L'Universo visto dal telescopio Hubble.


“[…] la distinzione tra passato, presente e futuro è soltanto un’illusione, anche se ostinata”. Einstein

Lo scorso luglio 2022 gli astronomi che lavorano con il James Webb Space Telescope (JWST) hanno pubblicato l’immagine astronomica più profonda mai ottenuta, lasciando il mondo a bocca aperta. Sullo sfondo di un ammasso di galassie denominato SMACS 0723, visto come appariva 4,6 miliardi di anni fa, miriadi di galassie di forme e dimensioni diverse appaiono come gemme luminose nell’oscurità del cosmo.

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HUBBLE. Nebulosa testa di cavallo. E' una nebulosa oscura nella costellazione di Orione 

Alcuni di questi fari lontani brillavano già quando l’universo aveva solo poche centinaia di milioni di anni. Per capire come siamo arrivati a questo straordinario risultato – ovvero in che modo gli astronomi abbiano navigato verso isole galattiche tanto lontane da noi nello spazio e nel tempo, raccogliendo fotoni il cui viaggio è iniziato un infinitesimo di tempo dopo il big bang – è utile sapere come sono nate le osservazioni del cosiddetto «campo profondo» (deep field). L’origine del primo campo profondo va fatta risalire ai primi anni novanta, con il lancio del predecessore di Webb, il telescopio spaziale Hubble.
Dal momento che, in un precedente articolo, abbiamo dato notevole rilevanza alle immagini trasmesse da WEBB in questo diamo rilevanza alle immagini otternute con HUBBLE.

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HUBBLE. L'immagine della Nebulosa Elmetto di Thor. NGC 2359. E' una nebulosa a emissione situata nella costellazione del Cane Maggiore.

All’epoca, il concetto di osservazioni del campo profondo era ancora agli albori. Hubble era stato progettato principalmente per osservazioni mirate: gli astronomi puntavano il telescopio verso una sorgente in un punto specifico del cielo e lo esponevano (o «integravano») secondo le necessità, in base alla luminosità della sorgente. Ma Hubble poteva essere usato anche per le osservazioni di campo profondo, che prescrive l’opposto: gli astronomi puntavano il telescopio su una regione di cielo priva di sorgenti visibili e usavano un tempo di esposizione molto lungo per arrivare «in profondità» nel cosmo e osservare il maggior numero possibile di deboli sorgenti di luce. Dalla sua posizione in orbita bassa sopra l’oceano d’aria del nostro pianeta che diffonde la luce stellare, all’epoca Hubble era la migliore piattaforma per l’osservazione del campo profondo che gli astronomi avessero mai conosciuto. Tuttavia, non tutti pensavano che l’approccio si sarebbe rivelato rivoluzionario. In un famoso articolo pubblicato su «Science» nel 1990, John Bahcall e colleghi dell’Institute for Advanced Studies sostenevano che un’immagine di campo profondo di Hubble non avrebbe rivelato un numero di galassie significativamente maggiore rispetto ai telescopi a terra.

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HUBBLE. L'ammasso NGC 3293. E' un brillante ammasso aperto situato nella costellazione australe della Carena.


Bahcall, un gigante dell’astrofisica, era noto per il suo lavoro sul problema dei neutrini solari e per i suoi calcoli della distribuzione delle stelle attorno a un buco nero massiccio. Ha anche contribuito in modo fondamentale allo sviluppo del telescopio spaziale Hubble, dalla sua concezione originale negli anni settanta fino al lancio. Bahcall pensava che le immagini del campo profondo di Hubble potessero essere usate per studiare le dimensioni e le forme delle galassie deboli e per censire i quasar (un termine piuttosto antiquato per indicare i buchi neri supermassicci in fase di accrescimento), ma non credeva che avrebbero rivelato nuove popolazioni di galassie. Quelle tiepide aspettative hanno frenato l’urgenza di tentare di osservare il campo profondo con Hubble. Il primo tentativo è avvenuto verso le vacanze invernali del 1995, dopo una necessaria riparazione delle ottiche. Il telescopio ha trascorso dieci giorni di esposizione fissando una minuscola porzione di cielo nella costellazione dell’Orsa Maggiore, appena un tredicesimo del diametro angolare della Luna. Quando settimane dopo gli astronomi hanno visto l’immagine risultante, nota come Deep Field North, hanno immediatamente capito che si trattava di un regalo di Natale per quei tempi.

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Immagine da Hubble dello spazio ultra profondo. Hubble ha permesso di osservare galassie mai viste prima


Poiché le stelle della Via Lattea sono molto disperse nella regione considerata, Hubble era stato in grado di sondare l’abisso cosmico come un osservatore che scruta da uno spioncino. Il telescopio ha visto quasi 3.000 galassie deboli di forme e dimensioni diverse, molte di più del previsto, alcune delle quali distanti fino a 12 miliardi di anni luce. Hubble non stava solo esplorando lo spazio, ma stava anche sondando il tempo, raccogliendo la luce delle stelle emessa eoni fa, durante epoche precedenti dell’universo. L’immagine è subito diventata iconica. Ed è anche sorta una domanda cruciale: la regione ricca di galassie rivelata dal Deep Field North era la norma? Oppure gli astronomi avevano puntato per caso il telescopio verso un affollamento pantagruelico di galassie? Nel 1998, Hubble ha ottenuto Deep Field South. L’esposizione era simile, ma il telescopio puntava verso l’emisfero celeste meridionale, il più lontano possibile dalla regione precedente.

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HUBBLE. Galassie Antennae. Conosciute anche come NGC 4038 e 4039, sono una coppia di galassie a spirale distorte, in collisione, a circa 70 milioni di anni luce da noi, nella costellazione del Corvo.


Questa nuova immagine ha confermato che l’universo contiene molte più galassie di quanto si pensasse in precedenza, soprattutto a grandi distanze. Oltre al loro valore scientifico e di ispirazione, i campi profondi di Hubble hanno rappresentato anche un trionfo della tecnica, catturando oltre 10.000 galassie in una delle prime sfide di «big data» per l’astronomia. Le osservazioni di campo profondo non sono limitate al regno visibile dello spettro. All’inizio del nuovo millennio, l’osservatorio Chandra nei raggi X, una missione rivoluzionaria della NASA lanciata nel luglio 1999 e attiva ancora oggi, aveva ottenuto il suo primo campo profondo ad alta energia. Il Chandra Deep Field South è stato ottenuto integrando per circa un milione di secondi una finestra priva di nubi di idrogeno e polveri della Via Lattea. Il Chandra Deep Field South ha scoperto l’universo estremo, rivelando centinaia di buchi neri, alcuni dei quali molto remoti. L’immagine non era visivamente spettacolare come le fotografie di Hubble, tuttavia era densa di significati scientifici. In seguito l’osservatorio Chandra ha ripreso immagini dello stesso campo con un’esposizione totale di circa sette milioni di secondi, il che lo rende il campo più profondo ottenuto fino a oggi nei raggi X.

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HUBBLE. Galassia NGC 1232. E' una galassia a spirale barrata nella costellazione dell'Eridano.


Nel 2003 è stato pubblicato il Chandra Deep Field North, con i dati di oltre 500 sorgenti a raggi X. Nel 2006 gli scienziati hanno reso pubblico l’Hubble Ultra Deep Field, che è stato ottenuto usando uno strumento chiamato Advanced Camera for Surveys che era stato aggiunto al telescopio durante una missione di servizio nel 2002. Questa storica ripresa conteneva migliaia di galassie, alcune delle quali, come oggi sappiamo, brillavano quando l’universo aveva meno di un miliardo di anni. Il campo ultra-profondo ha mostrato, con un dettaglio senza precedenti, la storia della formazione delle galassie. Quelle più lontane sono apparse definitivamente più piccole e di forma più irregolare rispetto a quelle più vicine, fornendo prove sostanziali a sostegno delle teorie sull’evoluzione delle galassie. La tecnologia utilizzata per l’Ultra Deep Field fornisce essenzialmente l’immagine più profonda che si possa ottenere nelle lunghezze d’onda ottiche. Se una galassia è troppo lontana, la sua luce ottica viene spostata al di fuori della gamma visibile, nello spettro infrarosso; questa è una conseguenza del redshift cosmologico, in cui l’espansione dell’universo allunga le lunghezze d’onda della luce che viaggia attraverso enormi distese di spazio intergalattico.

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HUBBLE. Ammasso globulare gigante Omega Centauri. Si osserva nella costellazione del Centauro. Probabilmente è ciò che rimane di una galassia nana assorbita dalla nostra Via Lattea; al suo interno è stato trovato infatti un buco nero.


Per guardare più lontano nello spazio e nel tempo era necessaria una fotocamera a infrarossi. Aggiungendo a Hubble una telecamera per il vicino infrarosso, nel 2009 è stato ottenuto un Ultra Deep Field a infrarossi, che ha rivelato galassie che brillavano solo 600 milioni di anni dopo il big bang. Un decennio dopo, nel 2019, è stato pubblicato un campo profondo prodotto con il telescopio spaziale a infrarossi Spitzer della NASA. Entrambe le immagini sono ricche di galassie all’alba cosmica. La campagna Frontier Fields di Hubble, completata nel 2017, è stata il vero prologo alla prima immagine profonda del James Webb Space Telescope. Durante questa campagna osservativa, Hubble è stato puntato verso sei grandi concentrazioni di galassie. Secondo la teoria generale della relatività di Albert Einstein, la presenza di una consistente densità di massa lungo la linea di vista può deflettere e quindi amplificare la luce in arrivo da una sorgente di fondo, con un effetto chiamato lente gravitazionale.

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HUBBLE. Galassia Centauro A. NGC 5128, nota anche come C 77 e Centaurus A, è una galassia peculiare nella costellazione del Centauro. Appartiene alla classe intermedia tra le galassie ellittiche e quelle spirali, di tipo lenticolare; è una galassia gigante appartenente al gruppo di M83, con una distanza pari a 11 milioni di anni-luce dalla Via Lattea.


Questi ammassi di galassie sono stati quindi usati come lente di ingrandimento per osservare ancora più lontano. Oltre a essere piene di galassie brulicanti in un ammasso, le immagini di Frontier Fields sono ornate da strani archi di luce, che rappresentano le immagini allungate e amplificate di galassie di fondo molto più distanti dell’ammasso e forse troppo deboli per essere osservate direttamente con Hubble. Queste immagini hanno rivelato alcune delle galassie più distanti e la prima supernova rilevata tramite l’effetto di lente gravitazionale. Sono passati quasi 200 anni dall’avvento della fotografia, quando l’umanità è riuscita per la prima volta a catturare e registrare direttamente fotoni per creare immagini. Oggi, fotocamere altamente complesse a bordo di un telescopio spaziale a un milione di chilometri di distanza stanno sconvolgendo la nostra conoscenza dell’universo, aprendo nuove finestre sullo spazio e sul tempo. Questi due eventi sono separati da un arco temporale relativamente breve, ma sono legati dallo stesso obiettivo: raggiungere una comprensione più profonda della natura guardando quello che i nostri occhi non possono vedere.

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HUBBLE - L'enorme miglioramento nella capacità di produrre immagini nitide è dovuto all'utilizzo di ottiche correttive molto efficaci. Come può vedersi dall'immagine a destra rispetto a quella che non utilizza ottiche specifiche.

DIZIONARIETTO

AMMASSO. In astronomia, un ammasso stellare è un gruppo di stelle molto denso. In generale le stelle nascono in gruppi che, inizialmente legati gravitazionalmente, giungono col tempo a disgregarsi. Essendo nate dalla stessa nebulosa hanno le stesse composizioni chimiche.
Vi sono due tipi principali di ammasso:
- gli ammassi globulari, gruppi stellari densissimi formati da centinaia di migliaia di stelle molto vecchie.
- gli ammassi aperti, contengono migliaia di stelle giovani. Sono così chiamate perché non hanno alcuna struttura particolare.
Sono poi considerate ammassi anche le associazioni OB, gruppi praticamente appena nati di stelle molto calde.
Si pensa che gli ammassi globulari si siano formati tutti nella stessa epoca, in contemporanea alla formazione della nostra galassia, la Via Lattea. Gli ammassi aperti si formano invece ancora al giorno d'oggi, ogni qualvolta una nebulosa di gas raggiunge una massa e una densità critiche. Sono in genere molto brillanti perché contengono molte stelle giovani ad alta temperatura, come le Pleiadi, uno degli ammassi aperti più vicini a noi.

AMMASSO APERTO. Un ammasso aperto è un gruppo di stelle nate insieme da una nube molecolare gigante, e ancora unite dalla reciproca attrazione gravitazionale. Sono anche chiamati ammassi galattici, poiché si trovano solo all'interno del disco galattico. Si distinguono dagli ammassi globulari per il minor numero di stelle, un'attrazione gravitazionale meno forte e per il fatto che questi ultimi giacciono esternamente al piano galattico. Gli ammassi aperti sono oggetti giovani (astronomicamente parlando) e contengono quindi molte stelle calde e luminose. Questo rende gli ammassi aperti visibili da grandi distanze, nonché un tipo di oggetti facili da osservare anche con piccoli strumenti. La nube molecolare "genitore" è a volte ancora associata all'ammasso, che ne illumina alcune parti che diventano visibili come una o più nebulose. Tutte le stelle di un ammasso aperto hanno all'incirca la stessa età e la stessa composizione chimica, perciò ogni eventuale differenza tra di loro è dovuta unicamente alla loro massa. La maggior parte degli ammassi aperti sono dominati dalle loro stelle massicce di classe O e B, che sono molto luminose ma di vita breve. Analizzando la luce proveniente da un ammasso aperto è possibile stimare la sua età, misurando il rapporto tra le abbondanze di stelle blu, gialle e rosse. Una grande abbondanza di stelle blu indica che l'ammasso aperto è molto giovane. L'uniformità delle stelle di un ammasso lo rende un buon banco di prova per i modelli di evoluzione stellare, perché nel fare confronti tra due stelle la maggior parte dei parametri variabili è adesso fissa. Il modello in questo modo risulta infatti più semplice. Le stelle che compongono un ammasso aperto sono inizialmente molto vicine e si muovono con la stessa velocità attorno al centro della Galassia. Dopo un tempo dell'ordine del mezzo miliardo di anni, un normale ammasso aperto tende a essere disturbato da fattori esterni; le sue stelle iniziano a muoversi con velocità leggermente differenti e l'ammasso inizia a sfaldarsi. L'ammasso diventa quindi più simile a una corrente di stelle, le quali non sono abbastanza vicine per essere considerate un ammasso, sebbene siano tutte legate tra di loro e posseggano lo stesso moto proprio.

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Le Pleiadi, uno dei più famosi ammassi aperti

BUCO NERO. In astrofisica, un buco nero è un corpo celeste con un campo gravitazionale così intenso (ovvero, una regione dello spaziotempo con una curvatura talmente grande) che dal suo interno non può uscire nulla, nemmeno la luce essendo la velocità di fuga superiore a c. Il buco nero è il risultato di implosioni di masse sufficientemente elevate. La gravità domina su qualsiasi altra forza, determinando un collasso gravitazionale che tende a concentrare lo spaziotempo in un punto al centro della regione, dove è teorizzato uno stato della materia di curvatura tendente a infinito e volume tendente a zero chiamato singolarità, con caratteristiche sconosciute ed estranee alle leggi della relatività generale. Il limite del buco nero è definito orizzonte degli eventi, regione che ne delimita in modo peculiare i confini osservabili. Per le suddette proprietà, il buco nero non è osservabile direttamente. La sua presenza si rivela solo indirettamente mediante i suoi effetti sullo spazio circostante: le interazioni gravitazionali con altri corpi celesti e le loro emissioni, le irradiazioni principalmente elettromagnetiche della materia catturata dal suo campo di forza. Nel corso dei decenni successivi alla pubblicazione della relatività generale, base teorica della loro esistenza, vennero raccolte numerose osservazioni interpretabili, pur non sempre univocamente, come prove della presenza di buchi neri, specialmente in alcune galassie attive e sistemi stellari di binarie X. L'esistenza di tali oggetti è oggi definitivamente dimostrata e via via ne vengono individuati di nuovi con massa molto variabile, da valori di circa 5 fino a miliardi di masse solari. Il termine "buco nero" fu coniato dal fisico John Archibald Wheeler, che lo utilizzò a partire dal 1967 in un suo discorso a seguito del suggerimento di uno spettatore mai identificato.

Classificazionne dei buchi neri.

Classe Massa Raggio
Buco nero supermassiccio ~10esp6–10esp9 MSole ~0.001–400 AU
Buco nero di massa intermedia ~103 MSole ~103 km ≈ RPlutone
Buco nero stellare ~3-30 MSole ~30 km
Micro buco nero fino a ~MLuna fino a ~0,1 mm

 

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La prima prova visiva diretta della presenza di un buco nero al centro della nostra Galassia. È stata catturata dall'Event Horizon Telescope (EHT), un array che collega otto radio osservatori esistenti in tutto il pianeta per formare un unico telescopio virtuale delle dimensioni della Terra. La foto è stata pubblicata il 12 maggio 2022

COSTELLAZIONE. L'Unione Astronomica Internazionale (UAI) divide il cielo in 88 costellazioni ufficiali con confini precisi, di modo che ogni punto della sfera celeste appartenga a una ed una sola costellazione. Queste sono basate principalmente sulle costellazioni della tradizione dell'antica Grecia, tramandate attraverso il Medioevo. L'elenco è stato ratificato nel 1928. Le 88 costellazioni si dividono, secondo un criterio storico e di importanza, in tre gruppi:
- le 12 costellazioni dello Zodiaco, che si trovano lungo l'eclittica, e vengono quindi percorse dal Sole nel suo moto apparente sulla volta celeste durante l'anno;
- le altre 36 costellazioni elencate da Tolomeo nel suo Almagesto, oggi diventate 38 con la suddivisione di una di esse (la Nave Argo) in tre costellazioni distinte;
- le rimanenti 38 costellazioni, definite in epoca moderna (a partire dal 1600 circa) negli spazi vuoti tra le costellazioni tolemaiche e nell'emisfero meridionale. Queste nuove costellazioni sono generalmente composte da stelle poco brillanti (quelle brillanti erano già state incluse nelle costellazioni dello Zodiaco e di Tolomeo).

DISCO GALATTICO. Il disco galattico è la regione nella quale si concentra la grande maggioranza delle stelle e del gas di una galassia a disco, come le galassie a spirale o le galassie lenticolari. Il disco galattico consiste di una componente stellare (data dalle stelle che formano la galassia) e di una componente gassosa, formata perlopiù da gas e polveri. La popolazione stellare di un disco galattico tende ad esibire uno scarso movimento casuale, in quanto la maggior parte delle stelle tende a muoversi su orbite circolari attorno al centro galattico. Il disco è generalmente piuttosto sottile perché il movimento del materiale che lo compone avviene predominantemente sul piano del disco, con una scarsa componente verticale. Lo spessore in genere è di poche migliaia di anni luce (circa 1 nel caso della nostra galassia), mentre il suo diametro può superare i 100.000 anni luce. Al suo interno sono presenti dei bracci di spirale, marcati da numerose stelle blu appena formate e molto luminose.

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Alone del disco galattico della galassia Sombrero

GALASSIA. Una galassia è un grande insieme di stelle, sistemi, ammassi ed associazioni stellari, gas e polveri (che formano il mezzo interstellare), legati dalla reciproca forza di gravità. Il nome deriva dal greco galaxìas, che significa "di latte, latteo"; è una chiara allusione alla Via Lattea, la Galassia per eccellenza, di cui fa parte il sistema solare. Le galassie sono oggetti vastissimi di dimensioni estremamente variabili; variano dalle più piccole galassie nane, contenenti poche centinaia di milioni di stelle, alle galassie giganti che contengono un numero di stelle nell'ordine di centomila miliardi, orbitanti attorno a un comune centro di massa.

GALASSIA A SPIRALE. Una galassia a spirale, o semplicemente galassia spirale, è un tipo di galassia originariamente descritto nel 1936 da Edwin Hubble nella sua pubblicazione The Realm of the Nebulae, e fa di conseguenza parte della sequenza di Hubble. Le galassie spirali derivano il loro nome dai brillanti bracci sede di un'attività di formazione stellare presenti nel disco galattico, che si estendono come una spirale logaritmica a partire dal bulbo. Questi bracci sono più brillanti del disco circostante per effetto della presenza delle giovani stelle di classe spettrale OB e distinguono le galassie a spirale da quelle lenticolari, il cui disco è privo di bracci. Il disco delle galassie spirali è in genere circondato da un grande alone sferoidale di stelle di popolazione II, la maggior parte delle quali sono concentrate in ammassi globulari in orbita attorno al centro galattico. Circa due terzi delle galassie a spirali possiedono una struttura a forma di barra, che si estende dal rigonfiamento centrale, nel punto in cui si staccano i bracci di spirale. La proporzione di galassie a spirale barrate è cambiata nel corso della storia dell'universo; 8 miliardi di anni fa, le barrate rappresentavano solo il 10%, sono salite al 25 % due miliardi e mezzo di anni fa e attualmente rappresentano i due terzi del totale delle galassie nell'universo visibile.

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La Galassia Vortice (M51) è un tipico esempio di galassia spirale vista di faccia

GALASSIA ELLITTICA. Le galassie ellittiche variano enormemente di grandezza, e annoverano tra di esse sia galassie molto piccole (non si sa se quelle davvero microscopiche, le nane sferoidali, siano anch'esse da considerarsi galassie ellittiche), sia le più grandi galassie conosciute. M32 e M110, due satelliti della Galassia di Andromeda, sono galassie ellittiche nane. M87, la galassia principale dell'Ammasso della Vergine, è un'enorme ellittica grande forse 10 volte la nostra Via Lattea e circondata da 15.000 ammassi globulari, contro i 157 della nostra galassia. Maffei 1 è considerata, a 10 milioni di a.l. di distanza, la galassia ellittica gigante più vicina alla nostra galassia.

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Immagine HST della galassia ellittica ESO 325-G004.

GALASSIA A SPIRALE BARRATA. Una galassia a spirale barrata, è una galassia a spirale dal cui bulbo centrale si dipartono due prolungamenti di stelle che nell'insieme ricordano una barra. In queste galassie i bracci curvi della spirale partono dalla barra, anziché dal nucleo. Si usa anche il più generico galassia barrata, in quanto la barra è presente anche in galassie di diversa morfologia.

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Galassia barrata fotografata da Hubble / NGC 1300

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Nana bianca con pianeta fotografata da Hibble.

NANA BIANCA. Una nana bianca (o nana degenere o anche stella sui generis) è una stella di piccole dimensioni, con una bassissima luminosità e un colore tendente al bianco. Nonostante le ridotte dimensioni, paragonabili a quelle della Terra, la massa dell'astro è simile o lievemente superiore a quella del Sole; è quindi un oggetto molto compatto, dotato di un'elevatissima densità e gravità superficiale. La prima nana bianca fu scoperta verso la fine del XVIII secolo, ma la reale natura di tali oggetti venne riconosciuta solamente nel 1910; il termine stesso nana bianca fu coniato nel 1922. Si conoscono oltre 11.000 oggetti appartenenti a questa peculiare classe stellare; di questi, otto si trovano entro 6,5 parsec (circa 21 anni luce) di distanza dal Sole e sono annoverati tra i cento sistemi stellari più vicini alla Terra.

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Diagramma di Hertzsprung-Russell. Le nane bianche sono nel settore VII. - 0 Ipergiganti - 1 Supergiganti - 2 Giganti brillanti - 3 Rosse - 4 Subgiganti - 5 Rosse - 6 Subnane - 7 Nane

NEBULOSA. Una nebulosa (dal latino nebula, nuvola) è un agglomerato interstellare di polvere, idrogeno e plasma. Originariamente il termine nebulosa veniva impiegato per indicare un qualsiasi oggetto astronomico di grandi dimensioni di natura non stellare né planetaria né cometaria, quindi comprendeva anche quelle che oggi sono note come galassie (per esempio, la Nebulosa di Andromeda faceva riferimento alla Galassia di Andromeda prima che le galassie venissero scoperte da Edwin Hubble). Alcune nebulose sono caratterizzate dall'ospitare al loro interno fenomeni di formazione stellare, come le nubi molecolari, le nebulose oscure e le regioni H II; altre, come le nebulose a riflessione, brillano della luce emessa da una stella che transita al loro interno, come NGC 1435 che circonda la stella Merope delle Pleiadi. Altre nebulose ancora si originano a seguito della morte di una stella, come le nebulose planetarie o i resti di supernova.

NEBULOSA A EMISSIONE. Una nebulosa a emissione è una nube interstellare di gas ionizzato che emette luce di vari colori. L'origine più comune della ionizzazione sono fotoni ad alta energia emessi da una vicina stella calda. Se la stella è una giovane stella massiccia, tipo O o B, la nebulosa è chiamata regione H II. Se è prodotta da una stella collassata in una nana bianca, la nebulosa è chiamata nebulosa planetaria. Solitamente, una giovane stella ionizza parte della stessa nube dalla quale nasce. Solo le grandi e calde stelle possono rilasciare l'ammontare di energia richiesta a ionizzare una parte significativa della nube. Più spesso, un intero ammasso di giovani stelle svolge il compito. Il colore della nebulosa dipende dalla sua composizione chimica e dal livello di ionizzazione. A causa dell'ampia prevalenza di idrogeno nel gas interstellare, e le relativamente basse energie richieste per la sua ionizzazione, molte nebulose a emissione sono rosse. Se è disponibile più energia, altri elementi possono essere ionizzati e sono possibili nebulose verdi e blu. Esaminando lo spettro delle nebulose, gli astronomi ne deducono la loro composizione chimica. La maggior parte delle nebulose a emissione è composta per circa il 90% da idrogeno, per il resto elio, ossigeno, azoto, e altri elementi. Due delle più belle nebulose ad emissione visibili dall'emisfero boreale sono la Nebulosa Laguna e la Nebulosa di Orione. Il complesso nebuloso più brillante del cielo è invece quello della Nebulosa della Carena. Le Nebulose a emissione hanno spesso macchie scure che sono il risultato di nubi di polvere che bloccano la luce. Le combinazioni di nebulose a emissione e nubi di polvere "disegnano" forme che assomigliano a oggetti noti, infatti molte nebulose portano il nome di questi oggetti, come la Nebulosa Nord America o la Nebulosa Cono.

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Dettaglio della nebulosa a emissione, Cono, in una immagine del Telescopio Spaziale Hubble

NOVA. In astronomia, una nova (al plurale novae o nove) è un'enorme esplosione nucleare causata dall'accumulo di idrogeno sulla superficie di una nana bianca, che fa sì che la stella diventi molto più luminosa del solito. La parola nova può indicare sia la causa del fenomeno sia la stella stessa al momento dell'esplosione. Un particolare tipo di nova è costituito dalle novoidi, caratterizzate da un cambiamento non periodico ma rilevante della luminosità. Originariamente, il termine stella nova fu coniato per quelle stelle che apparivano improvvisamente nel cielo per poi scomparire. Si è poi visto che la maggior parte di esse sono causate dal meccanismo fisico poi chiamato nova. Alcune sono invece supernovae, un fenomeno completamente diverso.

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Rappresentazione artistica di una nana bianca che sottrae materiale a una sua compagna

QUASAR. Un quasar (contrazione di QUASi-stellAR radio source, cioè "radiosorgente quasi stellare") è un nucleo galattico attivo estremamente luminoso. Il nome deriva dal fatto che questi oggetti, la cui natura è stata controversa fino ai primi anni ottanta, furono inizialmente scoperti come potenti sorgenti radio, la cui controparte ottica risultava puntiforme come una stella. Si ritiene comunemente che tale grande luminosità sia originata dall'attrito causato da gas e polveri che cadono in un buco nero supermassiccio; essi formano un disco di accrescimento, che converte circa la metà della massa di un oggetto in energia. Il termine quasar fu coniato dall'astrofisico Hong-Yee Chiu nel 1964.

SUPERNOVA. Una supernova (plurale supernove, in latino supernovae; abbreviata come SN o SNe) è un'esplosione stellare più energetica di quella di una nova. Le supernove sono molto luminose e causano una emissione di radiazione che può per brevi periodi superare quella di una intera galassia. Durante un intervallo di tempo che può andare da qualche settimana a qualche mese, una supernova emette tanta energia quanta è previsto che ne emetta il Sole durante la sua intera esistenza e, per una quindicina di secondi, raggiunge una temperatura di cento miliardi di Kelvin, ma perché ciò avvenga, la stella deve avere una massa almeno nove volte superiore a quella del nostro Sole. L'esplosione espelle la maggior parte o tutto il materiale che costituisce la stella a velocità che possono arrivare a 30 000 km/s, producendo un'onda d'urto che si diffonde nel mezzo interstellare. Ciò si traduce in una bolla di gas in espansione che viene chiamata resto di supernova.

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L'ultima protagonista delle immagini catturate dal telescopio spaziale James Webb è la galassia NGC 3256, che si trova a 120 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Vela

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TELESCOPIO WEBB. STELLA WR 124. Ciò che vediamo al centro di questa nuova bellissima immagine è una stella”, spiega Amber Straughn della NASA, “La luce di questa stella ha viaggiato nello spazio per circa 15.000 anni fino a raggiungere i rilevatori del telescopio. Il materiale che si vede intorno alla stella centrale e che sembra polvere, è polvere. Alla fine della vita di una stella, essa rilascia il suo materiale esterno nel resto dell'universo. Quella polvere si diffonde nel cosmo e finirà per creare pianeti”. La stella di cui parla l’astrofisica americana che lavora al progetto del telescopio spaziale James Webb si chiama WR 124 e si trova a 15.000 anni luce dalla Terra nella costellazione del Sagittario. Si tratta di una stella di di Wolf-Rayet, è 30 volte più massiccia del nostro Sole e ha già disperso abbastanza materiale per 10 soli. Osservare le stelle di Wolf-Rayet - le più luminose e massicce, molto calde rispetto alla media – in questa effimera fase della loro esistenza è cosa rara. Il destino di una stella di Wolf-Rayet dipende probabilmente dalla sua massa, ma si pensa che molte di esse finiscano la loro vita con esplosioni spettacolari come le supernove. Il telescopio ha catturato, con un dettaglio senza precedenti, la stella in procinto di trasformarsi in una Supernova grazie ai suoi potenti strumenti a infrarossi - La NIRCam (Near-Infrared Camera) e lo strumento per l'infrarosso medio (MIRI). La prima bilancia la luminosità del nucleo, il secondo rivela la struttura a grumi della nebulosa di gas e polveri del materiale espulso che circonda la stella. L'osservazione di WR 124 è stata una delle prime effettuate da Webb dopo il suo lancio alla fine del 2021. Il telescopio spaziale Hubble aveva scattato una foto qualche anno fa in cui la stessa stella appariva più simile a una palla di fuoco, senza i dettagli della nuova immagine. Quando il gas espulso si allontana dalla stella e si raffredda, si forma polvere cosmica che brilla nella luce infrarossa rilevabile da Webb. Questa trasformazione, dicono gli scienziati, si verifica solo in alcune stelle e di solito è l'ultimo passo prima che esplodano, diventando supernove.

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TELESCOPIO WEBB. Potrebbe sembrare una fitta ragnatela sospesa nello spazio. Si tratta invece della parte centrale di una galassia non distante da noi, NCG 5068, osservata nel vicino infrarosso e nel medio infrarosso dal telescopio James Webb. Questa immagine composta ci mostra in falsi colori l'intricata e complessa struttura centrale di una galassia particolarmente “fertile”, che sta producendo una grande quantità di nuove stelle. Grazie alla sua sensibilità infrarossa, James Webb ci permette di “sollevare” il velo di polveri che avvolge gli astri in formazione consentendoci così di scoprire dettagli altrimenti invisibili in banda ottica.

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HUBBLE Il telescopio Hubble ha catturato un display di luce stellare, gas incandescente e nuvole scure di polvere interstellare in questa immagine della galassia a spirale barrata NGC 1300. NGC 1300 è considerata il prototipo delle galassie a spirale barrata. Le spirali barrate, come detto sopra, differiscono dalle normali galassie in quanto i bracci della galassia non si sviluppano a spirale fino al centro, ma sono collegati alle due estremità di una barra diritta di stelle contenente il nucleo al centro.

1810

HUBBLE. Cosa sta succedendo a queste galassie a spirale? Sembra che sia in corso una battaglia titanica. La galassia superiore è etichettata da sola come UGC 1810, ma insieme ai suoi partner di collisione è nota come Arp 273. La forma complessiva dell'UGC 1810 - in particolare il suo anello esterno blu - è probabilmente il risultato di interazioni gravitazionali violente. Il colore blu dell'anello esterno in alto è causato da stelle massicce che sono blu calde e si sono formati solo negli ultimi milioni di anni. La parte interna della galassia superiore -- a sua volta una vecchia galassia a spirale -- appare più rossa e intrisa di fredda polvere filamentosa . Alcune stelle luminose appaiono bene in primo piano, non correlate alle galassie in collisione, mentre diverse galassie lontane sono visibili sullo sfondo. Arp 273 si trova a circa 300 milioni di anni luce di distanza verso la costellazione di Andromeda. Molto probabilmente, UGC 1810 divorerà i suoi compagni galattici nel prossimo miliardo di anni e si sistemerà in una classica forma a spirale .

273 bis

Arp 273 (APG 273) è una coppia di galassie interagenti situata in direzione della costellazione di Andromeda. La coppia è formata dal'interazione della galassia spirale UGC 1810 che appare, nell'immagine, vista di faccia e trasmessa dal telescopio Hubble.

toi

TOI-1452 b è un pianeta extrasolare in orbita attorno alla stella TOI-1452, a circa 100 anni luce di distanza dal sistema solare, nella costellazione del Dragone. È stato scoperto nel 2022 con il metodo del transito tramite il telescopio spaziale TESS della NASA (TOI, sta per TESS Objects of Interest). TOI-1452 è un sistema di stelle binario, le cui componenti sono indicate con TIC 420112589 e TIC 420112587. TOI-1452 b orbita intorno a TIC 420112589 che è una nana rossa di tipo spettrale M4, di massa 0,249 (± 0,008) MS e raggio 0,275 ± 0,009 RS.[2] TOI-1452-b è una super Terra e il confronto tra la massa (circa cinque volte la Terra) e la densità (simile alla Terra) fanno pensare a un nucleo roccioso circondato da elementi più volatili. Più precisamente, il rapporto tra raggio e massa, unito all'analisi spettrale degli elementi presenti intorno alla stella madre sono consistenti con la possibilità che circa il 22% della massa del pianeta sia costituito da acqua. Hubble ha confermato che si tratta effettivamente di un esopianeta oceanico, cioè completamente ricoperto d'acqua; potrebbe ospitare quaklche forma di vita. Anche un gruppo giapponese è stato in grado di confermare l'osservazione.

ngc 685

Hubble continua a stupirci con immagini davvero incredibili. Questa volta è riuscito a scattare una foto di una incredibile galassia a spirale. Quella che potete osservare è NGC 685 una galassia a spirale "barrata". Questa galassia si trova a circa 58 milioni di anni luce di distanza da noi, nella costellazione dell'Eridano, una costellazione dell'emisfero celeste australe che deve il suo nome al fiume della mitologia greca dove perse la vita Fetonte, figlio del dio Apollo. Il telescopio ha puntato il suo sguardo verso questa meravigliosa galassia come parte integrante di uno sforzo scientifico volto allo studio della formazione e dell'evoluzione degli ammassi stellari. Infatti, poiché le giovani stelle brillano a lunghezze d'onda ultraviolette per noi invisibili, i potenti strumenti di cui è provvisto hanno le capacità di intercettare tali radiazioni, rendendo il telescopio perfettamente adatto a questo compito. La galassia ha un diametro di circa 60.000 anni luce, poco più della metà della Via Lattea ed è classificata come "di medie dimensioni", potendo contenere circa 100 milioni di stelle. L'intenso bagliore centrale di NGC 685 deriva dalla moltitudine di stelle concentrate in un'area relativamente piccola. Le macchie di color blu sono proprio ammassi stellari, gruppi di astri tenuti insieme dalla loro reciproca attrazione gravitazionale. Infine, le zone rosso scuro vicino alla linea centrale raffigurano gas e polveri interstellari, la materia stessa di cui sono formate le stelle.


IMPRESA OGGI - 16 febbraio 2023

21 agosto 2023

 



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