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Maturità dell'impresa. Le catene del valore

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Capitolo 2
Maturità dell’impresa
Dopo le fasi della nascita e dello sviluppo, l’impresa generalmente smette di acquisire nuove quote di mercato e tende ad assestarsi a un livello sostanzialmente costante, o comunque soggetto a variazioni di bassa entità. Questa fase, definita della “maturità”, non solo può essere molto lunga, ma è caratterizzata solitamente da una condizione di stabilità che tende a protrarsi: i ricavi superano costantemente i costi, e questo genera i profitti con cui l’impresa non solo riesce a soddisfare le proprie esigenze finanziarie, ma anche a ridurre la dipendenza dall’esterno.
È in questa fase, infatti, che l’impresa tende a ridurre progressivamente le passività e quindi a rimborsare quanto ottenuto da banche e da altri finanziatori. Ma è anche in questa fase che l’azienda può finalmente concedersi il lusso di remunerare il capitale di rischio: non vi è più, infatti, l’esigenza di irrobustire il patrimonio aziendale, quindi parte degli utili può essere distribuita senza pericoli per l’equilibrio finanziario.
Superati felicemente gli stadi della nascita e dello sviluppo, l’impresa deve iniziare a strutturarsi, cominciando con il rafforzarsi dal punto di vista della competitività. Fin quando era una piccola startup imbozzolata e protetta da un incubatore non attirava tanto l’attenzione dei competitori, ma appena inizia a muoversi per occupare gli spazi di mercato che le servono per rafforzarsi e ingrandirsi inizia a destare l’attenzione della concorrenza. E deve pertanto essere preparata allo scontro.
2.1 Le catene del valore
Prima di affrontare l’argomento è necessario fare alcune considerazioni sul “vantaggio competitivo” di un’impresa che sia entrata nella fase di maturità.
Va innanzi tutto detto che esso nasce dal valore che l’impresa è in grado di creare per i suoi clienti quando questo valore è superiore al costo sostenuto dall’impresa per crearlo. Il valore è quello che i clienti sono disposti a pagare; il valore che crea il vantaggio competitivo deriva dall’offrire prezzi più bassi della concorrenza per vantaggi equivalenti o dal fornire vantaggi unici che giustifichino eventuali prezzi più elevati.
Esistono quindi, fondamentalmente, due tipi di vantaggio competitivo:
la leadership di costo e la differenziazione.
Porter afferma che la leadership di costo e la differenziazione si possono applicare su un mercato ampio, oppure su una nicchia di mercato; in quest’ultimo caso si parla di vantaggio competitivo derivante da una strategia di focalizzazione o segmentazione.
Una metodologia introdotta da Porter per aumentare il vantaggio competitivo di un’impresa è quella della catena del valore, che consente di adottare il modello della gestione per processi.
Afferma Porter: “Non si può capire il vantaggio competitivo se si considera l’impresa come un sistema unico. Il vantaggio deriva infatti dalle varie attività separate che un’impresa svolge nel progettare, produrre, promuovere, vendere e assistere i suoi prodotti... La catena del valore disaggrega un’azienda nelle sue attività strategicamente rilevanti allo scopo di comprendere l’andamento dei costi e le fonti esistenti o potenziali di differenziazione di ciascuna attività. Un’azienda acquisisce un vantaggio competitivo quando svolge ciascuna attività più efficacemente dei suoi concorrenti”.
Le catene del valore di aziende dello stesso settore riflettono la loro storia e la loro cultura; ciò nonostante Porter ha individuato nove categorie generiche di attività, che valgono per ogni impresa industriale e che si presentano reciprocamente collegate in modo caratteristico.
Di queste categorie, quattro sono definite attività di supporto:
- approvvigionamenti;
- sviluppo di nuove tecnologie;
- gestione delle risorse umane;
- attività infrastrutturali.
Cinque sono definite attività primarie:
- logistica in entrata;
- attività di produzione od operative in genere;
- logistica in uscita;
- marketing e vendite;
- servizi post-vendita.
Il valore della catena, cioè la somma di queste nove attività generatrici di valore in termini monetari, più il margine corrispondente a quanto i compratori sono disposti a pagare per la produzione complessiva, è quindi il ricavo totale, che riflette a sua volta il prezzo che l’azienda riesce a spuntare per il proprio prodotto. L’ottimizzazione di ciascuna attività nelle quali è stata scomposta l’impresa può essere effettuata grazie alla metodologia della miglior pratica (best practice).
Creare un valore che superi i costi sostenuti, rappresentato dal margine, è l’obiettivo di qualsiasi strategia.
Le attività generatrici di valore sono quindi gli elementi che realizzano il vantaggio competitivo di un’impresa. Il modo in cui ciascuna attività viene svolta, combinato con il costo e la differenziazione, determina il vantaggio competitivo (relativamente a quell’attività). Per diagnosticare il vantaggio competitivo è perciò necessario definire la catena del valore propria dell’impresa. Allo scopo di migliorare il proprio vantaggio competitivo occorre analizzare una per una tutte le attività generatrici di valore cercando, per ciascuna di esse, di eliminare gli sprechi, di puntare sulla differenziazione, di migliorare l’organizzazione, di introdurre processi innovativi.
Molte imprese non applicano quella che è chiamata value analysis, ovvero la scomposizione dell’azienda nelle singole attività e la ricerca metodologica della loro ottimizzazione, operando invece sul principio dell’applicazione empirica dei principi che consentono di svolgere l’insieme delle singole attività più efficacemente rispetto alla concorrenza.
Nell’uso della catena del valore è conveniente effettuare disaggregazioni più fini per quelle attività la cui analisi porta alla luce elementi importanti per il vantaggio competitivo.
Va tenuto conto del fatto che la catena del valore non è un insieme di attività indipendenti una dall’altra, ma correlate in modo stretto, tanto che un’attività può influenzarne un’altra. Specifiche molto rigorose sui componenti in ingresso, oppure accordi di partnership con i fornitori, riducono per esempio la necessità di controlli accurati al ricevimento; un buon controllo della qualità del processo di produzione contiene i costi dei controlli alla logistica di uscita e dell’assistenza post-vendita; una gestione informatizzata limita il costo del personale; la necessità di consegne puntuali influenza un po’ tutte le attività primarie; una buona manutenzione abbassa i tempi di fermo macchina o impianto.
Un’impresa, oltreché ottimizzare le singole attività, dovrà quindi ottimizzare questi collegamenti; spesso, anzi, la gestione dei collegamenti è un compito organizzativo più complesso della gestione delle attività generatrici di valore in sé stesse.
Esistono collegamenti anche tra la catena del valore di un’azienda e le catene dei suoi fornitori, dei canali di distribuzione, dei clienti. Questi collegamenti, che Porter definisce “verticali”, sono simili a quelli interni: essi vanno ottimizzati non per ottenere livelli a “somma zero” (qualcuno guadagna, qualcuno perde), ma per raggiungere stadi che consentano di migliorare il vantaggio competitivo di tutti i soggetti che interagiscono.
Le catene del valore delle imprese di servizi seguono sostanzialmente la stessa logica della disarticolazione e dell’analisi delle singole fasi; la differenza si ha negli elementi costitutivi delle singole attività che prevedono la presenza attiva del cliente.
Giova osservare che le aziende che hanno attuato un’accurata articolazione delle proprie attività e analizzato sia la propria catena del valore sia i collegamenti verticali, si trovano particolarmente avvantaggiate a effettuare l’unbundling. Per loro è infatti facile e immediato stabilire quali attività appaltare a sub-fornitori, cosa acquistare in leasing, come sfruttare il franchising, quali soggetti esterni coinvolgere in partnership (in sostanza come dematerializzarsi), perché hanno monitorato costantemente il valore di ogni fase delle attività aziendali, di ogni processo, di ogni relazione.
È importante notare che l’analisi dettagliata dei costi e delle modalità operative di ciascuna attività svolta dall’impresa, al fine di evitare sprechi e ottimizzare efficienza ed efficacia, è opportuno che venga avviata anche durante le fasi di nascita e di crescita dell’impresa stessa, sia pure evitando di caricare troppo i dipendenti. Quando l’azienda raggiunge lo stato di maturità, e questo tipo di analisi è complicato dalla vastità degli interventi, management e dipendenti sono già abituati a operare con il modello dell’ottimizzazione delle catene del valore.

Eugenio Caruso - 3 luglio 2019

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www.impresaoggi.com