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Nonostante un buon andamento delle esportazioni, anche nel 2006, la bilancia commerciale viene penalizzata dalla bolletta energetica

Con un aumento tendenziale del 9% calcolato dall'Istat nella media dei dodici mesi del 2006, le esportazioni italiane hanno mostrato una significativa accelerazione rispetto alla meno favorevole dinamica del 2005 (+5,5%); ma non riescono a compensare, nello stesso tempo, l'incremento molto più sostenuto delle importazioni (+12,6% nello stesso periodo), soprattutto a causa dell'alto prezzo del petrolio e di numerose materie prime.
A ciò si aggiunge la crescente agguerrita concorrenza proveniente dalla Cina, che interessa ormai gran parte dei prodotti del Made in Italy, dal tessile-abbigliamento, alle calzature e alla meccanica a minor valore aggiunto. Aumenta così il rosso della bilancia commerciale, che nel gennaio-dicembre 2006 ha superato i 21 miliardi (-21,4 miliardi di euro), in forte peggioramento sullo stesso periodo del 2005 (-9,4 miliardi di euro), alimentato, da un lato, dal deficit energetico (-50,1 miliardi di euro nei dodici mesi, inclusa l'energia elettrica) e, dall'altro, dall'invasione dei prodotti cinesi (-2,3 miliardi il saldo, inferiore solo a quello con l'area Opec).
Le esportazioni sono andate bene, in particolare, nei paesi dell'Unione europea, trainate da Germania, Spagna, Belgio e dai nuovi entrati nell’Unione europea, così come in Svizzera, Russia, area Opec, Cina e paesi emergenti dell'Asia, America latina e, in Europa, nei paesi non appartenenti all’Unione, ma frenano gli Stati Uniti e il Giappone.
I rincari del petrolio hanno pesato sui conti con l'estero e ne spiegano il notevole peggioramento rispetto agli anni precedenti, mentre hanno recuperato importanti settori del Made in Italy: macchinari, mezzi di trasporto, prodotti in metallo, pelli e cuoio, abbigliamento-moda e alimentari.
Più ridotta è stata, invece, la dinamica dell'interscambio di beni e servizi, con le esportazioni (+5,3%) che hanno superato le importazioni (+4,3%) nel consuntivo dello scorso anno, secondo i dati della contabilità nazionale, riportando così in positivo il contributo della domanda estera netta alla formazione del Pil.
La sensibile crescita dell'economia internazionale ha favorito la ripresa delle nostre imprese all'estero, nonostante l'apprezzamento dell'euro e la conseguente erosione dei margini di competitività di prezzo. Questi ultimi fattori hanno, peraltro, determinato una netta contrazione della quota italiana nel commercio mondiale, passata dal 4% a circa il 3% negli ultimi sei anni, se misurata a moneta costante, con una tendenza che sembra inevitabile nel prossimo futuro e può essere contrastata solo con un riposizionamento strategico dell'industria esportatrice (nei settori dove la concorrenza è soprattutto basata sulla qualità e l'innovazione).
D’altra parte le caratteristiche di fondo che hanno determinato la perdita di competitività del Made in Italy negli ultimi anni si sono via via accentuate e spiegano la tendenza negativa della nostra bilancia commerciale: da un avanzo di ben 36 miliardi di euro (quasi 70mila miliardi di lire) nel 1996, pari al 4% del Pil, si passa al sostanziale pareggio nel 2000 e negli anni 2003-2004, a causa sia del forte aumento della bolletta energetica, che sale, in quegli anni, a circa 29 miliardi di euro, che si attesta a 26-27 miliardi, nel 2001-2003, per riportarsi a 29 miliardi nel 2004 e crescere a 38,5 miliardi nel 2005, sia degli effetti delle oscillazioni del cambio dell’euro sui flussi in valore delle importazioni.
Il progresso delle esportazioni in volume è stato, in parte, annullato dal notevole peggioramento delle ragioni di scambio.
Infatti, esaurita la spinta della svalutazione, ha iniziato ad evidenziarsi il deterioramento della bilancia commerciale, conseguenza della minore competitività del nostro sistema produttivo, che si manifesta in pieno con l'apprezzamento dell'euro.
Le vendite sui mercati esteri favorite dalla concorrenza di prezzo erano, infatti, sostenute fino alla metà degli anni 90 dalle ricorrenti svalutazioni della lira. L'euro, per contro, ha accompagnato la progressiva perdita di quote di mercato dei prodotti italiani, avvenuta soprattutto nei settori tradizionali (tessile-abbigliamento, cuoio e calzature, mobili e articoli per la casa), a vantaggio dei paesi emergenti dell'Asia e dell'Europa orientale. In questi settori, al calo dell'export ha fatto da contraltare un sensibile aumento delle importazioni.
D’altra parte, in un recente editoriale abbiamo mostrato che la produttività delle nostre imprese sta iniziando a migliorare; le imprese, non potendo più contare sui vantaggi delle svalutazioni, più o meno striscianti, ma dovendo affrontare i mercati con una moneta sempre più forte, stanno investendo nell’innovazione, nella ricerca e nella formazione.
Infatti, il Bollettino Economico della Banca d’Italia informa che, nel 2006, la produttività è cresciuta per il totale dell’economia italiana ed è soprattutto migliorata nel settore industriale.  I dati del Bollettino permettono di fare un confronto trimestrale degli incrementi della produttività nel comparto dell’industria, al netto delle costruzioni, di Italia, Francia e Germania nell’ultimo biennio. I dati mostrano che, specie nel quarto trimestre del 2006, l’Italia ha recuperato terreno allineandosi ai valori dell’economia francese e rimanendo poco sotto i valori dell’economia tedesca. Si tratta di una crescita annualizzata della produttività che nell’ultimo tratto del passato esercizio è giunta a rasentare il 4 per cento. Il Bollettino Economico della Banca d’Italia conforta per un ulteriore dato positivo. La produttività, che è la misura del prodotto generato da un’unità di lavoro, è aumentata contestualmente con l’aumento del numero di occupati. Nel corso del 2006 il prodotto per unità di lavoro dell’industria è cresciuto dell’1,2% e il numero di occupati è salito dell’1,3%. I due parametri sono tornati a combinarsi con segno positivo per la prima volta dal 1995.
In questo Sito abbiamo sempre sostenuto che se il sistema paese non risolve il problema del costo della bolletta energetica è destinato, inesorabilmente, a scalare all’indietro tutte le classifiche degli indicatori economici. Questo è un problema essenzialmente politico, i cui nodi solo il sistema politico potrà sciogliere. Il nostro suggerimento è quello di investire sul risparmio energetico perchè ogni kWh risparmiato costerà sempre meno del kWh prodotto sotto qualunque forma.

Eugenio Caruso
18/06/2007

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