Italia: vizi e virtù. Nasce il centro sinistra



In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"

Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.

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4. Il centro sinistra (1961 - 1976)
Nel marzo del 1961, al XXXIV congresso del partito, i socialisti decidono la scelta di campo occidentale ponendo le premesse per il loro coinvolgimento nel governo o, come afferma Nenni, per far entrare «nella stanza dei bottoni» i rappresentanti delle masse popolari. Peraltro, nel luglio del 1961, i socialisti tolgono l'appoggio esterno al governo delle convergenze parallele, chiedendo alla Dc il superamento della politica dei governi centristi.
La situazione politica è in ebollizione, avanti e dietro le quinte si gioca la battaglia per l'ingresso dei socialisti al governo, osteggiato da Chiesa e Confindustria e appoggiato dagli intellettuali, dall'industria di stato e da gran parte della Dc, che vede nel centro-sinistra la prospettiva di una maggiore stabilità di governo. I dorotei, guidati da Moro, avviano, sempre nel 1961, dopo le elezioni amministrative dell'ottobre '60, un'intesa con lo Psi per realizzare giunte di centro-sinistra (Milano, gennaio; Genova, febbraio; Firenze, marzo). Il consigliere particolare di Kennedy, lo storico Arthur Schlesinger e l'inviato speciale Averell Harriman convincono il presidente degli Usa che il centro sinistra potrebbe dare all'Italia un governo più riformista e consentire d'isolare il Pci; Schlesinger, nel suo libro I mille giorni di John F. Kennedy, racconta che, da un certo momento, emissari di Kennedy a Roma fecero pressioni per accelerare l'ingresso dei socialisti al governo.
A Napoli, all'ottavo Congresso, nel novembre 1962, l'asse Moro-Fanfani, è in grado di convincere i colleghi di partito che la politica non premia più il centrismo: l'80% dei delegati, anche la destra vaticanista di Andreotti, appoggia la lista Amici di Moro e Fanfani, decretando ufficialmente lo spostamento dell'asse politico a sinistra. Solo il gruppo di Scelba mantiene la sua opposizione. Andreotti, pur accordandosi con Moro e Fanfani, mantiene una posizione defilata; ammetterà, molti anni dopo, di non aver creduto, allora, nella validità della strategia dell'isolamento del Pci, strategia che avrebbe allontanato il processo di liberazione dei comunisti dal vincolo di fedeltà con il Pcus (Zavoli, 1999).
Moro afferma, al congresso, che la Dc deve creare un più stabile equilibrio per il Paese, associando «senza rischi, e anzi con vantaggio, lo Psi per la guida del Paese e per la difesa delle istituzioni». Nello stesso 1962 inizia quindi, cautamente, l'esperimento del centro-sinistra, a livello nazionale. Amintore Fanfani, forma il suo quarto governo (21/2/62-21/6/63), un tripartito (Dc, Psdi, Pri), ancora con l'appoggio esterno dei socialisti: il cosiddetto governo di "centro sinistra programmatico". L'appoggio esterno dello Psi è determinante e contrattato sulla base di un programma che comprende: nazionalizzazione dell'industria elettrica, istituzione della scuola media unica, istituzione delle regioni (Galli, 2001).
Il centro-sinistra nasce tra apparenti grandi entusiasmi, però con un difetto di fondo, esso ingloba aspettative diverse (Galli, 1996), quella dei riformisti (La Malfa, Saraceno), che propongono "riforme correttive al caotico sviluppo del capitalismo italiano", quella dei socialisti, che considerano il centro-sinistra l'humus per "preparare la strada alle riforme strutturali e al socialismo", quella minimalista dei dorotei, che accettano una politica riformista solo nella misura in cui essa non intacchi il potere dela Dc.
4.1 Segni alla presidenza della Repubblica
Nel mese di maggio 1962 deve essere eletto il presidente della repubblica; Moro si rende conto che è necessario puntare su un personaggio che, nei confronti dei moderati, sia garante del centro sinistra e, pertanto, si impegna per la nomina di Antonio Segni. La sinistra Dc, che teme un eccessivo rafforzamento dei dorotei, e i gronchiani, che puntano alla riconferma, fanno una resistenza durissima, mentre la sinistra vota per Saragat. Solo al nono scrutinio, la resistenza e l'abilità di Moro sono premiate e Segni, il 6 maggio 1962, viene nominato Presidente, con il voto determinante dei monarchici (Pdium ) e dei missini. «Ad Aldo Moro, molto più che al neo-presidente della repubblica, andò, non a caso, la lunga ovazione del Parlamento, che riconobbe il vero vincitore» (Cossiga, 2000).

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