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Duri attacchi a governo e sindacati da parte di Montezemolo

Il Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, si sta “togliendo alcuni sassolini dalle scarpe”.

All’Assemblea generale della Confindustria, tenuta al Parco della Musica di Roma, il 25 maggio ha fatto alcune importanti considerazioni.

  1. «E' a noi imprenditori che si deve riconoscere il merito di aver fatto uscire il Paese dalla secca della crescita zero. E' un risultato di cui dobbiamo essere fieri». «La ripresa - ha aggiunto - non è ancora consolidata, è fragile, e si spegnerà rapidamente se saremo lasciati soli. Bisogna rimuovere le tante, tantissime anomalie che ci costringono a competere con un braccio legato dietro la schiena».
  2. Montezemolo ha attaccato quei «rappresentanti di primissimo piano delle istituzioni che hanno definito impresentabile il capitalismo italiano». Vale a dire il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, presente in sala, che quei concetti aveva espresso nelle settimane scorse. E lo aveva fatto, ha evidenziato il leader degli industriali, senza che si sia alzata «una sola voce dal mondo della politica a smentire questa autentica falsità».
  3. Montezemolo ha poi citato Winston Churchill: «L'idea del comunismo è che fare profitti sia un vizio, ma io credo che il vero vizio consista nel subire delle perdite». E ha aggiunto: «è caduto il muro di Berlino, ma in Italia non è scomparsa la tentazione di prendersela con l'impresa, alimentata da un clima di ostilità di alcuni settori della politica. Nel capitalismo italiano sta crescendo una nuova borghesia che ha coscienza di se, ma nella società - ha aggiunto - sembra ancora prevalere una visione vecchia dell'impresa, che non tiene conto dei mutamenti che sono avvenuti in questi anni». Montezemolo ha chiesto «più tifo» e non «processi» per le imprese, luogo «dove si affermano valori quali il merito, la cultura del rischio, la concorrenza».
  4. Tornando sul tema della crescita, Montezemolo ha sottolineato che «non è accettabile una pressione fiscale così concentrata sulla produzione, rispetto alle rendite e ai consumi». Insomma: una richiesta esplicita di interventi per la riduzione del carico tributario per le imprese. «Paghiamo troppe tasse per alimentare la spesa corrente e gli interessi sul debito - ha evidenziato - mentre i servizi sono spesso insoddisfacenti e gli investimenti pubblici arrivano ad un modesto 4% del Pil». Per ridurre «stabilmente la pressione fiscale la strada è abbattere il debito pubblico, tagliare la spesa improduttiva, su cui si è fatto ancora pochissimo per non dire nulla, spingere la crescita dell'economia. E poi, come ripetiamo da anni, far pagare le tasse a tutti». Con un obiettivo: «Allinearci all'aliquota media europea che è più bassa di ben 8 punti. Siamo disponibili a scambiare qualunque incentivo in cambio di una minore pressione fiscale sulle imprese e su questo vogliamo confrontarci con il governo prima della finanziaria».
  5. Guardando ai dati sulle dichiarazioni dei redditi, Montezemolo li ha definiti «obiettivamente scandalosi in un paese civile» visto che è inaccettabile che su 40,6 milioni di contribuenti Irpef solo il 5% dichiari un reddito complessivo superiore ai 40 mila euro e solo lo 0,8% ne dichiari uno sopra i centomila euro. È per questo che Confindustria condivide «una vera azione di contrasto all'evasione fiscale, all'economia sommersa e al lavoro nero», un'azione che dovrà essere condotta in modo rigoroso. E in questo ambito «il contrasto al sommerso è fondamentale anche per combattere gli infortuni e soprattutto i morti sul lavoro».
  6. Montezemolo ha parlato anche di pensioni e sistema previdenziale, affermando che «non si tratta di fare una riforma difficile, ma solo di applicare le leggi esistenti, dalla legge Dini alla riforma Maroni». «È arrivato il momento di cambiare alcune regole del gioco nell'interesse delle imprese e dei lavoratori per restituire alle relazioni industriali un ruolo vero nel governo dell'economia». Su questi temi, sottolinea Montezemolo, «vorremmo confrontarci con un sindacato che guardi un po' meno al passato e un po' più al futuro. Un sindacato che vuole essere classe dirigente non può dire sempre di no».
  7. Montezemolo ha rilanciato il tema della flessibilità e delle nuove regole per il mercato del lavoro, ricordando quanto avviene negli altri paesi europei dove i meccanismi di accesso al sistema produttivo sono meno rigidi che in Italia, ma garantiscono maggiore occupazione. E per questo ha detto che «la legge Biagi va completata non certo ridotta». Il Presidente di Confindustria ha ribadito la necessità di isolare i «fannulloni» e di agevolare l'incentivazione dei lavoratori con la contrattazione di secondo livello e con gli aumenti retributivi strettamente connessi ai risultati e all'andamento aziendale.
  8. Montezemolo ha poi evidenziato l'enormità dei costi della politica, il peso che il sostegno ai partiti ha sulle casse dello Stato, pari a quasi tre volte quello che si registra ad esempio in Francia. Il Presidente di Cinfindustria se l'è presa con le prebende e i privilegi che i politici si garantiscono votando leggi che istituiscono benefit e agevolazioni a proprio uso e costumo, «fino addirittura ai funerali gratuiti in Veneto». E ha rivendicato la necessità di far corrispondere risultati adeguati a costi spropositati e ingiustificati.

 

Il 22 giugno, all' assemblea generale degli industriali di Reggio Emilia, il Presidente di Confindustria ha rincarato la dose di critiche a destra e a sinistra.
Luca Cordero di Montezemolo, ha attaccato, ancora, il governo «che crea problemi agli imprenditori», ha criticato l' opposizione «che fa troppa propaganda» e ha sfidato il sindacato, con parole che non resteranno senza conseguenze sulle trattative per la riforma del welfare.
Montezemolo, ha osservato: «Le nostre proposte sono più popolari tra i lavoratori che nel sindacato. Se il sindacato non tiene conto dei problemi veri di competitività delle imprese, che interessano anche i lavoratori, rischia di diventare il sindacato della pubblica amministrazione, dei pensionati e di qualche fannullone».
Per il resto Montezemolo ha confermato la preoccupazione per una situazione politica in progressivo deterioramento.
È necessaria, ha ribadito, una «forte riforma istituzionale perché qualsiasi sia il governo in carica in questo Paese è diventato impossibile governare a causa di una frammentazione eccessiva dei partiti, che porta a dare potere ai piccoli che possono ricattare il resto della coalizione». Chiara allusione alla sinistra radicale.
Il presidente della Confindustria non ha risparmiato neppure il centrodestra: «Serve un'opposizione che faccia meno propaganda, meno denunce e abbia un progetto politico. A noi non piace vedere show come quelli delle forze politiche che invadono i banchi del governo».
L'affondo sul sindacato, segnala un logoramento dei rapporti, in particolare con la Cgil. Sembra lontanissimo il 2004, quando Epifani salutò come una positiva novità l' elezione del numero uno della Ferrari alla guida della Confindustria, dopo la presidenza D'Amato.
Dopo il discorso di Montezemolo, immediata è stata la replica del leader della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha bollato Montezemolo come «nuovo capo populista». Epifani era già rimasto colpito, negativamente, dalla relazione di Montezemolo all'assemblea della Confindustria, del 25 maggio. Vi aveva trovato un sostegno al sentimento montante dell'antipolitica. E ai suoi collaboratori aveva spiegato che, «a questo punto, Montezemolo cerca di proporre la sua presenza in politica delegittimando il sindacato, dopo aver tentato di delegittimare il sistema dei partiti». Dalla Confindustria è stata respinta ogni lettura politica del discorso di Montezemolo.
L' attacco di Montezemolo ha fatto infuriare anche Cisl e Uil. «Basta col gioco allo sfascio - dice il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni - Sono molto dispiaciuto per le parole di Montezemolo, che dimostrano il degrado al quale è arrivato il dibattito tra di noi, mentre ciascuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità».

Il nostro commento alle recenti dichiarazioni di Montezemolo è estremamente positivo. Un importante rappresentante dell’establishment italiano ha il coraggio di affrontare, al cuore, argomenti che sono stati tabù per decenni.

  1. Lo strapotere del sindacato che si è ridotto a difendere rendite di posizione.
  2. Il costo della politica, divenuto, oramai, uno scandalo nazionale.
  3. L’eccessiva pressione fiscale, che penalizza le imprese.
  4. La cultura anti impresa esistente in Italia.
  5. Quanto l’evasione fiscale e il lavoro in nero penalizzino le imprese.

 

Eugenio Caruso
23/6/2007

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