Anassimene, l'ultimo della scuola di Mileto

Anassimene nacque a Mileto (colonia greca sulla costa mediterranea della Asia minore) nel 585 a.C. e lì morì nel 528 a.C.. Della sua vita si sa poco o niente, se non fosse che, probabilmente fu allievo del suo concittadino Anassimandro. Ci è giunto un solo frammento della sua opera “Sulla natura”.

Schema di ragionamento anassimeniano
Ipotesi A(nassimene) 1: tutto ciò che esiste è generato da un unico principio, l’arché.
Ipotesi A2: l’arché è l’aria.
Specifica: l’arché è origine delle cose, nel senso che è ciò da cui esse traggono origine, sia la fonte di vita delle cose stesse. Per “fonte di vita” non dobbiamo intendere che i filosofi presocratici avessero in mente una sorta di vitalismo, di slancio vitale di tutto l’essere. Semplicemente “fonte di vita” va intesa come “fonte del movimento”. Il movimento infatti per i greci è cambiamento sia qualitativo che quantitativo: è a causa della disgregazione-attrazione che le cose si associano o si dissociano per dare origine alle altre cose. La vita è semplicemente questo continuo mutare delle cose nello spazio e nel tempo, secondo un principio sottostante che regola questo cambiamento.
Se tutto ciò che esiste è generato da un unico principio, l’arché, se l’arché è l’aria, se l’arché è tanto “origine del movimento” che “fonte di vita” allora l’aria è tanto “origine del movimento” che “fonte di vita”.
Tesi AI: dunque l’aria è “origine del movimento” che è “fonte di vita” di tutte le cose.
Ipotesi A3: la realtà è composta di quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco.
Se la realtà è composta di quattro elementi, aria, acqua, terra e fuoco, se l’arché è origine di tutte le cose, se l’arché è l’aria allora l’aria è origine dei quattro elementi.
Tesi AII: dunque l’aria è l’origine dei quattro elementi.
Specifica: i quattro elementi, ovvero gli altri tre, sono composti dall’aria secondo un principio aggregante, quando si uniscono, e secondo un principio disgregante quando si scindono. In questo senso, è dalla composizione di composti a partire dall’aria che si determina tutta la realtà: il fuoco, l’acqua e la terra sono differenziati non dalla loro natura, che è l’aria, ma dalla “percentuale” di aria dalla quale sono costituiti: se la terra è ciò che c’è di più pesante, il fuoco è ciò che c’è di più leggero dopo l’aria. Dunque, la condensazione-evaporazione è il principio che determina tutto l’essere nel suo divenire.


Se si può dubitare che Anassimene ascoltò i discorsi di Anassimandro, è fuor di dubbio che riprese alcuni punti della riflessione anassimandrea e tematiche della filosofia del suo tempo: il problema della determinazione del principio primo, della problematicità del divenire, dell’idea della physis (la natura,) come spazio di vita delle forme esistenti. Anassimene pone come principio, l’arché, l’aria. L’aria anche per i greci era una “sostanza” ma per capire il significato del concetto in questo contesto è da intendersi non come principio materiale ma come metafora: ciò che vive, respira. All’idea dell’aria come origine va sommata la capacità dell’aria di generare cose più complesse: ciò che si genera si può ricondurre a un processo di condensazione. Così l’aria è principio del mondo e del suo divenire: tutta la molteplicità si sviluppa secondo i due motivi dominanti della condensazione e della rarefazione, principio opposto che spiega la dispersione dell’essere.
Come altri presocratici tra cui i suoi precedenti, Anassimene è un ilozoista (la parola, coniata da un inglese nel seicento e ripresa da Kant nella critica del giudizio, quindi da qui è passata alla tradizione della storia della filosofia successiva, significa che il principio vitale di tutte le cose è insito nella materia stessa. La materia, cioè, si muove per motivo interno e non esterno a sé). La natura si ordina secondo una “scala di condensazione”: il fuoco, l’acqua, la terra sono posti in ordine di densità crescente e secondo il processo di rarefazione-condensazione, gli elementi si generano dall’unico principio e divengono da quel che sono in quel momento a qualcos’altro. Questo ragionamento può esser suggerito dalla condensazione dell’aria e dalla sua evaporazione, oppure dal fatto che un uomo che esala l’ultimo respiro smette di vivere proprio in quel momento: nell’atto della respirazione, l’espirazione è sempre l’ultima azione. Tutto ciò può essere stato di auto al ragionamento di Anassimene. Il filosofo ha scritto un trattato “Sulla natura” del quale c’è giunto un solo frammento. Egli fu l’ultimo importante pensatore della scuola milesiana perché la città, situata nelle coste dell’attuale Turchia, fu invasa e conquistata dai persiani e così perse la sua indipendenza e molti si trovarono ad emigrare in Grecia.
Sembrerebbe una visione estremamente rozza e limitata quella dei presocratici: come faceva notare Aristotele, essi non riuscirono a fare un passo nell’astrazione e trovare il principio primo di tutte le cose in qualcosa che non fosse in una certa misura legato alla “realtà bruta” (dal termine inglese: “brute fact”). Anassimene non riesce a elaborare un concetto che sia al di là della realtà che osserva e, per ciò, ne deduce che il principio primo delle cose è un altro elemento, un che di materiale che non poteva piacere né ad Aristotele né a molti filosofi successivi. Anche perché, nell’evoluzione filosofica, fino a date recentissime (rispetto all’età intera della filosofia), la materia è sempre stata concepita come qualcosa di dannoso e negativo, il principio stesso della corruzione dei corpi e la causa dell’imperfezioni: non dalla causa materiale ma da quella formale si perviene tanto alla verità che alla compiutezza.
Per capire invece adeguatamente Anassimene, così come tutti gli altri presocratici ilozoisti bisogna fare lo sforzo di comprendere senza pregiudizio: il pregiudizio infatti è informazione parziale che ci fa da lente distorcente del messaggio. Quale è il punto della filosofia di Anassimene? Il punto è che la realtà diviene incessantemente nonostante gli sforzi degli esseri umani a controllarla. Questa realtà dunque sembrerebbe un caos incessante. Ciò spaventa gli uomini in quanto, quello stesso caos, è ciò che sprigiona le forze possenti della natura di fronte alle quali non si può che stare a guardare. Maremoti, epidemie, frane e fulmini sono solo le manifestazioni più palesi della natura.
Di fronte a questa paura dell’ignoto, giacché il caos non è certo oggetto di predizione, l’uomo ha spesso reagito con approccio religioso: esso anteponeva all’effetto una causa più o meno plausibile solo perché, quando vedeva poi l’ignoto manifestarsi, non fosse così terribile come poteva sembrare senza causa. Da una disamina della natura umana si vede questo: che egli preferisce soffrire con un motivo piuttosto che senza e per vivere ha bisogno di certezze. Ed ecco la nascita della religione.
Come si è spesso detto, i greci concepivano il mondo come “pieno di dei” in quanto vedevano in tutto una natura divina. Divino era predicato di ciò che sembrava compiuto e sfuggente alla mano tremolante dell’uomo. La religione era una possibile spiegazione di fenomeni incomprensibili: ma era una spiegazione inadeguata in quanto essa anteponeva una possibilità remota ad un effetto reale tale che, la causa, non riuscisse quasi mai a spiegare l’effetto. E non è un caso che, quando gli uomini potevano fare a meno, nelle loro spiegazioni, degli dei, essi effettivamente rinunciavano alle spiegazioni religiose. E oggi tale tendenza è arrivata alle sue estreme conseguenze, mostrando ciò con eccezionale chiarezza: i più non è che sanno poi molto di più di quanto sapessero i greci, solo che sanno che non c’è proprio bisogno di alcun dio per capire la realtà. Basta “la scienza”.
Ad ogni modo, è evidente una cosa: Anassimene fa a meno dell’approccio religioso, egli non tira in ballo dei o cose simili. Il filosofo guarda con ragione il mondo e sostiene che tutte le cose, in fondo, sono regolate e non sono incomprensibili. Il mondo, dunque, è effettivamente una realtà determinata da un principio universale e necessario tale che poi tutte le cose divengano a partire da quello. Viviamo dentro la natura e la natura non necessita, per esser capita, di dei o cose simili.
Ci pare dunque che, per quanto, senz’altro, la spiegazione di Anassimene sia stata “rozza”, solo nel senso che egli, forse, non ha sviluppato alcun principio più universale che una cosa concreta, sia senz’altro stata guidata da un approccio razionale. Ci domandiamo a questo punto: cosa significa avere un “approccio razionale” verso la realtà? Perché le persone credono agli oroscopi? Perché molte persone necessitano degli oroscopi, pur spesso sapendo benissimo che sta molto alla loro immaginazione la credibilità di quelli? Da dove nasce la necessità di spiegare l’ignoto? La distinzione tra l’uomo e l’animale non sta tanto nella percezione che l’uomo ha della morte e della sua consapevolezza di fronte ad essa: prendete un povero ratto, rinchiudetelo in una stanza e mettetelo contro un cane affamato e vedrete che egli scapperà. Se il ratto non sapesse che, se si ferma, sarà spacciato, certamente non scapperebbe. E ciò infatti spiega come mai gli animali esotici, che non avevano mai visto gli effetti delle armi da fuoco, venivano facilmente ammazzati prima di riuscire a elaborare un’istintiva paura nei confronti dei fucili. L’animale sa benissimo che può morire. Non solo, ma ho avuto un’esperienza molto triste, forse comuni a molti “padroni” ( che mai propriamente lo sono ) di gatti o cani. Quando il cane o il gatto si rendono conto che la loro ora sta giungendo, non si mettono a fuggire, a latrare o ad avere convulsioni dettate dal panico: semplicemente, per istinto plurimillenario, si dirigono verso un pezzettino di terra che possa accettarli nel loro viaggio verso ciò da cui nessun vivente può sfuggire. Loro lo sentono, non ne hanno paura, sono deboli ma pacifici. Sanno che devono morire. Se non è nella percezione della morte che animale e uomo si distinguono, in cosa invece c’è la distinzione e perché l’uomo ha tanto paura di “ciò di cui non si può sapere se invece che il più terribile dei mali stia invece il maggiore dei beni?”

Riassumendo, Anassìmene individua nell'aria il principio di tutte le cose. Fra le tesi a sostegno di questa idea c'è anche sicuramente il riconoscimento dell'importanza rivestita dall'aria per la vita degli esseri viventi. Con Anassimene, però, sembra compiersi una sorta di passo indietro nella ricerca dell'archè. Se infatti il suo maestro l'aveva individuata in una sostanza infinita e astratta (l'àpeiron), Anassimene la individua in una materia fisica concreta. A dire il vero a tale materia Anassimene attribuisce le caratteristiche dell'ápeiron di Anassimandro: l'infinità e il movimento incessante. Resta il fatto che Anassimene, come era già successo con Talete che aveva individuato l'archè nell'acqua, attua su un piano fisico e concreto la ricerca del principio originario, che con Anassimandro aveva invece assunto una dimensione astratta e indeterminata. A quanto pare però, Anassìmene, sentì il bisogno di correggere il maestro, perché dall'infinito alla generazione delle cose, Anassimandro, fece un "salto". Non era ben chiaro in che modo le cose si generassero dall'àpeiron e così cercò di trovare una soluzione creando un concetto che fosse una via di mezzo tra il pensiero di Talete e di Anassimandro. La vera novità della filosofia di Anassimene sta nella spiegazione precisa del meccanismo materiale che consente all'aria di essere principio tutte le cose. Per il filosofo di Mileto questo avviene secondo un processo di rarefazione e condensazione. Scrive Teofrasto, riguardo all'idea di Anassimene:
«Condensata e rarefatta appare in forme differenti: quando si dilata fino ad essere molto leggera diventa fuoco, mentre poi condensandosi diviene vento: dall'aria si producono le nuvole per condensazione e se la condensazione cresce, l'acqua, se cresce ancora, diventa terra. E all'ultimo grado le pietre. Sicché i contrari fondamentali per la generazione sono il caldo e il freddo.» (Teofrasto, Opinione dei fisici)
Quindi l'aria, raffreddandosi, si condensa, diventa vento, poi nuvola e, condensandosi ancora, acqua, terra e infine pietra. Rarefacendosi, invece, l'aria si dirada e diventa fuoco. La condensazione produce quindi il freddo, la rarefazione il caldo; nascono così i due contrari fondamentali da cui originano tutte le cose. A questa idea, Anassimene era giunto osservando il fatto che la temperatura dell'aria che esce dalla bocca è diversa a seconda dell'apertura di quest'ultima: a bocca socchiusa l'aria esce fredda, a bocca larga esce calda. In questo modo aveva dimostrato come la temperatura fosse determinata dal grado di condensazione e di rarefazione. Tutte le trasformazioni del mondo vengono perciò spiegate come trasformazioni dell'aria, in quanto tutte le cose che formano l'universo sono aria in un diverso grado di densità.
Dal frammento della sua opera si deduce come Anassimene vedesse nell'aria anche la forza che anima il mondo:
«Come l'anima nostra, che è aria, ci sostiene, così il soffio e l'aria circondano il mondo intero.» (Anassimene, unico frammento rinvenuto delle sue opere)

L'universo viene concepito come un gigantesco organismo vivente che respira l'aria in cui è immerso, e il respiro stesso è la sua vita e la sua anima. Più tardi Diogene di Apollonia difenderà la teoria di Anassimene, dando all'aria le caratteristiche del nous di Anassagora. L'aria diviene perciò un soffio vitale (pneuma), principio vivificatore da cui originano tutte le cose.

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SCUOLA IONICA DI MILETO

Eugenio Caruso - 15-11-2020



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