Valente e la disfatta di Adrianopoli

I GRANDI PERSONAGGI STORICI


Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtu' e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i piu' stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona.

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Valente

Flavio Giulio Valente (Cibalae, 328 - Adrianopoli, 9 agosto 378) e' stato un imperatore romano dal 364, anno in cui il fratello Valentiniano I gli affido' la parte orientale dell'Impero romano, alla sua morte. Valente e suo fratello Valentiniano nacquero entrambi 70 km a est di Sirmio, nella citta' di Cibalae. Passarono la loro infanzia in tenute comprate dal padre, Graziano il Vecchio, in Africa e in Britannia. Mentre Valentiniano aveva avuto una brillante carriera gia' prima della nomina imperiale, Valente passo' gran parte della propria giovinezza nelle proprieta' familiari e si uni' all'esercito solo intorno al 360. Secondo gli storici Socrate Scolastico e Giovanni di Antiochia, Valente avrebbe avuto problemi per essersi dichiarato cristiano sotto Giuliano, mentre ricopriva la carica di protector domesticus; secondo gli storici moderni, questo episodio potrebbe corrispondere a verita' , e pare che Valente si sia rifiutato di compiere un sacrificio pagano richiesto da Giuliano, ma senza subire conseguenze.
Nel febbraio del 364, l'imperatore in carica Gioviano, il quale si stava recando a Costantinopoli per rinsaldare il proprio potere, rimase asfissiato durante una sosta a Dadastana, 150 km ad est di Ancyra (l'attuale Ankara). Valentiniano era tra gli agenti dell'imperatore, e la sua permanenza nell'esercito gli aveva reso una promozione a tribunus scutariorum, assieme a una certa fama. Quando si dovette procedere ad eleggere un nuovo Imperatore, Valentiniano fu una scelta obbligata. Egli era illirico come Gioviano e aveva rapporti con l'armata che aveva scelto il precedente imperatore l'estate precedente.
A differenza di Gioviano, comunque, Valentiniano fu eletto, e non imposto, per il ruolo di imperatore: fu proclamato Augusto il 26 febbraio 364. Il suo primo gesto fu la decisione di condividere il governo dell'Impero, che giudicava ingovernabile per la sua vastita', e il 28 marzo dello stesso anno designo' suo fratello Valente proprio coimperatore all'Ebdomonte, primo di una lunga serie di imperatori incoronati in quel luogo.
Dopo soli due mesi di governo affiancato, i due tornarono in Illirico; poco fuori Naisso, in Moesia, si spartirono i burocrati, e a Sirmio fecero lo stesso con le proprie armate. Come Augusto anziano (Massimo Augusto) Valentiniano tenne direttamente l'Italia, l'Illirico, la Spagna e la Gallia, la Britannia e la provincia d'Africa; Valente, come Augusto Junior, ebbe la meta' orientale dei Balcani, la Grecia, l'Egitto, la Siria e l'Asia minore fino al confine con la Persia. Dopo la meta' di agosto 365, Valentiniano continuo' per Mediolanum, dove risedette per un anno prima di raggiungere Treviri, la quale rimase la sua capitale fino al 375; Valente torno' a Costantinopoli per la fine del 364.
Valente aveva ereditato la parte orientale di un impero che si era appena ritirato da gran parte dei possedimenti in Mesopotamia e Armenia in seguito al trattato firmato da Gioviano col re di Persia Sapore II. La priorita' di Valente per l'inverno del 365 era avanzare verso est, con l'intenzione di recuperare la situazione. Essendo arrivato in Cappadocia in autunno, venne a sapere che un usurpatore si era proclamato imperatore a Costantinopoli.
Alla sua morte, Giuliano aveva lasciato un parente in vita, un cugino da parte di madre di nome Procopio. Egli era stato incaricato di comandare una divisione settentrionale dell'esercito di Giuliano durante la spedizione in Persia, e non era stato presente all'elezione imperiale di Gioviano. Mentre questo aveva cercato di tenere a bada il potenziale rivale per il potere; sotto Valente, Procopio fu sempre piu' sospettato di covare il desiderio di vendetta. Dopo essere sfuggito per poco all'arresto, si nascose e torno' allo scoperto a Costantinopoli, dove riusci' a convincere due divisioni militari di passaggio a proclamarlo imperatore il 28 settembre 365. Sembra che all'inizio l'accoglienza in citta' sia stata tiepida, ma in seguito Procopio riusci' ad ottenere il favore della popolazione con una massiccia azione di propaganda: isolo' la citta' rispetto alle notizie esterne, e fece girare la voce che Valentiniano fosse morto.Fece coniare monete che sottolineavano una sua connessione con la dinastia costantiniana, che poi legittimo' per mezzo della vedova e della figlia di Costanzo II come facciata per il proprio regime. Questo modo di agire riscosse un certo successo, soprattutto tra i soldati fedeli alla dinastia costantiniana e agli intellettuali orientali, che si sentivano perseguitati dai Valentiniani.
Valente, nel frattempo esitava: alla notizia della rivolta considero' l'idea dell'abdicazione. Anche quando riusci' a farsi forza per combattere, i suoi sforzi furono ostacolati dal fatto che gran parte delle sue truppe fossero gia' passate dalla Cilicia alla Siria. Nonostante tutto, Valente pote' mandare due legioni incontro a Procopio, il quale le persuase facilmente a passare dalla propria parte. Nello stesso anno Valente stesso per poco non fu catturato in uno scontro vicino Calcedonia. I problemi furono aumentati dal rifiuto di Valentiniano di fare altro che difendere i propri territori. Il fallimento della resistenza imperiale permise a Procopio di impossessarsi delle diocesi di Tracia e d'Asiana.
Valente pote' mettere insieme abbastanza truppe da affrontare Procopio solo nella primavera del 366, e marcio' da Ancyra in Frigia, dove sconfisse il generale di Procopio, Gomoario, nella Battaglia di Tiatira; quindi affronto' direttamente il ribelle a Nacoleia e convinse le sue truppe ad abbandonarlo. Procopio fu giustiziato il 27 maggio e la sua testa fu inviata a Valentiniano, a Treviri.
Il popolo dei goti, stanziato a settentrione, aveva supportato la rivolta di Procopio contro Valente, il quale era inoltre venuto a sapere di un loro piano di ribellione. Essi erano tervingi, un ramo dei visigoti allora sotto il comando di Atanarico, ed erano rimasti in pace fin dalla propria sconfitta contro Costantino nel 332. Nella primavera del 367 Valente, con l'aiuto del proprio nipote Graziano, diventato Imperatore Romano d'Occidente dopo la morte di Valentiniano, attraverso' il Danubio e marcio' contro Atanarico. Questi si ritiro' tra i Carpazi, costringendo Valente a rinunciare e tornare nel corso dell'estate. La primavera seguente un'alluvione del Danubio impedi' all'Imperatore di passare il fiume, ed egli tenne occupate le truppe con opere di fortificazione. Nel 369 attraverso' nuovamente il fiume, e attacco' la tribu' nordorientale dei grutungi prima di affrontare e sconfiggere i tervingi di Atanarico. Questo chiese una tregua, e Valente accettò. Questo trattato sembra aver interrotto gran parte delle relazioni tra le due parti, inclusi il commercio libero e lo scambio di tributi con truppe; perdite che Valente avrebbe accusato negli anni a venire.
Tra le ragioni della formulazione di trattato di pace con i goti del 369 c'era anche il deterioramento della situazione dell'impero ad oriente. Gioviano aveva rinunciato all'Armenia nel 363, e il Gran Re di Persia Sapore II era determinato a sfruttare la situazione. Il monarca sasanide comincio' allora a portare i signori dell'Armenia dalla propria parte e detronizzo' il re arsacide armeno Arsace, che arresto' e incarcerò. Sapore mando' quindi una forza d'invasione contro il Regno d'Iberia, nell'odierna Georgia e una seconda armata contro il figlio di Arsace, Pap, nella fortezza di Artogerassa, probabilmente nel 367. Nella primavera seguente, Pap riusci' a scappare e a raggiungere Valente a Marcianopoli, dove stava conducendo la campagna contro i goti.
Valente mando' il generale Arinteo a reimporre Pap sul trono armeno gia' l'estate seguente alla prima azione contro i goti. Sapore reagi' invadendo ancora e devastando la regione. Pap riusci' nuovamente a fuggire e fu reintegrato dai romani scortato da una forza molto piu' grande nel 370. La primavera seguente il generale Terenzio guido' forze ancora piu' potenti per riconquistare l'Iberia e presidiare l'Armenia nei pressi del monte Npat. Il contrattacco di Sapore in Armenia fu bloccato dai generali Traiano e Vadomario a Bagavan. Valente aveva violato il trattato del 363 e quindi aveva difeso con successo la propria posizione. Una tregua stipulata nell'anno della vittoria garanti' una pace provvisoria per cinque anni, mentre Shapur era impegnato contro un'invasione Kushan ad est.
Nel frattempo sorsero problemi con Pap, che arrivo' a uccidere il patriarca armeno Narses e a pretendere il controllo di alcune citta' romane, tra cui Edessa. Spinto dai suoi generali, e temendo che Pap sarebbe passato dalla parte dei persiani, Valente catturo' il principe, e in seguito lo fece mettere a morte. Al suo posto l'imperatore pose un altro arsacide, Varazdat, che governo' sotto la reggenza dello sparapet (comandante dell'esercito armeno) Masel Mamikonean, fedele a Roma.
Tutto cio' non miglioro' la situazione con i persiani, che ricominciarono a lamentarsi riguardo al trattato del 363. Nel 375, Valente si preparo' per una spedizione, che pero' non venne eseguita a causa della grande rivolta in Isauria da parte di truppe prima stanziate ad oriente. Come se non bastasse, nel 377 i saraceni comandati dalla regina Mavia si ribellarono, devastando i territori dalla Palestina al Sinai. Anche se Valente riusci' a sedare entrambe le rivolte, gli fu impedita l'azione contro i persiani.
I piani di Valente per una campagna verso est non si realizzarono mai. Un trasferimento di truppe all'Impero d'occidente nel 374 aveva lasciato molti vuoti nelle file orientali, e per riempirli l'Imperatore ordino' un'ambiziosa azione di reclutamento. Non gli giunse quindi sgradita la notizia che i goti erano stati cacciati dalla propria terra di residenza dagli unni nel 375 e che gli stavano ora chiedendo asilo. Nel 376 i visigoti avanzarono verso la foce del Danubio e mandarono un ambasciatore da Valente, il quale aveva posto la propria capitale ad Antiochia. Essi domandavano protezione e terre nella penisola balcanica: si stima che 200.000 goti fossero lungo il Danubio in Moesia e in Dacia.
Come i suoi consiglieri gli fecero subito notare, questi barbari avrebbero potuto sia riempire i vuoti del suo esercito sia diminuire la sua dipendenza dalle truppe di leva provinciali, aumentando inoltre i proventi della tassa di reclutamento. Tra i capi dei goti che chiedevano asilo era incluso Fritigerno, che aveva avuto buoni contatti con Valente negli anni 370, quando questi lo aveva aiutato nella sua ribellione contro Atanarico, il quale stava perseguitando i goti cristiani. Anche se sembra che molti gruppi chiesero l'ingresso nell'Impero, Valente lo concesse solo a Fritigerno. Cio' non evito' che gli altri lo seguissero.
Quando i goti intrapresero l'attraversamento, le truppe romane erano schierate a est, sulla frontiera persiana e in Isauria, ed erano presenti solo truppe leggere di frontiera. La scarsezza di uomini impedi' ai romani di fermare l'attraversamento da parte di un gruppo di goti prima, e poi di unni e di alani. Cio' che era iniziata come un'integrazione programmata stava diventando un flusso incontrollato. La situazione ando' di male in peggio, dato che i comandanti romani presero ad abusare dei goti sotto il loro controllo, questi si sollevarono nel 377 sconfiggendo i romani a Marcianopoli.
Dopo essersi riuniti ai visigoti, agli unni e agli alani, i goti marciarono a lungo prima di incontrare un contrattacco imperiale, in arrivo sia da oriente che da occidente. I goti uscirono vittoriosi dalla battaglia, svoltasi ad ad Salices, e presero il controllo della Tracia. Nel 378 Valente usci' dalla propria base orientale di Antiochia verso ovest, prendendo con se' tutte le forze tranne quelle basilari per la difesa, tra cui alcuni goti, e raggiunse Costantinopoli il 30 maggio. Nel frattempo i consiglieri di Valente, il Comes Ricomero, e i suoi generali Frigerid, Sebastiano e Vittorio lo misero in guardia, pregandolo di aspettare Graziano in arrivo dalla Gallia con le sue legioni vittoriose, cosa che Graziano stesso invocava. Gli eventi successivi furono frutto della mancanza di modestia di Valente che, geloso dei successi del nipote Graziano e convinto di avere truppe sufficienti per battere i Goti, voleva la vittoria per se' .
Dopo una breve sosta con lo scopo di rafforzare le proprie truppe e ottenere un caposaldo in Tracia, Valente usci' dalla citta' , andando incontro all'armata barbarica il 9 agosto 378; la fonte primaria per la battaglia e' Ammiano Marcellino. I tentativi iniziali di trattativa furono interrotti quando un'unita' romana ruppe lo schieramento caricando e diede cosi' inizio ai combattimenti. I romani stavano resistendo quando furono travolti dall'arrivo a sorpresa della cavalleria gota che mando' nel caos l'esercito imperiale. L'ala destra dello schieramento, la cavalleria romana, giunse all'accampamento nemico prima dell'ala sinistra, sfaldandosi senza poter disporre di un supporto strategico.
Nel frattempo Fritigerno mando' ancora un emissario con proposte di pace, nella sua continua manipolazione della situazione. Il ritardo risultante mostrava il logoramento subito dai romani. Le risorse dell'esercito furono ancora diminuite quando un attacco fuori tempo da parte degli arcieri rese necessario richiamare l'emissario di Valente, il comes Ricomere. Gli arcieri furono battuti e si ritirarono.
Quindi la cavalleria dei goti colpi' sotto il comando di Alteo e Safrace, e la cavalleria romana dovette soccombere, in quello che fu probabilmente l'evento decisivo della battaglia. La fanteria, abbandonata a se' stessa, fu circondata e fatta a pezzi. Valente fu ferito e venne trasportato alla sua tenda. I goti la circondarono e la misero a fuoco, ignari del suo prezioso ospite; secondo Ammiano Marcellino questa fu la fine dell'imperatore. Alla fine della battaglia, i due terzi dell'armata imperiale era stata uccisa. Erano morti anche molti degli ufficiali; cio' che rimaneva dell'esercito fu condotto via nottetempo dal comes Ricomere e dal generale Vittore.
La battaglia fu un grave colpo per Roma: l'imperatore Graziano, diciannovenne, era sopraffatto dalla disgrazia e non fu in grado di affrontare la catastrofe che segui' finche' non nomino' Teodosio I nuovo imperatore d'oriente.
La battaglia di Adrianopoli fu l'evento piu' significativo della carriera di Valente. Essa fu molto importante anche sotto un altro aspetto: l'evoluzione della guerra. Fino a quel tempo la fanteria romana era considerata invincibile, e cio' era stato dimostrato innumerevoli volte in battaglia. Ma la cavalleria gotica cambio' completamente il modo romano di combattere: anche se mancano dati relativi al V secolo, per tutto il IV e VI secolo la cavalleria divenne il nerbo dell'esercito imperiale terrestre.
La morte, arrivata in una battaglia tanto nefasta, segno' l'apice di una carriera sfortunata. Cio' acquista particolare verita' con l'analisi degli effetti della sconfitta riportata ad Adrianopoli. Questa segno' l'inizio della fine dell'integrita' territoriale del tardo Impero, e cio' fu evidente persino ai contemporanei. Ammiano comprese che questa era la disfatta piu' grave dai tempi della battaglia di Canne, e l'ufficiale bizantino Rufino la chiamo' "l'inizio dei mali per l'Impero romano, ora e in seguito".
Come i fratelli Costanzo II e Costante I, Valente e Valentiniano avevano credo religiosi differenti: Valente era Ariano e Valentiniano adottava il Credo di Nicea. Alla morte di Valente, in ogni caso, la storia dell'arianesimo nell'oriente romano giunse alla fine: il suo successore Teodosio I avrebbe infatti imposto il credo di Nicea tramite l'editto di Tessalonica.

Eugenio Caruso - 16 aprile 2018

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