negli inglesi l'amore per la monarchia, l'orgoglio di essere inglesi e l'amore per la libertà.
Nel 1572 William Cecil fu innalzato alla potente posizione di Lord Gran Tesoriere; il suo posto alla Segreteria di Stato fu preso dal capo della rete di spionaggio di Elisabetta, Francis Walsingham. Sempre nel 1572 Elisabetta strinse un'alleanza con la Francia. Il Massacro di San Bartolomeo, in cui migliaia di protestanti francesi furono uccisi, incrinò l'alleanza ma non la spezzò, ed Elisabetta iniziò negoziazioni matrimoniali prima con Enrico III, allora duca di Anjou, e più tardi con il fratello minore, Francesco, duca di Alençon e le trattative parevano essere giunte a conclusione. In particolare con il duca di Alençon le cose sembravano andare molto bene; l'inviato del duca Jean de Simier, si fermò alla corte inglese per molto tempo e le voci sostenevano che i due fossero diventati amanti; certo è che Elisabetta passava molto tempo con lui e acconsentì che venisse preparato un contratto di matrimonio. Anche l'incontro tra Elisabetta e Alençon fu positivo tanto che molti erano convinti che la regina, finalmente, si sposasse. Riferiva l'ambasciatore spagnolo al suo re "La regina è entusiasta di Alençon e lui di lei. Elisabetta è conquistata dalle sue innumerevoli doti e lo ammira più di qualunque altro uomo". Filippo rispose al suo ambasciatore in questi termini "Ho sempre guardato al matrimonio di Elisabetta con Alençon come a una mera invenzione. Credo, tuttavia, che continueranno a discuterne e magari si riconcilieranno anche, ma sono convinto che sarà lei alla fine a rinunciare". Ma anche questa volta, per Elisabetta, la strada per il matrimonio diventa impervia, innanzitutto per la fiera opposizione dei suoi consiglieri. Inoltre, un avvocato di campagna stampa un libello, Gaping Gulf, nel quale si affermava che solo l'avidità spingeva Alençon, un giovane spregievole e voglioso, verso una zitella di quarantasei anni. Elisabetta ordinò che tutte le copie del pamphlet venissero bruciate e che l'autore, lo stampatore e l'editore venissero impiccati (la pena fu poi commutata). Il pugno di ferro di Elisabetta non era solo la risposta alla divulgazione del libello ma a un gruppo molto influente dei suoi sudditi: i puritani con " la loro impudenza e farisaica presunzione". I puritani erano un affronto alla Corona perchè non riconoscevano alcuna autorità al di fuori della Bibbia, così come loro la interpretavano, e non esitavano a farsi arbitri della moralirtà di chiunque, ivi compresa la regina.
Nel 1580 papa Gregorio XIII inviò un contingente di truppe in aiuto delle Ribellioni Desmond in Irlanda, ma il suo tentativo fallì e la ribellione stessa fu domata nel 1583. Nell'aprile del 1581 Filippo fu incoronato Re del Portogallo e raggiunse una potenza economica e militare immensa, ma, il sovrano prese possesso della nuova fortuna con un atteggiamento di notevole rassegnazione; la vita gli aveva procurato più dolori che gioie e la morte della moglie Anna d'Austria lo aveva molto colpito. L'Escorial, la sua residenza, era un'espressione tipica di un uomo triste e malinconico, un edificio oscuro e cavernoso il cui nucleo era costituito da un monastero. Il piccolo appartamento del re, ammobiliato in modo spartano, si affacciava su una cappella simile a una cattedrale. La residenza era piena di capolavori dell'arte medioevale, ma tutto al sevizio della fede, non della bellezza. Filippo divenne facile "preda" del papa e di tutti i cattolici che sognavano la distruzione della bastarda di Enrico VIII e il ritorno dell'Inghilterra sotto il cappello di Roma. Gli inglesi iniziarono a temere un'invasione da parte degli spagnoli. Elisabetta aumentò le proprie attenzioni verso Alençon, con l'intenzione di portare la Francia dalla propria parte (nelle discussioni sul contratto matrimoniale Elisabetta pretendeva, infatti, di inserire due clausole, che Enrico III, re di Francia, si impegnasse a combattere gli spagnoli e che Calais fosse restituita agli inglesi), prese a frequentare con assiduità Francis Drake, che venne inserito nella lista dei suoi amanti e iniziò a sostenere la causa dei protestanti olandesi. Dopo l'assassinio di Guglielmo I d'Orange, l'Inghilterra cominciò, infatti, a parteggiare apertamente per le Province Unite d'Olanda, che si erano ribellate alla dominazione spagnola. Questo, assieme alla pirateria inglese contro le colonie spagnole condusse allo scoppio della guerra anglo-spagnola nel 1585 e all'espulsione dell'ambasciatore spagnolo nel 1586 per la sua partecipazione ai complotti contro Elisabetta. Temendo tali cospirazioni, il Parlamento aveva approvato l'Atto di Associazione 1584, in base al quale chiunque fosse stato coinvolto in un complotto per uccidere la regina sarebbe stato escluso dalla linea di successione. Nonostante l'Atto un nuovo complotto, il Complotto Babington, fu ordito contro di lei, ma sventato da Francis Walsingham, che controllava la rete di spie di Elisabetta. Maria Stuart fu accusata di complicità nel complotto e giustiziata nel castello di Fotheringhay, l'8 febbraio 1587. Giacomo, figlio della Stuart, e presumibile successore di Elisabetta, fu costretto a firmare il Trattato di Berwick che lo impegnava a un'alleanza perpetua con l'Inghilterra. Alla metà di dicembre 1585 una flotta inglese di cinquanta navi entrò nel porto di Flushing, al comando di Robert Dudley; il conte di Leicester avrebbe dovuto condurre le truppe inglesi in Olanda per combattere gli spagnoli. Nella realtà Leicester si gigioneggiava nel suo rango di liberatore senza combinare nulla; nel febbraio giunse notizia a Elisabetta che Leicester si era proclamato governatore degli Stati Uniti dei Paesi Bssi, un errore madornale sotto tutti i punti di vista. Coloro che pensavano di aver già visto la furia dei Tudor dovettero ricredersi; Elisabetta li superò tutti in quel frangente; Leicester fu costretto a rientrare in Inghilterra con la coda tra le gambe.
Nel suo testamento Maria aveva lasciato in eredità a Filippo la sua rivendicazione del trono inglese e Filippo iniziò a progettare un'invasione forte, anche, di questo diritto testamentario. Nell'aprile 1587 Francis Drake bruciò la flotta spagnola alla fonda nel porto di Cadice, ma a maggior danno per la Spagna bruciò tutto il legname stagionato che era stato accantonato per costruire altre navi. L'incursione di Drake ritardò i piani del re, ma nel 1588 era pronta a salpare l'Invincibile Armata, una grande flotta di 130 navi e 30.000 uomini; al comando c'era don Alonso Pèrez de Guzmàn, duca di Medina Sidonia ecc. ecc. che sostanzialmente non aveva mai messo piede su una nave. Il duca, sebbene a digiuno di strategie marinaresche, si rese subito conto che l'invincibile armata era in realtà un calzino rotto e cercò di convincere Filippo di rimandare la spedizione. Le gigantesche navi disponevano di pochi cannoni e non c'erano sufficienti cannonieri, molte navi imbarcavano acqua essendo state costruite con legname non stagionato, le riserve alimentari erano costituite da carni marce e vini inaciditi e le botti non erano a tenuta; la preparazione della flotta era stata un'enorme ruberia. Anche Alessandro Farnese dai Paesi Bassi scoraggiava Filippo dall'intrapprendere la spedizione; il suo esercito, dopo tanti combattimenti, da trentamila uomini si era ridotto a diciassettemila. Filippo rispose che la spedizione partiva con la protezione divina e la flotta salpò con l'obiettivo di aiutare l'esercito spagnolo, al comando di Alessandro Farnese, ad attraversare la Manica e invadere l'Inghilterra. Elisabetta, nel grande pericolo del momento, tenne un famoso discorso alle truppe inglesi radunate a Tilbury, noto come Il discorso alle truppe a Tilbury. Mentre le navi inglesi si dirigevano verso Tilbury, molte delle navi della formidabile armata colavano a picco in un'ululante tempesta al largo di Capo Finistere, nella quale era difficile vedere la mano benevola di Dio. La flotta spagnola fu, facilmente, sconfitta da quella inglese, comandata da Charles Howard, conte di Nottingham e da Francis Drake. L'Armada fu costretta a ritornare in Spagna dove arrivarono meno della metà delle navi che erano partite. La vittoria aumentò molto la popolarità di Elisabetta, sempre più considerata il portafortuna dell'Inghilterra. Giova sottolineare la vittoria sulla flotta spagnola è entrata nell'epopea guerresca inglese più di quanto in realtà meriti. La battaglia non fu però decisiva e la guerra con la Spagna continuò. La guerra continuava anche in Olanda, che combatteva per l'indipendenza, e in Francia, dove un protestante Enrico di Borbone, aveva rivendicato il trono. Elisabetta appoggiò con 20.000 uomini e 300.000 sterline Enrico di Borbone, e con 8.000 uomini e aiuti per oltre un milione di sterline gli olandesi.
I corsari inglesi continuarono ad attaccare le navi spagnole che tornavano dalle Americhe, con alterni esiti (nel 1595 morì Francis Drake); nel 1595 si verificò anche una modesta incursione della flotta spagnola in Cornovaglia.
Nel 1596, l'Inghilterra si ritirò dalla Francia lasciando Enrico IV saldamente al potere; altre battaglie seguirono fino al 1598, quando Francia e Spagna fecero pace. La morte di Filippo II l'anno successivo portò il conflitto tra Spagna ed Inghilterra a un punto di stallo, che avrebbe trovato soluzione con il trattato di pace negoziato sotto Giacomo I, noto come Trattato di Londra (1604). Giova ricordare che nei quasi quarant'anni del suo regno, Elisabettta Tudor non aveva mai cessato di essere l'oggetto di intense discussioni, di focosi corteggiamenti e di clamorosi scandali, ma nell'ultimo decennio la sua fama aveva trasceso se stessa. Era diventata materia di leggenda.

elisabetta

Elisabetta in un dipinto del 1588.


Gli ultimi anni
Quando nel 1597 Andrè Hurault Sieur De Maisse, ambasciatore di Enrico IV di Francia si presentò alla corte di Elisabetta, per sondare le intenzioni della sovrana in merito alla firma della pace, trovò "Una creatura nervosa e irrequieta il cui spirito animale pareva in costante ebollizione" spirito che smentiva le guance cadenti e la bocca sdentata. L'ambasciatore francese non poteva immaginare che sarebbe diventato l'ultimo confidente della regina. Come era sempre stato nella sua vita, ella godeva della vicinanza di un giovane brillante e valoroso: Robert Devereux, secondo conte di Essex, che da piccolo era stato accolto nella casa di Cecil, dove era cresciuto al fianco del figlio di Cecil, Robert; di lui De Maisse dà una descrizione negativa " E' un uomo di coraggio che non ascolta nessun consiglio se non il suo". Scrive, ancora, De Maisse, nelle sue memorie "La preoccupazione della regina per il proprio aspetto è ossessiva, quando qualcuno parla della sua bellezza lei dice che non è mai stata bella, benché godesse di questa fama trent'anni prima. Ciononostante tira in ballo la sua avvenenza a ogni piè sospinto. Ma il suo aspetto viene eclissato dalla forza della sua personalità e dallo straordinario intelletto. La sua arroganza riguardo alle proprie doti di sovrana è assoluta, essendo stata preparata agli affari di stato fin dalla culla ella governa con un grado di astuzia che nessuno dei suoi consiglieri può uguagliare. La trovo non solo scaltra, calcolatrice e con la stoffa di un'autentica statista, ma minutamente informata sugli eventi di gran parte d'Europa, grazie alla sua rete di spie che paga bene ma dalle quali si aspetta fedeltà e diligenza. Se mancavano di inviarle un sincero rendiconto di quanto stava accadendo li faceva impiccare. Mi dà sempre l'impressione di essere una grandissima regina che conosce ogni cosa, tuttavia i suoi modi sono candidi e ogni tanto gioiosi". Un giorno disse a De Maisse " ... credo che non morirò presto, signor ambasciatore, e non sono così vecchia come dicono". E in effetti quando De Maisse la vide lasciare la sala al termine dell'udienza "accennando dei passi di danza, non ebbi alcun dubbio in proposito". De Maisse sostiene che Elisabetta, a proposito di religione, gli abbia confessato "Se esistessero due princìpi nella cristianità dotati di volontà e coraggio sarebbe facile ricomporre le divergenze religiose, perchè c'è stato un solo Gesù e una sola fede e tutti gli altri punti del dibattito sono sciocchezze"; un grande pensiero di una grande mente. In questo la pensava come Carlo Magno che non apprezzava le fini dispute teologiche dei bizantini, le teologizzazioni sul credo o i contrasti tra iconoclasti e iconolatri; anche per lui c'era un solo Cristo e doveva esserci una sola religione.
In merito alla pace che Enrico voleva firmare con la Spagna, ma che era ostacolata dalla presenza delle truppe inglesi sul fronte di guerra, Elisabetta tergiversava; nonostante amasse la pace, aveva bisogno di tenere la Spagna sotto pressione perchè non rivolgesse la sua attenzione all'Inghilterra. Ma diceva a De Maisse "Informa Enrico che Filippo è oramai un cadavere ambulante tenuto in vita, a forza, dai suoi medici. Enrico deve pazientare qualche mese e l'antico nemico sarà morto". De Maisse che conosceva la potenza dell'intelligence elisabettiana, se pur di malavoglia, riportò queste parole a Enrico.
Nel 1598 muore il fidato Cecil, ma, il suo ruolo politico era già stato ereditato dal figlio, Robert Cecil, che De Maisse descriveva come "sgraziato e sgradevole e che a corte chiamavano "il pigmeo", che era divenuto Segretario di Stato nel 1590.
Contemporaneamente alla guerra con la Spagna, Elisabetta dovette far fronte a una ribellione conosciuta come la Guerra dei nove anni. Hugh O'Neill, secondo conte di Tyrone, si era proclamato re ed era stato dichiarato traditore nel 1595. Cercando di evitare un'altra guerra, Elisabetta fece una tregua con Tyrone, che prontamente cercò l'aiuto spagnolo. La Spagna cercò di inviare due spedizioni in soccorso, ma entrambe furono fermate. Nel 1598 Tyrone offrì una tregua e al suo scadere inflisse agli inglesi la peggior sconfitta dell'intera ribellione nella battaglia di Yellow Ford. Robert Devereux fu nominato Lord Luogotenente d'Irlanda con il compito di domare la ribellione nel 1599. Devereux, tradendo la fiducia di Elisabetta, fallì nel tentativo e, ritornato a corte senza il permesso della regina nel 1600, fu punito con la perdita di tutti i suoi incarichi. "Una bestia ingovernabile va privata del suo cibo" fu l'acida osservazione di Elisabetta. L'anno successivo Essex guidò una rivolta contro la regina, ma fu scoperto e giustiziato. De Meisse aveva avuto un buon presentimento. Al suo posto in Irlanda fu mandato Charles Blount, barone Mountjoy: egli affrontò gli irlandesi e il contingente spagnolo di circa tremila uomini inviato in loro aiuto dalla Spagna e li sconfisse nella battaglia di Kinsale, obbligando Tyrone ad arrendersi pochi giorni dopo la morte di Elisabetta.
Elisabetta amava le imprudenze e soprattutto fare ciò che i medici le vietavano; usciva ancora a cavallo nell'umidità della campagna inglese. Ma nel 1603 fu colpita da una brutta depressione. Non sopportava più i discorsi di governo, sentiva la morte vicina e si lasciava andare. Morì il 24 marzo 1603 nel Palazzo di Richmond pronunciando la famosa frase "Chiamatemi un prete: ho intenzione di morire". All'età di settanta anni, era il più anziano dei sovrani sino ad allora vissuti. Elisabetta fu seppellita nell'abbazia di Westminster, di fianco alla sorella Maria I. L'iscrizione sulla loro tomba recita: "Compagne nel trono e nella tomba, qui noi due sorelle, Elisabetta e Maria, riposiamo, nella speranza di un'unica resurrezione". Nei suoi grandi intrattenimenti venivano invitate, spesso, compagnie teatrali, tra cui quella del lord ciambellano con l'attore e commediografo Will Shakespeare, che iniziava il proprio percorso di onori e fama.
Il testamento di Enrico VIII dichiarava che a Elisabetta dovevano succedere i discendenti della sorella maggiore, Maria Tudor, piuttosto che i discendenti scozzesi di Margherita Tudor, e all'epoca della morte della regina c'erano alcuni possibili pretendenti in vita, oltre a Giacomo Stuart. Alcune opere storiche riferiscono che Elisabetta dichiarò Giacomo suo erede nel suo letto di morte, altre invece sostengono che essa mantenne fino alla fine il silenzio su questo argomento. In ogni caso nessun pretendente era abbastanza forte da poter seriamente contrastare la rivendicazione al trono di Giacomo Stuart, che poco dopo la morte di Elisabetta fu proclamato re Giacomo I d'Inghilterra. Tale proclamazione ruppe la consuetudine perché non fu fatta dal nuovo sovrano stesso, ma dal Consiglio di Accessione, come sarebbe poi divenuto consuetudine.
Elisabetta è una dei sovrani più popolari dell'intera storia. Nel complesso, ella si dimostrò una regina molto capace e abile: aiutò a stabilizzare la situazione economica del paese dopo aver ereditato da sua sorella Maria un enorme debito pubblico. Sotto di lei l'Inghilterra riuscì a respingere tutti i tentativi di invasione della Spagna, che allora era la potenza dominante in Europa, e a evitare lo scoppio di guerre civili o religiose. Cercò sempre la pace, anche se fu costretta alla guerra.

Poco dopo la sua ascesa al trono, molti si chiedevano chi Elisabetta avrebbe sposato e i motivi per cui non si sposò restano oscuri anche se molte ipotesi in proposito sono state avanzate. Forse ebbe il timore di subire la stessa sorte delle mogli di Enrico VIII, o forse rimase psicologicamente traumatizzata dalla sua (presunta) relazione infantile con Lord Seymour. Sicuramente anche assistere alle sventure coniugali della sorella Maria non rese ai suoi occhi la condizione matrimoniale auspicabile. Maria infatti era innamorata di suo marito Filippo II che non solo non la ricambiava, ma che nel corso dell'intero matrimonio aveva attentato al suo potere di regnante.
Dopo la morte di Maria, Filippo II cercò di conquistare il cuore di Elisabetta ma senza risultati. Altre ipotesi dei contemporanei suggeriscono che soffrisse di un difetto fisico che aveva paura di rivelare, forse cicatrici da vaiolo. È anche possibile che Elisabetta fosse sterile e, sapendo di non poter avere eredi, non intendeva dividere il potere della corona con un altro, o che a causa della situazione politica molto instabile abbia temuto una lotta armata tra fazioni aristocratiche nel caso in cui avesse sposato qualcuno non ugualmente gradito a tutti. La vita sessuale di Elisabetta resta un mistero e questo ce la fa apparire ancora più affascinante.

LOGO Eugenio Caruso - 10 novembre 2016



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