Il marketing, uno strumento della moderna economia. Le basi psicologiche e filosofiche

Da tutto si cerca di ricavare piacere, nessun vizio rimane entro i propri limiti, il desiderio smodato del lusso precipita nell’ingordigia. L’oblio dell’onestà è un atteggiamento comune, non si prova vergogna di nulla: è solo questione di prezzo.
Seneca Lettere morali a Lucilio



Gli esseri umani hanno, spesso, reazioni paradossali e se si vuole ottenere qualcosa da qualcuno, a volte, occorre adottare comportamenti paradossali; questo incipit non deve stupire perché, il paradosso ricorre frequentemente nel definire l'operatività del marketing, specialmente nell'ambito delle relazioni tra fornitore e cliente.

 Il seguente episodio, frutto di forte capacità umoristica, è stato scritto da Mark Twain nel romanzo per ragazzi Tom Sawyer, e sembra particolarmente adatto per introdurre il concetto di marketing.

La zia Polly ha imposto a Tom di dipingere una staccionata; si tratta di una noiosa punizione e Tom è tormentato dal pensiero che i suoi compagni sono in vacanza e si staranno divertendo. Prima o poi passeranno di lì e si prenderanno gioco di lui; la situazione è senza speranza, ma Tom è un ragazzo ricco di iniziative.
Ecco che compare il primo, Ben Rogers, che si piazza dietro Tom e inizia a prenderlo in giro: «Ehi, salve! Sei nei guai, eh? Ti hanno costretto a lavorare, a quel che vedo».
«Ah, ciao, sei tu? Non mi ero accorto del tu arrivo». Risponde Tom continuando a dipingere, con maestria.
«Senti, io vado a nuotare, perché non vieni anche tu? Ma già, che sciocco, devi stare qui a finire il lavoro eh?» dice Ben.
Tom si finge sorpreso: «Di quale lavoro stai parlando?».
E spaccia il suo umile lavoro di pennello per un gran divertimento, finché Ben gli chiede: «Mi lasci imbiancare un pezzetto? »
Tom si lascia convincere in cambio del torsolo di una mela.
Uno dopo l'altro passano anche gli altri ragazzi. E ognuno vuole partecipare alla nuova attrazione della verniciatura. Nel pomeriggio la staccionata risplende perfetta.
Noleggiando il pennello Tom, che al mattino era in bolletta nera, è entrato in possesso di un patrimonio sotto forma di un aquilone, un topo morto, un pezzo di spago, dodici biglie, un’armonica rotta, un pezzo di vetro blu, una cartuccia, una chiave, un pezzo di gesso, il tappo di vetro di una caraffa, un soldatino, sei petardi, un gattino con un occhio solo, una maniglia di ottone, un collare per cani, il manico di un coltello, una buccia d’arancia, un vecchio telaio da finestra. E ha avuto una lezione di vita: quel che sembra una faticaccia, quando si è costretti a farlo, diventa un piacere quando ci viene permesso di farlo.

Questo episodio, che, nelle intenzioni di Mark Twain, non aveva nulla a che vedere con le leggi della domanda e dell'offerta, possiamo consideralo un divertente punto d'approccio per parlare di marketing.
Prima di analizzare il racconto con gli occhi del marketing, giova studiarlo alla luce della teoria freudiana (Freud, 1932), secondo cui una caratteristica saliente e costante del funzionamento dell’apparato psichico è la spinta verso la regolazione delle tensioni, altrimenti nota come Principio del Piacere (1). Sostiene Freud che l'estinzione o la limitazione degli stimoli (o impulsi) che operano sull'apparato psichico riducono la tensione interna, pertanto, questa attività di estinzione o di limitazione viene sperimentata come Piacere.
Nel caso dell'episodio di Tom Sawyer gli stimoli sono, da parte di Tom, l'insoddisfazione per l'incarico ricevuto, il dispiacere di non poter disporre del tempo a suo piacimento, la paura di essere deriso dai compagni, da parte degli amici, l'invidia nell'osservare Tom impegnato in un'attività importante e divertente, il desiderio di essere coinvolti in quel nuovo gioco. Gli stimoli, che creano tensione, vengono diretti nella direzione del baratto, Tom affitta il pennello in cambio di qualcosa, e la tensione si dissolve creando piacere in tutti i ragazzi.
«Quando gli stimoli che operano nell'apparato psichico vengono diretti verso oggetti esterni, questi oggetti si presentano e si dimostrano utili nella riduzione della tensione e quindi nel procurare piacere, nell'accezione freudiana. (Trevisani, 2003)».

Trasferendo questi concetti, nell'arena del marketing, si può sostenere che se si riesce a comprendere cosa provoca tensione in un soggetto,  si potranno identificare potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione è prodotta da stimoli che possono essere indirizzati nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca e lo studio dei bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità al marketing. Anche nel campo del business to business, se si riesce a comprendere cosa provoca tensione nel buyer di un’impresa, si potranno identificare le leve motivazionali e regolare di conseguenza l'offerta.

Nei modelli più avanzati di marketing, il processo dell’acquisto deve, necessariamente, essere confrontato con quello della motivazione. E cioè, quali sono i fattori che spingono l'individuo all'acquisto? La teoria della motivazione vede come unità motivante di base, ancora la tensione.
Gli impulsi generatori di tensione si innestano su stati di disequilibrio percepito, e creano una spinta alla risoluzione del problema attraverso il raggiungimento di stati di equilibrio. L'impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui nasce la percezione che quell'acquisto possa diventare lo strumento risolutivo del problema.

Ritornando a Twain, gli stati di disequilibrio sono rappresentati dall'insoddisfazione di Tom per il lavoro che gli è stato imposto e dalla gelosia degli amici che vorrebbero "divertirsi" a verniciare la cancellata. Gli stati di disequilibrio creano gli impulsi necessari per risolvere il problema e gli impulsi diventano il movente per trovare la soluzione e cioè il baratto.

Questa introduzione, forse un po' provocatoria, vuole porre subito l'accento sul fatto che il marketing è, oggi, una scienza che deve ricorrere, anche, alla ricerca cognitiva.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, non avremmo bisogno di fare ricorso all'analisi cognitiva o al paradosso (De Bono, 1967).
Le persone, sia come consumatori singoli, che come decisori aziendali, esprimono, nei propri comportamenti, tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità.

Forniamo una prima tipologia di moventi d'acquisto:

Pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli della convenienza dell'acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali).

Pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto dell'acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale.

Pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti da pulsioni ancestrali e genetiche, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole.
Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla storia della specie e dalla sua biologia.

Esempi di pulsione conscia sono: la percezione della necessità di possedere un ombrello se piove, o di dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il posto di lavoro, o di concedersi una vacanza dopo un anno di lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti e valutandone pro e contro, razionalmente.
Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato che deve recarsi al lavoro, scelta nella quale egli a priori, inconsapevolmente, esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo costume da bagno, accappatoio o smoking includendo invece scarpe inglesi,  abiti interi o spezzati, con o senza cravatta.

Il fatto che la scelta avvenga all'interno di un "gruppo mentale" di prodotti non è completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato non dovrebbe recarsi al lavoro in costume da bagno, d'estate quando fa molto caldo? Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.

Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Nell'affrontare il marketing, dobbiamo definitivamente abbandonare il concetto che tutti gli acquisti siano razionali, con riferimento a qualche norma oggettiva o a qualche legge universale. Spesso comportamenti apparentemente irrazionali assumono una razionalità interna per il sistema di valori dell'individuo o per il suo stato psicologico.
Ad esempio, l'atto di bere un superalcolico, alle 10 del mattino, sembrerebbe irrazionale secondo una logica esterna, ma può essere del tutto coerente e razionale rispetto alle pulsioni interne che esperisce l’individuo (bevo per calmarmi, per premiarmi, per farmi coraggio).
Questi moventi fanno parte della razionalità interna, non della razionalità esterna. Sono intrinsecamente coerenti, anche se visti dal di fuori sembrano non aver senso.
Lo stesso vale per chi pratica il body building e fa uso di anabolizzanti. Il desiderio di potere, la supremazia, l'apparire forti e vincenti, sono estremamente razionali nella logica interna di quel tipo di comportamenti.
L'analisi dei moventi deve andare in profondità e non accontentarsi di giudicare "irrazionali" alcuni comportamenti. Deve scoprire come e quando nasce il movente, quali comportamenti dimostrativi sono in corso, come, ad esempio il tentativo di costruire un personaggio o un'identità, oppure l'imitazione di persone reali o personaggi mediatici, i quali hanno inconsapevolmente agito sull'individuo.

Affinché avvenga un acquisto, è necessario, pertanto, che l'oggetto del desiderio svolga una funzione positiva sull'orizzonte psicologico del cliente e non sull'orizzonte del cosiddetto "senso comune". Le indagini svolte da Trevisani hanno permesso di evidenziare tre distinte motivazioni ad un acquisto (Trevisani, 2003).

  1. Prevenire problemi che il soggetto ha già: il prodotto (2) agisce come risolutore di un problema esistente, un problema che ha già iniziato ad agire sul fronte psicologico del soggetto.
  2. Mantenere situazioni positive: in questo caso, il prodotto ha una funzione di "manutenzione" o consolidamento di situazioni esistenti, ritenute, a livello psicologico, positive
  3. Agire per arrestare una minaccia futura e prevenirla: in questo caso, il prodotto viene acquistato per via della sua capacità percepita di arrestare minacce future, incombenti, che hanno una certa probabilità di verificarsi e mettono in pericolo la tranquillità psicologica del cliente.

 

Trattare le pulsioni d’acquisto significa, soprattutto, capire che posizione occupa il prodotto all’interno della dimensione spazio-tempo del soggetto e identificare quale funzionalità il prodotto assume rispetto alla prospettiva temporale del consumatore/cliente. Le tre categorie di valori/proprietà di prodotto succitate, si differenziano, fondamentalmente, per l'orizzonte temporale rispetto al quale il prodotto agisce.

A volte, parlando con l'uomo della strada, si ha la sensazione che il marketing sia percepito come uno strumento, inventato dalle imprese, che consente di distorcere, pubblicamente, la verità per costringere il consumatore, sottoposto ad un vero e proprio sfruttamento commerciale, a disfarsi dei propri risparmi.

Prima di lasciarci travolgere dalla passione e affermare che il marketing è la più grande invenzione, mai realizzata dall'uomo, capace di  farlo volare dalla routine del quotidiano alle più sfrenate fantasie dell'immaginazione (3), si ritiene  necessario chiedere alla filosofia che cosa si intende per verità.

Sostiene Friedhelm Moser che «Un'idea o un'affermazione è vera quando corrisponde alla realtà. Se mentre passeggio con un amico, questi mi interrompe e mi dice che sta incominciando a piovere, e io sollevo la mano e se sento sul palmo delle gocce d'acqua, gli confermo che ha ragione e che sta piovendo». Questa lapalissiana verità è chiamata dai filosofi "teoria della rappresentazione" (Moser, 2000).
 
Ludwig Wittgenstein sostiene, invece, che nello «Nello spazio logico, il mondo è la totalità dei fatti» e che «Ci costruiamo immagini dai fatti. L'immagine può concordare con la realtà, oppure no, essere corretta o sbagliata, vera o falsa. Per capire se un'immagine è vera o falsa, dobbiamo confrontarla con la realtà. Dall'immagine in sé non si può capire se essa è vera o falsa». Il punto della questione è «Ma dove troviamo la realtà con cui dovremmo confrontare la nostra immagine?». I fisici  insegnano che la sedia sulla quale siamo seduti è fatta di puro vuoto con miliardi di particelle cariche che girano vorticosamente, e allora la realtà, evidentemente, è al di fuori della nostra conoscenza, se, sedendoci, non cadiamo per terra. Afferma Wittgenstein «La realtà è la conoscenza empirica osservata dall'esperienza». Pertanto, tutto ciò che sappiamo è passato attraverso gli organi di senso,  i canali della nostra percezione, le reti del sistema nervoso, l'elaborazione da parte del cervello. Nella nostra mente impressioni indistinte vengono riunite in un quadro generale; ciò che chiamiamo realtà è sempre e soltanto un'idea della realtà. In sintesi non disponiamo di una realtà oggettiva  con cui confrontare le nostre immagini.

Seguendo Aristotele, possiamo solo verificare se una nuova idea si concilia con l'insieme delle nostre vecchie idee, accettate come vere. Ciò che contraddice le teorie in vigore viene generalmente considerato una bugia o un errore. Questa verità è chiamata dai filosofi "teoria della coerenza".

«Ma l'imperatore è nudo», esclama il bambino della favola; nessuno gli aveva spiegato che, spesso, nella vita una menzogna presentabile è meglio della verità.
 
D'altra parte Machiavelli consigliava «Non può pertanto uno signore prudente, né debbe, osservare la fede quando tale osservanzia gli torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere», mentre, secondo Talleyerand, «All'uomo è stato donato il linguaggio perché possa nascondere i propri pensieri» e Platone considerava la bugia, uno strumento irrinunciabile della politica.

Questo per sostenere quanto sia pericoloso avvicinarsi ai concetti di verità e di distorsione della verità e affrontare il marketing con atteggiamenti dogmatici.
Giova, peraltro, ammettere che il marketing è entrato violentemente nella vita dell'uomo contemporaneo, ne influenza le scelte, ne determina i comportamenti, lo trasporta nelle sfere del piacere o del dispiacere, esso è pertanto una "cultura" della quale l'impresa di successo deve essere ricca.

Il sistema di pensiero alla base del marketing poggia sulla teoria delle scelte individuali fondata, a sua volta, sul principio della parità tra fornitore e acquirente. In realtà, il marketing non è altro che l'espressione sociale e la trasposizione operativa dei principi enunciati dagli economisti alla fine del XVIII secolo e che sono, tuttora, alla base dell'economia di mercato.
I principi enunciati da Adam Smith si possono riassumere nel seguente concetto: "Il benessere sociale non dipende dall'altruismo, ma proviene dall'incontro degli impulsi egoistici dei produttori e dei consumatori, che attuano uno scambio volontario e concorrenziale".
Partendo dal principio che la ricerca dell'interesse personale è una tendenza imprescindibile della maggior parte degli esseri umani, Adam Smith suggerisce di lasciare le cose così come sono, ma di operare per lo sviluppo di un sistema capace di indirizzare l'egoismo degli individui a dare un contributo, sia pure involontario, al bene comune. Questo sistema è costituito dallo scambio volontario e concorrenziale, guidato dalla mano invisibile e basato sulla ricerca dell'interesse personale che confluisce, inevitabilmente, nell'interesse generale.
Questa impostazione è stata rielaborata nelle economie moderne e il concetto stesso di "impresa" è cambiato notevolmente, ma essa resta, comunque, alla base dell'attività economica di qualunque soggetto competitivo, operante in un mercato concorrenziale.

L'economia di mercato poggia su cinque principi, innocui all'apparenza, ma carichi di implicazioni sul piano della metodologia di approccio dei mercati (Lambin, 2000).

  1. Gli individui cercano esperienze gratificanti. La ricerca di queste esperienze gratificanti è il motore della crescita, dello sviluppo individuale e del benessere generale, essa infatti spinge gli individui a produrre e lavorare.
  2. Quello che per un individuo è gratificante dipende dalle sue scelte personali, le quali variano secondo i gusti, la cultura, i valori.
  3. È attraverso lo scambio volontario e concorrenziale che individui e organizzazioni riescono a realizzare i propri obiettivi.
  4. I meccanismi dell'economia di mercato si basano sul principio della libertà individuale e in particolar modo sul principio di assoluta parità tra fornitore e acquirente.
  5. Il fondamento morale del sistema risiede nel principio che gli individui sono responsabili delle loro azioni e in grado di decidere ciò che è buono o cattivo per se stessi.

Il marketing trova i suoi fondamenti  in questi cinque principi, che si basano su una filosofia d'azione valida per ogni organizzazione che offra una fornitura a un pubblico di utenti.

I campi d'azione del marketing possono essere riuniti in tre grandi classi:

  1. Il marketing dei beni di consumo e dei beni di massa durevoli.
  2. Il marketing dei servizi.
  3. Il marketing dei beni industriali, nell'ambito del business to business.

In ognuna di queste classi  la soddisfazione dei bisogni del cliente deve essere l'obiettivo primario, perché attraverso tale soddisfazione l'impresa può raggiungere i target di crescita e di redditività.
L'applicazione di questo principio implica, per l'impresa, un sistema di pensiero e un sistema d'azione.

Il sistema di pensiero si articola in un'analisi sistematica dei bisogni del mercato e nello sviluppo di nuovi prodotti, destinati a diversi tipi di clientela, con particolari caratteristiche e attributi che li differenzino dai prodotti esistenti, assicurando in tal modo al fornitore un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. Questi sono gli obiettivi del marketing strategico.

Il sistema d'azione si identifica nell'organizzazione di una strategia di comunicazione e di vendita, che abbia per obiettivo rendere note e valorizzare presso i potenziali clienti le caratteristiche e gli attributi distintivi rivendicati dal prodotto offerto. Questo è il ruolo del marketing operativo.

Bibliografia

De Bono E., Il pensiero laterale, BUR, 1967.
Freud S., Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri, 1978.
Lambin J. J., Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, 2000.
Moser F., Piccola filosofia per non filosofi, Feltrinelli, 2002.
Trevisani D., Psicologia di marketing, FrancoAngeli, 2003.

Eugenio Caruso (articolo tratto da Il circolo virtuoso impresa mercato)

9-10-2007

Marketing


(1) Principio del Piacere ha chiamato Freud uno dei due principi che regolano il funzionamento della mente, e, cioè, quello che dirige l'attività psichica per la liberazione del dolore. L'altro principio è quello della Realtà, in base al quale la ricerca del piacere avviene obbedendo alle condizioni imposte dal mondo esterno.
(2) In questo articolo, per comodità, si parlerà, frequentemente, di prodotto nell'accezione più ampia di fornitura di un bene, di un servizio, di una soluzione.
(3) In molti operatori di marketing è spesso, inconsapevolmente, presente un'idea di onnipotenza, derivante dalla convinzione di poter far accettare ogni cosa dal mercato.


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