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Gli indicatori da tenere sotto controllo per evitare il declino dell'impresa. Parte III

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6. Gli indicatori da tenere sotto controllo per evitare il declino dell'impresa. Parte III

6.5 L'innovazione

Come ho già detto più volte, un'impresa che voglia sopravvivere in un mercato, nel quale l'ipercompetizione (64) è legge, dovrà fare dell'innovazione la propria regola di vita. L'impresa dovrà, quindi, entrare in una logica di innovazione continua e l'innovazione dovrà interessare vari aspetti dell'impresa, il prodotto, il servizio, il processo, il management, la logistica, il marketing; essa dovrà entrare in ogni componente delle catene del valore, sia orizzontali, che verticali, per creare valore per l'insieme degli stakeholders, partendo dalla creazione di valore per ogni singola attività che, in qualche modo, coinvolga l'azienda.
S’è già detto che l'innovazione può essere di tipo incrementale, fatta di piccoli passi, oppure può essere dirompente, può scardinare gli schemi costituiti, cambiare i paradigmi esistenti, creare un circolo virtuoso nel quale si arriva a distruggere l'esistente per sostituirlo con il nuovo, che una volta diventato obsoleto, viene sostituito da qualcosa d'altro. E' ovvio che un'impresa non può vivere quotidianamente con questo modello di comportamento, ma essa deve avere nel proprio dna la possibilità di avviare un processo di innovazione "rivoluzionaria", quando la leadership si rende conto che, per evitare il declino, è venuto il momento di far partire una nuova curva di sviluppo.
Per avviare un processo di innovazione continua l'impresa ha bisogno di forti e condivise valenze culturali, il gusto della sfida, la fiducia, la libertà e la passione di aprire nuove vie, ma, fondamentalmente, ha bisogno di un detonatore e questo detonatore è la creatività, senza la quale non sono possibili né miglioramenti incrementali, né, tantomeno la citata “distruzione creativa”. L'imprenditore dovrà quindi verificare, per ogni area di attività dell'impresa, la presenza della cultura dell'innovazione. Dovrà cercare di non criticare le proposte non realizzabili, ma incoraggiare costantemente e premiare lo sforzo creativo teso al miglioramento.

6.6  Il capitale intellettuale

E' noto, anche ai meno esperti di organizzazione aziendale, che il capitale immateriale di un'impresa moderna (conoscenza, informazioni, brevetti, esperienze acquisite, risultati della ReS) costituisce una delle prime fonti di vantaggio competitivo. L'importanza che le risorse intellettuali stanno acquistando nella transizione verso una nuova economia e come queste risorse stiano inesorabilmente sostituendo capitale e forza lavoro come asset strategici di un'impresa sono fatti che possono essere mostrati con alcune semplici considerazioni.

  • Il valore di un prodotto percepito dal cliente risiede sempre più negli aspetti intangibili (design, immagine aziendale, reputazione, emozione, ricordo) che sono frutto delle risorse intellettuali e sempre meno nella sua materialità.
  • Aziende che utilizzano in maniera preponderante il capitale intellettuale hanno capitalizzazioni di borsa enormemente superiori al valore degli asset tangibili.
  • Nelle imprese, il lavoro manuale è stato, in gran parte, sostituito dall'automazione, che, sia nella fase di progettazione, sia in quella del controllo, deve fare sempre riferimento a risorse intellettuali.

Giova sottolineare, inoltre, che gli asset legati al capitale intellettuale hanno caratteristiche completamente diverse da quelle che contraddistinguevano gli asset tangibili.

  • Il capitale intellettuale è un bene che si rivaluta nel tempo, invece di deprezzarsi c succede per i beni materiali.
  • Il capitale intellettuale non si consuma nel tempo, anzi tende ad aumentare con l'uso.
  • Il capitale intellettuale, non è un bene statico, ma, come in una reazione a catena, ha una grande velocità di diffusione e di proliferazione.
  • Il capitale intellettuale può essere detenuto da persone, verso le quali l'impresa deve inventare nuove modalità di interazione (vedi ad esempio la politica della partnership).
  • Il capitale intellettuale, oltre che essere fonte di business in quanto tale, è anche elemento di formazione della cultura dell'innovazione nell'impresa e quindi apportatore di vantaggi competitivi su due fronti.

Questa atipicità degli asset intellettuali rispetto a quelli materiali ha, ovviamente, costretto le imprese a riorganizzarsi e strutturarsi in modo da fertilizzare e valorizzare al meglio questo capitale.
Le imprese dovranno gestire le risorse umane in modo da puntare sui seguenti obiettivi.

  • Creare nuovo capitale intellettuale.
  • Consolidare e diffondere la conoscenza all'interno dell'impresa.
  • Massimizzare lo sfruttamento del capitale intellettuale, acquisendo sui mercati vantaggi competitivi duraturi.
  • Quantificare il valore del capitale intellettuale dell'impresa.
  • Attraverso la comunicazione e il coinvolgimento cercare di catturare quelle eventuali conoscenze latenti che possono essere patrimonio ignorato di qualcuno tra gli stakeholders.

L'imprenditore di un'impresa tesa verso l'incremento e la valorizzazione del capitale intellettuale, oltreché avere un'ottima visibilità delle competenze che l'azienda dovrà sviluppare, non guardando al passato, ma pensando al futuro, dovrà adeguarsi a questa realtà di impresa e spostare il proprio focus sui seguenti aspetti.

  • La gestione di persone che operano in un'ottica di empowerment.
  • L'identificazione e l'inserimento delle competenze necessarie per ogni ruolo chiave.
  • La creazione di una learning organization che consenta di definire un percorso di sviluppo delle conoscenze mirato e allineato alle scelte strategiche.
  • Il monitoraggio costante del livello di sviluppo del capitale intellettuale.

L'attenzione agli asset immateriali dovrà essere molto più accurata di quella che la leadership dedicava agli asset materiali; la velocità dei cambiamenti e l'attrattività della concorrenza sono due elementi con i quali l'imprenditore dovrà avere a che fare, quotidianamente, pertanto la presenza costante e cooperativa con tutto il mondo degli stakeholders dovrà essere un imperativo per l'imprenditore, sia per individuare sempre nuove fonti di capitale intellettuale, sia per evitare la perdita delle fonti già in suo possesso. È opportuno notare che mentre la parametrizzazione del valore di un immobile, di un impianto, di un macchinario si basa su metodi di misura collaudati e condivisi, la misura di un asset immateriale mette in gioco interpretazioni rischiose in quanto basate su "quanto potrà valere domani questo asset", valutazione di non facile previsione. 

6.7  La soddisfazione del cliente

Che lo scopo principale di un'impresa sia creare e conservare una clientela è un assioma che è oramai nel dna di tutte le aziende. In un mercato ipercompetitivo lo sforzo dalle imprese è rivolto all'ottimizzazione di due parametri:

  • la customer retention, cioè la percentuale di clienti che compiono l'acquisto presso l'impresa, ovvero il tasso di fedeltà praticata,
  • la customer loyalty, cioè la percentuale di clienti che, consapevolmente sono fedeli, ovvero il tasso di fedeltà voluta.

L'impresa è consapevole che un cliente trattenuto non è un cliente fedele, mentre è fedele il cliente che vuole comprare dall'impresa e non dalla concorrenza perché non è un cliente semplicemente soddisfatto, ma molto soddisfatto. E' evidente che monitorare costantemente il grado di soddisfazione del cliente è forse l'attività dalla quale dipende prioritariamente la sopravvivenza dell'impresa. L'impegno non è facile, anzi ha gradi di difficoltà notevoli, specie perché la qualità della fornitura, percepita dal cliente non sempre corrisponde alla qualità che l'impresa ritiene di erogare. La soluzione, specie se non si è in presenza di beni di largo consumo, sta nella "casa degli stakeholders", nella quale, tutti e quindi anche il cliente, concorrono a definire la qualità del prodotto e l'impresa è in grado di conoscere, del cliente, i bisogni impliciti, quelli espressi, ma anche quelli latenti. Grazie a questa conoscenza l'impresa potrà erogare la propria fornitura in base a tre tipologie di qualità.

  • La qualità implicita che è propria delle prestazioni che i clienti considerano normale ricevere e che quando vengono erogate producono uno stato di non-insoddisfazione.
  • La qualità espressa che deriva da quelle prestazioni che i clienti apprezzano se le riscontrano. Il cliente è soddisfatto.
  • La qualità latente che è correlata a prestazioni inattese dal cliente e hanno un'influenza molto positiva sulla customer satisfaction. Il cliente è molto soddisfatto.

Va comunque detto che la qualità latente diventa presto una qualità espressa/inplicita (il cliente si aspetta quello che prima era una sorpresa) e se l'impresa vuole mantenere elevato il grado di soddisfazione del cliente dovrà inventarsi un'altra qualità latente, mantenendo il pendolo della qualità in continua oscillazione tra qualità latente e qualità implicita.  Si è detto che quantificare la customer satisfaction è un'attività molto complessa, esistono, comunque, una serie di elementi, come quelli indicati nel riquadro, la cui analisi può dare informazioni su di essa.


Effettuare consegne precise e corrispondenti agli ordini.
Rispettare i tempi di consegna.
Adottare termini di pagamento flessibili e a misura del cliente.
Avere una discreta gamma di prodotti.
Imballare i prodotti in modo razionale e gradito al cliente.
Usare imballaggi ecologici.
Adattarsi alle esigenze della commercializzazione.
Sostenere i prodotti con un'efficace attività di marketing.
Organizzare azioni promozionali.
Avere prodotti con ciclo di vita adeguato.
Curare i contatti interpersonali.
Avere personale cortese e gradevole nei rapporti interpersonali.
Fornire spiegazioni e materiali, esaurienti e completi.
Avere procedure di comunicazione tecnologicamente avanzate.
Proporre soluzioni di servizio innovative.
Disporre di un adeguato servizio assistenza clienti.
Rispondere con celerità ai reclami.

Questi indicatori di customer satisfaction possono essere modificati o integrati, in funzione della tipologia di business dell'azienda, ma sarebbe opportuno che ciascuna impresa compili un elenco di parametri, come quello del riquadro, e su di esso faccia, periodicamente un attento monitoraggio.

6.8  La competenza emotiva

Fino a pochi anni fa l'intelligenza di una persona veniva misurata attraverso il QI (65); da qualche anno si misura anche l'EQ, il quoziente di intelligenza emotiva, che rappresenta appunto un altro aspetto dell'intelligenza.
L'EQ comporta le seguenti doti.

  • Buona conoscenza e consapevolezza di sé.
  • Autocontrollo.
  • Facilità nelle relazioni.
  • Empatia,
  • Comunicativa.
  • Capacità di trasmettere nell'interlocutore entusiasmo e fiducia.
  • Automotivazione.
  • Capacità di comprendere i sentimenti e gli stati d'animo altrui.

 Tutte caratteristiche che fanno il profilo ideale di un leader.  Questo spiega, anche, perché, generalmente, un alto QI (65) , da solo, non crea un leader. La competenza emotiva nasce dalla consapevolezza della propria intelligenza emotiva; potremmo dire che la competenza emotiva nasce dalla propria consapevolezza e dalla propria intelligenza emotiva.
La presenza nell'impresa della competenza emotiva risulta particolarmente importante quando l'impresa è in una fase di transizione. Durante i cambiamenti, in azienda, è noto che si sviluppano ansia, paura e sfiducia, forze negative che possono bloccare il processo in corso; solo la presenza della competenza emotiva permette alla leadership di illustrare uno scenario positivo e di far comprendere alle persone che l'azienda richiede loro responsabilità, iniziativa, lealtà, impegno, fiducia.  Essa è altresì fondamentale quando il valore di un'impresa è il tessuto delle sue relazioni e la capacità di creare, mantenere e sviluppare relazioni è un dovere aziendale. E' opportuno notare che la competenza emotiva è l'ingrediente per ottimizzare anche i parametri visti prima.
La competenza emotiva permette di sviluppare energia positiva in situazioni ad elevato potenziale conflittuale, quando la comprensione dei sentimenti e delle aspettative altrui e la capacità relazionale giocano un ruolo importante.  La competenza emotiva, attraverso le capacità relazionali, permette di valorizzare i processi di comunicazione interna ed esterna per la trasmissione di un insieme di valori che costituiscono l'identità e l'immagine aziendale. Il capitale intellettuale si sviluppa, se all'interno dell'azienda cadono confini e barriere organizzative, permettendo la libera diffusione della conoscenza; questo comporta accordare fiducia ai collaboratori, operazione facilitata se esiste una sintonia, tra i soggetti dell'impresa, che scaturisca da affinità emotiva, sensibilità ed entusiasmo. La costruzione, nell'impresa, della cultura dell'innovazione comporta la diffusione e l'interiorizzazione di una tensione emotiva verso nuovi modelli mentali e una predisposizione verso la rottura di rendite di posizione e vecchi schemi. La competenza emotiva è uno strumento fondamentale per mettere in atto i giusti comportamenti tesi al raggiungimento della soddisfazione dei collaboratori e dei clienti. Con riferimento ai collaboratori, rivestono particolare importanza le relazioni interpersonali e la percezione, da parte dei collaboratori, dell'esistenza di una particolare attenzione alle proprie esigenze, elementi profondamente influenzati da comportamenti che derivano dalla dimensione emotiva. La customer satisfaction dipende dalla capacità dell'impresa di saper cogliere i bisogni espressi e latenti dei clienti e di soddisfarli, trasformando il contatto in un'esperienza memorabile. La dimensione critica sulla quale agire per raggiungere quell'obiettivo è la relazione ad elevato tasso di intelligenza emotiva per "incantare" il cliente e convincerlo a essere fedele.

64 L'ipercompetizione, come già detto in prefazione, è caratterizzata da forti accelerazioni nei cambiamenti, dall'aumento dei livelli di concorrenza, dalle repentine evoluzioni nel campo delle tecnologie, dalla trasformazione della forza lavoro in knowledge workesr, dall'instabilità economico-finanziaria.

65 Quoziente di intelligenza.

 

Eugenio Caruso - 26 marzo 2020

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Tratto da

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www.impresaoggi.com