Un nuovo modello di consumo in Italia

Gli italiani scelgono un nuovo modello di consumo
Continua la crescita dei consumi delle famiglie che dovrebbe mantenersi a ritmi poco distanti da quelli degli ultimi due anni. Contrariamente alle attese, riparte con maggior vigore rispetto alle altre aree del Paese la spesa delle famiglie meridionali. Evolve il contenuto dei consumi delle famiglie italiane, che tendono a concentrarsi sempre piu' sui beni durevoli e sui servizi. In particolare non si rinuncia a cambiare l'auto, anche se la si usa di meno privilegiando piuttosto il muoversi a piedi, in bici o con i mezzi pubblici.
Chi ha maggiore disponibilita'di spesa orienta le proprie scelte verso cibo sano, viaggi e istruzione, il nuovo volto del consumo di lusso a cui si associa una migliore qualita' di vita. Nel contempo, si punta a una piu' spiccata sobrieta' di consumo, come documenta il calo di fumo e alcol. Nel 2017 continua la crescita delle compravendite di case sostenuta da un basso livello dei tassi di interesse: nelle grandi citta' le abitazioni sono sempre piu' piccole, mentre i giovani puntano sulla comodita' e scelgono l'affitto. L'abbigliamento aggancia la ripresa anche se viene spogliato del suo contenuto aspirazionale: la rivoluzione parte ancora una volta dai millennials, che scelgono il fast fashion, i saldi e l'ecommerce. Lo smartphone continua a essere l'oggetto del desiderio, con buona pace di tutti gli altri apparecchi digitali: dalle macchine fotografiche ai navigatori, dagli orologi alle pendrive. Continua la crescita dei consumi delle famiglie che dovrebbe mantenersi a ritmi poco distanti da quelli degli ultimi due anni. Contrariamente alle attese, riparte con maggior vigore rispetto alle altre aree del Paese la spesa delle famiglie meridionali. Anche il tempo libero segue il passo della tecnologia tra ebook e musica in streaming. Gli italiani, a cui la ripresa ha restituito il buon umore, riscoprono il piacere di andare al teatro, al cinema e ai musei. Il must resta la vacanza, a cui non si rinuncia e su cui non si risparmia. Anche il turismo pero' e' in forte evoluzione: si preferisce l'appartamento affittato via internet all'albergo, si riscopre il gusto dei piccoli borghi e del soggiorno nella natura.

1. RALLENTANO I REDDITI, PROSEGUE LA CRESCITA DEI CONSUMI
Dal 2015 la crescita dei consumi delle famiglie italiane ha registrato una fase di crescita a ritmi vivaci, prossimi all'1,5%. La crescita della spesa ha riflesso l'andamento del potere d'acquisto delle famiglie oltre a una leggera riduzione del tasso di risparmio. Il potere d'acquisto ha beneficiato di alcune misure di politica fiscale che hanno avuto un impatto diretto sui redditi (come gli 80 euro o l'abolizione della tassazione sulla prima casa) e altre che hanno avuto un effetto indiretto (come gli sgravi contributivi, che hanno sostenuto la crescita dell'occupazione). Determinante e' stato poi il crollo del prezzo del petrolio a fine 2014, con il conseguente azzeramento dell'inflazione nel biennio successivo. Nel 2017 le condizioni macroeconomiche divengono pero' meno favorevoli per i consumatori. Questo e' un aspetto peculiare della fase attuale, visto che il potere d'acquisto delle famiglie decelera proprio quando la crescita del Pil si rafforza. I fattori alla base di tale decelerazione sono legati soprattutto al fatto che la crescita dei redditi delle famiglie in termini nominali si e' stabilizzata sui bassi ritmi degli anni precedenti, a fronte di un aumento dell'inflazione legato alle oscillazioni dei prezzi dei prodotti energetici e alimentari. Il reddito disponibile non accelera, nonostante il quadro macroeconomico piu' favorevole, anche perche' la politica di bilancio ha spostato il centro delle misure sugli interventi a favore delle imprese, dopo la fase in cui le scelte del governo avevano premiato maggiormente i redditi delle famiglie. L'aumento dell'inflazione importata comporta che il reddito disponibile delle famiglie, una volta espresso in termini reali, registri una brusca frenata quest'anno. Nonostante cio' nel corso dell'anno la crescita dei consumi delle famiglie si e' mantenuta su ritmi relativamente vivace, superiori all'1%. Questo vuol dire che, per mantenere la spesa sul trend degli anni recenti, le famiglie hanno dovuto ridimensionare ulteriormente il loro saggio di risparmio. I comportamenti delle famiglie italiane si stanno quindi muovendo ancora nella direzione di ridurre la quota di reddito risparmiata, un comportamento che sta portando il nostro sistema in una direzione radicalmente diversa da quella tradizionale, caratterizzata da elevato debito pubblico e elevato risparmio delle famiglie. A favore della riduzione del tasso di risparmio giocano probabilmente anche fattori di tipo demografico, dato l'invecchiamento progressivo della popolazione. Sulle tendenze piu' recenti potrebbe avere inciso anche il miglioramento del quadro finanziario grazie ai tassi d'interesse bassissimi e al recupero delle borse. Un aspetto significativo delle tendenze degli ultimi anni e' rappresentato dal fatto che la crescita dei consumi delle famiglie italiane e' risultata molto concentrata, soprattutto sulla componente dei beni durevoli, e in particolare di autovetture. Tale comportamento e' normale nelle fasi di ripresa del ciclo. Difatti, dopo diversi anni di acquisti rinviati, il parco auto delle famiglie italiane e' divenuto progressivamente obsoleto. Non deve quindi sorprendere che le prime fasi della ripresa siano state utilizzate dalle famiglie per ricostituire lo stock di autovetture. Si e' quindi verificata una concentrazione di spesa su alcuni prodotti specifici, che ha probabilmente almeno in parte spiazzato gli acquisti di altri beni o servizi. Solo poche voci, come quelle legate al turismo, stanno difatti descrivendo una ripresa a ritmi soddisfacenti. Il tema del ciclo del durevole e' importante, in quanto rivela come le famiglie abbiano innanzitutto dovuto soddisfare l'esigenza di riammodernare lo stock di beni eroso durate la crisi. Da una parte, questo solleva il quesito riguardo all'eventualita'che nei prossimi anni possa vivacizzarsi la domanda anche di altri durevoli diversi dall'auto (elettrodomestici, arredamento) che, essendo oramai entrati nella fase matura del ciclo del prodotto non possono che riflettere le esigenze di sostituzione da parte dei consumatori. Ci si chiede anche se la vivacita' della domanda di durevoli non tendera' ancora a comprimere le altre voci di spesa, che hanno registrato negli ultimi anni un abbassamento strutturale dei livelli di consumo. Nel complesso, quindi, la decelerazione del potere d'acquisto delle famiglie rappresenta un'incognita che pesa sulle prospettive della ripresa italiana. La concentrazione della crescita dei consumi su alcune classi di prodotti e servizi comporta anche che per molti settori legati alla domanda delle famiglie la ripresa non e' ancora iniziata.

2. A SORPRESA RIPARTONO I CONSUMI AL SUD
Per il terzo anno di fila la spesa per consumi delle famiglie ha messo a segno un piccolo progresso: prendendo in considerazione l'ultimo consuntivo disponibile, relativo al 2016, si desume un progresso che in media nazionale vale circa 30 euro che, in un contesto di prezzi fermi o cedenti, e' integralmente da attribuire a un incremento delle quantita' acquistate. L'incremento osservato (+1%) suggerisce una fase di consolidamento dei consumi interni che nelle dimensioni appare coerente con i fondamentali della congiuntura delle famiglie (recupero dei redditi, rasserenamento del mercato del lavoro, risalita della fiducia di consumatori ed operatori economici). Rispetto allo scorso anno, tuttavia, non mancano le novita', a partire dalla localizzazione geografica del fenomeno in atto: contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, l'espansione della spesa per consumi risulta infatti piu' accentuata al Sud (+1,6%) e nelle Isole (+2,7%), segno che le famiglie avvertono il desiderio di guardare al futuro con minore timore ed apprensione, soprattutto in quelle aree colpite negli anni passati dalle maggiori difficolta'. La seconda buona notizia e' che, scendendo nel dettaglio delle tipologie familiari, la spesa e' oggetto di una progressione per larga parte dei profili, soprattutto tra i giovani (+4,7% per la coppia giovane e +2,4% per il single under 35). In generale, l'esame della distribuzione della spesa restituisce una scala di priorita' nelle scelte di consumo. Le famiglie destinano oltre un terzo del proprio bilancio (35%) alle spese per la casa: affitto, utenze, mobili, elettrodomestici e servizi domestici rappresentano la principale voce di esborso, seguiti dall'alimentazione. Proprio sul cibo, d'altro canto, si sostanziano le maggiori deviazioni rispetto alla media se si considera che l'incidenza sul totale della spesa e' pari ad oltre il 25% nell'Italia meridionale contro il 17% del Nord-Est. Nella classifica delle voci piu' rilevanti segue, in terza posizione, la spesa per i trasporti (10%), comprensiva dell'acquisto dei mezzi, di tutte le voci accessorie (carburante e assicurazione le piu' rilevanti) e degli eventuali costi relativi agli spostamenti a bordo dei mezzi pubblici (treni, bus, metropolitana). Dai livelli della spesa, d'altro canto, possono essere desunte ulteriori informazioni circa l'allocazione del budget familiare lungo tutte le variabili che qualificano il consumo: territorio, comune di residenza, condizione professionale, nazionalita' e tipologia familiare. Una prima dimensione che aiuta a leggere il fenomeno del consumo e' infatti quella geografica: a fronte di una spesa pari a 2.525 euro/mese per la media Italia, si osservano ampi divari tra le diverse aree del Paese che originano in buona misura da una distanza nei livelli dei redditi e nel costo della vita. Da un massimo di oltre 3 mila euro in Lombardia e Trentino-Alto Adige si arriva sino a 1.700 euro in Calabria: in altri termini, un "gap" tra un consumatore lombardo ed uno calabrese arriva a valere piu' di 16 mila euro l'anno. La spesa di una famiglia cambia inoltre significativamente a seconda che si viva in citta' o in un piccolo comune della provincia: contribuiscono a spiegare questo divario affitti piu' elevati, la maggiore incidenza delle spese obbligate (come i trasporti) e un minore ricorso all'autoconsumo, tipico delle aree a maggiore vocazione agricola. Su questo aspetto l'ultimo anno si e' segnalato per un ampliamento delle distanze, determinato da una marcata crescita della spesa per l'acquisto di beni e servizi non alimentari in capo alle famiglie residenti nelle grandi citta' (e' probabile che i centri urbani di maggiori dimensioni siano stati i primi a beneficiare del consolidamento della ripresa economica). Abitare nei quartieri centrali di una grande area metropolitana comporta, in media, un maggiore esborso di circa 500 euro, il 20% in piu' in confronto ai piccoli centri di provincia. Una terza variabile di interesse e' quella che insiste sulla condizione professionale della persona che nel nucleo e' il principale percettore di reddito. La spesa e' infatti lo specchio delle possibilita' economiche e degli stili di vita che sono spesso correlati alla tipologia di attivita' lavorativa: i consumi di un imprenditore o di un libero professionista (3.600 euro/ mese) sono infatti piu' che doppi in confronto ad un disoccupato (1.700 euro/mese) e significativamente superiori anche di quelli realizzati da un pensionato e da un operaio (rispettivamente 2.370 e 2.230 euro/mese). Da ultimo, a parita' di altre condizioni, una discriminante importante e' quella della nazionalita': in media, una famiglia italiana sostiene un livello di spesa di oltre 1.000 euro/mese piu' elevata di una famiglia di origine straniera (2.590 contro 1.580 euro/mese, il 60% in piu'). Unitamente all'entita' del consumo, la nazionalita' incide sulla diversa distribuzione del consumo: per le famiglie non italiane casa e alimentazione assorbono il 60% del budget, quasi il 10% in piu' in confronto alla media Italia. D'altra parte, le famiglie straniere spendono di meno per le voci meno necessarie, quali arredamento, servizi sanitari e tempo libero (complessivamente -5%). Considerando infine come discriminante l'ampiezza del nucleo familiare, la progressione della spesa media familiare al crescere del numero dei componenti risulta meno che proporzionale, a suggerire l'attivazione di economie di scala nella condivisione degli spazi abitativi e nella piu' efficiente distribuzione di alcune spese (trasporto, utenze, alimentazione, eccetera). Sotto questo profilo, si passa da poco meno di 1.800 euro per il nucleo monocomponente a circa 620 pro capite per le famiglie piu' numerose: in altre parole, il single spende quasi 3 volte in piu' rispetto a ogni membro di una famiglia che e' 5 volte piu' ampia. Unitamente all'ampiezza del nucleo familiare, le distanze negli esborsi sono in buona misura riconducibili alle diverse fasi della vita ed alla presenza di uno o piu' figli minori da accudire: si passa infatti da un minimo di 1.600 euro per la persona sola over 65 ad oltre 3 mila euro per le coppie con almeno due figli. Molto diversa, infine, e' la distribuzione delle risorse, laddove eta' e genitorialita' rappresentano i due driver principali.

3. I NUOVI CONSUMI DELLE ELITE
«Il benessere che traiamo dal consumo dipende soprattutto dal valore relativo del consumo stesso o dal confronto con gli standard di consumo degli altri»: era la fine del ‘800 quando l'economista e sociologo Thorstein Veblen, americano di origini norvegesi, passato alla storia come il primo pensatore ad aver attribuito al consumo un significato di segnale distintivo di consuetudini, dinamiche sociali e gerarchie di piacere, introdusse il concetto di lusso, rovesciando l'approccio razionale alla teoria del comportamento del consumatore proposto dalla scuola neoclassica. Occorre attendere l'avvento della societa' postindustriale per ritrovare il consumo come elemento di affermazione individuale: l'acquisto e il possesso di un bene, insieme al suo valore simbolico, diventano una manifestazione sociale e, allo stesso tempo, un elemento distintivo, di differenziazione. In una fase storica in cui il consumo si allarga a nuovi strati sociali e diventa di massa, per effetto delle trasformazioni economiche e culturali che hanno segnato la societa' di quell'epoca, alcuni beni e servizi restano una prerogativa di pochi privilegiati, ergendosi alla funzione di status symbol: l'auto fuoriserie, l'abito firmato, le griffe diventano non solo il segnale di una disponibilita' economica eccedentaria, ma strumento per esibire una posizione sociale raggiunta, stili di vita che si presumono invidiabili (e invidiati). Gli anni piu' recenti hanno visto l'emergere di una pluralita'di nuove tendenze nel consumo che hanno finito per impattare anche su coloro che detengono la maggiore capacita' di spesa: le famiglie sono progressivamente diventate piu' selettive e razionali nell'acquisto, sia dei beni durevoli che di quelli non durevoli, mentre la tecnologia ha investito il consumatore di una mole infinita di informazioni tale da renderlo soggetto attivo, e non piu' passivo, nel processo di costruzione delle preferenze. Soprattutto, le condizioni economiche delle famiglie sono andate via via polarizzandosi, al punto che i consumi di alta gamma hanno mostrato ritmi di crescita apprezzabili e in accelerazione durante le fasi piu' acute della crisi. In questi pochi anni, il concetto di lusso e' radicalmente cambiato, in Italia come in tutto il mondo: si e' passati dal bene esclusivo di lusso come mezzo, strumento di celebrazione collettiva al lusso, come fine, esperienza gratificante e individuale. E' quanto si ricava da una recente indagine condotta da Boston Consulting Group su un campione di 12 mila "super consumatori" distribuiti in 10 Paesi (tra cui Italia, Francia, Stati Uniti e Cina), accreditati di una spesa in prodotti di lusso superiore ai 30 mila euro l'anno pro capite. Nel dettaglio, dall'esame dei dati sembrano emergere tre tipologie di consumo di lusso: quello esperienziale, legato piu' alle emozioni personali che al semplice possesso (le preferenze convergono verso ristoranti stellati, con cena da 200 euro a testa, hotel da 450 euro a notte, vini pregiati con un costo medio di 100 euro a bottiglia); il lusso personale, quello del vestito, del gioiello o della borsa per i quali si arriva a spendere fino a mille euro, o quello dell'orologio griffato cui viene destinato un budget di almeno 2 mila euro; il lusso da condividere con parenti e amici, che trova manifestazione in "supercar", barche e case nelle localita' di vacanza al mare ed in montagna. Attualmente, a livello globale, oltre 500 miliardi di dollari vengono destinati all'acquisto di prodotti esperienziali, mentre il giro d'affari relativo alle altre due tipologie ammonta nel complesso a 300 miliardi: secondo le previsioni costruite a partire dalle future intenzioni di acquisto, il divario e' destinato ad accentuarsi entro i prossimi dieci anni, trasformando sempre piu' il lusso da un oggetto a una situazione, un percorso, una avventura. A ben vedere, il lusso nella sua concezione classica di bene di elevato valore monetario sembra essere piu' una prerogativa delle economie emergenti (Cina, India, Paesi arabi), i cui consumatori sono affascinati dall'eleganza, dalla creativita'dei prodotti dell'artigianato e della manifattura europea di qualita' (in particolare, l'Italia e' per distacco la prima meta di acquisto per i prodotti di alta gamma, soprattutto nel settore del fashion, dove il "Made in Italy" e' una vera e propria icona). Nel nostro Paese, viceversa, si colgono diffusi segnali di cambiamento che sembrano prefigurare una fase di maturita' nell'approccio al consumo di lusso: una prima evidenza interessante e' quella che riguarda il ruolo superato della marca a tutto vantaggio della personalizzazione dei prodotti (25% degli intervistati). Tralasciando le situazioni limite dei milionari, le indicazioni piu' significative del nuovo trend possono essere estrapolate dall'indagine sulla spesa delle famiglie condotta annualmente dall'Istat su un campione di 28 mila famiglie italiane. Un confronto di lungo periodo e' utile per verificare come le famiglie con maggiore disponibilita' di budget hanno modificato nel tempo le abitudini, individuando per questa via una evoluzione del concetto di bene di "lusso". Le famiglie alto spendenti (definite nella nostra elaborazione dei dati Istat come il 20% di famiglie con la piu' alta spesa per singolo componente) hanno, infatti, risentito anch'esse del generale contesto di crisi economica, riducendo l'esborso medio su base annua per l'acquisto di beni e servizi del 3% tra il 2006 e il 2015 (a fronte di una contrazione del 5% registrata tra le famiglie basso spendenti). Tuttavia, il calo non e' stato generalizzato, determinando una rimodulazione della composizione tra macro-voci, ovvero delle priorita' di acquisto. La spesa per generi alimentari e' aumentata sia in valore assoluto (+300 euro su base annua) che in rapporto alla spesa complessiva (dal 15% al 17% del totale), con la contestuale emersione anche tra le famiglie alto spendenti di quell'approccio sempre piu' salutistico, quasi terapeutico, che gli italiani mostrano verso l'alimentazione, vista sempre piu' come mezzo per star bene piu' che come fine.
A Ll'incidenza della verdura e degli ortaggi sulla spesa complessiva alimentare e', infatti, cresciuta del 3,6%, a fronte di un ridimensionamento di quella per dolciumi (scesa in dieci anni dal 7 al 5%), latticini, uova, oli e grassi (-2,2%) e carne (-1,6%). Contestualmente, la spesa media delle famiglie alto spendenti per gli altri beni e servizi ha registrato una contrazione su base annua nell'ordine del migliaio di euro, pur mantenendo il primato assoluto sui generi alimentari sia in termini di incidenza sulla spesa complessiva (oltre l'80%) che di differenziale rispetto alle famiglie basso spendenti (esborso medio 8 volte superiore). Anche in questo caso piu' che il dato complessivo sono le dinamiche relative alle singole voci a rilevare le nuove metriche di consumo delle famiglie alto spendenti, con un effetto sostituzione tra spesa per la casa e l'abbigliamento (in calo) e quella per la salute, la mobilita' e il tempo libero (in crescita anche se in grado di controbilanciare solo in parte la contrazione delle prime due voci).
B Buon cibo, salute e benessere, viaggi, istruzione e svago sono dunque in cima alle priorita' degli italiani, o almeno soprattutto tra coloro che se li possono permettere: le specialita' gastronomiche piu' raffinate da consumare nelle mura domestiche, la cena nel ristorante di chef stellati, viaggi e svago, istruzione ma anche una visita specialistica di controllo in piu' per fugare patemi e ansie, hanno sostituito nell'immaginario degli italiani benestanti il jeans di marca, la grande villa con giardino e l'articolo di arredamento pregiato, con la sola eccezione del design. Un cambiamento lento ma progressivo, che trova riscontro ancora una volta nell'analisi dei microdati Istat sui consumi delle famiglie: nell'elenco delle micro-voci che registrano il piu' alto differenziale tra il primo e l'ultimo quintile di spesa media per componente, accanto ai gioielli (gli alto spendenti sostengono un esborso 8 volte superiore ai basso spendenti) troviamo, infatti, i servizi dentistici (rapporto 9:1); i viaggi organizzati all'estero (rapporto 7:1), i trattamenti estetici, le cene fuori casa e gli spettacoli (rapporto 5:1), i corsi di formazione e l'istruzione universitaria (rapporto 4:1).

4. LA CASA RESTA CENTRALE NELLE SCELTE DI INVESTIMENTO DELLE FAMIGLIE
Casa, dolce casa: quella tra gli italiani e "il mattone" e' una storia d'amore antica, ma sempre attuale. L'importanza della casa nella gerarchia valoriale degli italiani e' documentata da diversi indicatori: secondo la Banca d'Italia, la casa rappresenta oltre la meta' della ricchezza totale delle famiglie e circa l'80% dei nostri connazionali vive in una abitazione di proprieta'. Una peculiarita' tutta italiana, se si tiene conto che la quota di proprietari si ferma nella media dell'Unione Europea al 70%, con valori anche inferiori nel Regno Unito (64,6%), in Francia (64,3%) e in Germania (52,6%). Sotto il profilo qualitativo, anche una recente indagine Doxa ha confermato quanto tra le mura domestiche gli italiani si sentano a proprio agio: per il 12% e' in cima alle priorita' e per un ulteriore 62% la casa viene catalogata alla voce "molto importante". Le statistiche sulle compravendite immobiliari confermano una rinnovata vivacita' del settore: nei primi mesi del 2017 si osserva una espansione in una misura pari all'8,6% (fonte Agenzia delle Entrate), con tassi di incremento prossimi o superiori al 10% nelle Regioni del Nord Italia e nelle Isole. Interessante e' anche il dato sulla dimensione media dell'immobile acquistato: guardando a un campione relativo alle principali citta', la superficie e' pari a 78 metri quadri, con una distanza di quasi 30 metri quadri, equivalenti ad un locale e mezzo, tra il dato di Milano (70 metri quadri in media) e Palermo (96). Medesime osservazioni per quel che riguarda le locazioni, dove si osserva la scelta di appartamenti piu' piccoli nelle grandi citta' in cui notoriamente gli affitti sono piu' elevati. Se in generale gli italiani stanno bene al riparo delle mura domestiche, non mancano i motivi di malcontento. Incrociando le informazioni raccolte nell'ultimo "Rapporto Bes" dell'Istat e dalla Doxa in una recente indagine, solo un quarto degli italiani si dichiara soddisfatto della propria abitazione e uno su dieci lamenta condizioni abitative difficili (fanno peggio dell'Italia solo i Paesi dell'Est: Polonia, Bulgaria, Lettonia, Ungheria e Romania). Tra le maggiori preoccupazioni la salubrita'dell'ambiente domestico in termini di inquinamento dell'aria interna (69%) e di inquinamento acustico (80%), cui si aggiunge un tema molto sentito, ovvero il sovraffollamento degli spazi. Stando alle definizioni Eurostat, per sovraffollamento si intende quella situazione in cui non sono disponibili abbastanza stanze per tutti: per rispettare gli standard minimi deve essere presente, ad esempio, una stanza per la coppia, una ogni due bambini ed una per ogni adulto. In Italia la percentuale di famiglie che non soddisfano questa condizione e' piu' elevata della media europea e in crescita, al 27,8%. Eppure, interrogati a riguardo, gli italiani sembrano essere poco interessati alle dimensioni e ai rapporti tra occupanti e superficie. Nel loro immaginario, la casa ideale risponde a cinque criteri fondamentali: deve essere attenta alla salute, comoda da vivere, rispettosa dell'ambiente, smart (quindi con una gestione intelligente e innovativa) e deve far risparmiare. Nella scelta dell'abitazione sono inoltre prioritari fattori come le caratteristiche e la vivibilita' del quartiere, la disponibilita' e la vicinanza ai mezzi pubblici e ai negozi e la "fungibilita'" degli spazi, ovvero la capacita' di adattare gli ambienti nel tempo in base alle esigenze di chi la abita (aumento del numero degli occupanti e necessita' di ricavare nuovi spazi, ad esempio). Uno degli aspetti di maggiore interesse ha a che vedere con il ruolo aspirazionale esercitato dalla casa sugli italiani. Il portato valoriale dell'abitazione e' infatti molto cambiato nel corso del tempo, soprattutto lungo le generazioni: in particolare, il mattone sembra aver perso appeal tra i millennials, per i quali la casa sta progressivamente evolvendo da bene a servizio. Un recente rapporto realizzato dal Censis ha infatti indagato la relazione tra la casa e i giovani, legando l'emancipazione dalla famiglia di origine alle condizioni lavorative, spesso precarie, dei giovani che accedono al mercato del lavoro: nella concezione dei millennials, la casa si spoglia del suo contenuto di bene, di cassaforte dei risparmi di famiglia per diventare servizio: alla dotazione della casa si preferisce la centralita', l'accessibilita' e la vivacita' del quartiere di residenza. E', ancora una volta, la vittoria dell'uso sul possesso. Ancor piu' che nel breve, questo fenomeno potrebbe determinare effetti importanti nel medio e nel lungo termine, configurando una possibile rivoluzione nel mercato immobiliare: secondo alcune proiezioni, entro i prossimi dieci anni, un terzo di coloro che oggi sono acquirenti andranno a riversarsi sulla locazione. A conferma della passione degli italiani per le dotazioni di accessori per la casa, il mercato degli elettrodomestici ha fatto registrare dati positivi sulle vendite nell'ultimo anno. Il giro d'affari dei grandi elettrodomestici e' rimasto sostanzialmente invariato, nonostante gli incentivi fiscali sugli acquisti siano stati avviati ormai da due anni, e molti italiani ne abbiano gia' approfittato per comprare prodotti piu' nuovi. Aumentano le vendite di alcuni elettrodomestici da cucina, in particolare forni (+7%) e piani cottura (+4%), ma calano gli acquisti di cucinotti (-5%), frigoriferi e freezer (-4%). Dopo la flessione dello scorso anno, ripartono le vendite per i piccoli elettrodomestici, che hanno fatto registrare un aumento dell'1,8% nell'ultimo anno. In forte crescita i prodotti legati all'igiene dentale (+12%), su tutti lo spazzolino elettrico, a testimonianza dell'attenzione che gli italiani ripongono nei confronti della salute e della prevenzione. Aumentano le vendite di estrattori di succo (+4,6%), dai piu' comuni spremiagrumi ai prodotti piu' elaborati, che consentono di ricavare succhi da moltissimi tipi di frutta e verdura. Fonti di energie e vitamine, gli italiani considerano queste bevande come un vero e proprio toccasana, di cui non si puo' fare a meno neanche in casa. Tra i prodotti per la pulizia, crescono in modo esponenziale le vendite degli aspirapolvere a vapore, facendo segnare addirittura un +37% rispetto allo scorso anno.

5. PIU' SMART LA MOBILITA' DEGLI ITALIANI
In linea con la tendenza degli ultimi anni, i consumi degli italiani continuano a essere concentrati sui beni durevoli, con particolare attenzione al ricambio delle automobili, frutto della ripresa del ciclo. Nella prima meta' del 2017 il mercato auto ha infatti consolidato il percorso di crescita: le immatricolazioni hanno marcato un incremento non lontano dal 10%, concentrato nell'area settentrionale del Paese (Piemonte, Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige sono le tre Regioni best performer, anche per la peculiare conformazione geografica che scoraggia la mobilita' dolce) e un gusto sempre piu' diffuso per le utilitarie (Fiat Panda e Lancia Ypsilon i modelli piu' venduti nel primo semestre). Guardando alle vendite per tipo di alimentazione, il dato piu' significativo e' quello che riguarda le auto ibride/elettriche, a suggerire una crescente attenzione per l'ambiente: complessivamente per le strade delle nostre citta' circolano 133 mila autovetture ibride e poco meno di 6 mila veicoli elettrici. Insieme all'auto nuova, gli italiani sembrano apprezzare anche quella di seconda mano, come conferma la performance del mercato dell'usato (+2,8% per i volumi): secondo le quantificazioni dell'Osservatorio Findomestic, il 2016 si e' chiuso con un giro d'affari di 17 miliardi di euro e 2,6 milioni di auto vendute (6.600 euro l'esborso medio). L'auto resta anche il principale mezzo di spostamento degli italiani. Se si escludono alcune esperienze virtuose nelle principali citta', mancano infatti alternative adeguate alla mobilita'privata, soprattutto al Sud, nelle aree montane e nei centri abitati minori: con un parco circolante comprensivo di 38 milioni di vetture, il nostro Paese detiene ancora il primato per tasso di motorizzazione in Europa (62,4 autovetture ogni 100 abitanti), secondo soltanto a quello del Lussemburgo. Le citta' italiane con la maggiore densita' di auto in circolazione sono L'Aquila e Potenza (75,8 e 73,1 auto ogni 100 abitanti), seguite da Perugia (70,26) e Campobasso (69,04). La tendenza ad abbandonare l'auto, che si esprime nella riduzione del numero di autoveicoli di proprieta' nel nucleo familiare, si consolida nelle aree urbane di maggiori dimensioni: la riduzione del numero di auto per abitante e' documentata a Genova, Firenze e Milano (con un numero di auto sceso tra 40 e 50 per 100 residenti). Del resto, il ricorso massivo ai mezzi privati e' la principale causa degli elevati tassi di congestione: si stima che gli italiani passino in auto 23 giorni l'anno (fonte Osservatorio Europeo della Mobilita'), sprecando in coda quasi una settimana. Al netto della buona performance del mercato dell'auto, tutte le statistiche disponibili documentano che la mobilita'nel nostro Paese e' diventata piu' smart. Gli italiani, che complessivamente totalizzano circa 40 milioni di ore al giorno per recarsi a scuola o sul posto di lavoro (fonte Isfort), hanno imparato a razionalizzare gli spostamenti, tendendo a preferire le distanze di breve e scoprendo i vantaggi della mobilita' dolce nella quotidianita'. Come evidenziato nell'edizione 2015 del Rapporto Coop, si vanno diffondendo nuovi stili di vita, orientati alla sostenibilita' ambientale e al contatto con la natura: nell'ultimo anno i mezzi di trasporto piu' ecologici (piedi e bici) hanno messo a segno l'incremento piu' sostenuto (+8,4% in media nazionale). L'altro elemento di novita' e' dato dal maggiore ricorso al trasporto pubblico: secondo i piu' recenti dati Istat, l'utilizzo di bus e treni per gli spostamenti abituali e' tuttavia fortemente sperequato, dal momento che esso risulta concentrato in alcune aree del Paese (si passa dal 20% del Nord al 6,5% delle Isole, aprono e chiudono la classifica delle Regioni il Lazio con il 30% e la Calabria con il 5%), in alcuni Comuni (nelle aree metropolitane l'incidenza arriva al 40% del totale) e in alcune specifiche porzioni della popolazione. Guardando alla condizione professionale, i mezzi pubblici sono utilizzati principalmente tra gli impiegati, 19%, a fronte di un piu' contenuto 8% riferito a dirigenti e lavoratori autonomi; replicando l'analisi per classe demografica, si osserva una proporzionalita' inversa rispetto all'avanzare dell'eta', con una percentuale di copertura superiore al 50% per i ragazzi con meno di 20 anni. Il nuovo modo di intendere il trasporto ha interessato anche le vacanze 2017, che hanno fatto registrare un incremento dei passeggeri con gli autobus del 70% rispetto alla scorsa estate.

6. TORNA POSITIVA LA SPESA MA L'ABBIGLIAMENTO E' SEMPRE MENO FASHION
Archiviata una lunga fase di impoverimento, il mercato dell'abbigliamento inizia a mostrare diffusi segnali di svolta, nonostante l'andamento dei volumi rimanga di segno negativo (-0,6% nel 2017 ma in recupero rispetto agli anni precedenti). E' finalmente la luce in fondo al tunnel: il recupero della spesa torna a riaffacciarsi nelle statistiche, soprattutto nelle Regioni del Nord (+4%) ed in quelle del Sud (+3,3%). Con il ritardo che e' tipico delle voci di spesa piu' voluttuarie, vestiti e calzature sono state le ultime ad agganciare il recupero del ciclo dei consumi. In questo contesto, giova tuttavia sottolineare che l'approccio degli italiani e' molto cambiato rispetto al passato: in questi anni il fashion e' stato definitivamente spogliato del suo valore aspirazionale, del suo ruolo segnaletico di affermazione nella societa' e di status symbol. Oggi piu' che mai regna una scelta di carattere prettamente funzionale, piu' vicina all'area dei bisogni fisiologici dell'individuo teorizzata da Maslow: questo cambiamento di regime ha senza dubbio contribuito a penalizzare la marca, che riesce ad intercettare soltanto quella piccola porzione di consumatori con una capacita' di spesa elevata. La tendenza in atto, trasversale a tutta la popolazione, risulta accentuata soprattutto tra le generazioni piu' giovani, che progressivamente virano sui capi seriali del "fast fashion", scegliendo di destinare le risorse risparmiate a viaggi e tempo libero. Gli effetti piu' tangibili della nuova concezione dell'abbigliamento sono documentati da tre macro evidenze. In prima battuta, l'Italia vanta il primato delle promozioni: tra i saldi estivi e quelli invernali si concentra piu' di meta' del fatturato annuo, una peculiarita' che non trova altrettanto riscontro nelle altri grandi economie europee (la media e' pari al 43,7%). Segno che per gli italiani abiti e scarpe non sono piu' un acquisto di impulso: al contrario, i consumatori di oggi sono disponibili a programmare il rinnovo del proprio armadio e attendere l'apertura delle svendite pur di conseguire il massimo risparmio. Il secondo elemento e' da attribuire a un graduale spostamento verso i prodotti "low cost": negli ultimi tre anni la quota di mercato degli articoli con fascia bassa di prezzo ha guadagnato terreno, passando dal 40,6% al 42,9% del totale, a suggerire una perdita di valore dell'abbigliamento, sia dal punto di vista concreto che da quello aspirazionale. A pensarla così sono soprattutto i millennials, che dichiarano nel 63% dei casi di preferire le marche del fast fashion. In ultimo, il mercato dell'abbigliamento e' sostenuto in misura determinante dalla buona performance del commercio digitale (al netto del contributo delle vendite che transitano per il web e per le piattaforme dedicate di intermediazione la caduta del valore nell'ultimo anno sarebbe pari a -3,2%); in Italia l'ecommerce mette a segno la crescita piu' sostenuta di tutta Europa pur avendo una incidenza sul giro d'affari complessivo ancora lontano dalle piu' avanzare esperienze europee (l'8% contro il 28% della Germania o il 24% del Regno Unito).

7. LO SMARTPHONE E' IL DEVICE KILLER DEL MERCATO DIGITALE
Indifferente alla recessione che ha colpito tutte le aree della spesa delle famiglie e al ripensamento degli stili di vita che ha intaccato le modalita' tradizionali del consumo individuale, il mercato del digitale prosegue la sua corsa inarrestabile superando quota 66 miliardi di euro annui di giro d'affari, forte dell'essere ormai una componente fondamentale del tempo libero degli italiani. Unitamente all'entita' del fatturato movimentato, desta interesse l'accelerazione nei tassi di crescita: la variazione registrata nel 2016 (+1,8%) e' infatti quasi doppia in confronto a quanto misurato l'anno precedente (+1%). I consumi digitali, del resto, incarnano le aspirazioni e i bisogni piu' moderni e innovativi degli italiani e rappresentano il terreno piu' fertile ove lasciarsi affascinare e guidare, spesso a un costo contenuto, dalle novita' della trasformazione tecnologica. Contrariamente ad altre voci di spesa, il consumo digitale e' infatti per gli italiani una scoperta continua, uno strumento accessibile per migliorare la qualita' della vita, risolvere i piccoli problemi ed efficientare i tempi della quotidianita'. Il principale traino del settore resta ancorato alla vendita dei dispositivi, in particolare dello smartphone: nel 2016 le famiglie italiane hanno acquistato 16,7 milioni di pezzi, l'8% in piu' rispetto al 2015. Per gli italiani lo smartphone non e' piu' (solo) un comodissimo strumento per comunicare, ma e' diventato un vero e proprio bene di prima necessita': il 94% degli italiani ne possiede almeno uno ed oltre il 60% lo ritiene un oggetto irrinunciabile, tanto che l'80% preferisce acquistarlo pagando l'intero importo in una unica soluzione, anche se per circa meta' vuol dire rinunciare ad altre spese piu' voluttuarie (svago, abbigliamento, pasti fuori casa o viaggi). In prima battuta, esso viene utilizzato per navigare in rete: 7 italiani su 10 si connettono ad internet tramite un dispositivo mobile, che sia un telefono cellulare o un tablet, e soltanto il rimanente 30% naviga sul web da un computer. Le principali attivita' svolte sono l'invio di mail (78%), la visione di video (70%), l'utilizzo di social network (60%), ma anche, seppure in misura piu' contenuta, l'internet banking (42%) e la prenotazione di viaggi (40%). Il dato piu' eclatante ha a che vedere con la quota di persone che lo usano per effettuare le chiamate, solo il 34%: come a dire che lo smartphone e' tutto tranne che un telefono. Consolidamento dello smartphone a parte, l'elemento nuovo piu' interessante e' certamente rappresentato dalla diffusione dell'internet delle cose (piu' comunemente noto come Internet of Things, IoT) nelle case degli italiani. Grazie alla connessione tra i dispositivi e' possibile dare concretezza al concetto della "smart home", ottimizzando i consumi, migliorando sicurezza e comfort, controllando la casa da remoto: si va dagli elettrodomestici intelligenti all'impianto di climatizzazione sino alle porte blindate e alle finestre. Gia' oggi il mercato dell'IoT vale nel nostro Paese oltre 2 miliardi di euro ed e' cresciuto del 14% nell'ultimo anno: di pari passo con l'immissione sul mercato di nuovi dispositivi ma soprattutto con l'impiego del traffico dati in alcuni servizi domestici, continua il rilascio di nuove schede Sim (+10%). In assenza di fatti tecnologici di un certo rilievo, lo smartphone tende a fagocitare gli altri settori, come conferma il calo che ha interessato tablet (-7%), computer fissi (-9%) e laptop (-2%): insieme ad un allungamento della vita media di pc e tablet, giova sottolineare che lo smartphone e' in grado di offrire buona parte delle funzionalita' di base di un computer, con il vantaggio della mobilita' (e-mail, navigazione su internet.). Ad aver risentito della concorrenza dello smartphone sono anche altri articoli del mercato dell'elettronica di consumo, tra cui videocamere, calcolatrici e macchine fotografiche. I telefoni cellulari di ultima generazione permettono infatti con pochi semplici click di condividere le immagini con i propri contatti e di modificarne facilmente i parametri principali (come luminosita' e contrasto): nella percezione dei consumatori cio' contribuisce a rendere lo smartphone il compagno di viaggio perfetto per gli scatti quotidiani non professionali. La diffusione dei social network legati al mondo della fotografia, Instagram e Snapchat su tutti, ha ulteriormente penalizzato il mercato delle macchine fotografiche, relegando reflex e fotocamere compatte ad amatori e appassionati che non possono prescindere dal livello qualitativo del risultato finale: questo cambiamento di regime si e' così tradotto in un forte ridimensionamento del mercato della fotografia (-21% tra 2015 e 2016). A proseguire il suo trend positivo di crescita e' il mercato dei contenuti digitali, con un incremento di 700 milioni di euro negli ultimi 12 mesi (da 8,9 a 9,6 miliardi di euro, +7,9%). La performance positiva dei contenuti digitali riguarda l'intero indotto: dal segmento dell'editoria online, alla musica, fino alla digital advertising (giro d'affari da 2,1 miliardi di euro, +9%) e al gaming. La crescita del giro d'affari e' stata superiore al 15% per il mobile entertainment, settore favorito dalla continua espansione delle vendite di smartphone, e per la musica, grazie alle piattaforme che permettono l'ascolto dei brani in streaming (Spotify, Deezer ed Apple Music). Infine, i contenuti per ebook, nonostante occupino una quota minoritaria del mercato, hanno registrato un incremento del 21% rispetto all'anno precedente. Cresce la passione degli italiani per la "lettura digitale", per via del prezzo di copertina inferiore rispetto al libro cartaceo e per la comodita' del prodotto, che permette di contenere piu' titoli all'interno di un solo dispositivo. Oltre agli acquisti piu' classici del settore, gli italiani stanno progressivamente spostando le loro preferenze verso i servizi piu' innovativi: dall'internet delle cose, che sta trasformando gli oggetti di uso quotidiano rendendoli sempre piu' connessi ed interconnessi fra loro, fino ai servizi di cyber security e di cloud computing (iCloud di Apple, Google Drive, SkyDrive di Microsoft, Dropbox, per l'archiviazione digitale di documenti e file personali).

8. PIU' CULTURA NEL TEMPO LIBERO DEGLI ITALIANI
Per interpretare l'umore profondo degli italiani esiste una regola infallibile: guardare come trascorrono il tempo libero, cosa fanno la sera e nel week end in famiglia e con gli amici, lontani dalle incombenze lavorative. Sulla base delle informazioni Istat, gli italiani dedicano circa 5 ore al giorno al tempo libero (piu' di 6 ore nel caso degli over65). In termini di spesa, una famiglia media destina alle attivita' ricreative oltre 1.500 euro l'anno, con un incremento che nel corso degli ultimi dodici mesi e' stato prossimo al 3%. Nonostante le paure e le preoccupazioni, gli italiani hanno ritrovato il gusto di uscire di casa e stare in compagnia: secondo l'ultimo annuario dello spettacolo della Siae, sono cresciuti ingressi e consumi delle principali attrazioni. Piu' nel dettaglio, particolarmente lusinghiera e' stata la performance dei teatri (+4,1% gli ingressi, +13,1% la spesa al botteghino) e per i musei: complice la promozione "Domenica al museo", che ogni prima domenica del mese permette di visitare gratuitamente i musei e le aree archeologiche statali, il 2016 si e' chiuso con un monte record di 44,5 milioni di visite. Anche in questo caso e' interessante valutare quanto la tecnologia abbia impattato sul godimento dell'esperienza culturale: la visita diventa l'occasione per condividere la bellezza di opere d'arte e monumenti sui social network. Sono aumentati del 45% i visitatori che pubblicano post online e triplicati i contenuti digitali delle pagine social dei musei, a dimostrazione di come storia e innovazione possano convivere in un binomio vincente. Bene anche il cinema: gli ingressi degli italiani nelle sale cinematografiche sono aumentati di oltre il 7% nell'ultimo anno. Gli spettacoli piu' frequentati si registrano nei mesi invernali e nel fine settimana, anche se nel 2017 il mercoledì ha superato il venerdì per numero di biglietti emessi: merito del progetto "Cinema2day", promosso dal Ministero dei Beni Culturali, che ha fissato una sorta di "prezzo politico", pari a 2 euro, per le proiezioni del secondo mercoledì del mese. 8 milioni sono stati gli italiani che tra i mesi di settembre 2016 e maggio 2017 hanno beneficiato dell'iniziativa. Di tutt'altro tenore sono le indicazioni che si colgono dal richiamo esercitato dalla musica live: se e' ancora presto per valutare l'impatto della fobia attentati sui grandi eventi di massa (il Ministero dell'Interno ha attivato un piano per la sicurezza per i 1.700 concerti e festival in programma nell'estate 2017), tendono a suscitare interesse solo le manifestazioni che vedono esibirsi le grandi rockstar nazionali e internazionali (Coldplay, Justin Bieber e Ariana Grande tra gli artisti piu' attesi e seguiti). Segnali confortanti sono giunti dal recente concerto modenese di Vasco Rossi, che ha apertamente intestato a "festa contro le paure" la sua performance, e che con 220 mila spettatori ha totalizzato un nuovo record mondiale per presenze paganti. In grande difficolta', per contro, risultano le discoteche e le sale da ballo, a partire dai locali della riviera romagnola che nell'immaginario dei turisti stranieri hanno rappresentato da sempre una delle attrazioni del nostro Paese: nell'ultimo anno l'indotto dell'intrattenimento serale ha generato un fatturato di circa 5,3 miliardi di euro, con un contributo delle discoteche pari ad appena un quinto del totale. Le preferenze dei giovani e dei meno giovani, amanti della movida notturna, tendono a spostarsi altrove, nei locali che offrono musica dal vivo insieme ad una buona birra: secondo una ricerca del Fipe (Federazione Italiana Pubblica Esercizi), l'81% degli avventori sceglie dove recarsi in funzione dell'intrattenimento musicale che il locale propone. Insieme alla musica, l'altro grande amore degli italiani e' certamente il pallone: nel campionato 2016-2017, in media, una partita di Serie A, massima espressione del nostro calcio, e' stata vista dalla tribuna o dalla gradinata da una media di oltre 22 mila tifosi e 710 mila spettatori in televisione, il 2,7% in piu' rispetto alla stagione precedente. In questo contesto, inoltre, resistono le intramontabili passioni degli italiani, seppure oggetto di ripensamento rispetto alle tradizionali forme di godimento. E' molto cambiato, ad esempio, il mercato musicale: gli ultimi dati segnalano la crescita dello streaming (+30% nel 2016 secondo una recente indagine a cura di Deloitte), che oggi e' arrivato a valere circa un terzo del totale (i soli abbonamenti hanno generato oltre 35 milioni di euro). Come riporta la Fimi (Federazione dell'industria musicale italiana), con oltre 43 milioni di brani disponibili su decine di piattaforme attive 24 ore su 24 e migliaia di playlist condivise ogni giorno dagli utenti, il fenomeno dello streaming musicale e' ormai parte delle abitudini consolidate del consumatore italiano. La novita' e' data dalla crescente disponibilita' a mettere mano al portafoglio: i dati documentano la diffusione degli abbonamenti, ovvero dei servizi premium che si differenziano dal modello gratuito sostenuto dalla pubblicita': anche se la conversione dalla modalita' "free" a quella "pay" resta in Italia al di sotto della media globale, l'attrattivita' dei modelli di offerta in abbonamento continua la progressione, al punto che dal 2012 ad oggi i ricavi da abbonamento sono cresciuti di 10 volte. Se il CD e' ormai diventato un cimelio, l'altra faccia della rivoluzione digitale e' quella del ritorno al vinile, soprattutto tra gli appassionati piu' giovani: la quota di mercato, pari oggi al 6%, e' raddoppiata nell'ultimo triennio, totalizzando quasi 10 milioni di ricavi. In questo contesto favorevole, fa eccezione la lettura: la diffusione dell'informazione via social media sta impattando non solo sulle vendite dei giornali (nei primi quattro mesi del 2017 le copie cartacee dei principali quotidiani hanno ceduto oltre l'8% rispetto all'anno precedente), ma anche sui volumi che transitano per il web: gli utenti che visitano i siti di Repubblica e del Corriere della Sera sono dati rispettivamente in flessione nella prima meta' del 2017 del 4,3% e del 2,9%. Medesima tendenza per i libri: nonostante la diffusione degli ebook (un italiano su dieci dichiara di leggere dai dispositivi digitali ed il giro d'affari ha superato i 60 milioni di euro), continua a diminuire il numero di coloro che acquistano con regolarita' un romanzo o un saggio (23,3 milioni di persone, -3% rispetto all'anno precedente). Complice un ampliamento dell'offerta, anche grazie alla crescita degli editori indipendenti (il 2016 si e' chiuso con oltre 66 mila nuovi titoli e 74 mila nuovi titoli ebook), il giro d'affari e' complessivamente aumentato (1,3 miliardi di euro, +2,3% su base tendenziale).

9. I VIAGGI AL CENTRO DEL NUOVO MODELLO DI CONSUMO
Potendo scegliere cosa fare della propria vita tre italiani su quattro risponderebbero all'unisono: girare il mondo. Piu' del denaro, anche piu' di un lavoro prestigioso e ben remunerato, gli italiani sognano di viaggiare. A prescindere dalla meta e dall'organizzazione, che si tratti di una avventura "on the road", di un week end alla scoperta di una capitale europea o di una fuga esotica verso un'isola tropicale. L'aspirazione massima e' prendere la valigia e mettersi in viaggio, vivere quell'esperienza che consente di chiudere dentro le mura di casa tutte le vicissitudini del quotidiano. Del resto, come ha documentato l'indagine realizzata da Coop nei mesi scorsi, il viaggio e' percepito come un vero e proprio bisogno essenziale. Pur di partire si e' disposti a rinunciare a molto: il 76% degli italiani farebbe economia su pranzi e cene al ristorante, il 74% sulle pratiche sportive, il 68% sull'abbigliamento, uno su tre dichiara di essere addirittura pronto ad intervenire sul carrello della spesa, razionalizzando i consumi alimentari. Il recupero dei redditi delle famiglie ha sostenuto la riscoperta della voglia di turismo: nei primi mesi del 2017 le presenze nel nostro Paese sono aumentate di oltre il 3% rispetto al 2016, con ritmi di crescita anche piu' sostenuti per i turisti italiani (+8%). Per le vacanze estive il budget e' cresciuto di quasi il 5%, arrivando a poco meno di mille euro a persona: Capitolo 3. Gli italiani scelgono un nuovo modello di consumoproiettando queste variazioni sulla seconda parte dell'anno, il 2017 potrebbe far registrare il record storico di presenze presso tutte le strutture ricettive, superando la soglia dei 400 milioni di pernottamenti. Un segnale incoraggiante che permette di replicare la buona performance messa a segno dall'intero comparto nel 2016, anno durante il quale le preferenze dei viaggiatori si erano orientate sull'Italia a seguito degli attentati terroristici che avevano colpito la Francia ed il Nord Europa. Milano e Roma sono state le citta' che hanno maggiormente beneficiato della spesa dei turisti stranieri. Un clima favorevole si conferma anche per l'anno in corso dall'andamento del traffico aereo, che fa segnare un +6% in termini di passeggeri nei primi quattro mesi dell'anno (+10% per gli arrivi internazionali). Nel primo trimestre dell'anno sono transitati negli aeroporti italiani quasi 2 milioni di passeggeri in piu' rispetto allo stesso periodo nel 2016. Tra le rotte piu' battute la Milano Malpensa-New York per le tratte intercontinentali, la Roma Fiumicino-Barcellona su scala europea e la Catania-Roma Fiumicino per i viaggi entro i confini nazionali. Del resto, come ha sottolineato un recente lavoro della Fondazione Symbola, l'Italia e' il terzo Paese al mondo, dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, per livello di notorieta': la percezione di conoscenza dell'Italia si fonda su piu' aspetti, dall'immenso patrimonio culturale e architettonico all'arte cinematografica, dalla creativita' della moda all'enogastronomia. In questo contesto, e' opportuno segnalare i fenomeni emergenti. Come noto, l'Italia non e' ovviamente solo sinonimo di citta' d'arte, localita' di mare o di montagna: l'Italia e' soprattutto il Paese dei borghi piu' belli del mondo (sono 5.600 i Comuni con meno di 5 mila abitanti ove risiede il 16% della popolazione), autentici gioielli incastonati tra un patrimonio architettonico che non ha uguali e paesaggi mozzafiato. Al fine di valorizzare questa ricchezza dal valore inestimabile, il Ministero dei beni e delle attivita' culturali ha proclamato il 2017 anno dei borghi: secondo le previsioni, proprio i piccoli centri storici saranno la destinazione di moltissimi vacanzieri, totalizzando entro la fine dell'anno circa 90 milioni di presenze (quasi un quarto del totale). Una offerta piu' competitiva, insieme al gusto di vivere una esperienza fuori dall'ordinario lontano dalla frenesia della citta', si traducono inoltre in una permanenza prolungata: oltre 4 notti, una in piu' in confronto alla media. Per il nostro Paese il turismo rappresenta un formidabile volano di crescita economica, se si tiene conto che esso vale il 10,2% del Pil e l'11,6% della forza lavoro, risultando anche un catalizzatore di consumi extra nazionali: ad alimentarlo sono soprattutto i turisti di nazionalita' tedesca, seguiti da francesi, inglesi, americani e olandesi. Tuttavia, si tratta di un treno che il nostro Paese, se non sara' capace di esprimere una strategia di lungo periodo, rischia drammaticamente di perdere: a suonare l'allarme e' il World Economic Forum, che colloca l'Italia all'ottava posizione del "Travel and Tourism Competitiveness Index". Il report descrive infatti l'Italia come un Paese dall'eccezionale patrimonio culturale (quinto posto al mondo) e dalle straordinarie risorse naturali (12esima posizione), negativamente bilanciati da alcuni elementi di arretratezza quali un ambiente di business poco favorevole, una burocrazia imperante, un quadro legale inefficiente e una tassazione poco favorevole (indicatori a causa dei quali non figuriamo nella top 100 mondiale). Quanto all'estate 2017, a partire per le vacanze sono sei italiani su dieci, l'8% in piu' in confronto allo scorso anno, nella maggior parte dei casi per una settimana di ferie. Meta preferita: il mare. Le localita' balneari vedranno un incremento delle presenze di circa il 5%, con un aumento del fatturato di circa 1,3 miliardi di euro: in testa alle prenotazioni, secondo TripAdvisor, Puglia ed Emilia-Romagna in Italia, le isole della Grecia e la Spagna oltre i confini nazionali. Cresce la combinazione vacanza-relax/sport nella natura, come conferma la terza posizione dell'Italia nella graduatoria per prenotazioni in stile "into the wild": negli ultimi sei anni sono triplicati gli appassionati di scialpinismo ed aumentati del 20% gli escursionisti. Tra i vacanzieri del 2017 si conferma la preferenza per la sistemazione in albergo (32%), ma sono in forte aumento coloro che hanno scelto l'affitto di un appartamento (19%), in virtu' di una consolidata prassi nella prenotazione online. Un italiano su tre ricorre alle piattaforme specializzate (Booking, TripAdvisor, Trivago e AirBnb detengono un primato difficilmente scalabile), mentre solo il 14% degli individui raccoglie informazioni sulla disponibilita' direttamente dai siti internet delle strutture alberghiere. Una quota minoritaria di italiani, il 10% in eta' piu' matura, si rivolge infine alle agenzie di viaggio. Il fenomeno delle case in affitto e' ormai dilagante: si stima che a Firenze oltre il 18% dell'intero patrimonio immobiliare delle location del centro storico sia affittabile tramite Airbnb, addirittura il 25% a Matera, capitale europea della cultura nel 2019. Secondo statistiche fornite dal principale operatore, gli host in Italia hanno attualmente toccato quota 120 mila, configurando una situazione di micro imprenditorialita' che nella prassi piu' diffusa va ad integrare il reddito che origina dall'occupazione principale. Queste forme di reddito addizionale tendono tuttavia ad essere molto concentrate: secondo un recente studio dell'Universita' di Siena, la distanza tra gli host con il migliore/peggiore rating, sintetizzato dal calcolo dell'indice di Gini, arriva a superare un valore di 0,6 nelle principali citta' (0,7 a Milano, 0,67 a Catania e 0,66 a Firenze), contro una media nazionale di 0,3. E' comunque indubbio il sostegno diffuso al reddito che queste piattaforme assicurano ai proprietari di seconde case, negli ultimi anni prese di mira dal fisco e dalle tasse locali: secondo le informazioni disponibili, nella citta' di Milano tre host su quattro incassano circa 5 mila euro l'anno. Con i quali si pagano pulizie, tassa di soggiorno, Irpef, IMU e tassa rifiuti.

10. CONSUMI: LE PROSPETTIVE 2018-2019
Il 2017 e' stato un anno caratterizzato da una battuta d'arresto del potere d'acquisto delle famiglie. In termini reali il reddito disponibile ha ristagnato, registrando una variazione prossima a zero. Questo comporta che la crescita dei consumi, che ha sfiorato l'1,5%, e' stata finanziata anche attraverso una contrazione del saggio di risparmio. Tale andamento costituisce un'ipoteca che pesa sulle prospettive della attuale fase di ripresa: sebbene vi siano le premesse per un aumento del potere d'acquisto delle famiglie, che dovrebbe raggiungere ritmi di crescita prossimi all'1% nel 2018, e confermarli nel 2019, occorrera' una ulteriore diminuzione del saggio di risparmio per mantenere l'anno prossimo la crescita dei consumi sugli stessi ritmi del 2017. Tra i fattori che hanno sostenuto la propensione al consumo delle famiglie italiane negli ultimi due anni vi e' probabilmente il ciclo dei beni durevoli, finanziato in buona misura attraverso una ripresa del credito al consumo, sostenuta dall'aumento della disponibilita' di prestiti destinati alle famiglie. La ripresa del ciclo dei durevoli e' stata in buona misura guidata dall'aumento degli acquisti di autovetture, iniziato nel 2015. Il ciclo dell'auto e' certamente derivato dalle esigenze di rinnovo dello stock esistente, divenuto obsoleto dopo diversi anni di mancati acquisti. Il 2017 rappresenta da questo punto di vista con tutta probabilita' uno spartiacque, in quanto il tasso di rinnovo del parco auto inizia probabilmente a posizionarsi su valori meno distanti da quelli necessari per il mantenimento dello stock esistente. Il ciclo dell'auto dovrebbe quindi gradualmente spegnersi; la domanda si manterrebbe su ritmi di crescita ancora positivi, ma meno vivaci rispetto al recente passato. Non e' immediato stabilire se altri beni durevoli prenderanno il testimone della crescita dei consumi. Nella fase piu' recente il mobile e l'elettrodomestico non hanno mostrato segnali di vivacita' comparabili ad altre fasi di ripresa, confermando la saturazione di questi mercati. Non va comunque trascurato il fatto che da alcuni trimestri iniziano a emergere segnali di miglioramento del mercato immobiliare; la ripresa degli acquisti di immobili potrebbe favorire alcune spese di investimento (come le ristrutturazioni) che andrebbero a sottrarre risorse alla spesa per consumi, sollecitando pero' acquisti proprio nei comparti dell'arredamento e dell'elettrodomestico. In decelerazione, rispetto ai ritmi esuberanti degli anni scorsi, l'elettronica di consumo, che e' stata attraversata durante gli anni scorsi da cicli brevi guidati da significative innovazioni di prodotto (dal cellulare, al pc portatile, al tablet, allo smartphone). Nei prossimi anni, pur mantenendosi su ritmi vivaci, queste tipologie di consumo dovrebbero vedere ridimensionare il proprio contributo alla crescita della spesa, a meno di nuove fasi di crescita innescate dall'introduzione di nuovi prodotti. I principali mutamenti nelle fase piu' recente sono pero' andati non tanto nell'innovazione dei prodotti, quanto in quella nei servizi di comunicazione. Si e' trattato prevalentemente dell'introduzione della possibilita' di comunicare gratuitamente, attraverso ad esempio Facebook o Whatsapp. Gli effetti sulla spesa in questo caso sono dubbi, considerando che si tratta di consumi erogati gratuitamente, e che quindi hanno determinato risparmi di spesa per le famiglie attraverso il crollo dei consumi di servizi di telefonia e il declino degli acquisti di libri e giornali. L'effetto sulla spesa delle famiglie e' stato quindi legato soprattutto al fatto che la caduta dei costi di questi prodotti ha "liberato" risorse da destinare ad altri impieghi. Nei prossimi anni la decelerazione del ciclo dell'auto potrebbero aprire spazi per la crescita di alcuni consumi non necessari. Il fenomeno piu' significativo degli ultimi anni e' certamente quello dell'impennata delle voci di spesa legate al turismo. La tendenza positiva e' evidente soprattutto nelle voci dei servizi di alloggio, in quella dei pubblici esercizi e anche nei servizi di trasporto. In questo caso l'innovazione e' evidente innanzitutto nei canali distributivi (via internet, attraverso i siti come Booking o Airbnb) che a loro volta stanno portando a un cambiamento nell'offerta attraverso la diffusione di microstrutture (i bed &breakfast o le case vacanza). La crescita dovrebbe protrarsi anche nei prossimi anni, anche se l'entita' degli incrementi e' soggetta ad alcuni margini di rischio: come noto, parte dell'aumento delle presenze turistiche nel nostro Paese e' spiegabile alla luce della perdita di appeal da parte di alcune destinazioni del Nord Africa (soprattutto Egitto e Tunisia) per effetto delle tensioni politiche di quei Paesi; non e' escluso che nei prossimi anni queste mete registrino una fase di recupero se la situazione politica tendera' a normalizzarsi, e questo, evidentemente, ridimensionerebbe la crescita degli afflussi soprattutto nei Paesi del Sud-Europa. Tra i comparti dei prodotti, i semidurevoli e i non durevoli hanno evidenziato sinora una fase di relativa stabilita' con incrementi di entita' contenuta. Di fatto, data anche la fase di stagnazione demografica e il tendenziale invecchiamento della popolazione, le variazioni appaiono in questi comparti riconducibili soprattutto a mutamenti nelle tipologie dei prodotti acquistati, spiegate da cambiamenti nelle preferenze e nella composizione merceologica dovute a variazioni delle tipologie di prodotti acquistati. Se negli anni passati i trend dominanti erano stati guidati dall'obiettivo di contenere la spesa, utilizzando canali distributivi e prodotti meno cari, la ripresa potrebbe portare a modificare questa volta in positivo il mix qualitativo. Una fase di crescita ha in effetti iniziato a caratterizzare le voci dell'abbigliamento e delle calzature, in recupero da alcuni anni dopo un periodo di contrazione. La ripresa sarebbe associata in questo caso direttamente al cambiamento dei canali distributivi (con il fenomeno Amazon) che hanno favorito l'accesso dei consumatori a prodotti meno cari. Diverso il caso dell'alimentare. Si deve ricordare che le tendenze del 2017 sono state condizionate dall'aumento degli acquisti nei mesi estivi di alcuni prodotti – come le bevande – che hanno risentito dell'ondata eccezionale di caldo. Una normalizzazione delle temperature dovrebbe quindi tradursi in una fase di decelerazione della spesa in questi comparti. Restano infine positive le tendenze dei consumi di servizi piu' direttamente legati all'invecchiamento; in particolare, si tratta delle spese per la sanita' sostenute dai privati e, soprattutto, le spese per i servizi alla persona. La crescita dei servizi sanitari nella spesa delle famiglie riguarda difatti esclusivamente la parte delle spese sostenute dai privati, dato che la maggior parte delle prestazioni e' erogata dal Servizio sanitario nazionale, e dunque non e' classificata all'interno dei consumi delle famiglie, ma in quelli della pubblica amministrazione. La crescita della spesa privata riflette anche l'arretramento del pubblico dati i tagli alla spesa sanitaria degli ultimi anni. I cittadini sono quindi indotti a rivolgersi alla sanita' privata (e talvolta anche a rinunciare alle prestazioni sanitarie). L'arretramento dell'offerta di servizi da parte del pubblico tende quindi a generare una domanda per servizi forniti dai privati. Va quindi considerato che e' possibile che tale aumento della spesa vada a comprimere le disponibilita'economiche dei consumatori, spingendoli a ridimensionare altre voci di consumo.

Italiani.coop - 27-03-2018


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