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Carlo Magno


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.
Seneca Lettere morali a Lucilio


GRANDI PERSONAGGI STORICI

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In questo portale, abbiamo illustrato vita e doti di grandi personaggi della storia, quali figure emblematiche da tenere come modelli per imprenditori, manager, leader politici. Ugualmente ritengo doveroso prendere in considerazione la vita di Carlo Magno che, per la prima volta, tentò di dare un'organizzazione unitaria all'Europa, facendo leva sulla comunità della fede e dei modelli culturali. L'impero di Carlo Magno, infatti, era il mondo dei popoli cristiani, riuniti sotto un unico scettro, ma era anche un mondo unitario del pensiero, dell'amministrazione politica e civile, una versione nuova, inedita e squisitamente europea di ciò che era stato l'impero romano.

Nel dicembre del 753 all'ingresso del parco di un palazzo reale, a Ponthion sulle alture della Marna, il re dei franchi, Pipino di Heristal con la moglie Berta e i figli Carlomanno e Carlo (che in quel giorno ha poco più di 12 anni) sono in trepidante attesa per l'arrivo di un uomo. Verso mezzogiorno appare una fila di viaggiatori. Pipino scende da cavallo e si avvia solo, a piedi, incontro a un uomo gracile, vestito con un manto bianco, con in capo il petaso di feltro dei pellegrini e senza armi: è il papa Stefano II che ha attraversato le Alpi per chiedere l'aiuto dei franchi contro i "ritenuti" soprusi dei longobardi. Giunto di fronte al papa Pipino si inginocchia, prosternato umilmente a terra e con la testa bassa. Il papa gli tende la mano per farlo alzare e lo benedice. Carlo che era abituato a vedere gli altri inchinarsi davanti a suo padre scopre, per la prima volta, che la forza del potere può derivare da altri valori che non siano il coraggio, le imprese militari, il comando, le ricchezze e che il misterioso imperio di Roma aveva una preminenza maggiore di quella delle armi. Questa "rivelazione" influenzerà Carlo Magno e lo condizionerà, specie nella prima metà del suo regno. Questa sudditanza psicologica con l'invenzione da parte del papato della donazione di Costantino saranno le cause prime dell'impossibilità della formazione di un regno d'Italia, come stava lentamente accadendo con la dominazione longobarda. Stefano II veniva dai franchi per consacrare il nuovo re in cambio del riconoscimento dei suoi diritti sulle terre bizantine in Italia, una sorta di eredità immaginaria dell'impero d'occidente. Tutti alla corte di Pipino andavano dicendo che i longobardi non rispettavano Cristo e ciò sembrava a Carlo un'infamità. Il papa, che rappresentava Cristo in terra, era venuto a lamentarsi di questa ingiuria e a chiedere ai franchi il soccorso delle armi e Carlo, che era stato educato al principio della legge delle armi, era invaso, probabilmente, da un moto d'orgoglio quando ascoltava i cavalieri parlare di una spedizione in Italia e la madre Berta sollecitare il marito verso questa soluzione. Nell'aprile 754, a Quienzy fu firmato un trattato tra Pipino e il papa per condurre una guerra contro i longobardi; nel santuario di San Dionigi, Pipino ricevette dal papa l'unzione che lo consacrava Re dei franchi e patrizio dei romani; la regina Berta, Carlo e Carlomanno, nell'ordine si sottoposero al medesimo rito dell'unzione. Il papa intimò al popolo franco, sotto pena di scomunica, di non scegliersi mai un re appartenente a stirpe diversa da quella di Pipino (detta i pipinidi), che la Chiesa aveva consacrato. A Pipino, nominato difensore di San Pietro e dei suoi diritti, spettava il dovere di indurre i nemici della chiesa a restituirle Ravenna e le altre terre e città usurpate dal re longobardo Astolfo. Pipino giurò solennemente sui vangeli. Pochi si resero conto che con quel giuramento Pipino aveva posto le basi per la nascita dello Stato pontificio che sarebbe durato più di mille anni. Pipino fece un paio di spedizioni contro i longobardi, spedizionì che non servirono a raggiungere il risultato che il papa si attendeva. Le spedizioni in Italia avevano sempre il limite dell'incompletezza dovuta all'impazienza per il ritorno. La nobiltà che sosteneva Pipino non amava indugiare a lungo in terre lontane; inoltre essa aveva espresso malumori e reticenze dovute anche al fatto che esistevano legami ancestrali tra i longobardi e i franchi che erano più pronti al richiamo della tradizione e delle radici che alle suggestioni di Roma.
Carlo nacque, probabilmente, il 2 aprile 742, primogenito di Pipino il Breve (714 - 768), primo dei re Carolingi. Difficile stabilire con esattezza la data di nascita del futuro Imperatore: Eginardo, infatti, suo biografo di corte nel Vita Karoli ce ne propone tre: 742, 743 o 744, ma la gli storici sono più propensi a credere che fosse il 742. Sempre da Eginardo sappiamo che Carlo, a 17 anni, partì, con il padre per la sua prima spedizione di guerra. Le prime campagne furono in Aquitania, all'assedio di Bourges e nell'incendio di Clermont; Carlo si mostrò subito guerriero intrepido, di grande vigore nel combattimento, rapido nelle decisioni e sicuro nel comando, molto diverso dal fratello Carlomanno. Carlo aveva due amori: il cavallo e la spada. I cavalli li voleva bellissimi, di colore scuro, arditi e robusti. Spesso cambiò cavallo, ma mai la spada. Gliel'aveva cinta al fianco il padre quando aveva quindici anni e non se ne separò mai. Era la daga corta dei franchi celebre per tempra e maneggevolezza. Tutti i cavalieri davano un nome alla loro spada, famosa la Durlindana di Orlando, quella di Carlo si chiamava "Spada di Francia". Carlo aveva molte virtù, che andarono rafforzandosi con gli anni. La prima fu quella di sapere inserirsi nel procedere del suo tempo a mano a mano che andava snodandosi nel giro degli anni e degli eventi. Ecco le gesta militari, ecco le passioni culturali, ecco le grandi amicizie, ecco il traguardo di una società unificata e ordinata. Aveva la capacità di intendere le occasioni, che è propria dei grandi personaggi che stiamo tratteggiando nel portale IMPRESA OGGI, i quali più che precorritori della storia ne sono gli interpreti. Non si stancò mai di perseguire un obiettivo anche se la strada era accidentata e di lungo percorso come per l'interminabile guerra di Sassonia.
Alla morte di Pipino il Breve, nel 768, i suoi due figli Carlo e Carlomanno si spartirono l'eredità. Al primo andarono l'Austrasia (il più potente dei quattro ducati principali al tempo dei re merovingi, con capitale Reims), gran parte della Neustria e la metà nord-occidentale dell'Aquitania, con capitale Aquisgrana (ossia il nord e l'occidente della Francia più la bassa valle del Reno), mentre al secondo spettarono la Borgogna, la Provenza, la Gotia, l'Alsazia, l'Alamagna, e la parte sud-orientale dell'Aquitania, con capitale Samoussy (cioè il sud e l'Oriente della Francia più l'alta valle del Reno).

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Neustria e Austrasia al tempo di Carlo Magno


Carlo cinse la corona di Re nella cattedrale di Noyon, mentre Carlomanno riceveva una corona separata nella città di Soissons. La madre Berta aveva galoppato dall'una all'altra capitale per legare con la sua presenaza quel simbolo di unità che oramai si trovava solo nella sua matrice di madre. Assunto al trono, Carlo si trovò subito a dover affrontare alcuni problemi acuiti dalla morte di Pipino: la spinta alla secessione da parte dell'Aquitania, la ribellione di Tassilone in Baviera, le contese con i sassoni, le incursioni dei saraceni, le richieste di intervento da parte del papa, le indecisioni del fratello. Carlo mostrò subito una caratteristica importante del suo carattere. Le prime decisioni furono, infatti, orientate a una grande cautela, sia nell'intento di ammorbidire i contrasti, sia di convincere i nobili della corte di porre su di lui la loro fiducia. Si era reso conto che senza collaboratori convinti e fedeli non si va da nessuna parte . Le prime due decisioni furono: uno, chiedere al nuovo papa, Stefano III, il permesso di lasciare la moglie Imiltrude (dalla quale aveva avuto un figlio, Pipino il gobbo) e sposare la figlia di Desiderio, Re dei longobardi, Ermengarda, in cambio dell'amicizia con i franchi, Desiderio avrebbe restituito al papa le terre controverse, due, piegare la rivolta in Aquitania unendo le sue forze con quelle di Carlomanno. Il papa rispose in modo furioso e arrogante alla richiesta di Carlo ma la sua lettera arrivò quando Carlo aveva già accolto Ermengarda come sposa, nel dicembre del 770; ma se la tenne accanto per poco, ai primi di maggio partì per la spedizione contro gli aquitani, mentre il fratello era titubante sul da farsi. Quando Carlo tornò alla corte di Heristal ebbe conferma dai medici che Ermengarda era malaticcia e non avrebbe potuto avere figli. Carlo la ripudiò dopo un duro scontro con la madre Berta che era stata l'artefice dell'accordo matrimoniale; la rottura con la madre, ch'egli adorava, fu un duro colpo per Carlo, ma non per questo mutò il corso degli eventi. Desiderio non aveva ottemperato agli accordi stipulati ed era ancora più ostile avendo subito l'oltraggio del ripudio della figlia che era tornanta avvilita alla corte di Pavia. Nel maggio 771, Carlo, prima di regolare i conti con Desiderio decise di risolvere la questione Aquitania; impose al fratello i tempi e i modi del loro intervento. Ma Carlomanno non si mosse. Si mosse, allora, Carlo che invase gli stati del fratello, ma non vi furono nè scontri nè guerra fratricida; Carlomanno morì per una violenta polmonite il 4 dicembre 771 e Carlo si ritrovò a governare il regno dei franchi unificato. L'incoronazione avvenne nella cittadina di Noyon.
Il regno di Carlo Magno durò quarantasei anni e quarantasei anni di guerre. Fu una cavalcata che s'inoltrò in quasi mezzo secolo di storia. E anche questa dimensione del tempo appare stupefacente, miracolosa nel cuore di un'epoca in cui la vita aveva limiti assai fragili e il potere di un uomo si spezzava di frequente contro gli ostacoli del mondo, le epidemie, le congiure, le disfatte, gli errori.
Carlo si mostrò sempre accorto e prudente nello stabilire con precisione gli obiettivi di ogni spedizione, non lasciava nulla al caso o alla fortuna, non si lasciava trascinare dall'entusiasmo nella ricerca di traguardi impossibili. Aveva grandi doti di coraggio e le dimostrò, condivideva sempre con i soldati le difficoltà della guerra ed era amato da uomini che il coraggio l'avevano per mestiere. Carlo aveva raccolto i più arditi in un corpo speciale, la scara, formato da elementi scelti che in battaglia gli facevano da scudo ma che erano anche una riserva d'eccezione da buttare nella mischia quando le sorti del combattimento restavano indecise o piegavano al peggio. Orlando era uno di essi, giovani paladini fedelissimi a Carlo cui dovevano onori, carriera e benefici. Accanto alla scara Carlo aveva allevato un gruppo di esperti consiglieri, una sorta di stato maggiore, ai quali affidava, prima di ogni campagna, lo studio accurato della linea di marcia e d'azione, facendo tracciare le mappe del territorio da percorrere con rilievi sulle posizioni e sulle forze del nemico.

Campagne in Italia
All'inizio del 772, moriva Papa Stefano III. Al soglio pontificio venne eletto Papa Adriano I, un nobile romano dal carattere deciso e dalle idee decisamente anti-longobarde. L'elezione venne inutilmente contrastata dal partito filo-longobardo di Roma ma, alla fine, Desiderio inviò un'ambasceria a Roma per prendere contatto con il nuovo pontefice e sventare la minaccia di una nuova alleanza tra franchi e papato contro i longobardi.
Adriano I invitò gli ambasciatori nel Laterano e poi, davanti a tutta la curia, accusò il loro re di tradire i patti a causa della mancata consegna dei territori promessi ai predecessori del pontefice. Desiderio passò, allora, all'offensiva invadendo l'Esarcato di Ravenna e la Pentapoli. Carlo Magno, impegnato in quel momento contro i Sassoni, cercò la pace donando numerosi tesori a Desiderio e sperando di riottenere in cambio i territori strappati al papa. Il re longobardo rifiutò lo scambio e Carlo, che non poteva permettere che fosse appannato il suo prestigio come protettore del papato, mosse guerra ai longobardi e invase l'Italia nel 773.

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Il regno Longobardo al tempo di Astolfo.

Il grosso dell'esercito, comandato dal sovrano stesso, superò il passo del Moncenisio e attaccò le armate di Desiderio presso la città di Susa, nella battaglia delle Chiuse longobarde. In questa sua prima grande battaglia Carlo diede dimostrazione di essere un grande stratega; invece di investire il nemico all'imbocco della valle di Susa, fortemente presidiata, dopo aver consultato pastori, montanari e pellegrini, scelse un percorso alla destra della Dora, ritenuto finallora non transitabile sorprendendo i franchi alle loro spalle. Tra Giaveno e Avigliana i longobardi furono sbaragliati colti dalla sorpresa e dallo sgomento. La battaglia delle Chiuse segnò l'inizio della fine del regno longobardo. L'itinerario impossibile e vittorioso fu la scelta di Carlo, un suo lucido calcolo, un atto di intelligenza e di coraggio. Intanto un'altra armata franca, guidata dallo zio di Carlo, Bernardo, attraversò il Gran San Bernardo e ridiscese la Valle d'Aosta, puntando contro il secondo troncone dell'esercito longobardo, affidato ad Adelchi, figlio di Desiderio. Anche Adelchi fu sbaragliato e dovette ritirarsi a marce forzate mentre Desiderio si rinserrava nella capitale del regno, Pavia. I Franchi posero l'assedio alla città dall'ottobre del 773 sino all'inizio dell'anno successivo.
Carlo Magno si diresse a Roma per incontrare Adriano. Giunto in San Pietro, venne incoronato re dei Franchi e il pontefice ottenne in cambio la riconferma dei territori attribuiti in precedenza alla Chiesa da Pipino. Con il suo ingresso a Roma, Carlo, forse inconsapevolmente, era entrato in una nuova misura del suo tempo, con prospettive che travalicavano le guerre di confine con acquitani e sassoni. Adriano mostrò a Carlo le pergamene dei patti stipulati tra Pipino e Stefano, a Quierzy, la famosa promissio carisica di cui non è rimasta alcuna traccia. Furono firmati accordi di cui non sappiamo niente, perchè nessun documento è mai stato portato alla luce. Carlo, giurando sulla tomba di San Pietro, si sarebbe impegnato a riconoscere il potere temporale della Chiesa. Stranamente la scomparsa di questi documenti si accomuna con le imposture sulla leggendaria donazione di Costantino, la cui favola iniziò a circolare nel 777, tre anni dopo la visita di Carlo a Roma e il suo giuramento sulla tomba di San Pietro (la donazione di Costantino fu rivelata, secoli più tardi, come un falso storico grazie agli umanisti Niccolò Cusano e Lorenzo Valla). E' probabile che Carlo abbia confermato gli accordi presi, presumibilmente, da suo padre: in largo modo uno spaccato dell'Italia, dal Tirreno all'Adriatico attraverso una linea che va da Sarzana a Venezia, il che assicurava ai franchi tutti gli sbocchi delle Alpi e la parte migliore della pianura padana. Il resto al papa: con Ravenna, Ancona, l'Esarcato, la Pentapoli, la Tuscia, e il ducato romano. Nel 774, dopo la capitolazione di Pavia, Desiderio fu rinchiuso in un monastero, mentre il figlio Adelchi riparò presso la corte dell'imperatore bizantino Costantino V. A Verona i franchi trovarono Gerbera, la moglie di Carlomanno e i suoi due figli eredi legittimi di quel trono che Carlo aveva usurpato; secondo una prassi che Carlo adotterà costantemente con nemici o potenziali nemici, Gerbera e i figli furono rinchiusi in lontani monasteri. Conquistata l'Italia, Carlo mantenne le istituzioni, le leggi longobarde e confermò i possedimenti ai duchi che avevano servito il precedente re: il ducato di Benevento rimase indipendente ma tributario a Carlo Magno. Nel 787 Carlo liquidò l'ultima isola longobarda di Archi nel principato di Benevento e anche questa volta Carlo fu generoso con Adriano. Ogni concessione di nuovi territori erano ceduti con l'ambigua formula "a salvezza della mia anima".


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