Hamsun precorre le opere di Franz Kafka con il suo monologo interiore e la logica bizzarra.

"Ma ascolta, ascolta a oriente, a occidente. Non è Dio, l’eterno Dio? Questo silenzio che sento pulsare all’orecchio è il sangue dell’universo che ribolle, Dio che intesse le fibre del mondo e anche di me. Vedo, alla luce del fuoco, una ragnatela lucente, sento lo sciabordio di un battello sul mare, si accende a nord l’aurora boreale. Con tutta l’anima mia immortale ringrazio d’essere proprio io qui seduto, in questo momento!". Knut Hamsun, Pan.

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni.

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Knut Hamsun

Knut Hamsun, nato Knut Pedersen (Vågå, 4 agosto 1859 – Nørholm, 19 febbraio 1952), è stato uno scrittore norvegese. Fu vincitore del Premio Nobel per la letteratura nel 1920 “per il suo monumentale lavoro.”. Nacque a Vågå, in Norvegia. Era il quarto figlio di Peder Pedersen e Tora Olsdatter. Crebbe in povertà a Hamarøy nel Nordland. A 17 anni divenne apprendista di un fabbricante di corde e circa nello stesso periodo iniziò a scrivere. Trascorse parecchi anni in America, viaggiando e facendo diversi lavori, pubblicando poi le sue impressioni sotto il titolo di Fra det moderne Amerikas Aandsliv (Dalla vita spirituale dell'America moderna, 1889).
Nel 1898 Hamsun sposò Bergljot Goepfert, ma il matrimonio fallì nel 1906. Hamsun sposò in seconde nozze Marie Andersen nel 1909, che gli fu accanto fino alla fine della sua vita. La Andersen scrisse della loro vita insieme nei suoi due diari. Marie era una giovane e promettente attrice quando incontrò Hamsun, ma abbandonò la carriera, trasferendosi con il marito a Hamarøy. Comprarono una fattoria, l'idea era "di vivere del lavoro della fattoria, con la scrittura per sbarcare il lunario".

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Hamsun nel 1890


Comunque, dopo pochi anni, decisero di trasferirsi a sud, a Larvik. Nel 1918 la coppia comprò Nørholm, una vecchia tenuta tra Lillesand e Grimstad. L'edificio principale fu restaurato e ridecorato. Qui Hamsun poté occuparsi di scrivere indisturbato, sebbene spesso viaggiasse per scrivere in altre città e luoghi (preferibilmente in sistemazioni spartane). Già sostenitore del nazionalsocialismo, durante la seconda guerra mondiale aderì al governo filotedesco di Vidkun Quisling. Per questo alla fine della guerra fu posto sotto processo per collaborazionismo e internato fino al 1948. Da questa esperienza nacque il libro Per i sentieri dove cresce l'erba. Knut Hamsun morì nella sua casa a Nørholm, a 92 anni nel 1952.
Hamsun venne acclamato per la prima volta con il suo romanzo Fame. Il lavoro semi-autobiografico descrive la discesa di un giovane ed egocentrico scrittore nel tunnel della pazzia, a causa della fame e della povertà nella capitale norvegese di Kristiania (oggi Oslo). Per molti, il romanzo precorre le opere di Franz Kafka e di altri scrittori del ventesimo secolo con il suo monologo interiore e la logica bizzarra. Il suo capolavoro resta Markens Grøde del 1917, che gli è valso il Premio Nobel per la letteratura. Il romanzo narra la storia di Isak, personaggio di non ben chiare origini, che decide di stabilirsi in un appezzamento di terra senza padrone nella Norvegia settentrionale, insieme con la moglie Inger. La loro vita viene scandita dal succedersi delle stagioni e dal corrispondente lavoro nei campi.
Alcuni hanno definito il romanzo un idillio, altri un'utopia conservativa. Proprio nei toni pacati e nello stile semplice e lineare, tipico di molti autori scandinavi, che conferiscono al romanzo un senso di serenità ed eternità, traspare la sfiducia nella modernità, la paura che il progresso allontani l'uomo dalla sua dimensione più autentica, quella naturale. Un tema a cui spesso Hamsun ritorna è quello dell'eterno girovago, uno straniero in movimento (spesso il narratore) che compare e si insinua nella vita di piccole comunità rurali. Questo tema del girovago è centrale nei romanzi Misteri, Pan, Sotto la stella d'autunno, Un vagabondo suona in sordina, La regina di Saba e altri. La prosa di Hamsun spesso contiene fervide descrizioni del mondo naturale, con intimi riflessi delle foreste e delle coste norvegesi. Per questa ragione è stato collegato al movimento spirituale noto come panteismo. Hamsun vede umanità e natura unite da un forte e qualche volta mistico legame. Questa connessione tra i personaggi e i loro ambienti naturali è esemplificato nel romanzo Pan.

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Hamsun nel 1939


Hamsun era un eminente sostenitore della cultura tedesca e della Germania, che sostenne durante la prima e la seconda guerra mondiale, nonché un avversario dell'imperialismo britannico e dell'Unione Sovietica. Malgrado la sua grandissima popolarità in Norvegia e nel mondo, Hamsun attraversò un periodo di considerevole sfavore a causa del suo sostegno al governo nazionalsocialista di Vidkun Quisling. Nel 1943 conobbe Joseph Goebbels, e dopo tale incontro gli inviò come regalo la medaglia ottenuta per il premio Nobel. Hamsun conobbe anche Adolf Hitler e tentò di fargli rimuovere Josef Terboven dalla carica di Reichskommissar per la Norvegia.
Dopo la morte di Hitler, Hamsun scrisse un necrologio per l'autorevole quotidiano norvegese Aftenposten, in cui lo descriveva come un "guerriero per l'umanità". Si obiettò che le sue "simpatie" fossero quelle di una nazione occupata. Talvolta egli utilizzò il suo status di personaggio famoso per migliorare le condizioni del suo paese durante l'occupazione e criticò la quantità delle esecuzioni. Tuttavia, dopo la fine della guerra, nelle principali città norvegesi folle inferocite bruciarono i suoi libri in pubblico.
Al termine della seconda guerra mondiale Hamsun, ottantaseienne, fu accusato di collaborazionismo e rinchiuso in un ospedale psichiatrico fino al 1948, dove un medico concluse che le sue facoltà mentali erano state "permanentemente danneggiate", e su tale base venne archiviata l'accusa di tradimento. Lo stesso Hamsun scrisse di questa esperienza nel suo libro del 1949 Per i sentieri dove cresce l'erba, un testo da molti considerato come la prova del corretto funzionamento delle sue facoltà mentali.
Contro di lui fu avviato comunque un procedimento per responsabilità civile e nel 1948 fu condannato al pagamento di 325.000 corone norvegesi per la sua presunta iscrizione al Nasjonal Samling, ma scagionato da qualsiasi forma di affiliazione al regime nazista. Che fosse un membro del Nasjonal Samling o no, e se le sue facoltà mentali fossero state o meno "danneggiate" è tuttora una questione molto dibattuta. Hamsun affermò di non essersi mai iscritto ad alcun partito politico.
L'autore danese Thorkild Hansen studiò il processo intentatogli e scrisse il libro Processo a Hamsun (1978), che fu accolto con grande clamore in Norvegia. Tra le altre cose Hansen dichiarò: "Se si vuole incontrare degli idioti, bisogna andare in Norvegia", poiché riteneva che un tale trattamento nei confronti di un uomo anziano fosse un vero oltraggio.
Sulla base del libro di Hansen, lo scrittore svedese Per Olov Enquist scrisse il suo Processo a Hamsun (1996), da cui è tratto il film Hamsun del regista svedese Jan Troell. Nella pellicola, l'attore svedese Max von Sydow interpreta il ruolo di Knut Hamsun, mentre la moglie Marie è interpretata dall'attrice danese Ghita Nørby.

Ricordo che tramite un intreccio di conoscenze fui invitato in casa di un docente universitario di filosofia. Affrontammo varie questioni e il professore mi fece conoscere le opere di Hamsun, che lui riteneva il precursore della maggior parte degli scrittori del XX secolo.

Opere

  • Den Gaadefulde. En kjærlighedshistorie fra Nordland, 1877 (con il nome originario Knud Pedersen)
  • Et Gjensyn, 1878 (con il nome Knud Pedersen Hamsund)
  • Bjørger, 1878 (con il nome Knud Pedersen Hamsund)
  • Lars Oftedal. Udkast, 1889 (11 articoli da Dagbladet)
  • Fra det moderne Amerikas Aandsliv, 1889 (nuova ed. 1969)
    • La vita culturale dell'America moderna trad. it. Enrica Berto, Arianna, Casalecchio di Reno, 1999
  • Sult, 1890
    • Fame, trad. Federigo Verdinois, Gennaro Giannini, Milano 1921
    • Fame, trad. Ervino Pocar, Aldo Martello, Milano, 1952; poi Adelphi, Milano, 1974
  • Mysterier, 1892
    • Misteri, trad. it. L.F.P., Sonzogno, Milano, 1931
    • Misteri, trad. it. Attilio Veraldi, Rizzoli, Milano, 1979
  • Redaktør Lynge, 1893
  • Ny Jord, 1893
    • La nuova terra, trad. it. Giuseppe Isani, Longanesi, Milano, 1942
    • La nuova terra, trad. it. Giuseppe Isani, Longanesi, Milano, 1984
  • Pan, 1894
    • Pan, trad. it. Federigo Verdinois, Giannini, Napoli, 1919
    • Pan, trad. it. Giovanni Marcellini, Sonzogno, Milano, 1926
    • Pan, trad. it. Ervino Pocar, Mondadori, Milano, 1955
    • Pan, trad. it. Romana Mariani, Mundus, Ancona, 1955
    • Pan, trad. it. Silvia De Cesaris, Fabbri, Milano, 1986
    • Pan, trad. it. Fulvio Ferrari, Adelphi, Milano, 2001
  • Ved Rigets Port, 1895 (commedia in 4 atti)
    • Alle porte della gloria, trad. it. Francesco Franceschini, in Nuova Antologia, vol. 220, 1908, pp. 12–47 e 218-253.
    • Sulla soglia del regno, trad. it. Raffaello Casertano, Alpes, Milano, 1927
  • Livets Spil, 1896
  • Siesta, 1897
    • Siesta, trad. it. Clemente Giannini, in I capolavori, Casini, Roma, 1966
    • Dronnigen av Saba (La regina di Saba, parte di Siesta)
      • La regina di Saba, trad. it. Clemente Giannini, Airoldi, Verbania, 1940
      • La regina di Saba, trad. it. Giovanna Paterniti, Iperborea, Milano, 1999
      • (Idem, nuova edizione 2017, con postfazione di Goffredo Fofi)
  • Aftenrøde. Slutningspil, 1898
  • Victoria. En kjærlighedshistorie, 1898
    • Victoria, Morreale, Milano, 1925
    • Victoria, trad. it. Luca Taglianetti, Lindau, Torino, 2019
  • Munken Vendt. Brigantines saga I, 1902
  • I Æventyrland. Oplevet og drømt i Kaukasien, 1903
    • Terra favolosa, trad. it. Clemente Giannini, in I capolavori, Casini, Roma, 1966
    • Viaggio nel Caucaso, trad. it. Reporter, Roma, 1968
  • Dronning Tamara, 1903 (dramma in 3 atti)
  • Kratskog, 1903
    • Cespugli, trad. it. Clemente Giannini, Epidem, Novara, 1983
    • Schiavi dell'amore, trad. it. Clemente Giannelli, L'argonauta, Latina, 1985 (parte di Cespugli)
  • Det vilde Kor, 1904 (poesie)
    • Il coro selvaggio, trad. it. Luca Taglianetti, Lindau, Torino, 2022
  • Sværmere, 1904
    • Sognatori, trad. it. Fulvio Ferrari, Iperborea, Milano, 1992
  • Stridende Liv. Skildringer fra Vesten og Østen, 1905
  • Under Høststjærnen. En Vandrers Fortælling, 1906
    • Sotto la stella d'autunno, trad. S. Ardelli, Edizioni Delta, Milano, 1929;
    • Sotto la stella d'autunno,trad. it. Fulvio Ferrari, Iperborea, Milano, 1995)
  • Benoni, 1908
  • Rosa. Af student Pærelius' Papirer, 1908
    • Quelli di Sirilund, trad. it. Luigi Taroni, ELI, Milano, 1949
  • En Vandrer spiller med Sordin, 1909
    • Un vagabondo suona in sordina, trad. it. Giovanni Bach, Slavia, Torino, 1932
    • Un vagabondo suona in sordina, trad. it. Fulvio Ferrari, Iperborea, Milano, 2005
  • Livet i Vold, 1910 (commedia in 4 atti)
  • Den sidste Glæde, 1912
    • L'ultima gioia, trad. it. Rosa Spaini Pisaneschi, Carabba, Lanciano, 1930
    • La gioia suprema, trad. it. Antonio Vellini e Giovanni Bach, De Carlo, Roma, 1946
  • Børn av Tiden, 1913
    • Figli dei loro tempi, trad. it. Giacomo Pesenti, Rizzoli, Milano, 1934
  • Segelfoss by, 1915 (2 volumi)
  • Markens Grøde, 1917 (2 volumi)
    • Il risveglio della terra, trad. it. Luigi Taroni, ELI, Milano, 1945
    • I frutti della terra, Casini, Roma, 1966
    • Germogli della terra, trad. it. Sara Culeddu, Einaudi, Torino, 2021
  • Sproget i Fare, 1918
  • Konerne ved Vandposten, 1920 (2 volumi)
  • Siste Kapitel, 1923 (2 volumi)
  • Landstrykere, 1927 (2 volumi)
    • Vagabondi, trad. it. Ervino Pocar, Mondadori, Milano, 1941
  • August, 1930 (2 volumi)
  • Men Livet lever, 1933 (2 volumi)
  • Ringen sluttet, 1936
    • Il cerchio si chiude, trad. it. Gustavo Sacerdote, Mondadori, Milano, 1939
  • På giengrodde stier, 1949
    • Io traditore, Edizioni del Borghese, Roma, 1962
    • Io traditore, trad. it. Alfhild Motzfeldt, Ciarrapico, Roma, 1983
    • Per i sentieri dove cresce l'erba, trad. it. Maria Valeria D'Avino, Fazi, Roma, 1995
  • Paa turné: tre foredrag om litteratur, 1960 (a cura di Tore Hamsun)
  • Livsfragmenter: ni noveller, 1988 (a cura di Lars Frode Larsen)
    • Frammenti di vita, trad. it. Fulvio Ferrari, Mondadori, Milano, 1991
  • Over havet: artikler, reisebrev, 1990 (a cura di Lars Frode Larsen)
  • Knut Hamsuns brev, 1994-2001 (7 volumi di lettere a cura di Harald S. Næss)

COMMENTO

Parte della produzione letteraria novecentesca si contraddistingue per una sublime e artistica manifestazione del dolore, attribuita ai protagonisti della Lost Generation, ai modernisti francesi e non, agli intellettuali che hanno goduto nel provocare l’immaginario culturale borghese e patito la distruzione della Grande Guerra arruolandosi volontari per tentare la vita a due passi dalla morte. (Reso popolare da Hernest Hemingway nel romanzo Fiesta, il termine “Lost Generation” indica un gruppo che raggiunse la maggiore età durante la prima guerra mondiale. In quel volume Hemingway attribuisce la frase alla poetessa statunitense Gertrude Stein, che allora era sua mentore e mecenate.) Le loro testimonianze avrebbero poi assunto la forma di opere di genio, rivoluzionarie rispetto ai canoni letterari precedenti. In altre parole, la letteratura si sporcava di fango e sangue, si inseriva in una corrente oscura che porta in superfice opere concepite sui ricordi degli orrori che si erano manifestati agli occhi degli intellettuali europei e americani. L’uomo aveva imparato a temere il cielo, la distruzione incombeva dall’alto annunciata dal sadico rombo dei bombardieri. La letteratura diveniva in parte cronaca. Hemingway e Berto, con Per chi suona la campana e Il cielo è rosso ci hanno lasciato in eredità esempi di opere che spiegano il ruolo della cronaca letteraria, e in particolar modo l’impatto psicologico delle nuove e moderne forme della morte. In Hemingway assume la forma degli squali, in Berto la forma di grappoli di luce nel cielo nero della notte. Non si trattava di una disillusione, Cuore di tenebra (di Joseph Conrad) rappresenta già in questo senso uno spartiacque letterario, aggiungendo alla miscela romantica elementi modernisti e introspettivi che vogliono raccontare l’orrore generato dalla consapevolezza dei limiti psichici dell’uomo europeo. Si trattava piuttosto della perversa tensione di ricercare la bellezza nel dolore e nella morte, superando però i limiti del pudore e della gratuità. Céline giudicava alcune opere come prive di dignità letteraria, «puzzavano di gratuito», in quanto lo scrittore non aveva messo la pelle in gioco, non aveva cercato la vita a due passi dalla morte gettandosi volontariamente tra i cumuli di cadaveri e la polvere dei campi. Si trattava di una rivalsa dei sobborghi e delle prostitute, dei bifolchi e dei magnaccia, dei corrotti e dei mutilati. Céline, Faulkner, Hemingway, Steinbeck e altri fanno le veci di Virgilio accompagnandoci nei loro intimi e personalissimi inferni. In questa discesa, non ci sono i profumi proustiani ad attendere il lettore, e la narrazione stessa si rende asciutta, sconnessa, a volte sgrammaticata, indifferente rispetto all’intenzione del lettore di capire cosa accade attorno a sé.
Eppure, le nuove vette della letteratura del novecento erano già state raggiunte nel fin de siècle da Knut Hamsun, al quale gli intellettuali europei e americani devono più di quanto immaginino. Non si vuole deviare il corso della tradizione e ricondurre forzatamente il tutto alla figura di Hamsun. Lo scopo di questa riflessione è piuttosto quello di stimolare la riscoperta di un autore fondamentale, di misurarne l’eredità richiamando gli autori che più o meno consapevolmente hanno reinterpretato la ricchezza letteraria che si cela nella miseria e nel dolore. Il più controverso autore norvegese, Premio Nobel per la letteratura nel 1920, si candida quindi autorevolmente tra gli autori più ribelli della letteratura di inizio secolo. Ma come comprendere la portata di questa ribellione? La risposta va rintracciata già negli anni della giovinezza, quando Hamsun si trasferisce con la famiglia in una tenuta a Hamsund, nel nord della Norvegia. Nelle campagne norvegesi, il giovane Hamsun assiste alla dura vita nei campi condotta dai genitori e dai fratelli, lasciandosi inebriare dai paesaggi rurali che fanno della terra l’elemento centralissimo della sua dimensione spirituale e letteraria. Non a caso l’elemento terra è centrale anche nelle riflessioni che si sono succedute in seno alla critica occidentale (e non). Frequenti sono i rimandi alle liriche dell’Alcyone, frequentissimo e necessario il ricorso al termine “panismo”. Nel 1894 Hamsun pubblica Pan (Adelphi, 2001), il romanzo più denso di panismo: «Dietro la capanna si stendeva il bosco, un bosco immenso. Io mi sentivo colmare di gioia e di gratitudine al profumo delle radici e delle foglie, del grasso aroma del pino che ricorda l’odore del midollo. Solamente nel bosco tutto si placava in me, la mia anima diveniva imperturbabile, carica di energia». Limitatamente al lettore italiano, se non fosse per il preziosissimo contributo di Ervino Pocar e Fulvio Ferrari, oltre che di Claudio Magris, autore della postfazione di Misteri (Iperborea, 2015), si correrebbe il rischio di confinare l’ispirazione poetica di Hamsun al solo rapporto viscerale che lo legava alla natura. Ma ci sono almeno tre elementi che si nascondono nel sottobosco: ossessione; avversione per la modernità; solitudine. Ossessivo è il rapporto con il sesso, l’amata è spesso collocata all’orizzonte, Hamsun le attribuisce un esiguo spessore psicologico, in quanto non è molto più che un miraggio. Ma dà oltremodo sfogo alla sua inventiva mostrando l’altra faccia dell’ossessione: la frustrazione. Un proposito che in Pan si compie in modo stupefacente. Qui, Edvarda vanta però uno spessore psicologico non indifferente. Non è infatti il miraggio della regina di Saba dell’omonimo racconto, o della schiva e riservata Ylajali di Fame. Hamsun conferisce a Edvarda la stessa dose di mistero che è presente in Glahn, il protagonista, quello che probabilmente si candida meglio degli altri a sintetizzare in un’unica caratterizzazione tutti gli elementi hamsuniani, compreso il panismo. Glahn è un disadattato, nel corso di un’uscita in barca la sua idea di gioco degenera in un gesto improvviso che è subito fonte di disagio lanciando la scarpa di Edvarda nel lago «per il bisogno di farmi notare e di ricordarle che c’ero anch’io… non so». La vitalità di Edvarda è fonte di turbamento, gelosia, genera in Glahn il timore latente di tornare a fare incontri con il proprio disadattamento sociale dal quale la donna hamsuniana pare essere in grado di salvarlo.
In più di una occasione, Glahn giustifica il proprio comportamento e in questa giustificazione è possibile intuire la qualità dell’amore di Hamsun per la natura: «Avete ragione, non so stare in mezzo alla gente. Abbiate pietà, voi non mi capite, io preferisco vivere nel bosco, quella è la mia gioia. Qui, nella solitudine, non fa del male a nessuno che io sia come sono». Panismo, ma anche auto-alienazione. Più di ogni altra cosa, la natura è per Hamsun il rifugio dal caotico vortice delle relazioni sociali, che la sua sensibilità conservatrice guarda con grave sospetto. Un fenomeno drammatico si sta infatti compiendo nel mondo: l’urbanesimo. Prima di scrivere Pan, Hamsun si era imbarcato due volte per gli Stati Uniti in cerca di fortuna e riscatto. Il primo soggiorno dal 1882 al 1884, il secondo dal 1886 al 1888. Il suo sentimento per la modernità trova sfogo nel saggio La vita culturale dell’America moderna (Arianna, Bologna, 1999). L’auto-alienazione di Hamsun va quindi misurata tanto in relazione alla modernità quanto al nuovo spazio relazionale che si apre nei centri urbani occidentali sempre più interessati dall’industrializzazione. Da La vita culturale dell’America moderna se ne ricava una visione assai turbata delle moderne relazioni sociali. La loro mutevolezza genera in lui sfiducia e apprensione. Lo spazio relazionale non è che un costrutto mentale che non obbedisce a regole prestabilite, ma che piuttosto si adatta alle esigenze sociali. Esigenze che Hamsun non comprende, o che si rifiuta di comprendere. La modernità appare selvaggia ai suoi occhi, come selvagge e minacciose appaiono le relazioni e il loro esito imprevedibile. Se l’amore fisico per la natura consiste nell’inebriamento sensoriale, lo sbarco in America deve essere stata per Hamsun un’esperienza destabilizzante. All’udito si manifesta il «frastuono intenso», alla vista «l’inquietudine, la vita frenetica per le strade, la nevrotica celerità con cui le cose si muovono». La modernità lo sconvolge fisicamente, e in misura maggiore, lo preoccupa politicamente. La prima guerra mondiale era stata la prima guerra moderna combattuta tra paesi industrializzati e alla fine del conflitto Stati Uniti e Gran Bretagna figuravano tra i vincitori-creditori nei confronti degli sconfitti-debitori, tra cui la Germania. Da quel momento si rafforza l’avversione politica e ideologica per la Gran Bretagna. Nel 1933, si compiva l’ascesa al potere di Hitler. Per Hamsun, settantaquattrenne, Hitler ha continuato a rappresentare fino alla fine della guerra il grande riformatore tradito dal suo tempo. Intendeva il nazismo come il valoroso nemico filo-teutonico della modernità incarnata dall’imperialismo britannico. Nell’aprile del 1940, Francia e Inghilterra assistono inerti all’occupazione nazista di Danimarca e Norvegia. Hasmun guarda con immenso favore all’instaurazione del governo collaborazionista retto da Vidkun Quisling. Alla fine del conflitto, ottantaseienne, viene processato e sottoposto a perizia psichiatrica, quindi confinato fino al 1948 in uno ospedale psichiatrico. Nel 1949 pubblica il diario dell’internamento che titola Per i sentieri dove cresce l’erba (Fazi, 2014).
In Fame, Hamsun combina tutti gli elementi della solitudine. L’alloggio non sempre garantito, il gelido inverno di Oslo, il vivere alla giornata, la speranza di risollevare le proprie sorti economiche e psicologiche. La miseria è rappresentata in tutte le sue ramificazioni, Hamsun vuole salvare sul piano narrativo l’aspetto psicologico della povertà, spesso mantenuto in secondo piano rispetto alla condizione sociale. Il protagonista teme l’esaurimento nervoso più della fame e del freddo. La follia è un demone che lo perseguita, il nemico interiore che logora la speranza, che lo trascina verso l’inettitudine e la definitiva alienazione sociale: «Mi distesi sul sedile in preda alle idee più folli, mi rannicchiai sotto il mantice perché nessuno vedesse che movevo le labbra e incominciai a parlottare da solo come un idiota. La pazzia infuriava nel mio cervello e io non reagivo, ben sapendo di essere in balia di forze che non potevo più dominare». Il protagonista è inoltre meno audace di Glahn, ma ugualmente alienato: «Per me c’era poco da sperare. Le ragazze si comportavano con me come uomini, le privazioni mi avevano sfinito. Capivo che di fronte a quella strana prostituta facevo una figura assai meschina e perciò decisi di salvare almeno le apparenze». Il primo incontro con Ylajali, la donna miraggio, prevede da subito l’occasione per mettere in scena un comportamento non dissimile da quello di Gahn. Pedina la donna nel parco, la ferma con la falsa scusa del libro smarrito lungo la strada. Ylajali sa di non possedere alcun libro, così lo ignora, ma senza scoraggiare il suo ambiguo proposito. Lui la segue: «facevo le smorfie più goffe dietro le spalle di quella ragazza, tossivo come un matto e le passavo vicino». L’ambiguità di un comportamento così molesto può tradursi quanto nell’inettitudine sociale del personaggio, quanto nel desiderio di Hamsun di dar libero sfogo alle più inquietanti manifestazioni del disadattamento sociale che difficilmente si sarebbe concesso nella vita reale. Il suo errare è quasi sempre solitario, la miseria è percepita come una fase transitoria destinata a risolversi con il riscatto professionale e intellettuale.
Nella postfazione a La Regina di Saba (Iperborea, 1999), probabilmente il racconto più ossessivo di Hamsun, Goffredo Fofi fa derivare la nevrosi del Nobel norvegese dagli intellettuali e poeti francesi «come se egli fosse un Rimbaud di poco più adulto» e non manca di individuare i beneficiari della sua ribellione letteraria sia nei suoi stessi contemporanei e nei modernisti, come anche negli americani e negli inglesi che lo attendono alla foce del nuovo secolo, quando la letteratura toccherà vette elevatissime dove un panorama sconcertante fatto di fame, viaggi e miseria attendono l’ignaro lettore borghese. Lo attende Céline, nato trentacinque anni dopo Hamsun e con il quale condivide curiose analogie biografiche. Sembra attenderlo perfino John Fante, che nasce a Denver nel 1909. Non si intende forzare la riflessione verso una più o meno esplicita ispirazione di Fante al poeta norvegese, ma è irresistibile la somiglianza del prologo pensato da Fante per Chiedi alla polvere, con il capitolo forse più contemplativo di Pan. Così scrive Fante: «Chiedete alla polvere della strada! Chiedete alle iucche che si ergono solitarie ai margini del Mojave. Chiedete di Cammilla Lopez, e sentitene sussurrare il nome». Così aveva scritto Hamsun quarantacinque anni prima: «Chiedilo al vento e alle stelle, chiedilo al Dio della vita […] Chiedilo alla polvere della strada e alle foglie che cadono, chiedilo all’enigmatico Dio della vita, perché nessun altro può saperlo».
Tra gli ultimi risvolti di Pan, il lettore può percepire della violenza letteraria di Hamsun. Glahn dice a Edvarda che presto partirà, lei gli chiede in cambio un ricordo. Gli chiede di poter adottare e prendersi cura del suo cane, Esopo. Glahn si dice d’accordo, e nel corso della notte riflette: «Perché mi aveva chiesto di portarle il cane io stesso? Voleva parlarmi, dirmi qualcosa per l’ultima volta? Ormai non avevo più nulla da aspettarmi. E come avrebbe trattato Esopo? Esopo, Esopo, ti tormenterà! A causa mia ti frustrerà, magari ti coccolerà anche, ma in ogni caso ti frustrerà a suo capriccio ti rovinerà… Chiamai Esopo, lo accarezzai, avvicinai la sua testa alla mia, ho preso il fucile. Cominciava già mugolare di gioia, credendo che saremmo andati a caccia. Di nuovo avvicinai la sua testa alla mia, appoggiai la canna alla nuca di Esopo e feci fuoco. Pagai un uomo perché portasse il corpo di Esopo a Edvarda». È il momento più sconcertante dell’intero romanzo. Su questo punto, si è espresso senza troppe riserve anche Isaac B. Singer, al quale si deve la traduzione in yiddish di alcune opere del Nobel norvegese: riteneva che «Tutta la letteratura moderna del XX sec. deriva da Hamsun». I suoi romanzi fondamentali rappresentano un ceppo di radici dell’albero genealogico letterario più ribelle e controverso. Nella sua personalità si rintracciano le tracce del genio che non fatichiamo a riconoscere negli esponenti della generazione di intellettuali che sulla scia di Hamsun hanno sublimato in lettere la sintesi tra fame, polvere, miseria e poesia. Enrico Picone

FAME (Sult)

fame

Prima edizione.

Fame (in norvegese: Sult) è un romanzo pubblicato nel 1890, è il libro con il quale l'autore norvegese riesce ad ottenere fama internazionale. Il romanzo è suddiviso in quattro parti, e il lasso di tempo narrato corrisponde a due stagioni, l'autunno e l'inverno (nell'ultima parte della storia). Tradotto in 47 lingue, in Italia il libro è apparso nel 1921, nella traduzione di Federigo Verdinois, alla quale seguirono numerose altre traduzioni.
Trama
La vicenda si svolge ad Oslo, nei tempi in cui era ancora chiamata Christiania, e narra di uno scrittore il quale, a seguito delle illusorie speranze via via fiaccate da cocenti delusioni, vive in condizioni estreme, a tal punto da venir cacciato dalla pensione in cui vive, ormai incapace di pagare la pigione, e comincia così a vagabondare, ridotto totalmente sul lastrico. Comincia a trascorrere dei periodi in cui è costantemente dilaniato dalla fame, arrivando a veri e propri deliri da inedia. Lo scrittore sfiora più volte la pazzia. Alcune volte arriva sul punto di morire, biasimando Dio per il suo destino. Questo stato di cose viene interrotto quando riesce a guadagnare qualche corona da un suo articolo, sebbene non bastino per lungo tempo. Durante i suoi vagabondaggi per le vie della città incontra diversi personaggi, più o meno bizzarri; tra questi spicca Ylajali, una giovane donna con la quale instaura un rapporto sentimentale. Nella quarta e ultima parte del romanzo egli si stabilisce in una locanda dalla quale viene scacciato dopo non aver pagato l'affitto per molto tempo. Afflitto e ormai senza speranza, si reca al porto. Qui riesce a ottenere un lavoro su un mercantile russo e, lasciando Christiania, si conclude temporaneamente la sua lotta contro la fame. Fame che, metaforicamente, è fame di vita.

AUDIOLIBRO

IL RISVEGLIO DELLA TERRA

risveglio

Il romanzo, strutturato in due parti, è stato definito un idillio, ma anche un'utopia conservativa. Proprio nei toni pacati e nello stile semplice e lineare, tipico di molti autori scandinavi, che conferiscono al romanzo un senso di serenità ed eternità, traspare la sfiducia nella modernità, la paura che il progresso allontani l'uomo dalla sua dimensione più autentica, quella naturale. Vi si ritrova tutto l'attaccamento atavico dell'autore per la terra, sentita come ritorno dell'uomo alle sue origini e come strumento della sua elevazione morale e materiale.
Trama

«Il lungo, lunghissimo sentiero fra gli acquitrini e le foreste, chi l'ha tracciato, se non l'uomo? ...» (Knut Hamsun, incipit di Markens Grøde)

È un romanzo epico che narra la storia di Isak, personaggio di non ben chiare origini, che decide di stabilirsi in un appezzamento di terra incolto nella natura millenaria della Norvegia settentrionale, insieme con la moglie Inger, lottando contro le avversità degli elementi. La loro vita, e quindi quella dei figli, viene scandita dal succedersi delle stagioni, dalla dura attività di agricoltori, dal bisogno di cibo e d'amore ma anche dalla gioia e dalla nobiltà del lavoro.

PAN

pan

Il tenente Thomas Glahn adora il tutto naturale, i suoi occulti sospiri, la solitudine delle foglie e le pietre amichevoli, la luna, ombra d’argento tuffata nell’oro, gli odori dell’alba e quelli del tramonto, i favori segreti di ninfe erranti, i rami marciti, analoghi al cuore, che ispirano pietà. Un uomo così, che sfrega il muso tra l’erba bagnata per stare meglio e che è grato alla natura della sua occulta leggiadria, sa amare, ma solo a modo suo: senza compromessi. Glahn è sì un tenente, ma soprattutto è un curioso girovago che capita in una baita ai margini di una piccola comunità rurale della Norvegia settentrionale. Sin dalle prime righe, il lettore ha la conturbante impressione di inabissarsi nell’amorale universo dell’uno primigenio dove il sangue della selvaggina e la bellezza non hanno nome, essendo nient’altro che un riflesso, un caleidoscopico intarsio dell’intangibile. L’amore di Glahn per la giovane e coriacea Edvarda è immensamente immaturo, fanciullesco, antiborghese, insofferente, impossibile, infine tragico, ferale. Perché Glahn non sa stare in società e non si sa piegare. E’ commosso dal sesso, ma non si fa ingabbiare dai balordi cliché che il sistema vorrebbe imporgli, non baratta le sue voglie, vorrebbe prendere e dare senza svendere nulla di sé, senza retrocedere di un passo. L’introverso cacciatore trapassa naturalmente dalla tenerezza più pura alla maleducazione più illogica. Gli altri personaggi sembrano ruotargli attorno e si coglie come i più lo considerino un animale raro, una figura inconsueta, un reietto. Un proscritto dal fascino oscuro che sa prendere le donne, dallo sguardo ferino che sembra toccare le anime, rapirle nel loro intimo, violarle. Per Glahn tirare in acqua la scarpa dell’amata, sputare nell’orecchio del rivale in amore, spararsi la gamba per orgoglio o uccidere, per lo stesso motivo, il proprio cane, non rappresentano stranezze. Eppure, fra le righe di un’esistenza rude, si celano altezze più originarie. Tra le fila occulte del dolore ribolle, dal sostrato, l’eco di Pan, un canto lirico ma anche tangibile, selvatico come il noumeno, aspro come la vita.

"Ma ascolta, ascolta a oriente, a occidente. Non è Dio, l’eterno Dio? Questo silenzio che sento pulsare all’orecchio è il sangue dell’universo che ribolle, Dio che intesse le fibre del mondo e anche di me. Vedo, alla luce del fuoco, una ragnatela lucente, sento lo sciabordio di un battello sul mare, si accende a nord l’aurora boreale. Con tutta l’anima mia immortale ringrazio d’essere proprio io qui seduto, in questo momento!". Knut Hamsun, Pan.


19 febbraio 2023 - Eugenio Caruso



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