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Responsabilizzare le persone

La cosa più difficile da conquistare e più facile da perdere è la fiducia.

Proverbio.


Premessa

Quando si affronta il tema degli individui che costituiscono il personale di un’impresa giova fare un'osservazione che è sempre più cogente. Se è pur vero che un'impresa non esiste senza imprenditore è anche vero che numerosi studi affermano che i leader non contribuiscono per più del 20%, in media, al successo dell'impresa, mentre i collaboratori sono l'elemento critico per il restante 80%.
Come mai, allora, le librerie sono piene di libri che parlano di leader e di leadership e pochi parlano dell'importanza dei collaboratori? Peraltro, il culto "eroico" del leader, cultura di estrazione statunitense, è stato intaccato dalle gravi colpe attribuite alle leadership nel collasso di grandi imprese al di qua e al di là dell'Atlantico.
Questo articolo si occupa proprio dell'importanza dei dipendenti - collaboratori nel successo dell'impresa. In questo Sito ho sempre affermato che la virtù principale della leadership debba essere la capacità di creare e formare un team di collaboratori da responsabilizzare e con i quali creare un clima di affiatamento e di trasparenza.
La cosiddetta "sindrome del cavaliere solitario", dell'imprenditore "faccio tutto io" deve scomparire, salvo rischiare la scomparsa delle imprese, specie per i problemi generazionali connessi con la successione.
L'imprenditore, che ha interiorizzato l'importanza di circondarsi di validi collaboratori, dovrebbe essere in grado di dare una risposta alle seguenti domande, per ciascuno di essi.

  • Qual è il suo punto di vista sulla mission aziendale.
  • Qual è il suo obiettivo personale.
  • Che tipo di sostegno vorrebbe da me.
  • Qual è il suo obiettivo professionale.
  • Quali sono le sue idee sul concetto di valore per l'impresa.
  • I suoi valori sono compatibili con i valori dell'impresa.

Creare un clima di collaborazione vuol dire trasmettere fiducia e sicurezza in tutto il personale, la fiducia di avere una leadership che sa dove sta andando, la sicurezza di poter disporre del vantaggio competitivo di una leadership che sa guardare nel futuro meglio dei concorrenti e che saprà dare sempre maggior valore all'impresa.                                                         
Un'altra considerazione fondamentale, che deve fare da premessa all'analisi su come gestire nel modo migliore il proprio personale, è la consapevolezza che il capitale immateriale di un'impresa moderna (conoscenza, informazioni, brevetti, esperienze acquisite, risultati della R&S) costituisce una delle prime fonti di vantaggio competitivo.
L'importanza che le risorse intellettuali stanno acquistando nella transizione verso una nuova economia e come queste risorse stiano, inesorabilmente, sostituendo capitale e forza lavoro quali asset strategici di un'impresa sono fatti che possono essere mostrati con alcune semplici considerazioni.

  • Il valore di un prodotto percepito dal cliente risiede sempre più negli aspetti intangibili (design, immagine aziendale, reputazione, emozione, ricordo), che sono frutto delle risorse intellettuali e sempre meno della sua materialità.
  • Imprese che utilizzano in maniera preponderante il capitale intellettuale hanno capitalizzazioni di borsa superiori al valore degli asset tangibili.
  • Nelle imprese, il lavoro manuale è stato, in gran parte, sostituito dall'automazione, che, sia nella fase di progettazione, sia in quella del controllo, deve fare sempre riferimento a risorse intellettuali.

L'imprenditore di un'impresa tesa verso l'incremento e la valorizzazione del capitale intellettuale, altroché avere un'ottima visione delle competenze che l'impresa dovrà sviluppare, non guardando al passato, ma pensando al futuro, dovrà adeguarsi a questa realtà di impresa e spostare il proprio focus sui seguenti aspetti.

  • La gestione di persone che operano in un'ottica di empowerment.
  • L'identificazione e l'inserimento delle competenze necessarie per ogni ruolo chiave.
  • La frequente riprogettazione delle mansioni.
  • La creazione di un "clima organizzativo" orientato alla motivazione dei lavoratori.
  • La creazione di un'organizzazione "tesa all'apprendimento" che consenta di definire un percorso di sviluppo delle conoscenze mirato e allineato alle scelte strategiche.
  • Il monitoraggio costante del livello di sviluppo del capitale intellettuale.

L'attenzione agli asset immateriali dovrà essere molto più accurata di quella che la leadership dedicava agli asset materiali; la velocità dei cambiamenti e l'attrattività della concorrenza sono due elementi con i quali l'imprenditore dovrà cimentarsi quotidianamente, pertanto, la presenza costante e cooperativa con tutto il mondo degli stakeholder dovrà costituire un imperativo per l'imprenditore, sia per individuare sempre nuove fonti di capitale intellettuale, sia per evitare la perdita delle fonti già in suo possesso. Noto che il turnover dei giovani più dotati professionalmente è molto elevato, questa caratteristica conduce, spesso, a gravi contraccolpi nell’impresa che perde un proprio valido collaboratore.

Una ricerca di McKinsey

McKinsey, in collaborazione con la London School of Economics, ha realizzato uno studio sulla gestione del personale nelle imprese italiane e in altri paesi industrializzati. Il nostro paese mostra un modello di gestione del personale poco meritocratico e una pratica di gestione più attenta al prodotto/servizio che allo sviluppo delle persone; questi comportamenti si traducono in un valore della produttività più basso del 20% rispetto a quello delle principali potenze economiche mondiali. Questo divario, peraltro, tende ad aprirsi; mentre gli altri paesi migliorano il nostro peggiora.
McKinsey ha intervistato 3.500 imprese manifatturiere con un numero tra i 50 e i 5.000 dipendenti. Attraverso domande a dirigenti e quadri la società di consulenza ha misurato su una scala da 1 a 5 il livello di applicazione delle principali pratiche manageriali. Le migliori prestazioni  sono risultate quelle americane e in particolare quelle delle multinazionali.
In Italia, soprattutto nelle piccole e medie imprese, esiste una notevole carenza nella politica di gestione del personale. «Una maggiore attenzione a questa caratteristica gestionale consentirebbe un incremento rilevante di produttività e dei risultati finanziari e commerciali dell’impresa. L’aumento di un solo punto su scala da 1 a 5 della capacità di gestione delle risorse umane, produrrebbe, a esempio, un  effetto equivalente a un aumento delle vendite del 20% ».
Un aspetto particolarmente inquietante dello studio McKinsey  è che l’80% degli imprenditori e dei dirigenti italiani non è consapevole di questa propria carenza manageriale.

Conclusioni

Spesso nei nostri articoli sulla Gestione d’impresa abbiamo sottolineato l’importanza di sostituire alla gestione per obiettivi la gestione per processi.
Questo modello rende i dipendenti partecipi degli obiettivi dell’impresa, consente di gestire in modo trasparente le performance individuali, stimola il miglioramento attraverso il confronto con i colleghi e, quindi, la responsabilizzazione.

Il modello della responsabilizzazione dei dipendenti, meglio noto come empowerment, indica un trasferimento di potere decisionale ai livelli operativi di una struttura, significa coinvolgere tutto il personale nella "tensione" verso i risultati. L'empowerment, in realtà, è qualcosa di più della responsabilizzazione, perché implica una delega completa delle decisioni non strategiche ai collaboratori, specialmente a quelli più vicini al cliente.
L'empowerment è lo strumento base per realizzare l'obiettivo di ogni impresa: l'organizzazione snella.
Su questa politica aziendale esiste una vasta letteratura scientifica; una parte esalta il metodo, una parte lo denigra. Esistono imprese che lo hanno adottato e dopo due o tre anni sono ritornate al modello gerarchico, ma, dai riscontri della letteratura risulta che le poche volte nelle quali l'empowerment è stato applicato senza titubanze, incertezze o timori, esso ha prodotto risultati spettacolari. Io, personalmente, posso testimoniare che nelle imprese con struttura a raggiera (con l’imprenditore al centro che tiene le fila di tutte le attività operative), è molto difficile parlare di empowerment, perché l'imprenditore parte da una visione molto svalutante dei propri dipendenti che sono gestiti secondo il modello del "comando e controllo".
In altre imprese, ugualmente, il parlarne è inutile perché l'empowerment è lo stile di gestione abituale e consolidato da anni.

Ritengo che la risposta alla domanda "Come applicare l'empowerment?" stia nella volontà e nella cultura della leadership,  nella capacità di capire da dove si sta partendo, nel clima organizzativo dell'impresa, nella corretta tempistica delle decisioni e delle azioni critiche. In sostanza, quando un imprenditore pensa seriamente di attuare l'empowerment deve valutare se esistono nell’impresa le condizioni per realizzarlo.

L'empowerment si basa sul principio che, creando le condizioni adatte, ci si può aspettare che i collaboratori dedichino il meglio di sé all'impresa. In pratica significa che essi vengono valorizzati, che si chiedono le loro opinioni, che si considerano le loro proposte, che li si ritiene capaci di prendere decisioni senza dover chiedere il parere di un capo, che vengono fatti partecipare alla creazione e al mantenimento delle competenze emotive dell'impresa.

Giova sottolineare che gli si può chiedere fiducia nella misura in cui essi possono aver fiducia nell'imprenditore.

L'empowerment richiede, quindi, un elevato livello di onestà, di franchezza, di integrità da parte della leadership. In molte imprese questo livello di fiducia non esiste, pertanto, prima di poter pensare a ipotetici piani di empowerment va creato il clima giusto.
In sostanza l'empowerment è molto di più della predisposizione di riunioni formali o informali e di comitati tra capi e dipendenti, significa che la leadership gestisce il rapporto con i propri collaboratori seguendo alcuni princìpi.

  • Fornisce la giusta dose di informazioni a tutti.
  • Reagisce positivamente alle osservazioni e alle proposte dei collaboratori, senza atteggiamenti svalutanti verso la persona che abbia fatto proposte irrealizzabili.
  • Delega molte decisioni a singoli o a squadre di lavoratori.
  • Partecipa alla vita emozionale di tutti i lavoratori.

Perché nell’impresa questi princìpi possano funzionare è necessario creare un clima fiduciario a due vie e quindi.

  • I collaboratori devono ricevere molte informazioni.
  • I collaboratori devono essere messi nella condizione di capire in modo corretto le informazioni, in modo che possano prendere le decisioni in modo razionale e coerente con le strategie aziendali.
  • I collaboratori devono impegnarsi con tutte le loro capacità per raggiungere gli obiettivi aziendali.

Per creare queste condizioni ci vuole una leadership di alta qualità e ci vogliono dei collaboratori che si sentano di operare in un regime di partnership; ogni soggetto che partecipa a questa rivoluzione organizzativa deve metterci: cuore, cervello, onestà, dedizione.
Ritengo interessante chiudere questo articolo ricordando la famosa commedia di Ibsen, Casa di bambola. Il commediografo mette in scena una coppia in cui l'uomo adora la moglie e fa tutto per lei, le regala ogni cosa, previene ogni suo desiderio, le evita ogni problema, la deresponsabilizza di tutto. Ma lei lo lascia per vivere e provvedere a se stessa da sola e poter affermare di qualcosa «Questo l'ho fatto io».

Per un approfondimento del tema si rimanda al successo editoriale Gestire e motivare le persone.

personale

Eugenio Caruso
14 aprile 2008

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