Comunicazione d'impresa N. 5. Convegni ed eventi

Le amicizie con gli onesti, con i sinceri, con chi ha esperienza sono vantaggiose. Sono dannose le amicizie con gli adulatori, con gli accomodanti, con le sirene.

Confucio



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1. Premessa (seguito di Comunicazione d'impresa N. 4)

Questi strumenti della Comunicazione possono essere assimilati alla voce generica di relazioni pubbliche, cioè a quelle iniziative della Comunicazione che si propongono di sviluppare e governare sistemi di relazioni consapevoli, programmati, interattivi e simmetrici tra l'impresa e i suoi stakeholder (1).
Convegni ed eventi (2) non rappresentano la globalità delle azioni che possono essere sviluppate nell’ambito delle relazioni pubbliche, sono, però, quelle iniziative che possono rientrare nel campo d’azione delle piccole e medie imprese.

L'attività delle relazioni pubbliche si realizza, normalmente, attivando un flusso di azioni comunicative che, per ciascun obiettivo specifico dell'impresa, si articola nelle seguenti fasi.

  1. Identificazione delle variabili le cui dinamiche orientano l'obiettivo specifico.
  2. Ascolto degli stakeholder sulle variabili identificate.
  3. Definizione dei messaggi chiave.
  4. Progettazione e realizzazione di specifiche iniziative relazionali.
  5. Fase di ascolto per misurare l'efficacia delle azione realizzate.

Ad esempio supponiamo che un’impresa abbia l’obiettivo specifico di aumentare il fatturato del 10%, in un anno; secondo le indicazioni succitate essa dovrà articolare la propria azione nelle seguenti fasi.

  1. Individuare le variabili che influenzano l’obiettivo, come, ad esempio: costi e prezzi di vendita, capacità commerciale, concorrenza, politica del personale.
  2. Ascoltare e confrontarsi con gli stakeholder sulle variabili identificate: ad esempio, su costi e prezzi di vendita (fornitori e clienti), su capacità commerciale, concorrenza e politica del personale (i propri dipendenti).
  3. Individuare messaggi chiari per tutti gli stakeholder da utilizzare nel corso delle varie iniziative.
  4. Progettare le singole iniziative.
  5. Monitorare i risultati conseguiti.

È necessario notare che fino ad una decina d’anni fa porsi l’obiettivo dell’aumento di fatturato era una fatto che coinvolgeva, responsabilmente, solo l’imprenditore e i suoi più stretti collaboratori. Oggi con l’impresa organizzata come una rete neuronale di soggetti diversi non è possibile raggiungere alcun obiettivo se non si opera secondo lo schema sopra indicato o, comunque, qualche schema diverso nell’articolazione, ma analogo nei principii.

Le relazioni pubbliche, nel contesto della comunicazione d’impresa, hanno visto, nel corso degli anni, succedersi periodi di grande sviluppo a periodi di grande depressione. La caduta di interesse, che le relazioni pubbliche vedono periodicamente, è dovuta a una causa ben precisa.
La leadership vede le pubbliche relazioni come uno strumento per azioni di lobby e non come un componente dell'orchestra della comunicazione d’impresa, anzi un componente di rilevanza fondamentale se ad esso è affidato il compito di instaurare relazioni interpersonali che creino valore e per ascoltare la gente sullo stato e sulle iniziative dell'impresa.

Convegni organizzati ad hoc, convegni nell’ambito di manifestazioni fieristiche, eventi come incontri organizzati in occasione di importanti anniversari dell’impresa, conferenze d’azienda, presentazione pubblica di un personaggio noto a livello internazionale o nazionale, conferenze stampa, sono tutti strumenti della Comunicazione che consentono di invitare all’evento, indistintamente, tutti i soggetti del sistema degli stakeholder dell’impresa.

È evidente che la politica degli eventi non può avere una frequenza  elevata, né può essere di tipo occasionale. L’impresa deve essere riconosciuta come un soggetto in grado di raccogliere, con una corretta periodicità, gli operatori del proprio settore, allo scopo di coniugare l’opportunità di rafforzare le relazioni, con l’occasione di discutere sui  più importanti temi del settore di competenza.

D’altra parte, queste forme di comunicazione non sono solo verbali e non considerano come obiettivo soltanto l’acquisizione di conoscenza consapevolmente trasmessa.
Il coinvolgimento delle persone, nella realtà, avviene in presenza di “condizioni ambientali”, come esperienze compiute, amicizie, stili di vita, riconoscimenti ottenuti, culture, valori comuni, tutte espressioni che consentono di ottimizzare attività comuni e condivise e di rafforzare l’intensità delle relazioni.
Si realizza, inoltre, un assoluto superamento della comunicazione trasmessa per canali gerarchici e funzionali. Durante queste manifestazioni non c’è attività decisionale che non sia comunque comunicata e discussa e, obiettivo non secondario della razionalizzazione di questi processi di comunicazione è quello di cancellare rendite di posizione connesse ad asimmetrie informative, di eliminare l’uso opportunistico delle informazioni, di rendere più efficaci le relazioni interpersonali.

Nell’ambito delle iniziative che abbiamo raccolto sotto la voce Convegni ed Eventi, per lo più, l’organizzatore dovrà programmare un intervento che preveda che qualcuno da una tribuna o da un tavolo parli verso un uditorio.

La mia personale esperienza insegna che non sempre questo intervento sortisce gli effetti sperati. Eppure la capacità di trasmettere correttamente un messaggio dovrebbe essere nel dna dell’impresa, perché essa si coniuga con il principio d’essere in grado di persuadere qualcuno su qualcosa, principio che sottende un po’ tutte le attività della gestione d’impresa.

Nei paragrafi seguenti darò, pertanto, alcuni suggerimenti necessari per preparare un intervento davanti ad un pubblico, che, inizialmente predisposto positivamente va mantenuto nel suo stato di predisposizione e non va deluso. Considerando l’importanza di questo processo cercherò di affrontare l’argomento con una certa profondità.

2. I principi generali di una buona  presentazione

La presentazione è uno strumento molto efficace per trasmettere un messaggio ad un gruppo di persone, a patto, che si conoscano alcuni principi base dell’oratoria, senza per questo dover essere un abile oratore.
 
Per imparare a mantenere viva l’attenzione di una platea il tempo necessario per trasmettere uno o più messaggi e per averne dei ritorni occorre ispirarsi a coloro che hanno inventato l’arte della presentazione: gli antichi greci.
Ad Atene l’arte oratoria fu l’arma più efficace per convincere i cittadini della bontà delle decisioni prese dall’oligarchia al potere, pertanto coloro che erano più dotati in quest’arte erano, unanimemente, riconosciuti come uomini di valore.
La retorica, da Pericle fino al tramonto della civiltà greco latina, rappresentò il gradino più alto dell’insegnamento dei giovani ed esercitò un influsso profondo sulla vita intellettuale, sociale e culturale nel corso dei secoli.
Quintiliano (3), affermava «Un discorso mediocre supportato da un’oratoria efficace incide più di un discorso eccellente non accompagnato dalla capacità oratoria»

Oggi, lo schema prevalente per una presentazione prevede l’articolazione del discorso in tre fasi.

  1. Spiegare di cosa si vuole parlare.
  2. Argomentare il proprio messaggio.
  3. Riassumere quello che è stato detto.

Nulla di più sbagliato. Lo schema è prevedibile e noioso. Il pubblico dopo la prima fase ha già capito dove l’oratore vuole arrivare, ignora le altre due fasi e pensa ad altro.

Se l’oratore vuole tenere desta l’attenzione dell’uditorio per tutto il tempo del suo intervento dovrà articolare il proprio discorso, secondo gli schemi della retorica greco latina, nei seguenti cinque punti.

  1. Introduzione.
  2. Narrazione.
  3. Argomentazione.
  4. Confutazione.
  5. Conclusione.

Articolazione che, nell’oratoria professionale e non dilettantesca, non ha subito significative modifiche da quasi 25 secoli. L’unico aspetto che può diversificare un intervento, oggi, rispetto a quello dei greci sta nell’associare le fasi due e tre.

  1. Introduzione. Secondo lo schema dell’oratoria greca questa fase non deve, assolutamente, anticipare il contenuto dell’argomentazione, ma deve avere la funzione di predisporre favorevolmente l’uditorio.

Le “astuzie “ per preparare il pubblico sono molte.

  1. Presentarsi cercando di minimizzare la propria importanza e sottolineando la necessità di fare un lavoro comune.
  2. Fare i complimenti al pubblico per qualche motivo relativo alla loro presenza.
  3. Citare un oratore precedente che sia stato molto efficace.
  4. Attirare l’attenzione del pubblico sull’aspetto peculiare o unico dell’evento, confermando che si tratta di un’occasione unica per loro.
  5. Parlare del luogo: la sala, l’edificio, la città, la regione, evidenziandone qualche peculiarità.
  6. Fare una battuta scherzosa per inquadrare l’argomento della presentazione.
  1. Narrazione. Questa è la fase più ardua, quella che fa di un oratore un buon oratore. È il momento di entrare nel cuore dell’argomento (indurre il pubblico a fare qualcosa, convincerlo di qualcosa, trasmettere un messaggio) e va fatto come se si raccontasse una storia, trasformando l’essenza della comunicazione in un episodio. La tesi  non va illustrata come un fatto tecnico, ma l’oratore deve arrivarci proprio come se dovesse narrare una storia. Questa fase va, generalmente, preparata accuratamente perché il successo della presentazione dipende dal filone narrativo mantenuto dall’oratore.
  1. Argomentazione. A questo punto l’oratore deve convincere l’uditorio della bontà della propria tesi portando a supporto una serie di argomentazioni. Giova notare che l’ascoltatore ricorda poco di quello che ascolta, pertanto, è sbagliato dilungarsi in una moltitudine di argomentazioni a supporto, anzi la ridondanza può annoiare, irritare o insospettire l’ascoltatore, che potrebbe pensare che l’oratore stia cercando tutte le ragioni per puntellare una tesi debole. Le argomentazioni devono essere poche, chiare e avere le caratteristiche della testimonianza o della prova. L’oratore potrebbe affermare che, secondo il proprio personale parere, le argomentazioni sono sufficienti per supportare la tesi e accennare all’esistenza di ulteriori dati disponibili per chi volesse fare degli ulteriori approfondimenti.
  1. Confutazione. Gli oratori più abili sono in grado di esporre loro stessi possibili confutazioni alle argomentazioni portate e mostrarne l’infondatezza. È una tecnica che dà buoni risultati se l’argomento è controverso; questo trucco tende a “spiazzare” eventuali obiezioni preconcette. Nella prassi l’oratore chiede al pubblico di porre delle domande  e di esporre liberamente le proprie obiezioni. L’oratore deve ascoltare attentamente i punti di vista contrastanti, riassumerli o ricapitolarli e, successivamente, demolirli con la propria logica (se possibile).
  1. Conclusione.  Va evitata la sintesi di quanto detto precedentemente, potrebbe dare il la a qualche tardiva ulteriore obiezione. La conclusione deve, invece, sollecitare la comprensione, l’approvazione e l’azione da parte del pubblico. L’oratore deve spingere a fare  o a pensare quello che si era proposto che il pubblico facesse o pensasse.

(1) Ricordiamo che stakeholder è un termine anglosassone entrato nel linguaggio del mondo dell’impresa, e che non ha traduzione nella lingua italiana. Gli stakeholder sono tutti i soggetti con i quali l'impresa deve costantemente confrontarsi per raggiungere i propri obiettivi di mercato, e cioè: dipendenti, clienti, fornitori, banche, pubblica amministrazione, distributori, media, associazioni ambientaliste, associazioni consumatori, sindacato.

(2) Evento è un’azione organizzativa che prende spunto da un avvenimento, da una ricorrenza, da una festa per richiamare l’attenzione del sistema degli stakeholder su un tema, un problema, un comportamento, un prodotto. L’evento vuole provocare, attraverso la conoscenza,  il consenso o un atteggiamento favorevole verso chi lo organizza. Nell’era della televisione un fatto non è vero se la gente non vede e non sente quello che vedono e sentono gli altri. L’evento interrompe la routine quotidiana chiamando i partecipanti ad un impegno conoscitivo ed emotivo verso la motivazione “reale” che ha determinato l’evento.

(3)   Marco Fabio Quintiliano (35-40 dC/96-100 dC), come insegnante, fu il primo retore latino retribuito con uno stipendio statale (100.000 sesterzi). Ebbe come discepoli Plinio il Giovane, Tacito, Giovenale e Marziale. Domiziano gli affidò l’educazione dei nipoti.


2.1 Gli artifici retorici

Una volta che abbiamo imparato ad articolare nel modo corretto la nostra presentazione abbiamo fatto un passo nella direzione di instaurare un buon rapporto con il pubblico.
Per accentuare questa sintonia esistono alcuni artifici che aiutano a muoversi ancora nella direzione della ricerca dell’attenzione.

  • La reiterazione. La reiterazione di un concetto, di una frase, di una parola aiuta il pubblico a recepire e ricordare quello che vogliamo dirgli. Un celebre esempio di reiterazione retorica lo troviamo nel discorso di Antonio nel Giulio Cesare di Shakespeare. Antonio deve convincere la plebe senza dare la sensazione di accusare Bruto, che in quel momento gode del favore del popolo. Le sue parole sono. «Sono venuto a seppellire Cesare non a tesserne l'elogio», «Io non parlo per smentire ciò che Bruto ha detto», «Non farò torto loro; preferisco fare torto al morto, fare torto a me stesso»,  «Bruto è un uomo d'onore» sono reiterazioni retoriche che consentono ad Antonio di catturare l’attenzione del popolo e modificarne il favore.
    Nel caso di un imprenditore che richieda un maggior impegno ai suoi collaboratori la reiterazione potrebbe essere rappresentata da frasi del tipo: «Dobbiamo costruire un futuro migliore per la nostra impresa», «Dobbiamo considerare l’impresa come una nostra seconda famiglia», «Lavoreremo bene, lavoreremo meglio, lavoreremo sodo».
  • La regola del tre. Questo artificio fu scoperto dai Greci che si accorsero che il pubblico è attratto dagli insiemi di tre elementi. Io personalmente ho avuto modo di constatarne l’efficacia; inoltre l’artificio consente di fluidificare il discorso. Un esempio di applicazione della regola del tre potrebbe essere la seguente frase: «Signori, ritengo che il vantaggio competitivo di un prodotto risieda nell’esistenza di tre condizioni fondamentali: funzionalità, qualità e valori immateriali». È ovvio che il relatore potrebbe citare una decina   di altre condizioni valide per accrescere il vantaggio competitivo di un prodotto, ma non è necessario soffermarsi sull’effetto negativo che avrebbe la frase «Signori, ritengo che il vantaggio competitivo di un prodotto risieda nell’esistenza di almeno dieci condizioni fondamentali». Il pubblico, all’idea di dover sorbirsi dieci noiosissime o scontate argomentazioni, si mette immediatamente a pensare ad altro. Altrettanto debole sarebbe indicare solo una o due condizione che potrebbe indicare mancanza di idee originali e di argomentazioni pratiche.
  • L’antitesi. È la collocazione di una frase seguita da un’altra frase in contrapposizione; in genere essa suscita una forte carica emotiva. Famosa l’antitesi retorica pronunciata durante il discorso di insediamento da John F. Kennedy, «Concittadini, americani, non chiedetevi cosa può fare per voi il vostro paese; chiedetevi cosa potete fare voi per il vostro paese». Un imprenditore potrebbe rivolgersi ai propri dipendenti affermando «La scelta è nostra e sta nel nostro impegno e nelle nostre ambizioni. Possiamo continuare a vivere nella routine della politica di inseguimento o diventare leader e innovatori».
  • Le domande retoriche. Anche questo artificio serve per produrre un impatto emotivo sul pubblico. L’oratore rivolge una domanda che non richiede risposta, ma il pubblico si sente ugualmente coinvolto e il livello di attenzione e di partecipazione aumentano. La seguente frase è un esempio di domanda retorica, «Signori volete che la nostra impresa vada verso un lento ma inesorabile declino? Non lo credo! Allora dobbiamo pensare in modo nuovo, i tempi sono cambiati, il mercato è cambiato, la concorrenza è spietata quando non sleale. Dobbiamo puntare, principalmente, su tre valori, qualità, creatività e innovazione continua».
    Non possiamo dimenticare la domanda retorica rimasta alla storia come esempio limpido e geniale e cioè l’incipit delle Catilinarie di Cicerone «Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra?» (4) .
  • Mirare alla testa e al cuore. Un approccio emotivo, se adatto alla situazione, può essere uno strumento efficace per indurre il pubblico a recepire le  idee del relatore. Ad esempio Cicerone, il più grande retore e avvocato della latinità, usava spesso l’artificio di parlare al cuore e alla mente del pubblico e le succitate Catilinarie ne sono un esempio, specialmente quando Cicerone parla del bene della patria e della difesa delle tradizioni.
    La nostra cultura della gestione d’impresa mostra, in generale, un approccio analitico e cerebrale, dunque, è normale che in una presentazione il relatore si concentri sulla logica delle argomentazioni e sui dati quantitativi che le supportano. La componente emotiva, generalmente, è del tutto assente.
    Molte problematiche delle imprese presentano, invece, componenti personali ed emozionali che, se rilevate, possono avere un potere rilevante sul livello di attenzione del pubblico.
    Ad esempio se un imprenditore sta relazionando su un‘ipotesi di ristrutturazione aziendale, le parole del relatore potrebbero condizionare gli ascoltatori sotto aspetti diversi e contrastanti.
    1. Temere una minaccia per la propria carriera o la propria permanenza in azienda.
    2. Sperare nell’opportunità di conseguire benefici personali.
    3. Augurarsi un miglioramento del clima interno.

Un buon oratore tiene conto di questi pensieri ad alta valenza emozionale, ne parla e si preoccupa di accentuare gli aspetti positivi della sua proposta, parlando alla mente e al cuore degli ascoltatori. In questa fase è opportuno usare i pronomi personali per segnalare, in modo concreto, il desiderio di uscire dalla gelida razionalità.

Oltre agli artifici retorici l’oratore, per accrescere l’interesse del pubblico, dovrebbe adottare una serie di ”trucchi”, a molti, ben noti.

  1. Variare i toni, i tempi e la velocità della parola.
  2. Modificare le espressioni del linguaggio del corpo.
  3. Mostrare energia e sfruttare il contatto visivo.
  4. Narrare aneddoti personali.
  5. Ricorrere ad  analogie e citazioni.
  6. Usare un po’ di umorismo, anche su se stesso.
  7. Fare esempi.
  8. Portare la testimonianza di esperti.
  9. Usare grafici e statistiche.
  10. Coinvolgere il pubblico.

Un aspetto importante è l’osservazione della platea.
Spesso l’oratore è portato a volgere l’attenzione verso eventuali personalità presenti o verso il chairman, o verso un ascoltatore che abbia fatto qualche osservazione corretta o intelligente. Questo comportamento va evitato.
Lo sguardo dell’oratore deve spaziare su tutta la platea dei presenti dalle prime file, alle ultime.
Nel momento dell’intervento l’oratore è il deus ex machina, e chi si sente osservato ritiene di far parte dell’élite di coloro che recepiscono il messaggio del relatore. L’interazione visiva deve essere intensa e breve, altrimenti l’ascoltatore si sofferma sull’episodio del contato visivo e perde la concentrazione.

2.2  Come preparare la presentazione

Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato i principi che definiscono il modo di articolare il discorso, vediamo, ora quali sono le fasi da seguire per la preparazione dell’intervento.

  1. Definire l’obiettivo. L’obiettivo della presentazione è il risultato che l’oratore si prefigge. Obiettivi possono essere: informare, attivare la discussione su un tema, convincere, vendere. Il pubblico deve capire, apprendere o intraprendere  qualche azione?
    Una volta definito l’obiettivo l’oratore potrà decidere a quale pubblico rivolgersi, in quale ambiente, in quali circostanze, come dirlo, quali obiezioni aspettarsi.
    Ad esempio, se si deve presentare un piano di marketing le presentazioni saranno molto diverse se il pubblico deve solo essere informato e capirlo oppure se deve approvarlo.
  2.  Capire il pubblico. Ogni presentazione crea un rapporto tra l’oratore e il pubblico. Meglio l’oratore conosce il pubblico meglio riesce a ritagliare l’intervento sulla tipologia degli ascoltatori, rendendolo attraente e utile. L’oratore dovrà essere informato sui seguenti elementi.
    1. Chi sono i componenti dell’uditorio e quanto sono interessati all’argomento.
    2. Quanto sono informati sull’argomento.
    3. Cosa si aspettano dalla presentazione.
    Un pubblico di venditori, ad esempio, è abituato a meeting di breve durata orientati a potenziare la loro capacità di produrre commissioni. Se l’argomento è “come migliorare le tecniche di persuasione” l’oratore dovrà tenere conto di questa caratteristica del suo pubblico. L’oratore dovrà cercare di farsi un’idea di come l’uditorio percepisce lui e il suo argomento. Gli umori possono essere: entusiasmo,  cortesia, apaticità, ostilità, stanchezza. Non è possibile, ovviamente, mantenere lo stesso atteggiamento in tutti e cinque i casi, ma è molto grave disinteressarsi dell’umore del pubblico.
    Giova sottolineare che entrare in sintonia con l’uditorio è l’elemento più importante per ottenere una buona partecipazione, ma è anche l’elemento più ostico.
  3. Decidere cosa dire. A volte l’oratore ha le idee chiare sull’argomentazione da trattare ma non riesce ad ordinare i concetti per una trattazione chiara e ordinata. Una tecnica che dà buoni risultati per superare il complesso della pagina bianca è suddividere il “compito” in tre fasi.
    1. Definire un messaggio chiave che dipenda, ovviamente, dall’obiettivo della presentazione. L’oratore può avere in mente decine di dati, di argomentazioni, di idee, di proposte, ma il messaggio chiave deve essere uno solo, chiaro e comprensibile da parte del pubblico.
    2. Identificare le argomentazioni che supportano il messaggio chiave. L’oratore deve evitare di citare la lunga fila di idee che ha in mente, ma limitarsi alle tre più importanti, deve evitare l’eccesso di dettagli, deve individuare gli elementi emozionali che sostengono il messaggio chiave.
    3. Stabilire quando è il momento per ricercare la partecipazione e il consenso del pubblico.
    Una volta definita una bozza di idee su cosa e come dirlo è opportuno riordinarla e affinarla.
  4. Come organizzarsi. Una volta definita la materia prima bisogna, poi, organizzarla. È fondamentale tenere presente che una presentazione ben organizzata rende l’ascolto più facile e accresce le probabilità di centrare l’obiettivo. Capita spesso di incontrare oratori che hanno qualcosa di interessante da trasmettere, ma che palesano una evidente incapacità di dare ordine al proprio intervento.
    Come si è visto nel paragrafo precedente la presentazione ideale si articola in 5 o 6 fasi; ognuna delle quali andrebbe organizzata e preparata.
    1. L’introduzione serve a predisporre favorevolmente il pubblico; è il momento dell’attacco, se l’oratore stecca all’inizio perde immediatamente credibilità. È quindi importante prepararsi una battuta iniziale; può darsi che il caso dia all’oratore l’opportunità di improvvisare qualcosa di originale e pertinente e ciò è molto gradito. Altrimenti è opportuno prepararsi, sia a presentare se stesso studiando quale delle possibili credenziali possano impressionare maggiormente e, sia ad attirare l’attenzione dei presenti sull’aspetto peculiare o unico dell’evento, confermando che si tratta di un’occasione unica per loro.
    2. La seconda parte dell’intervento serve all’esposizione del problema, o alla descrizione del messaggio o del bisogno. In questa fase l’oratore deve spiegare il motivo per il quale l’uditorio deve interessarsi a quello che dirà e deve cercare di portarlo in sintonia con le proprie idee.
    3. La terza fase è quella delle argomentazioni che l’oratore porta a supporto della propria tesi; possibilmente tali argomentazioni dovrebbero portare gli ascoltatori ad individuare benefici per se stessi o la soluzione di propri bisogni. È opportuno prepararsi due o tre argomentazioni forti che, presumibilmente, non trovino obiezioni scontate tra il pubblico.
    4. Nella fase conclusiva l’oratore deve chiudere con  un pressante invito all’azione e deve cercare di ottenere l’impegno o il consenso.

    Parlando davanti al pubblico andrebbero osservate altre importanti forme di comportamento.

    1. Non leggere, ma utilizzare solo degli appunti.
    2. Non usare troppe espressioni gergali o straniere.
    3. Piazzarsi davanti al pubblico, possibilmente al centro.
    4. Evitare, se possibile, il podio e mantenere una distanza minima con l’uditorio.
    5. Muoversi a destra e a sinistra.
    6. Mostrarsi naturale e rilassato.
    7. Respirare a fondo durante le pause.
    8. Parlare in modo chiaro e colloquiale.
    9. Evitare gli “uhm”, “ehm”, i “come dire”, i ripetuti “cioè” e simili intercalari.
    10. Se l’oratore vede molti che incrociano le braccia, accavallano le gambe, si muovono in continuazione, guardano in giro più del normale deve dedurre che quella parte di pubblico è disattenta o annoiata. È necessario, allora, fare qualcosa per riportare sulla presentazione quelle menti vaganti.

    Esistono diverse tecniche.

    1. Cambiare ritmo della voce.
    2. Fare qualche domanda.
    3. Chiedere un’alzata di mano su un argomento.
    4. Chiedere dei suggerimenti.
    5. Fare una battuta.
    6. Usare efficacemente i supporti visivi.
  5. Realizzare supporti visuali efficaci. Un concetto importante da considerare è il seguente: generalmente, le persone reagiscono meglio alle immagini che alle parole. Gli psicologi hanno scoperto che parole ed immagini, insieme, sono 6 volte più efficaci delle sole parole (5).
    Una considerazione da ricordare è che quando il pubblico guarda un supporto visivo non ascolta l’oratore e tantomeno lo guarda.
    Per superare questo inconveniente è opportuno lasciare che l’uditorio guardi la figura e l’oratore stia in silenzio; la figura deve, pertanto, essere recepita immediatamente, deve contenere il minimo di parole e deve, possibilmente, essere autoesplicativa. Non c’è nulla di più controproducente di una diapositiva piena di parole o grafici e disegni complessi; magari con l’oratore che continua tranquillamente nella sua esposizione.
    L’oratore deve cercare di restare sempre al centro dell’attenzione, pertanto, lo sguardo dell’ascoltatore, dopo essersi posato per alcuni secondi sul supporto visivo, deve tornare sull’oratore.
    I supporti visivi, per essere efficaci, devono rispondere a due requisiti.
    1. La semplicità.
    2. La chiarezza.

    I supporti visivi più usati sono.

    1. Lucidi per lavagna luminosa.
    2. Diapositive.
    3. Diapositive trasferite da computer.
    4. Foglioni.

      Studi statunitensi hanno mostrato che il miglior supporto per un oratore è rappresentato dalla lavagna luminosa, accoppiata, eventualmente, ad una lavagna a fogli.
      I lucidi avrebbe la capacità di trasformarsi, facilmente, in un elemento di raccordo tra oratore e pubblico; sono uno strumento “caldo”.

  6. Provare. Fare una prova della presentazione consente di individuarne le falle, i punti deboli, le ridondanze. Ascoltandosi si è in grado di risolvere eventuali problemi in anticipo. La condizione ideale, anche se non facile, spesso per mancanza di tempo, sarebbe entrare nell’ordine d’idee di gestire la presentazione come farebbe un attore di teatro.

Per un approfondimento del tema Comunicazione d'impresa si rimanda al seguente successo editoriale. Comunico quindi esisto.

Eugenio Caruso


(4) Fino a quando abuserai, Catilina, della nostra pazienza?

(5) Da giovane ricercatore mi capitò di assistere ad una conferenza da parte di un alto funzionario della NASA, che cercava in Europa centri di eccellenza per programmi di ricerca. Mi colpì l’elevata professionalità dell’oratore, associata all’abbondanza e alla qualità del supporto visivo. Da allora non ho mai abbandonato la tecnica di utilizzare sempre supporti visivi ben realizzati.



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