Se si ha gia un mutuo ipotecario in corso, è  possibile estinguere questo debito contraendo un altro mutuo con altro istituto  che va a subentrare nei diritti della prima banca.
Questo processo è  detto "surrogazione del debito"(con terminologia tratta dal settore telefonico si parla anche di "portabilità del mutuo").  La legge n. 40  del 2 aprile 2007, detta “decreto Bersani  bis” ha, infatti, esteso il concetto di surrogazione ai mutui, ai contratti di  apertura di credito e altri finanziamenti concessi da banche, istituti finanziari  e altri intermediari bancari e finanziari. L’istituto della surrogazione già  esisteva, infatti,  nel c.c. prima del  decreto Bersani bis. La novità del provvedimento normativo sta nel fatto che  ora non è più legittimo che la banca precluda al debitore l’esercizio di questa  facoltà impedendo o rendendo oneroso l’esercizio della surrogazione, infatti  «E’ nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il  quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della facoltà  di surrogazione»
  Si ha così un subentro nell’ipoteca e nelle  stesse garanzie personali concesse dal cliente alla prima banca: non serve  allora cancellare la prima ipoteca e iscriverne una nuova.  La surrogazione è fattibile solo se viene  finanziato l’importo residuo del mutuo originario: se superiore si deve  procedere con una nuova pratica. L’atto di surrogazione deve essere stipulato  per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere presentato alla  Conservatoria dei Registri Immobiliari per l’annotamento.  "Il notaio è sempre necessario se si  modifica la durata del contratto di mutuo quando questo comporta la necessità di  rivedere l'ipoteca". Il decreto Bersani bis, oltre ad aver abrogato le  penali sui nuovi mutui e affidato a un negoziato tra Abi e associazioni di  consumatori l’equità delle penali per i mutui contratti in precedenza, ha  stabilito una disciplina nuova sulla semplificazione delle cancellazioni  ipotecarie (senza bisogno dei notai), applicabile nei casi di estinzione totale  dell'obbligazione garantita (compresi gli oneri accessori, quali interessi,  spese, ecc.), ma non nei casi di estinzione parziale. L’applicabilità delle  nuove norme sulla cancellazione automatica dell’ipoteca è espressamente  prevista anche ai mutui estinti in precedenza all’entrata in vigore della  legge, laddove alle modalità di applicazione, impone che “l'ipoteca si estingue  automaticamente all'estinzione della obbligazione garantita del mutuo senza  alcun onere aggiuntivo per il debitore”.   Nei trenta giorni successivi all'estinzione dell'obbligazione l'ipoteca  va in uno stato di “stand by”, si ha una sorta di ipoteca quiescente, nel senso  che essa si estinguerà solo se in tale periodo di tempo il creditore non  comunica alla conservatoria un giustificato motivo che ostacola l’estinzione.  Quindi per l’estinzione automatica dell'ipoteca devono ricorrere due  presupposti: l'estinzione dell'obbligazione, il decorso dei trenta giorni dalla  predetta estinzione senza che il creditore abbia inviato dichiarazione  contraria alla conservatoria. In base ad una Circolare del Ministero delle  Finanze (CIR) n. 95 /E del 12 maggio 2000: "Nel caso cui venga estinto un  vecchio mutuo e ne venga acceso uno nuovo di importo non superiore alla quota  capitale residua, maggiorata delle spese e oneri correlati, si continua a  beneficiare della detrazione per oneri prevista dalla lettera b), del comma 1,  dell’art. 13-bis del TUIR, come modificato dalla legge 23 dicembre 1998, n.  448, anche se il soggetto mutuante è diverso da quello originario".
Da una serie di interviste e di ricerche  condotte negli ultimi mesi dagli organi di informazione si evidenzia un quadro  abbastanza desolante per quanto concerne l’applicazione della portabilità dei  mutui in accordo alla legge Bersani.  Inoltre molti mutui sono stati cartolarizzati. L’applicazione delle norme sembra variare  da banca a banca e tra filiale e filiale della stessa banca. Ancora oggi (9 aprile 2008) in una trasmissione di Radio 24 si ribadiva l'ostruzionismo delle banche verso questo meccanismo. Pertanto Adusbef  ha avviato una procedura di class action.
Class  Action contro banche e notai
L'associazione dei  consumatori Adusbef ha deciso di promuovere una class action contro banche e  notai che hanno fatto pagare spese per la portabilità dei mutui. Oltre al  recupero di questi costi non dovuti - spiega una nota -  Adusbef chiederà il risarcimento dei danni». Nonostante  la legge Bersani sulla portabilità dei mutui - ricorda l'Adusbef - abbia  sancito il diritto di un titolare di un mutuo a trasferire il proprio debito a  un'altra banca, qualora avesse la possibilità di accedere a condizioni  migliori, senza alcun onere per il cliente, «il sistema bancario e la casta dei  notai hanno osteggiato la legge, facendo pagare spese di istruttoria, oneri di  perizia e costi notarili pari a circa 2-3mila euro ciascuno». La legge, in  vigore dal 2 febbraio 2007, «impone - prosegue il comunicato - che la nuova  banca subentra nella garanzia ipotecaria già iscritta dal creditore originario,  mediante atto di surroga annotata a margine dell'ipoteca e permette di evitare,  come accadeva in passato, che la sostituzione di un mutuo avvenisse tramite la  cancellazione della vecchia ipoteca e l'iscrizione di una nuova. Con la sottoscrizione  della surroga la banca subentrante provvede a saldare il vecchio debito  residuo, sostituendosi al creditore originario nella relazione con il  mutuatario». L'associazione dei consumatori fa notare che «gli istituti di  credito, invece di applicare la legge per favorire 3,2 milioni di mutuatari  indebitati a tasso variabile surrogando o rinegoziando i mutui senza alcun  onere, hanno invece richiesto al contraente debole o in stato di bisogno per  gli elevati aumenti delle rate, costi e spese non dovute per migliaia di euro  che i consumatori (circa 150mila) sono stati costretti a pagare, anche per  evitare guai peggiori, come l'aumento ulteriore dei tassi e dell'euribor,  configurandosi in tali condotte fraudolente anche l'ipotesi di estorsione». 
La penale di estinzione anticipata
Rimborsare anticipatamente il mutuo, in tutto o in parte, è un'ipotesi da valutare sempre seriamente, visto che comporta il risparmio di tutti gli interessi non ancora maturati. Nelle considerazioni bisognerà però tenere conto della penale di estinzione anticipata, se prevista.  Essa viene commisurata alla somma anticipatamente estinta e incide di solito tra l'1% ed il 3% per i mutui a tasso variabile e tra il 2% ed il 4% nel caso di quelli a tasso fisso. I mutui a tasso misto prevedono di solito penali differenti a seconda che al momento dell'estinzione sia in corso    l'ammortamento a tasso variabile o quello a tasso fisso. Fanno eccezione i mutui esentati per legge dall'applicazione della commissione di anticipata estinzione. Il Decreto Legge n° 7 del 31 gennaio 2007 (cosiddetto Decreto Bersani convertito nella Legge n° 40 del 2 aprile 2007) stabilisce infatti la nullità di qualsiasi clausola che la preveda, a condizione che: 
 - il contratto di mutuo sia stato sottoscritto    dal 2 febbraio 2007 in    avanti;
 
 - il finanziamento venga richiesto da persone    fisiche ai fini di acquisto o ristrutturazione di immobili adibiti ad    abitazione (o allo svolgimento di attività economiche e professionali).
 
Lo stesso Decreto stabilisce inoltre un limite massimo per le penali di estinzione dei contratti di mutuo stipulati fino al 2 aprile 2007 ai fini dell'acquisto o ristrutturazione di un’abitazione o di un’unità destinata allo svolgimento della propria attività economica o professionale. Il debitore che riscontrasse nel proprio contratto una quota superiore avrà così la facoltà di richiedere e ottenere dalla banca la rinegoziazione della condizione, riducendola fino al massimo consentito, specificato di seguito. La Legge 244 del 24 dicembre 2007 ha stabilito che tale diritto non decade neanche quando il mutuo provenga dall’accollo di un contratto preesistente. 
Per esempio, nel caso di finanziamenti accesi dall’impresa costruttrice - che non gode del beneficio di esclusione delle penali di estinzione - l’acquirente accollante potrà pretendere la successiva applicazione dei relativi vantaggi garantiti dalla Legge ai privati. 
Mutui a tasso variabile
La penale massima cambia in funzione del momento in cui si procede all’estinzione: 
- Prima del terz’ultimo anno: 0,50%
 
    - Durante il terz’ultimo anno: 0,20% 
 
    - Negli ultimi due anni: nessuna 
 
Esiste inoltre la cosiddetta “clausola di    salvaguardia” che interessa i contratti in cui la penale risulta pari o inferiore al limite massimo. In tali casi si avrà diritto ad uno sconto dello 0,20% rispetto a quanto concordato con la banca all’origine. 
              
Mutui a tasso fisso
Se stipulati fino al 31 dicembre 2000 valgono i criteri specificati sopra per    i mutui a tasso variabile.  Con i finanziamenti contratti dal 1° gennaio 2001 le penali massime sono invece le    seguenti:
        
          - Durante la prima metà del mutuo: 1,90%  
 
          - Dalla metà del rimborso al quart’ultimo anno:    1,50% 
 
          - Durante il terz’ultimo anno: 0,20%
 
          - Negli ultimi due anni: nessuna 
 
        
Se il contratto di mutuo originario prevede    già una penale uguale o inferiore ai limiti sopra indicati si potrà sfruttare    la “clausola di salvaguardia”.  Essa    stabilisce una riduzione dello 0,25% nel caso di penali contrattuali uguali o    superiori all’1,25%. Lo sconto si riduce allo 0,15% con penali inferiori all’1,25%.
              
Mutui a tasso misto
Se al momento dell’estinzione è in corso l’ammortamento a tasso variabile    valgono i limiti applicati ai mutui a tasso variabile, mentre se si sta    rimborsando a tasso fisso bisognerà fare riferimento ai criteri stabiliti per    tale modalità.  Nel caso di contratti a    tassi miscelati le distinte quote di debito sconteranno il trattamento    rispettivamente destinato alle due formule. 
Quando sostituire il mutuo conviene
L'idea di sostituire un debito in corso può apparire  molto appetibile quando i tassi dei nuovi mutui sono decisamente più bassi. Ma  conviene sicuramente?  Prima di mettersi  in movimento meglio fare qualche conto. Salvo che la volontà di sostituire  nasca dal bisogno di liquidità aggiuntiva o dalla necessità di abbassare la  rata, esigenze certo prevalenti sulla semplice ricerca di risparmio. 
    
    Sostituire per risparmiare  
    Anche con differenze di 5 punti percentuali non è detto che sostituire il  vecchio mutuo convenga. Sebbene l'effetto del tasso sia importante non bisogna  dimenticare che esso agisce sul capitale residuo e solo per il periodo  rimanente. Al tempo stesso la sostituzione di mutuo implica l'intervento del  notaio con costi globali piuttosto consistenti. Tra l'altro le spese non sono  strettamente proporzionali all'importo di mutuo, incidendo in misura maggiore  sulle cifre più piccole.  Per dare  un'idea ecco una tabella puramente indicativa dei costi che accompagnano la  sostituzione. Viene considerato un mutuo con penale di estinzione dello 0,5%,  relativo a una "prima casa" a Milano. 
  
    Importo mutuo  | 
    Totale spese  | 
    Incidenza    spese  | 
  
  
    20.000  | 
    2.050  | 
    10,0%  | 
  
  
    50.000  | 
    2.975  | 
    6,0%  | 
  
  
    100.000  | 
    3.650  | 
    3,7%  | 
  
  
    150.000  | 
    4.625  | 
    3,1%  | 
  
  
    200.000  | 
    5.300  | 
    2,7%  | 
  
  
    300.000  | 
    6.350  | 
    2,1%  | 
  
Le spese sono: istruttoria e perizia, imposta  sostitutiva, atto notarile, penale estinzione.
Affinché l'operazione sia vantaggiosa è necessario che il risparmio  prodotto dalla riduzione del tasso di interesse sia maggiore delle spese di  sostituzione. Sfruttando la normativa  sulla portabilità del mutuo (surrogazione) è possibile sostituire il mutuo  azzerando interamente i costi di imposta e istruttoria, riducendo nel contempo  quelli notarili. Non tutte le banche sono però disposte ad utilizzare  questa procedura. I conteggi necessari alla verifica sono più semplici di  quanto si immagini. Una volta noti i costi indicativi basterà ipotizzare di  stipulare un nuovo mutuo di importo pari al capitale residuo maggiorato di  tutte le spese, con durata uguale a quella residua del mutuo da sostituire. Paragonando  le rate si avrà un'indicazione immediata sull'eventuale tornaconto. Giova sempre tener presente che le rate del mutuo prevedono, inizialmente, una significativa  percentuale di estinzione della quota interessi, pertanto, quando si è molto avanti nei pagamenti possono essere svantaggiose sia la surroga che la sostituzione. 
  
  ESEMPIO: Valutiamo la convenienza della sostituzione di un mutuo con 9 anni  restanti, capitale residuo di 100.000 euro e tasso del 6% (rata mensile di  1.200 Euro), con un nuovo mutuo al 4,5%.   Ipotizzando che le spese di sostituzione ammontino a 3.650 euro dovremo  calcolare la nuova rata . Il capitale da utilizzare per i calcoli sarà 103.650  (100.000 debito residuo + 3.650 spese sostituzione), la durata corrisponderà a  9 anni ed il tasso al 4,5%. La rata così ottenuta ammonterà a 1.169 Euro, con  un risparmio mensile di 31 euro a favore della sostituzione, ovvero 3.348 euro  in 9 anni (31 euro x 108 rate). Come detto, il vantaggio si perde o addirittura si  trasforma in perdita quando l'importo e/o la durata residua sono modesti. La  detrazione fiscale verrà conservata per la frazione relativa al debito residuo  più le spese di sostituzione. 
  
  Sostituire per  ridurre la rata
  Sostituire il mutuo per distribuire il rimborso su un periodo più lungo può  giovare alla qualità della vita. Sarà così possibile abbassare la rata, anche  se ciò rappresenterà un aumento della spesa, talvolta cospicuo. ESEMPIO:  Consideriamo un mutuo al 5% con capitale residuo di 50.000 Euro e 6 anni  rimanenti. La rata mensile ammonterà a 805 Euro.Volendo ridurre l'esborso mensile  si potrebbe ripianare il debito su 15 anni anziché 6. La nuova rata verrebbe  così ricalcolata su un capitale di 52.975 (50.000 debito residuo + 2.975 spese  indicative di sostituzione).  Allo stesso  tasso del 5% ma con durata quindicennale la spesa scenderebbe a 419 Euro mensili.  Interessante, ma costoso. La differenza da rimborsare salirebbe così da 57.960 Euro  (805 x 72 rate) a 75.420 Euro (419 x 180).   I benefici fiscali verranno tuttavia conservati. Anzi, il loro effetto  sarà più consistente perché risulterà proporzionale alla maggiore spesa in  interessi passivi. Si noti che l'allungamento della durata è previsto anche nei casi  di rinegoziazione, con enormi risparmi sulle spese dell'operazione. Il relativo  meccanismo è tuttavia applicato da poche banche e comunque, di solito, solo  quando i debitori sono in difficoltà nel rimborsare il mutuo. 
  
  Sostituire per  aumentare il mutuo
L'operazione di sostituzione può essere sviluppata per soddisfare esigenze  finanziarie, collegate per esempio alla ristrutturazione. Potrebbe infatti  essere preferibile accorpare il vecchio debito con il nuovo, in modo da non  sommare due rate.  Altre volte è la banca  che concede il nuovo finanziamento a pretendere la cancellazione della  precedente ipoteca, per poter così iscrivere la propria in primo grado.  I benefici fiscali correlati al vecchio mutuo  verranno mantenuti, ma solo per una quota proporzionale al debito residuo  maggiorato delle spese di sostituzione. ESEMPIO: Ipotizziamo di sostituire un  mutuo con un debito residuo di 72.500 euro e spese di sostituzione pari a 3.200  euro. Gli interessi relativi al totale di queste voci (75.700 euro)  manterranno la detraibilità.  Se il nuovo  mutuo ammonta a 100.000 euro risulterà perciò detraibile soltanto il 75,7%  degli interessi, ovvero la proporzione tra i due importi (75.700 /  100.000).
La rinegoziazione del mutuo
Sostituzione e  rinegoziazione del mutuo vengono spesso confuse tra loro. La differenza invece  non è trascurabile, soprattutto per la diversa flessibilità, ma anche per i  consistenti risvolti economici collegati. Chiariamo subito che per "sostituzione" si intende  l'estinzione del vecchio debito mediante l'erogazione di un nuovo  finanziamento: si chiude un contratto e se ne stipula un altro. Perciò i  contraenti possono restare gli stessi o anche mutare, l’importo può aumentare e  perfino il finanziatore può cambiare, essendo consentito ricorrere a una banca  diversa. Con "rinegoziazione" del mutuo invece ci si riferisce solo alla modifica di alcune clausole  contrattuali, per esempio la durata residuale del rimborso o il tipo di tasso  applicato. 
  Questo vuol dire che la rinegoziazione può avvenire esclusivamente tra gli  stessi contraenti, cioè che banca e mutuatari non possono cambiare. In effetti  si tratta semplicemente della modifica alle condizioni di un contratto che  continuerà a sussistere. 
  Le due soluzioni differiscono soprattutto in flessibilità, ma anche in termini  di costo. L'operazione di rinegoziazione può infatti essere condotta con un  semplice scambio di corrispondenza tra banca e cliente, e non richiede la  presenza del notaio. Che il tutto debba avvenire senza costi e atti notarili è  garantito dalla Legge 244 del 24 dicembre 2007 (Manovra Finanziaria 2008)  secondo cui “resta salva la possibilità del creditore originario e del debitore  di pattuire la variazione, senza spese, delle condizioni del contratto di mutuo  in essere, mediante scrittura privata anche non autenticata.”  Da un punto di vista fiscale i benefici  preesistenti verranno tutti mantenuti.  Va  soltanto precisato che la modifica delle condizioni contrattuali non può essere  imposta a nessuna delle parti. Pertanto la rinegoziazione risulta possibile  solo quando banca e debitore sono concordi sulle variazioni da apportare. Fanno  eccezione gli aspetti che la   Legge impone di variare. E’ il caso per esempio della  modifica alla penale di estinzione anticipata, che deve essere ricondotta per  rinegoziazione entro precisi limiti. In questi casi la banca non può opporsi  alla ridefinizione della relativa clausola. 
La cancellazione dell’ipoteca
Il Codice  Civile prevede numerose cause capaci di produrre la cosiddetta  "estinzione" dell'ipoteca, con conseguente perdita della sua  efficacia.
   
  Sono contenute nell'articolo 2878 e riguardano i casi in cui: 
- il debito a    cui l'ipoteca è collegata viene estinto;
- il creditore    dichiara di rinunciare al credito garantito dall'ipoteca;
- il creditore    dichiara di rinunciare all'ipoteca;
- viene    raggiunto l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata;
- si verifica    l'eventuale condizione risolutiva che prevedeva l'annullamento dell'ipoteca;
- decorrono    venti anni dall'iscrizione dell'ipoteca senza che ne sia stato richiesto il    rinnovo;
- il bene    ipotecato perisce;
- il tribunale    pronuncia un provvedimento di esproprio e ordina la cancellazione delle    ipoteche.
Per non  confondersi le idee bisogna però ricordare che "estinzione" e  "cancellazione" dell'ipoteca non sono la stessa cosa.  L'estinzione dell'ipoteca la rende  inutilizzabile, cioè ne annulla la consistenza e la possibilità per chiunque di  adoperarla. Nella forma essa però continuerà a figurare, anche se con una presenza  puramente apparente. 
  Per esempio l'ipoteca si estingue con l'integrale rimborso del debito, ma chi  eseguisse una visura ipotecaria avrebbe l'impressione che essa sussista ancora. 
  Così un eventuale acquirente dell'immobile pretenderà il più delle volte che  esso venga liberato anche dalle annotazioni, pur se prive di contenuto. 
  La procedura che consegue la cancellazione delle formalità è definita  "cancellazione di ipoteca" e avviene diversamente in funzione del  tipo di ipoteca. 
  Ipoteche  volontarie 
  La cancellazione dell'ipoteca volontaria può essere ottenuta sia con modalità automatica  (purché relativa ad un mutuo) che mediante atto notarile.  Per utilizzare il vantaggioso sistema  automatico, previsto dalla Legge n° 40 del 2 aprile 2007 (cosiddetta Legge  Bersani), sarà sufficiente che la banca comunichi l’avvenuta estinzione del  mutuo ai competenti uffici.  Ciò eviterà  il coinvolgimento del notaio, nonché l’azzeramento di qualsiasi spesa bancaria  o erariale. La Legge  precisa infatti che la formalità va eseguita “senza alcun onere per il  debitore” (comma 8 septies). 
  Per i mutui estinti dopo il 2 giugno 2007, entro 30 giorni dall’estinzione la  banca dovrà spontaneamente inviarne notifica all’Agenzia del Territorio, che  procederà alla cancellazione dell’ipoteca.   Poiché non sono state previste sanzioni nei confronti delle banche che  omettono di effettuare la suddetta comunicazione, potrebbe talvolta rendersi  necessario inoltrare al creditore una richiesta scritta, affinché l’obbligo  venga rispettato. Nel caso di mutui estinti in precedenza, il termine di 30  giorni decorrerà dalla data di richiesta della quietanza da parte del debitore,  da inoltrarsi alla banca mediante lettera raccomandata con avviso di  ricevimento. Quando bisogna intervenire con un nuovo mutuo subito dopo  l’estinzione del precedente, la strada della cancellazione automatica diventa  piuttosto difficile da praticare.  Ciò  perché la banca che ha comunicato l’avvenuta estinzione dispone per trenta  giorni della facoltà di opporsi alla cancellazione dell’ipoteca, in presenza di  un giustificato motivo. Sebbene si tratti di un’eventualità remota, è improbabile  che il nuovo finanziatore si renda disponibile a rilasciare un nuovo mutuo  prima che sia decorso tale periodo. In tali frangenti l’unica soluzione resterà  quella di tornare ad utilizzare il metodo tradizionale, con l’intervento del  notaio.  Nei casi in cui si preferisce o  si è costretti a ricorrere al notaio, egli procederà alla redazione di un atto  notarile unilaterale, chiamato "atto di assenso alla cancellazione di  ipoteca".  Sottoscrivendolo il  creditore dichiarerà di essere favorevole all'annullamento dell'iscrizione a  proprio favore.  Le spese relative  resteranno a carico del debitore. Il costo notarile ammonterà ad un importo  compreso tra un terzo e metà del costo aggiornato per l'iscrizione di  un'ipoteca di pari importo. 
  Anche la banca richiederà un contributo per l'intervento in atto del proprio  procuratore, il cui ammontare massimo appare specificato nel foglio informativo  del mutuo. Per i mutui rilasciati da banche, assoggettati all'origine ad  imposta sostitutiva, non sono previste imposte di cancellazione. Negli altri  rari casi bisognerà corrispondere una tassa pari allo 0,5% dell'importo  iscritto. Alcune banche hanno in passato utilizzato una clausola contrattuale  che le autorizzava ad assentire alla cancellazione ipotecaria dopo due anni dall'estinzione  anticipata del mutuo. Se il mutuo è fondiario questa richiesta, intesa a  proteggerle dai rischi di revocatoria fallimentare sui pagamenti, non trovava  tuttavia fondamento. Ciò in considerazione dell'esplicita tutela stabilita al  riguardo dal Testo Unico Bancario (art. 39, comma 4). Va oggi osservato come  tale indicazione risulti implicitamente in contrasto con lo spirito del Decreto  Legge n° 7 del 31 gennaio 2007, secondo cui l’ipoteca “si estingue  automaticamente decorsi trenta giorni dall'avvenuta estinzione  dell'obbligazione garantita”. Il che consente di ipotizzare l'inapplicabilità  di tale patto. 
  Ipoteche  giudiziali
  L'ipoteca giudiziale viene iscritta in base ad una disposizione del giudice.  Per ottenerne la cancellazione non sarà perciò  sufficiente la dichiarazione di rinuncia del creditore, ma bisognerà completare  una procedura presso il Tribunale che consenta di disporre di un "ordine  di cancellazione" emesso dal magistrato.   Se il debito collegato alla formalità ipotecaria è stato estinto,  l'ottenimento della disposizione richiederà qualche tempo ma sarà garantito. 
  Cancellazione  effettiva
  Un'ultima considerazione sulla cancellazione riguarda i ritardi con cui viene  fisicamente annotata in molte Conservatorie. La materiale indicazione viene  talvolta inserita con mesi o perfino anni di ritardo. Ciò significa che nel  frattempo l'ipoteca continuerà a risultare come esistente. Durante tale periodo  l'insussistenza dell'ipoteca potrà essere dimostrata, a pieno titolo, esibendo  l'atto di assenso alla cancellazione del creditore (ipoteche volontarie) o  l'ordine di cancellazione del giudice (ipoteche giudiziali). Qualora si sia  fatto ricorso al meccanismo della cancellazione automatica, la rilevazione  della sua effettuazione potrà essere espletata consultando il "Registro  delle Comunicazioni", tenuto dall'Agenzia del Territorio. 
  7 aprile 2007
ISTRUTTORIA CONTRO DIECI BANCHE 
L'Autorità garante per la concorrenza e  il mercato ha aperto dieci istruttorie nei confronti di altrettante banche sulla portabilità dei mutui. Le banche sono: Unicredit Banca di Roma, Bipop  Carire e Banco di Sicilia (tutte e tre del gruppo Unicredit); Intesa San Paolo;  Mps; Antonveneta; Ubi Banca; Bnl; Banca Popolare di Milano; Deutsche Bank;  Carige; Banca Sella.
Lo ha annunciato il presidente  dell'Antitrust Antonio Catricalà, nel corso di un intervento al Forum della  Pubblica amministrazione. Le istruttorie nei confronti degli istituti di  credito sono state aperte per «pratica commerciale scorretta». 
«Questa legge sulla portabilitá dei  mutui è rimasta inattuata. Abbiamo notizia di rinunce a cambiare solo a causa  dei costi e abbiamo denunce di cittadini perchè le banche negano la  surrogazione e propongono un contratto analogo con costi insormontabili.  Abbiamo evidenza che questo sia vero e abbiamo raccolto prove sufficienti su  dieci banche e abbiamo aperto dieci istruttorie» ha spiegato Catricalà. «La  pratica è stata aperta perchè riteniamo scorretto il loro modo di agire, non  per intesa tra le banche quindi ma per una pratica commerciale scorretta».
Adusbef e Federconsumatori plaudono  alla decisione dell’Antitrust di avviare le istruttorie su 10 banche. «Ancora  una volta - si legge in una nota - dobbiamo dire: bene Catricalà sulle banche.  Il presidente dell’Antitrust, infatti, a differenza del governatore della Banca  d’Italia che aveva solo denunciato il fatto, ha aperto le istruttorie su 10  banche che non hanno soddisfatto le norme derivanti dalla legge Bersani sulla  portabilità dei mutui. Per l’Antitrust si tratta di una pratica commerciale  scorretta e, per Adusbef e Federconsumatori, è un costume, ormai consolidato  nel tempo, di arroganza e vessazione continua nei confronti dei cittadini  utenti. Naturalmente - aggiungono le due associazioni - le nostre associazioni  metteranno in campo tutte le iniziative funzionali al risarcimento di coloro  che ne faranno richiesta. Analizzeremo inoltre la verificabilità della messa in  campo dello strumento della class action. Secondo noi - concludono Adusbef e  Federconsumatori - si tratta di un indebito lucrare delle banche che ha  coinvolto 150.000 famiglie».
Revisione del 18 maggio 2008
Accordo Governo - ABI sulla rinegoziazione dei mutui a tasso variabile 
Un'opportunità in più per tutte quelle famiglie italiane che sono state   spiazzate dal rialzo dei tassi di interesse, ma che al tempo stesso dovrà essere   valutata con attenzione dai risparmiatori prima di procedere a una scelta   definitiva. L'accordo, firmato due giorni fa tra il Ministero dell'Economia e   l'Associazione Bancaria per la rinegoziazione dei mutui a tasso variabile   stipulati prima del 2007, porterà sollievo a molte famiglie. Ma non sarà,   necessariamente, la soluzione migliore per tutti. Per capire se e a chi converrà   aderire è necessario attendere il testo integrale della convenzione (previsto   entro 30 giorni dalla data del Decreto Legge); tuttavia, già dalle linee guida   annunciate mercoledì, è possibile fare alcune considerazioni.
  
  Rebus durata 
  La   soluzione presenta notevoli analogie con la categoria esistente dei mutui a rata   costante, e di questa particolare tipologia di prodotto conserva pregi e   difetti: al vantaggio di un esborso mensile (o trimestrale) iportato ai livelli   del 2006 e che resta invariato fino al termine del piano di ammortamento, dando   così una certa tranquillità al risparmiatore, si contrappone il rischio di   vedere allungare la durata del mutuo. Un pericolo che, nel caso dei finanziamenti   che saranno rinegoziati secondo la Convenzione, è reso ancora più reale dal   fatto che la differenza fra l'importo della rata dovuta secondo il piano di   ammortamento originario e quello risultante dal nuovo accordo viene addebitata   su un conto di finanziamento accessorio e gravata di un tasso di interesse   passivo (Irs a 10 anni maggiorato di uno spread dello 0,5%, attualmente il   5,13%).
  
  La   simulazione 
  Ma di quanto si potrà prolungare la durata del prestito?   I calcoli effettuati da Il Sole 24 Ore per un mutuo da 100mila euro stipulato   nel settembre 2005  mostrano che, in   caso di adesione alla Convenzione, si ottiene fin da subito una rata più lieve   (del 6-12% a seconda della durata), ma si finisce per dover restituire un   importo maggiore di interessi (dal 2% fino al 17%). E questo, sia nell'ipotesi   di tassi di mercato che restino invariati fino al termine del mutuo, sia nel   caso (più realistico e favorevole al cliente) che gli Euribor ripercorrano   l'andamento al rialzo e al ribasso di questi ultimi 3 anni. La differenza si   traduce in un prolungamento del prestito (necessario per restituire quanto si è   accumulato nel conto accessorio di finanziamento) che può variare dai 3 mesi del   caso più favorevole (mutuo a 10 anni con andamento tassi di mercato) ai 52 mesi   dell'ipotesi peggiore (mutuoa 20 anni con livello futuro dei tassi   invariato).
  
  A chi   conviene 
  La convenienza ad aderire alla rinegoziazione andrà   naturalmente valutata per ogni singolo caso, anche perché sarà soprattutto la   situazione finanziaria della famiglia a fare la differenza. Per tutti coloro che   incontrano serie difficoltà nell'onorare il pagamento delle rate, infatti, la   soluzione proposta dall'accordo Abi-Ministero dell'Economia potrebbe risultare   una via di uscita utile e probabilmente inevitabile, anche se si dovesse   tradurre alla lunga in un maggior onere. Diverso, naturalmente, è il discorso   per chi è ancora in grado di sopportare il rincaro di questi ultimi mesi, che   può valutare anche vie alternative e probabilmente anche più vantaggiose   rispetto a quella proposta dalla Convenzione. Non si deve dimenticare, infatti,   che l'accordo non agisce sul tasso di interesse, che continua a restare   variabile, e neppure sullo spread (la differenza applicata dalle banche sui   tassi di mercato). Quest'ultimo, specie tra i prodotti datati, può essere di   gran lunga più elevato rispetto a quello praticato sui nuovi prodotti e bussare   alla propria banca per tentare di abbassarlo potrebbe rivelarsi una soluzione   più appropriata.
Revisione del 23 maggio 2008 
