L'esplorazione spaziale in mano privata

Due astronauti sono partiti con SpaceX: lo spazio non sarà più lo stesso Lanciata da Cape Canaveral, la capsula privata sta portando per la prima volta un equipaggio sulla Stazione spaziale internazionale. Attracco previsto alle 16:28 Il futuro dell’esplorazione spaziale potrebbe essere appena cominciato, esattamente oggi, il 30 maggio, quando in Italia erano le 21:22. A quell’ora, e al secondo tentativo dopo l’abort del 27 maggio causato dal maltempo, gli astronauti Nasa Doug Hurley e Robert Behnken sono stati lanciati verso la Stazione spaziale internazionale su una navicella di un’azienda privata, la Crew Dragon di SpaceX.
I nove motori Merlin del razzo Falcon 9, altra meraviglia tecnologica dell’azienda di Elon Musk il cui primo stadio è rientrato nell’atmosfera depositandosi alle 21:32 sulla piattaforma galleggiante Of Course I Still Love You, hanno spinto la Dragon fino all’orbita di inseguimento. Hurley e Behnken raggiungeranno la Iss domani, quando in Italia saranno le 16:28, e nelle 19 ore di viaggio testeranno tutti i sistemi del veicolo, simulando anche un’avaria al pilota automatico 150 metri prima dell’attracco per provare i comandi manuali. Solo nei prossimi giorni si capirà la durata della loro permanenza in orbita, insieme con l’equipaggio della Expedition 63. Il periodo potrebbe andare dai 30 ai 119 giorni a seconda del risultato dei test sulla Dragon e dell’avanzamento lavori per la missione successiva.
Se la missione test – ribattezzata senza troppa fantasia Demo-2 – dovesse rivelarsi un successo, d’ora in poi chiunque, ente governativo o azienda privata, potrà usare il taxi spaziale di Musk dopo averne pagato il trasporto. Il programma, che secondo quanto annunciato dalla Nasa potrebbe vedere la prima spedizione operativa già il 30 agosto, è intanto quello di servire l’ente americano con i primi sei passaggi, costati 2,7 miliardi di dollari (con cui si sono coperti anche i costi di realizzazione della Dragon).
A quasi nove anni dalla volta precedente – l’8 luglio 2011, data di partenza dell’ultima missione Shuttle, la Sts-135 –, due americani sono stati lanciati in orbita dal territorio americano su un veicolo americano. Evento celebrato non a caso dalla presenza, a Cape Canaveral, del presidente Donald Trump e del suo vice Mike Pence. Eppure, sebbene sia questo il fatto che Nasa e SpaceX hanno pubblicizzato con maggior vigore, non è per il ritorno allo spazio indipendente dalla Soyuz russa che la missione Demo 2 avrà un significato memorabile.
Per cominciare, è più importante che la Demo-2 potrebbe ottenere quello che il programma Shuttle mancò clamorosamente: la riduzione dei costi delle missioni spaziali. Oltre all’evidente risparmio costituito dal recupero del primo stadio del Falcon 9, alla Nasa spedire astronauti sulla Crew Dragon dovrebbe costare meno dei passaggi sulla Soyuz, l’unico mezzo dal 2011 in grado di traghettare donne e uomini sulla stazione spaziale. Dal 2006, l’agenzia spaziale americana ha acquistato circa 70 seat sulle navette russe per i propri astronauti e da allora il prezzo è costantemente aumentato, passando dagli iniziali 30 milioni di dollari agli oltre 90 per gli ultimi posti del 2020 (compreso un volo extra acquistato pochi giorni fa per sicurezza). In totale, gli Stati Uniti hanno versato alla Russia più di 3,9 miliardi di dollari per mantenere una presenza continua sull’avamposto orbitante. La Planetary Society ha stimato che il prezzo del posto singolo sul taxi di SpaceX sarebbe fra i 60 e i 67 milioni dollari, un risparmio notevole anche rispetto all’altro mezzo sviluppato nell’ambito del Commercial Crew Program, la Cst-100 Starliner della Boeing (91-99 milioni per posto, anche più della Soyuz).
Il motivo più importante per cui la Demo 2 potrebbe però davvero rivoluzionare il settore, è che per la prima volta nella storia un’agenzia governativa abbia affidato a un privato un lancio umano nello spazio. Il fatto che per il go definitivo, la Nasa abbia dovuto aspettare il direttore di volo di SpaceX ha simbolicamente sancito l’inizio di un’epoca nuova per il settore. Un’epoca per paradosso iniziata dalla scelta, da parte dell’amministrazione Obama, di rinunciare alle ambizioni spaziali del programma Constellation, approvato dopo il disastro dello space shuttle Columbia da George Bush e teso a riportare l’uomo sulla Luna entro il 2020.
Per rispondere alla crisi economica – e per un palese disinteresse nei confronti dello spazio, insinuarono ai tempi critici feroci fra i quali Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Jim Lovell, il comandante dell’Apollo 13 – Obama chiuse il programma Constellation, spostò gli obbiettivi americani dalla Luna a Marte e soprattutto aprì il settore all’intervento privato, trasformandolo di fatto in un ambito di sfruttamento e concorrenza commerciale.
Piaccia o meno, è la stessa strategia spaziale seguita dall’amministrazione Trump, che non a caso lo scorso 6 aprile ha emesso un executive order – un atto avulso dall’approvazione del Congresso – con cui si è ribadito che gli Stati Uniti tratteranno lo spazio come l’ultima frontiera, certo, ma soprattutto del business. Nell’ordine esecutivo e in vista del ritorno sulla Luna con il programma Artemis, Trump ha confermato di non riconoscere il Moon Treaty del 1979, ne ha sconfessato il principio fondante per cui la Luna è un “common good”, e ha deciso di stimolare il supporto internazionale allo sfruttamento delle risorse extra-atmosferiche, ovunque si trovino.
Il tesoro promette di essere ricco e riguarda anche la Stazione spaziale internazionale, proprio dove la Dragon di Hurley e Behnken è diretta in queste ore: da giugno 2019, la Nasa l’ha ufficialmente aperta alle attività commerciali private. Peraltro, da marzo, gli astronauti possono operare sulla Bartolomeo, la piattaforma esterna realizzata da Airbus su contratto Esa capace di ospitare carichi utili, i cosiddetti payload, per sperimentazioni in microgravità. È solo la conferma più recente di una privatizzazione dello spazio già in atto, un processo che dal 2024 dovrebbe estendere la Iss con un segmento commerciale realizzato dalla Axiom: il calendario prevede che dopo la dismissione della Iss, l’Axiom Segment diventi la prima base orbitante privata.
Intanto già oggi più di 50 società sfruttano la Stazione internazionale per la ricerca e lo sviluppo. Secondo la nuova politica statunitense, “le entità commerciali avranno l’opportunità di ampliare la portata delle loro attività nel laboratorio orbitante, includendo produzione, marketing e pubblicità”. Non è un caso che a inizio maggio si sia diffusa la notizia di un progetto cinematografico che potrebbe portare Tom Cruise a bordo della Iss per le riprese. C’è bisogno anche di questo per “trasformare in realtà gli ambiziosi piani della Nasa” ha commentato il numero 1 dell’agenzia, Jim Bridenstine.
Come già scritto, se un giorno i turisti gironzoleranno attorno alla Terra, mentre navi cargo faranno avanti e indietro dalla Luna e Tom Cruise girerà il sequel del suo film in orbita, potrebbe essere perché, oggi alle 21:22, è iniziato un nuovo futuro. In un solo lancio si è fatto insomma un salto di 60 anni, abbandonando la solidissima e affidabile Soyuz, progettata però appunto sei decenni fa. Andare alla ISS è stato fatto tante volte, ma con questo si volta pagina e i cosiddetti privati non si accontentano certamente di fare il camion che porta rifornimenti e uomini al cantiere dietro casa. È solo il loro primo grande passo, Luna a Marte attendono.
Purtroppo, l'altro episodio che si aspettava con molta speranza, il lancio di un razzo vettore per piccoli satelliti dall'aria, da sotto la pancia di un 747 modificato, non è proprio riuscito a Virgin Orbit, la compagnia di Richard Branson che si è staccata da quella di turismo spaziale sempre della Virgin, che da anni promette di portare a 80 chilometri di altezza chiunque possa permettersi un biglietto da 250.000 dollari. Un brutto colpo, anche se mitigato dal fatto che si trattava di una prova, per la Virgin che nel settore aria prevede grosse perdite per via del lockdown che ha messo a terra gli aerei, come per le altre compagnie. Aerei che non volano, turisti spaziali che non partono e questa ultima avventura di lanciare razzi verso l'orbita bassa dalla pancia di un Jumbo che non funziona. Non sempre tutto va bene ai privati in questo campo, ancor più bravo quindi il vulcanico Elon Musk.

https://www.wired.it/scienza/spazio/2020/05/30/crew-dragon-space-x-partita/?refresh_ce=

https://www.ilsole24ore.com/art/con-dragon-spacex-inaugura-l-era-voli-spaziali-commerciali-ADw9ZXU

IMPRESA OGGI - 30 maggio 2020

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