MES sì, MES no e l'Italia affonda

La partita per come rimettere in piedi l'Italia e soprattutto su chi dovrà farlo sta entrando nel vivo e mai come oggi, nel grande gioco della politica, poco o nulla è come appare ufficialmente.
È una partita aperta a diverse soluzioni e per questo nessuno si fida di nessuno. Ogni giorno c'è qualche schermaglia, si tasta il terreno, un passo avanti e due indietro in una estenuante guerra di posizione fatta di interviste, provocazioni e smentite.
Conte ormai gioca per sé e questa è l'unica cosa certa. Per i Cinque Stelle è la partita della vita e sono, tra i partecipanti, gli unici senza opzioni: o tiene questa alleanza o vanno tutti a casa e arrivederci rivoluzione. Zingaretti gioca per salvare la sua segreteria e tenere il Pd al centro del campo, Berlusconi gioca per tornarci in campo da titolare e Renzi gioca per continuare a esistere come soggetto politico. Tutti giocano con e contro tutti e tutti giocano per tenere fuori dai giochi Salvini e la Meloni, che al momento possono solo sperare in un incidente che ci rimandi al più presto a votare (ipotesi assai remota).
E poi c'è l'arbitro Mattarella che sta per entrare nel suo semestre bianco di fine mandato, il che potrebbe essere una scusa per provare a congelare la situazione; ci sono le trattative in corso per decidere chi dovrà prendere il suo posto e infine arrivano elezioni regionali che potrebbero accendere nuove tensioni e cambiare gli equilibri dentro le alleanze sia del centrodestra che dei giallorossi.
Insomma, ci sono tante questioni aperte, l'unica cosa che manca è il tempo, se è vero (speriamo di no) che a settembre la crisi economica mostrerà tutta la sua violenza e che l'Europa ha sì pazienza, ma non infinita per sapere in modo chiaro e definitivo se l'Italia vuole accedere sì o no agli aiuti comunitari, a partire dal Mes, e che condizioni è disposta ad accettare.
In altre parole siamo in uno stato di paralisi da paura, perché il primo che sbaglia una mossa esce dalla partita per il governo che verrà. Quanto durerà lo stallo? La logica dice che così non si può andare avanti più di tanto, ma di cose logiche in questo paese da tempo ne accadono ben poche.
Quindi forse più che nella logica dobbiamo contare sull'immaginazione, questa sì a noi italiani non manca.
Secondo Nicola Zingaretti l'Italia deve usare subito i fondi del MES. «Deve, perché oggi abbiamo a disposizione risorse mai viste e non possiamo permetterci di tergiversare ancora», il governo si svegli, basta con «le danze immobili». E la situazione deve essere davvero seria, se un tipo notoriamente prudente come il segretario del Pd è costretto a venire allo scoperto. Per non parlare dell'ultimatum di Forza Italia: «Quello strumento va utilizzato. Se proseguirà il ni del premier - dice Anna Maria Bernini - noi non voteremo il prossimo scostamento di bilancio». E del millesimo invito di Sergio Mattarella a Palazzo Chigi, pronunciato domenica dal luogo simbolo, Bergamo: «La strada per la ripartenza è stretta e in salita, va percorsa con coraggio e determinazione». Giuseppe Conte è accerchiato, pressato, stretto in una tenaglia, commissariato.
Ma non si arrende e prova a resistere sulla linea della melassa. Del resto la maggioranza non ha i numeri in Parlamento per sconfiggere il fronte sovranista e approvare il ricorso al Mes, nemmeno con l'aiuto del Cavaliere. I Cinque Stelle sono ideologicamente contrari, lo considerano un antipasto della Trojka. «La nostra posizione non cambia», annuncia Stefano Patuanelli, ministro allo Sviluppo. Tira una brutta aria, lo scontro può far saltare tutto, meglio prendere tempo, come al solito, decidere di non decidere e rimandare i problemi. La risposta di Conte alla paginata di Zingaretti sul Corsera infatti non c'è: il premier riunisce a Palazzo Chigi i più stretti collaboratori, si consulta, valuta e sceglie il silenzio. L'unica cosa che filtra è l'intenzione di rinviare a oltranza, anche fino a settembre, visto che nel prossimo Consiglio Ue in agenda c'è il Recovery Fund che piace a tutti e non il contestato Mes.
È la collaudata strategia del tirare a campare. In autunno il quadro potrebbe evolvere. Il Pd potrebbe rinunciare al Mes o i 5s cedere, come del resto hanno già fatto su diversi dossier. In ogni caso, i partiti saranno concentrati sulle Regionali e quello che oggi appare impossibile domani potrebbe diventare praticabile. Illusioni? Ma la linea è chiara, evitare una conta in Parlamento prima del vertice europeo. Conte leggerà alle Camere le sue considerazioni e la maggioranza preparerà una relazione «calibrata» solo sul Recovery Fund. Questo il piano di sopravvivenza: andrà così?
Nel frattempo, però, Zingaretti ha chiesto una svolta, non soltanto sul Mes. Lo hanno spinto i maggiorenti del partito, stufi dell'immobilismo di Palazzo Chigi che sta togliendo sangue e consenso al Pd. Anche Forza Italia pretende chiarezza. «Troppo comodo chiederci i voti - duce Renato Brunetta - e sbatterci la porta in faccia quando si parla di come spendere i soldi». La lettera del segretario dem ha messo il Movimento in subbuglio. «Che cosa vuole ottenere Nicola - si chiede un colonnello grillino - far cadere il governo?». L'ala governista è preoccupata dai numeri. «Una trentina dei nostri il Salva Stati non lo vota nemmeno sotto tortura». La maggior parte sono deputati, ma i sette o otto del Senato possono far cadere il governo. Altro problema: «Che succede se il Mes passa grazie a Forza Italia?».
Ribolle anche l'ala dei duri e puri. «Perché Conte non parla? Il fatto che non replichi - sostiene uno degli irriducibili - è preoccupante. Hanno un ottimo rapporto, si consultano su tutto, è impensabile che stavolta non lo abbia avvertito in anticipo». E cresce il sospetto: «Sono d'accordo, vogliono farci trangugiare qualcosa di indigeribile».

Alessandro Sallusti - ilgiornale.it - 1 luglio 2020



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