Modelli di marketing: dal marketing transazionale al web-marketing.

Servire significa anticipare

Goethe



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Quando ci si avvia a parlare di marketing il primo scoglio che si incontra è stabilirne una definizione.
Il compito non è facile; infatti ogni scuola di pensiero, ogni teorico, ogni professionista è affezionato ad una propria teoria che spesso è superata solo dalla velocità con cui la funzione marketing è andata trasformandosi.
William Davidow (Davidow, 1986) afferma che «il marketing è una guerra civilizzata» infatti la sua definizione della funzione marketing è «inventare prodotti completi e portarli in posizioni di comando su segmenti di mercato difendibili».
Davidow esprime una metafora, ma, nella realtà, spesso, la terminologia e l'operatività degli addetti al marketing assomiglia a quella dei generali. Si parla infatti di: alzare una barriera difensiva, occupare il territorio del concorrente, abbandonare o attaccare un settore, difendere una posizione strategica, effettuare una guerra di movimento,  trasformare una sconfitta in una vittoria ecc.
Comunque, al di là della metafora guerresca, si cercherà di dare del marketing le definizioni più accreditate che si sono susseguite nel corso dell'evoluzione dell'impresa.
La necessità di avere una definizione di marketing non nasce da un bisogno nozionistico, ma è fortemente legata a fornitura, mercato e  strumenti di comunicazione di ciascuna impresa; ogni imprenditore sarà in grado di adottare una propria attività di marketing una volta che abbia ben chiaro cosa essa significhi e comporti per le specificità della sua impresa.

1 Il modello classico

La definizione del cosiddetto modello classico (anche detto modello transazionale)è quella che per più tempo ha tenuto banco e che meglio si adatta all'impresa di produzione di beni di consumo e di beni durevoli di massa.

"Marketing è individuare i bisogni  del target market e operare per soddisfare tali bisogni più efficacemente della concorrenza".
 
Il modello classico può essere definito come il processo attraverso il quale una parte venditrice fornisce a una parte acquirente un prodotto pre-definito.
In tale processo solo la parte venditrice assume un ruolo attivo, ovvero pone in atto comportamenti intenzionalmente diretti a condizionare la controparte, mentre la parte acquirente opera solo una scelta fra le alternative che gli vengono proposte dal mercato.
L'operatività del marketing nel modello classico si sviluppa prima con la creazione del consumatore e poi con la politica dei prezzi, con l'ottimizzazione della distribuzione, con campagne pubblicitarie, con l'occupazione fisica degli spazi di vendita, con la presenza sui mass media; il venditore non conosce il compratore e il feedback sui risultati del marketing avviene sostanzialmente con la verifica dei volumi venduti.
Il modello classico di marketing, nella sua definizione, fa riferimento al soddisfacimento di un "bisogno", ma esso, per molti anni, è stato applicato alla vendita dei prodotti di consumo; pertanto, il bisogno citato nella definizione classica, nel periodo del grande sviluppo del marketing, si riferiva alla domanda di beni di consumo.
Oggi il marketing, superati i limiti dell'impresa fordista e gli stereotipi della produzione di beni di consumo standardizzati, è applicato anche alla vendita di beni diversi, quali prodotti per l'industria, servizi, consulenze, ricerca e sviluppo, ma, per il momento, giova, per comodità, circoscrivere i bisogni del modello classico alla domanda specifica di un bene di consumo.

Il marketing è stato introdotto, inizialmente, come strumento per ottimizzare le vendite e non come strumento di strategia aziendale; le uniche indicazioni che il marketing dava alla produzione riguardavano essenzialmente la necessità di condurre azioni opportune per contrastare la concorrenza (attraverso la riduzione dei prezzi o la differenziazione del prodotto); il marketing inizialmente non si occupava dei comportamenti della domanda.

2 Il modello relazionale

Uno dei compiti del marketing, negli anni '80, diventa quello di rompere le logiche dell'isolamento tra produttore e consumatore e di creare canali d'informazione a circolazione bi-direzionale.
Per un lungo periodo dell'era industriale i sistemi dell'offerta e della domanda hanno vissuto in modo autonomo e il marketing ha operato prendendo atto di questa situazione. Il marketing, superando gradatamente le logiche dell'impresa orientata al prodotto, poi di quella orientata alla vendita e, infine, di quella orientata al cliente, ha potuto assumere il ruolo di interfaccia tra i sistemi della domanda e dell'offerta e cioè di mediazione tra i modelli del market responsive e del technology push.

Grazie a questo nuovo ruolo, il marketing ha sensibilizzato il sistema delle imprese sulla necessità di:

  • disporre che il sistema della domanda sia in grado di selezionare con cognizione il prodotto;
  • investire per accelerare l'evoluzione del consumatore (nella sua cultura alimentare, sanitaria, tecnologica);
  • operare per l'evoluzione sinergica dei sistemi dell'offerta e della domanda.

 A questo punto, è quindi necessario introdurre un nuovo modello di marketing, il modello relazionale, che accompagna il definitivo passaggio dell'impresa, prima dal fordismo al post-fordismo (1) e poi all'impresa moderna.
Per semplificare la trattazione possiamo dare una prima definizione del modello relazionale (o modello interattivo), in una situazione in cui si considerano come attori due soli soggetti (Di Stefano, 1997).

"Il marketing è la gestione dei processi di scambio tra due soggetti tra i quali si instaura una transazione, senza alcuna sudditanza tra un soggetto e l'altro".

La metodologia operativa del modello relazionale deve tenere conto di tre variabili:

  • gli attori dello scambio;
  • i processi di interazione;
  • l'ambiente.

Una delle variabile è costituita dagli attori dello scambio; parlando di attori si introduce, quindi, il concetto di soggetti attivi. Questo tipo di rapporto è quello tipico dell'interazione business to business (il rapporto tra un produttore industriale e un buyer industriale, ad esempio) o di quello tra un cliente e un fornitore di servizi personalizzati (un promotore finanziario, un tour operator, un commercialista, un fiscalista, a esempio).

Come vedremo, le strutture di marketing più avanzate cercano di applicare il marketing relazionale anche al caso dell'interazione tra fornitore e consumatore; gli studi di marketing stanno ponendo come prioritaria l'individuazione di strumenti, che, senza violare la privacy,  consentano di stabilire un rapporto tra il produttore e il singolo consumatore. È la ricerca del rapporto one to one (o2o).

Nella gestione dello scambio, il marketing sarà attento che le transazioni tendano all'equilibrio in modo che gli stati raggiunti dopo lo scambio non lascino situazioni d'insoddisfazione alle quali, inevitabilmente, farebbero seguito reazioni volte alla cancellazione dell'insoddisfazione generata (Di Stefano, 1997). 
Il marketing diventa sempre più attento alla mutabilità dell'ambiente, sia quello interno, sia quello esterno e si trova direttamente coinvolto nella politica organizzativa che tende ad ottimizzare le catene del valore (2) e quindi nella trasformazione dell'organizzazione dell'impresa e del suo modo di produrre valore (Caruso, 2003).
L'impresa marketing oriented assimila due princìpi: inserire nell'ambito delle varie attività che costituiscono la catena del valore l'attenzione al cliente, curare l'organizzazione in modo che tra le varie "funzioni" si instauri un clima di "relationship satisfaction".

La precedente definizione del modello relazionale subisce, quindi, una trasformazione che, preservando il principio base, recepisce il modello della catena del valore alla Porter (Porter, 1987). La definizione di marketing, sempre considerando, per il momento, una situazione a due soli soggetti, può quindi essere (Grandinetti, 1993).

"Il marketing è la funzione che realizza e gestisce le interfacce tra i sistemi dell'offerta e della domanda i quali si confrontano nella sequenza dei livelli in cui si articolano le relative catene del valore; il marketing deve inoltre preoccuparsi perché, attraverso processi interattivi di apprendimento, si realizzi una co-evoluzione dei due sistemi".
 

3 Il modello relazionale nell'impresa a rete

Delle catene del valore che determinano il vantaggio competitivo di un'impresa non vanno ovviamente prese in considerazione solo quelle dei sistemi dell'offerta e della domanda. Ma l'impresa deve essere in grado di comunicare, in tempi sempre più rapidi e in modo sempre più efficiente ed efficace, con una pluralità di interlocutori che consentano di formare una catena del valore complessiva, ossia il tessuto delle relazioni aziendali dal quale potrebbe derivare il più solido valore economico dell'impresa.
L'impresa moderna è essenzialmente intelligenza relazionale; essa, più che per la trasformazione delle merci, si distingue per la produzione di idee e per la costruzione di relazioni, è cioè un sistema relazionale. Anche l'identità di ciascun soggetto aziendale è definita dalla posizione occupata entro una rete di relazioni. Si parla, pertanto, di impresa a rete.
Si può affermare che l'impresa moderna sia il complesso dei processi di scambio all'interno del sistema costituito dagli stakeholders: gli imprenditori,i dipendenti, i clienti, i potenziali clienti, i fornitori, le agenzie pubblicitarie, gli assemblatori, i distributori, i consulenti, le società di R&S alleate, i finanziatori, le amministrazioni locali, tutti coloro che hanno un rapporto, anche debole, con l'azienda.
Essa è una rete di soggetti, una forma collettiva di sviluppo del valore: il compito principale dell'imprenditore è quello di costruire relazioni, in vista di creare maggior valore, di stimolare e ottenere sia il coinvolgimento interattivo che la coevoluzione dei soggetti che interagiscono nel sistema dell'impresa a rete (Caruso, 2003).
Allargando l'orizzonte alla ricerca di più ampi vantaggi competitivi, la partecipazione alla rete esprime la capacità dell'impresa di usare le relazioni per accedere ad una maggiore varietà di risorse tecnologiche e di mercato. L'impresa si trova allora nella necessità di porre sotto controllo il proprio posizionamento relazionale, in quanto le decisioni di investimento nelle relazioni rivestono una rilevanza critica nella produzione del vantaggio competitivo. 
Da una parte l'impresa deve cercare di non restare emarginata rispetto ai processi innovativi che possono nascere in punti della rete da essa lontani in termini relazionali, dall'altra la selezione delle relazioni su cui investire diventa un'operazione molto delicata poiché la costruzione di un rapporto interattivo è un percorso costoso, difficile e non sempre reversibile.
La stretta osservazione dei fenomeni ambientali e la loro evoluzione nonché la velocità con la quale si individuano e si comprendono sono prerequisiti indispensabili per il successo dell'impresa. Se il marketing è stato capace di costruire il succitato sistema delle relazioni l'azienda disporrà di quella che Derek Abell (Fiocca, 1994) chiama la «finestra strategica» e cioè lo strumento per presidiare i cambiamenti che possono avvenire nell'ambiente circostante. L'uomo di marketing, nell'ambito della sua operatività, dovrà accertarsi di trovarsi sempre davanti ad una finestra aperta sull'ambiente esterno e non ad uno specchio che riflette la realtà della propria azienda.
Quanto più efficiente ed efficace è il sistema della circolazione delle informazioni, tanto maggiore è la possibilità che l'impresa sia pro-attiva, cioè capace di guidare e orientare il proprio mercato e controllare le opportunità o le minacce che potranno condizionarla.
L'impresa reticolare, analizzata dalla visuale delle catene del valore, permette di superare il classico modello a due corpi dei sistemi della produzione e della vendita, e consente, integrando le precedenti definizioni, una più avanzata definizione di marketing.

 " Il marketing è quella funzione che opera per moltiplicare i soggetti della rete e che gestisce il collegamento, il coordinamento e la coevoluzione delle parti inter-dipendenti di tutte le catene del valore che, in qualche modo, coinvolgono l'azienda".

Il marketing diventa quindi un servizio di gestione delle inter-dipendenze in sistemi che diventano sempre più ampi, multipolari e complessi. In questa fase, tra i compiti del marketing vi sono: "la rottura delle residue rendite di posizione e la produzione di linguaggi che consentano, all'interno delle diverse catene del valore e alle diverse imprese, di governare scenari sempre più complessi e intelligenti". In questo contesto, il marketing relazionale è una risorsa collettiva utilizzata da una pluralità di soggetti.
Il modello grazie al quale l'impresa diventa intelligenza relazionale, in una rete di soggetti che mirano alla co-evoluzione, si presenta come lo strumento per mezzo del quale il sistema delle piccole e medie imprese o delle micro-imprese potrà sopravvivere in un ambiente regolato dalla legge del darwinismo economico.


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4 La mercificazione delle relazioni

Nell'era dell’impresa che aveva i suoi punti di forza nel lavoro, negli impianti e nel capitale l'enfasi era posta sulla vendita di beni e servizi; nell'era della nuova economia la mercificazione di beni e servizi è secondaria rispetto alla trasformazione delle relazioni umane in merce.
Le imprese che per prime saranno in grado di sostituire la logica del prodotto con quella della relazione, concentrandosi, più che sulla vendita, sulla creazione di rapporti a lungo termine saranno quelle che per prime si adegueranno ai principi della nuova economia.
Peraltro nell'ambiente del marketing si sta affermando il Lifetime value (Ltv), parametro che sottolinea la transizione da un ambiente regolato da transazioni discrete ad uno regolato dalla costruzione di una relazione a lungo termine con il cliente, relazione alla quale può essere associato un valore.
Per calcolare il Ltv di un cliente le aziende prendono in considerazione l'età, la stima dei ricavi futuri attualizzati e i costi di marketing per mantenere la relazione; non è un caso che le grandi imprese adottino politiche di marketing studiate appositamente per realizzare una sorta di imprinting del proprio marchio in "clienti" in tenera età.
Lo spostamento delle priorità dalla fabbricazione e dalla vendita di prodotti, alla creazione di Lifetime value pone il marketing al centro della vita aziendale e la produzione, imperativo della prima impresa fordista, viene considerata sempre più una funzione accessoria del marketing. Quando i beni si trasformano in piattaforme per gestire servizi e i servizi diventano il motore dell'economia, il marketing diventa l'asse portante delle imprese il cui imperativo è diventato, necessariamente, quello di stabilire rapporti di lunga durata, esattamente nella logica della partnership.
Lo spostamento di prospettiva dalla produzione al marketing rappresenta uno fra gli eventi più importanti della storia del capitalismo; il marketing è lo strumento che la nuova economia usa per trasformare norme, pratiche e attività culturali in merci.
Attraverso le tecnologie della comunicazione i professionisti del marketing attribuiscono valori culturali a prodotti, servizi ed esperienze, e fanno in modo che i consumatori siano convinti che i loro acquisti siano intrisi di significati culturali (Rifkin, 2000).
I professionisti del marketing sono arrivati ad attribuirsi il ruolo di interpreti, creatori e consolidatori culturali, ruolo un tempo spettante alla scuola, alla chiesa, alla famiglia. Nella vecchia economia la funzione principale del marketing era vendere beni sfruttando le espressioni della cultura per attirare i clienti verso il prodotto; oggi funzione primaria del marketing è selezionare segmenti di cultura popolare e trasformarle (con l'aiuto di pubblicità, musica, cinema, design) in prodotti che stimolino una reazione emotiva nei consumatori appartenenti a quel segmento culturale.
Il marketing crea fantasie e trame, elaborate con i frammenti della cultura contemporanea, che superano il reale e trasportano il consumatore in una realtà virtuale più attraente ed eccitante.
Benetton sfrutta spesso, nella sua pubblicità, immagini cruente o provocatorie (un malato di Aids moribondo, un uccello imbrattato di petrolio, un prete che bacia una suora, un attentato terroristico); un modo per posizionare il marchio al centro delle problematiche affrontate quotidianamente dalla cultura popolare, per appropriarsi di quella cultura e per trasferirla in un mondo iperreale.
La Coca-Cola, per uscire dal fiasco del lancio della New-Coke, si appropriò del più grande avvenimento solidaristico della storia, l'Hands across America network; il 25 maggio 1986, più di quattro milioni di persone si presero per mano attraverso tutti gli Usa, mentre oltre due milioni di persone parteciparono a manifestazioni culturali presso scuole e chiese. La Coca-Cola, in quell'occasione, legò il suo marchio ai problemi della povertà nel mondo e della solidarietà. 
Scisse Alfred Schreiber «Da quel momento le imprese hanno cominciato a dichiarare di non volere solo il danaro dei consumatori, ma di voler essere coinvolte nella loro vita e di voler condividere i loro valori» (Schreiber, 1994).
Nell'era dell'accesso sempre maggiore sarà il potere dei gatekeepers, di coloro che controllano l'accesso, sia alla cultura popolare, sia alle reti cibernetiche.
L'era della proprietà contraddistingueva gli individui tra chi possedeva beni materiali e chi no, l'era dell'accesso contraddistingue chi è dentro e chi è fuori.
Nell'era della proprietà, chi deteneva il capitale poteva influenzare il destino degli altri, nell'era dell'accesso chi possiede i canali di comunicazione (il gatekeeper) e controlla gli ingressi ai gateways (3)  stabilisce chi ha l'accesso e chi no.

5 Marketing e innovazione tecnologica

Avviandoci a chiudere il primo decennio del XXI secolo, sia le persone, sia le organizzazioni si domandano che cosa riserbi loro il futuro; non è solo il cambiamento che preoccupa, ma piuttosto l'accelerazione del suo manifestarsi. Una bambina di dodici anni definisce la propria sorella di nove come "un'altra generazione", infatti ascoltano musiche diverse, giocano in modo diverso, hanno riferimenti mediatici diversi.
Le imprese, spesso, non si rendono conto del fatto che il loro mercato cambia nel giro di pochi anni; una letteratura copiosa  documenta come la domanda e le forze competitive hanno profondamente modificato, in breve tempo, settori industriali come la siderurgia, le telecomunicazioni, la cura della salute, il tempo libero. Una strategia che ha avuto successo un anno  può dimostrarsi perdente l'anno successivo; Kotler ha osservato  «vi sono due tipi di imprese, quelle che cambiano e quelle che scompaiono».
Lo scenario economico contemporaneo è determinato, principalmente, da due forze: la tecnologia e la globalizzazione.

L'evoluzione della tecnologia ha reso possibile lo sviluppo di prodotti che negli anni sessanta non si sarebbero potuti nemmeno immaginare, quali i satelliti, il videoregistratore, il fax, gli orologi digitali, la posta elettronica, i telefoni cellulari, i computer portatili. La tecnologia costituisce l'agente di cambiamento non solo dell'infrastruttura materiale della società, ma anche dei modelli di pensiero dell'uomo.
Una manifestazione rivoluzionaria dell'evoluzione tecnologica è costituita dalla digitalizzazione, che consiste nella codificazione dell'informazione a mezzo di bit.

La tecnologia orienta anche la seconda forza fondamentale del cambiamento, la globalizzazione; l'idea del villaggio globale, anticipata da McLuhan, è oggi una realtà.
L'importanza dell'innovazione tecnologica quale fonte di vantaggio competitivo per le aziende è stata illustrata in un gran numero di lavori (Caruso, 2004). Quello che è più raro riscontrare è la connessione tra innovazione e marketing, due funzioni che se in azienda non procedono in sinergia possono provocare grandi guasti.
Paul Millier (Millier, 1989), uno dei primi esperti di marketing dell'innovazione, alla fine degli anni '80, riportava una serie di studi che mostravano come il tasso di fallimento di nuovi prodotti introdotti sul mercato variava tra il 75 e il 95 %. Un così elevato livello di fallimenti era attribuito alla mancanza d'investimenti in attività di marketing nella fase d'avvio della ricerca del nuovo prodotto e alla separazione tra le due aree: ricerca e marketing.
Millier evidenziava anche la necessità di applicare strumenti di marketing innovativi e suggeriva alcune regole d'oro.

  • L'introduzione di una nuova tecnologia può essere un tale elemento di perturbazione del mercato che i modelli deterministici possono fallire.
  • È necessario sviluppare prodotti e non obiettivi tecnologici. Oppure nel conseguimento di un obiettivo tecnologico devono già essere stati individuati i prodotti che l'acquisizione di quella tecnologia potrebbe consentire di realizzare. Si tratta inoltre di superare il modello del project management per affrontare quello del multi project management che consente di introdurre il concetto di famiglie di prodotti che utilizzano le stesse tecnologie di base, gli stessi standard di riferimento, gli stessi cicli di sviluppo (Manzoni, 1998).
  • Essere creativi nell'attività di marketing avendo presente che nel caso dell'innovazione tecnologica non è raro che sia l'offerta a creare la domanda.
  • Essere vicini al cliente che affronta una nuova tecnologia.
  • Pensare in termini di nicchie di mercato.

Con il passare del tempo sempre più vitale si è rivelata l'innovazione tecnologica per lo sviluppo del sistema produttivo mondiale; nei paesi del G7, il 70% del giro d'affari si realizza con prodotti con meno di dieci anni di vita, il 35% (90% per l'elettronica) con prodotti con meno di cinque anni.
Anche l'approccio marketing oriented della ricerca è diventato sempre più vitale per il sistema industriale e alle regole d'oro, suggerite da Millier, se ne sono aggiunte altre.

  • Anteporre sempre una ricerca di marketing a un progetto d'innovazione tecnologica.
  • Essere capaci di rispondere rapidamente alle richieste e ai cambiamenti del mercato.
  • Rigettare il mito della prevalenza della ricerca sul mercato.
  • Cercare collaborazioni e sinergie in fase di programmazione della ricerca.
  • Adeguare le azioni di marketing alle rapide evoluzioni del mercato.

 
Afferma W. Davidow che, nel campo dell'innovazione, i tecnici sviluppano dispositivi che solo il marketing fa diventare prodotti.


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6 Pratiche di marketing vincenti

Da quanto detto finora appare evidente che un'impresa che non abbia una propria politica di marketing è destinata al declino. Il problema che si vuole proporre, sia pure in modo estremamente sintetico, è se si possono ipotizzare metodologie operative per un marketing vincente.
Nel seguito vengono descritti alcuni valori che possono, opportunamente combinati, condurre un'impresa al successo e i relativi problemi che si incontrano nell'offrire questi valori (Kotler, 1999).

  • Praticare una qualità superiore. Esistono diversi significati del termine qualità; di un'autovettura cosa intendiamo per qualità? La potenza del motore,  il design, i bassi consumi, la velocità, la sicurezza, la durata, la presenza del navigatore, le basse emissioni, la ricchezza delle dotazioni, la durata della garanzia, la vicinanza di un centro di assistenza? Probabilmente, ogni cliente ha in mente una propria idea di qualità. Esiste, poi, un altro problema spinoso; il cliente, per lo più, ha un'idea della qualità di un prodotto, ma nessuna prova concreta della sua reale esistenza. Infine i vari produttori tendono a standardizzare la "qualità" e ciò può portare ad escludere la qualità come fattore determinante per l'acquisto. Sarà la strategia di marketing dell'impresa che dovrà operare perché la qualità diventi un'importante leva competitiva.
  • Praticare un miglior servizio. Ma ognuno ha una propria idea di buon servizio. Al ristorante ci sarà il cliente che apprezzerà la velocità, come quello che, volendo trascorrere una serata piacevole con la fidanzata, non sopporta i comportamenti pressanti dei camerieri. Un servizio può essere caratterizzato da tempestività, cordialità, convivialità, competenza, assistenza, consiglio, ma ogni cliente attribuisce valori diversi a ciascuna di queste peculiarità. Non serve dichiarare di offrire un buon servizio, occorre personalizzare il servizio alla percezione che ciascun cliente ha di buon servizio.
  • Praticare prezzi inferiori. La strategia del prezzo ha mostrato la propria validità in molti casi; un esempio è offerto da Ikea, il maggior distributore al dettaglio di arredamento. Il rischio di questa strategia è legato alla possibilità dell'entrata sul mercato di un'impresa concorrente che pratichi prezzi inferiori. D'altra parte non è sufficiente praticare prezzi inferiori, ma è necessario offrire al cliente un prodotto che, complessivamente, lo faccia sentire ripagato per quanto ha ottenuto in cambio del proprio danaro.
  • Detenere un'elevata quota di mercato. Le imprese che godono di questa posizione possono sfruttare economie di scala e forza del marchio per mantenere o rafforzare la propria posizione. I dati economici delle grandi imprese, però, spesso, non sono soddisfacenti dal punto di vista degli utili; negli anni ottanta, General Motors, Sears, Ibm, ad esempio, conseguivano risultati inferiori ai concorrenti minori. Io conosco alcune piccole imprese, che, lavorando in mercati ristretti, sono leader di mercato e fanno utili elevati.
  • Personalizzazione dei prodotti. È una politica che può procurare notevoli soddisfazioni e che è applicabile, facilmente, nel caso dei prodotti industriali e nel caso dei servizi; la personalizzazione di massa può rivelarsi di difficile applicazione, ma è la strada da perseguire per avere successo.
  • Miglioramento continuo del prodotto. Questa strategia è molto efficace a patto che l'impresa sia in grado di comunicare tempestivamente ed efficacemente la superiorità del proprio prodotto. È importante, inoltre, che i miglioramenti effettuati vengano apprezzati dal mercato, se il mercato non li apprezza non esistono; ad esempio, molti prodotti di massa già offrono al cliente un elevato grado di soddisfazione e spesso ulteriori incrementi di utilità non vengono apprezzati. Esistono, invece, possibilità di migliorare la propria posizione di mercato nel caso dei prodotti industriali e nel caso dei servizi.
  • Innovazione di prodotto. Spesso alle imprese si impone l'alternativa "Innovarsi o scomparire"; la Sony, con l'introduzione continua di nuovi prodotti, ha causato il declino di molte imprese. D'altra parte è noto che il tasso di caduta  di nuovi prodotti, nel settore dei beni di consumo, si aggira sull'80%,  e nel mercato dei beni industriali, è intorno al 30%. Il dilemma è "se non innovo sparisco se innovo perdo quantità enormi di danaro"; il problema può essere superato con efficaci ricerche di mercato.
  • Entrare in mercati in forte sviluppo. Mercati in forte sviluppo come le biotecnologie, la microelettronica, le telecomunicazioni, l'automazione hanno fatto la fortuna di piccole e grandi imprese, ma, molte sono fallite. Su cento nuove imprese di software che entrano in una nuova area di attività solo qualche decina sopravvive. Normalmente mercati in forte sviluppo richiedono notevoli investimenti in R&S. Purtroppo, rispetto ai competitori esteri le imprese italiane devono combattere contro uno stato latitante e burocratico, nel campo degli incentivi all'innovazione.
  • Sopravanzare le aspettative del cliente. Il marketing afferma "corrispondere alle aspettative del cliente significa soddisfarli, sopravanzarle, significa deliziarli". È molto facile che un cliente che sia rimasto "deliziato" dall'offerta di un'impresa diventi un cliente fedele e leale. Anche qui sorge un problema, se un cliente è stato soddisfatto oltre le proprie aspettative è probabile che nel futuro queste si manifestino in modo ancora crescente. L'impresa deve gradatamente limitarsi a soddisfare e non più a sopravanzare tali aspettative per non cadere in un vortice estremamente pericoloso per la redditività dell'impresa.

Non deve meravigliare che molti imprenditori si lamentino del fatto che il loro marketing non funzioni o perché i costi del marketing crescano senza benefici per l'azienda. Spesso la ragione sta in un'idea di marketing superata e perdente. Il marketing dell'età della pietra si basa sui seguenti superati princìpi.

  • Ritenere che marketing e vendita siano la stessa cosa.
  • Enfatizzare l'acquisizione di clienti piuttosto che la cura della fidelizzazione.
  • Cercare il profitto per ogni singola transazione, piuttosto che mirare a crescere il profitto in relazione all'intera durata del rapporto con il cliente.
  • Determinare il prezzo in base al margine sul costo, piuttosto che in funzione di un obiettivo strategico che si vuole conseguire.
  • Pianificare ogni strumento di comunicazione, separatamente, anziché secondo una visione integrata dell'intero processo di comunicazione.
  • Vendere il prodotto invece di cercare di individuare e soddisfare i reali bisogni del cliente.

Il vecchio modo di intendere e praticare il marketing sta, fortunatamente, lasciando il passo a nuove concezioni.
Le imprese eccellenti sotto il profilo del marketing stanno migliorando i propri sistemi di informazione, di analisi e di collegamento con il cliente. Esse puntano a far sì che i clienti collaborino alla definizione dei propri bisogni e dei prodotti in grado di soddisfarli ed esse sono disponibili a realizzare offerte flessibili; nell'impresa moderna produttore e consumatore sfumano uno nell'altro facendo nascere il prosumer, il mito del moderno centauro.
 Il successo premierà quelle imprese che saranno in grado di scoprire nuovi modi per creare, comunicare e distribuire valore ai mercati obiettivo.

7 Il web marketing

Nonostante le limitazioni tecnologiche iniziali di Internet le aziende non hanno tardato a comprendere il valore del www in particolare come mezzo in grado di raggiungere qualsiasi cliente in ogni parte del mondo.
In breve tempo la rete è diventata un mezzo fondamentale di global marketing, in grado di disseminare a bassi costi informazioni sui prodotti e sui servizi dell'impresa. Secondo ricercatori usa alla fine del 1995 il 34% delle prime 500 aziende di Fortune avevano un sito web, solo un anno dopo la percentuale era salita all'80%, oggi siamo al 100%.
La maggior parte dei web di prima generazione erano costituiti da poco più che documenti statici e semplici multimedia. Il cliente interagiva con il web con la lettura di testi e l'osservazione di fotografie e disegni. Questo modo di trasferire informazioni dall'azienda al cliente era chiamato brochureware in considerazione della forte rassomiglianza con le tradizionali pubblicazioni stampate ed è, oggi, considerato un modo primitivo e inefficiente di utilizzare le potenzialità di Internet.
Nell'era pionieristica di Internet, gli strumenti preferiti dal direct marketing restavano il telefono, il fax, il porta-a-porta.

7.1 L'e-enterprise

  Esiste ancora la falsa idea che avere un web site dal design accattivante, tramite il quale proporre prodotti ed accettare ordini, sia sufficiente per portare le aziende verso il successo nel web marketing.
Per beneficiare delle molte opportunità offerte dal web marketing ed evitarne contestualmente le minacce, le imprese dovrebbero puntare a sviluppare una strategia per l'e-enterprise che permetta di garantirsi una sufficiente flessibilità per calibrarsi con le dinamiche di un mercato in continua evoluzione. Le imprese con un occhio rivolto al futuro riconoscono che la chiave per il successo è costruire un modello di e-enterprise che venga definito, sia dalle dinamiche di business, sia da quelle tecnologiche.
In un'ottica sistemica si può affermare che il centro dell'e-enterprise è costituito da una spina dorsale fatta da processi di e-business condivisi. Poiché un'e-enterprise è modellata su questi processi virtuali una piattaforma di successo per le sue e-applications deve coinvolgere non solamente clienti e fornitori, ma anche i processi interni, il personale, la funzioni di back-office ed i partner esterni. I processi che superano i confini dell'azienda per includere tutto il sistema degli stakeholder sono chiamati inter-organizational processes.
Una volta che gli inter-organizational processes sono stati definiti e progettati in dettaglio si può passare a sviluppare le e-applications che supportano particolari processi: ad esempio, l'e-application del b2c  supporta il consumatore nei suoi processi di acquisto.

7.2 Il business to customer

Il processo del b2c viene normalmente articolato in quattro fasi:

  • identificazione del prodotto/bisogno,
  • ricerca del catalogo,
  • confronto tra prodotti,
  • acquisto.

 L'identificazione del prodotto/bisogno spesso risulta da una combinazione di pubblicità on-line e di marketing one to one (o2o) in marketplaces virtuali. Sulla rete le opportunità di pubblicità sono i banners ads che si ritrovano sui siti web, sui siti dei vari motori di ricerca, sui portali orizzontali e verticali.
Per fornire un servizio personalizzato il web marketing offre la promozione di prodotti ritagliati su segmenti di mercato ben precisi allo scopo di attivare una fidelizzazione di quel segmento verso lo stesso prodotto. Se possibile, seguendone i percorsi di acquisto, vengono tracciati customer's browsing ritagliati sulle preferenze del cliente in modo che la sua navigazione sia facilitata e venga portato al repeat business.
Il catalogo virtuale è un componente essenziale di ogni e-application che abbia come obiettivo l'offerta di beni o servizi a customers o altri businesses. Il catalogo deve fornire prezzi pre-negoziati.
Quando la fase di ricerca su catalogo incrocia la fase del confronto tra prodotti, è essenziale che il navigatore possa utilizzare strumenti che gli consentano di confrontare con facilità le varie offerte. Per ovviare a questo esistono siti proprietari (siti web di intermediari di informazioni) che offrono queste forme di confronto tra prodotti similari e inoltre sono stati mesi a punto linguaggi (Extensible Markup Language) che consentono all'utente di confrontare informazioni provenienti da fonti diverse.
Quando finalmente il customer è pronto per l'acquisto l'e-application deve provvedere all'autenticazione del cliente e ad assicurare che la transazione venga effettuata in modo accurato e confidenziale. Una volta che l'ordine è stato effettuato, i dettagli sul prodotto acquistato e sulle abitudini di browsing del cliente vengono archiviate in modo che il successivo acquisto da parte del customer tenda verso l'obiettivo dell'o2o.

7.3 Limiti del  Web marketing, oggi

 Oggi i banner sono in Internet un po' da tutte le parti, ma la loro efficacia ha valori diversi da quelli di un tempo: se all'inizio il rapporto tra il banner e i clic degli utenti era mediamente di 1 a 50, oggi ogni navigatore non clicca più di una volta ogni 300 banner che trova durante la sua navigazione.
Siamo ancora in un’ottica di interrupt marketing, ovvero in un modello di attività pubblicitaria stile Tv, che ha già saturato l'attenzione degli utenti. Man mano che la Rete si è evoluta, a cambiare non è stato soltanto l'approccio dei navigatori Internet, ma anche lo stesso aspetto del famoso rettangolo. Infatti, un tempo limitato alla sola forma rettangolare, oggi il banner è un oggetto multiforme che si presta ad ospitare informazioni in varie forme e modalità. Sorvolando sull'attuale incapacità della Rete nel supportare tali appesantimenti grafici, facendo così innervosire i navigatori, il successo di queste nuove forme del marketing promozionale online ha spinto l'Organizzazione internazionale delle aziende che fanno pubblicità in Rete a impegnarsi in prima persona per dare ordine al settore.
E' così nato un protocollo di regole che comprende nuovi formati e offre alle New media agencies, impegnate nella realizzazione di spot commerciali per il web, nuove spunti e opportunità per esprimere al meglio la creatività nel messaggio e ottenere un ritorno economico migliore di quello che si sta attualizzando in questi mesi. Ma è davvero questa la soluzione?
E’ sufficiente cambiare il formato e inserire qualche animazione in più per sperare di ottenere dei ritorni soddisfacenti, oppure manca ancora qualche altro ingrediente?
La realtà è che è venuto meno l’assioma iniziale, secondo cui una buona idea porta alla realizzazione di un sito capace di generare un traffico che attiri inserzionisti, i cui investimenti pubblicitari siano sufficienti a coprire le spese e a garantire il profitto.
La causa principale che ha portato al fallimento di questo business è da ricercare nell'aver fatto leva, anche per la pubblicità sul Web, sugli stessi criteri di efficacia della pubblicità televisiva e dei giornali. In buona sostanza si è fatto riferimento ai parametri principali del ricordo del marchio e della propensione all'acquisto, tipici della pubblicità dei media tradizionali, dimenticando le forti differenze tra i due.
Il bombardamento dei navigatori con i banner è stato così privilegiato rispetto ad un tipo di pubblicità interpretabile come momento di conoscenza e di informazione da parte del navigatore. Qualcuno si è già mosso ricorrendo al pagamento delle prestazioni che finora sono state offerte gratuitamente. Ma questo modello si scontra con alcune difficoltà, fra cui l'abitudine, consolidata nel tempo, di trovare le cose gratis e in abbondanza e l'assenza di forme consolidate e diffuse di micro pagamenti (è necessario abbonarsi ad un giornale per un anno anche se si vuole scaricare solo un articolo).
Sul fronte pubblicitario, cresce l'aggressività e l'invadenza: i banner si fanno sempre più grandi e animati e riemergono le terribili pubblicità interstiziali: si clicca su un indice per leggere il testo di una notizia, ma prima di arrivarci parte una pagina pubblicitaria infilata nell'interstizio tra le due, appunto. E' un po' l'analogo degli spot televisivi che interrompono un film, con la differenza che gli spot possono essere saltati con il telecomando, ma questi interstizi pieni di inserzioni no.
Non per questo, l'Internet gratuito sarà destinato a scomparire: semplicemente occorre mettere a punto e sperimentare volta per volta, le soluzioni più adeguate e flessibili. Quelli che si trovano in maggiore difficoltà sono i grandi portali: alcuni hanno chiuso, altri hanno ridimensionato drasticamente organico e bilanci. Se fino a ieri il bannering pesava per oltre il 90% degli introiti pubblicitari dei portali generalisti tipo Yahoo!, l'obiettivo sarà di passare entro pochi anni a un peso non superiore al 50%. Il resto degli introiti dovrebbero giungere per un 25% dai "premium service" (servizi a pagamento) e per il restante 25% da soluzioni per le imprese, le cosiddette "marketing solution".
Alessandro Pegoraro, amministratore delegato di Yahoo! Italia, riassume così il modo in cui Internet è uscito dalla "fase banner". «Le internet company finora hanno lavorato per produrre profitti per un solo grande operatore industriale, gli operatori telefonici: come se chi produce lavatrici le regalasse sperando di ottenere profitti dalla pubblicità infilata negli scatoloni. Questa era è finita».
Insomma, la pubblicità così come è stata, finora, proposta su Internet non funziona. La caduta di investimenti in campagne di banner pubblicitari e l’abbandono di modelli di e-business basati sulle entrate pubblicitarie testimoniano quindi un fenomeno destinato a scomparire. Doveroso allora trovare delle risposte, perché da queste può risultare utile ricavare indicazioni su come e quando fare comunicazione pubblicitaria sul web in modo profittevole.
Se si pensa alla pubblicità banner prima maniera, che rimanda a una comunicazione sempre a senso unico, non si può non concludere che si tratta di una forma di pubblicità che non veicola un servizio  e quindi non sfrutta le vere potenzialità del web, ma svolge una funzione puramente promozionale.
Per rilanciare il web marketing è necessario allargare il concetto di web, conferendo al banner nuove modalità e funzionalità. Sarà necessario coinvolgere fortemente, nella realizzazione del sito web il customer attivando delle chat-line o delle chat-room che possano consentire a tutto il sistema degli stakeholder di partecipare alla realizzazione del web.

7.4 La experience economy

Joseph Pine e James Gilmore, due specialisti del marketing dei beni di consumo, affermano che «siamo passati dalla vendita del prodotto, a quella del servizio, per entrare nella experience economy, della quale, il caso più clamoroso è rappresentato dal gruppo Walt Disney. I suoi parchi tematici sono in grado di offrire un'esperienza indimenticabile, nella quale i lavoratori sono definiti "attori", i clienti "ospiti" e il parco "palcoscenico"».
Certamente l'attività della Walt Disney si presta facilmente a trasformarsi in un'indimenticabile esperienza, ma la stessa logica sta entrando nelle aziende di ogni settore: che si tratti di produzione o di distribuzione, di beni o di servizi, le imprese dovrebbero coordinare tutte le attività proprio come se fossero i "produttori" di un evento. Una regia magistrale dovrebbe saper individuare, coordinare e gestire grandi risorse e renderle capaci di agire e reagire in una costante "improvvisazione", finalizzata a creare, per ogni cliente, un evento memorabile. Ciò presuppone la conoscenza di ogni singolo cliente, delle sue esigenze, preferenze, aspettative. Prima dell'esperienza, dunque, la conoscenza del singolo "individuo" è al centro della trasformazione in atto nell'era dell'interconnessione.
Sebbene negli ultimi anni si sia prestata molta attenzione alla complessità del cambiamento in atto, nell'era "rifkiana" dell'accesso, altrimenti definita l'era dell'interconnessione (Rifkin, 2000), di fatto la sensazione è che si sia ancora lontani dalla comprensione di tutte le implicazioni che la rivoluzione digitale può avere su comunicazione e marketing.
L'evaporazione della capitalizzazione del Nasdaq, come il fallimento di promettenti dot.com d'oltreoceano, ci hanno, fortunatamente, imposto una pausa di riflessione, facendoci intravedere nuove strategie per navigare nel mare della nuova economia.
È ben chiaro che la rivoluzione portata da Internet sta nell'interconnessione, i computer sono interconnessi, le aziende sono interconnesse, le nostre case sono interconnesse.
Giova però tenere ben presente che dietro le cpu interconnesse ci sono persone. Persone che comunicano, si incontrano, condividono risorse e conoscenze, costruiscono relazioni, più per esigenze "personali" che professionali". Il numero delle connessioni a Internet delle abitazioni è superiore a quello relativo all'accesso dal posto di lavoro. In una rete che non ha un centro, il centro sta nell'individuo e questo è il principio di base del cambiamento.
Troppo spesso, nella discussione sui modelli di e-business, abbiamo abusato degli acronimi, come b2b o b2c, considerando, erroneamente, la rete solo come un nuovo "mercato" o un nuovo "canale" per il business, la comunicazione e la vendita, tralasciando l'unico acronimo che ha una logica, proprio nella nuova economia, la h2h, la human to human. Solo partendo da questa considerazione le aziende potranno avviare un efficace programma di marketing one to one. 
Le aziende più lungimiranti hanno sempre incoraggiato la partecipazione attiva dei clienti, coinvolgendoli nello sviluppo dei prodotti, dei servizi e di nuove possibili soluzioni, e, tuttavia, hanno quasi sempre considerato il cliente "tipo" o il cliente "medio" e, raramente, il singolo cliente.
Le aziende incominciano ad interessarsi al marketing o2o per due motivi. Sia perché si tratta di una strategia che consente di fidelizzare il cliente. Sia perché è possibile instaurare una learning relationship, quella relazione, cioè, attraverso la quale impariamo da ciascun cliente come personalizzare e migliorare la fornitura e attraverso la quale riusciamo a mettere il cliente nella condizione di considerare un'esperienza carica di simboli l'acquisizione di un nostro prodotto.

Bibliografia
Caruso E., L'impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove, 2003.
Caruso E., Come vincere le sfide della concorrenza, Tecniche Nuove, 2003.
Davidow W.H., Marketing high technology, The Free Press, 1986.
Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio, Franco Angeli, 1997.
Fiocca R., The best of marketing, (Articolo di D.F. Abell, pag. 69) Ed. Bridge, 1994
Grandinetti R., Reti di marketing, Etaslibri, 1993.
Manzoni P., Multi project management MPM, FrancoAngeli, 1998.
Millier P., Le marketing de l'innovation technologique, Institut de recherche de l'entreprise, 1989.
Porter M.E., Il vantaggio competitivo, Ed. Comunità, 1987.
Rifkin J., L'era dell'accesso, Mondadori, 2000
Schreiber A.L., B. Levison, Lifestyle and event marketing: building the new customer partnership, Mc Graw-Hill, 1994.

NOTE

  • (1) Per post-fordismo si intende, normalmente, l'inizio dell'automazione in fabbrica.
  • (2) Afferma Porter, «Non si può capire il vantaggio competitivo se si considera l'azienda come un tutto unico. Tale vantaggio deriva dalle varie attività separate che un'impresa svolge nel progettare, produrre, promuovere, vendere e assistere i suoi prodotti. ... La catena del valore disaggrega un'azienda nelle sue attività strategicamente rilevanti allo scopo di comprendere l'andamento dei costi e le fonti esistenti o potenziali di differenziazione. Un'azienda acquisisce un vantaggio competitivo quando svolge queste attività più efficacemente dei suoi concorrenti».
  • (3) L'appartenenza a un club, a uno stile di vita, a un ambiente.

Eugenio Caruso

26 dicembre 2007

Per un approfondimento sul marketing si rimanda a Il circolo virtuoso impresa mercato.



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