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Il nobel per la fisica agli scienziati che hanno creato impulsi dell'ordine dell'attosecondo


“[…] la distinzione tra passato, presente e futuro è soltanto un’illusione, anche se ostinata”. Einstein

atomo

 

Per capire l'importanza del premio Nobel della fisica occorre fare un salto ideale nel cuore della materia, dove gli eventi si svolgono su scale temporali estremamente brevi rispetto a quanto accade nel mondo macroscopico
Riuscire a percepire movimenti rapidi è una delle prove più difficili per i nostri sensi, che in molti casi vanno in affanno facilmente: basta guardare un filmato a velocità multipla o provare a seguire il rapidissimo battito d’ali di alcuni uccelli, ed ecco che la nostra comprensione del fenomeno che stiamo osservando diventa confusa, rendendo spesso impossibile trarre informazioni utili.
Se per la nostra vita quotidiana questi limiti non rappresentano un grosso problema, dal punto di vista scientifico la questione è invece molto seria, perché buona parte dei fenomeni naturali – in particolare quelli che si verificano a livello atomico e subatomico – sono caratterizzati da variazioni che si realizzano in tempi rapidissimi, arrivando fino a intervalli temporali dell’ordine degli “attosecondi” (pari a un miliardesimo di miliardesimo di secondo 10esp-18). Parliamo di tempi scala incredibilmente piccoli: per rendersene conto, basti pensare che un secondo contiene un numero di attosecondi pari al numero di secondi trascorsi da quando è nato l’universo (quasi 14 miliardi di anni fa).
Per poter studiare questi fenomeni è quindi necessario sviluppare tecnologie ad hoc, che permettano di scattare delle vere e proprie istantanee di ciò che accade all’interno di atomi e molecole, ricavandone informazioni spesso molto preziose. Ed è proprio lo sviluppo sperimentale di queste tecnologie che ha attratto l’attenzione dell’Accademia reale di Svezia, con l’assegnazione del premio Nobel per la fisica 2023 a Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L'Huillier per aver ideato (si legge nella motivazione del premio) “metodi sperimentali che generano impulsi di luce dell’ordine di attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia”.

nobel

A Pierre Agostini, Ferenc Klausz e Anne L'Hullier il Nobel per la fisica 2023


Benché riguardi un tema di ricerca piuttosto specifico, non si tratta di un Nobel troppo sorprendente, almeno tra gli addetti ai lavori. “Quando arriva l’annuncio è sempre una bella sorpresa, tuttavia era un riconoscimento ormai abbastanza atteso”, sottolinea Mauro Nisoli, docente di fisica della materia al Politecnico di Milano e coordinatore del laboratorio di ricerca Attosecond Research Center, dedicato proprio a ricerche sperimentali nel campo della fisica dell’attosecondo. “Un indizio era arrivato lo scorso agosto, quando l’Accademia del Nobel ha organizzato in Svezia un simposio dedicato proprio a questo tema di ricerca.”
Non solo: due dei tre premiati (Krausz e L’Huillier) avevano ricevuto nel 2022 il prestigioso premio Wolf, spesso un’anticamera del Nobel.
Ma perché queste ricerche sono così importanti, tanto da meritare il massimo riconoscimento assegnato in ambito scientifico? Per capirlo occorre fare un salto ideale nel cuore della materia, dove gli eventi si svolgono su scale temporali estremamente brevi rispetto a quanto accade nel mondo macroscopico. All’interno di una molecola, per esempio, gli atomi possono muoversi e ruotare in tempi dell’ordine del femtosecondo, pari a un milionesimo di miliardesimo di secondo. Tale scala temporale, per quanto già piccolissima, è tuttavia alla portata degli impulsi più brevi che possono essere prodotti tramite un laser. Grazie alla luce laser, quindi, è possibile studiare con sufficiente livello di dettaglio i moti atomici e molecolari.
La prima luce dell'attofisica
Il discorso è però nettamente diverso se, anziché il moto degli atomi, si considera quello degli elettroni, molto più leggeri e veloci: le loro posizioni ed energie, all’interno di atomi e molecole, variano infatti in tempi compresi tra qualche unità e le centinaia di attosecondi, quindi anche 1000 volte inferiori ai tempi scala atomici e molecolari.
Il femtosecondo è stato considerato a lungo (almeno fino agli anni ottanta dello scorso secolo) un limite sperimentale difficilmente superabile: anche migliorando le tecnologie esistenti basate sui laser, gli scienziati del settore non riuscivano infatti a osservare la dinamica degli elettroni, alle scale temporali degli attosecondi. Fu quindi chiaro, a un certo punto, che per alzare l’asticella sarebbe stato necessario un cambio di paradigma, con un approccio nuovo rispetto al passato.
Ed è proprio qui che entrano in gioco i tre neo premiati di Stoccolma. Il primo passo fondamentale è stato compiuto nei laboratori dell’Università di Parigi-Saclay dalla francese Anne L’Huillier, oggi docente all’Università di Lund (in Svezia), che nel 1987 fece una scoperta molto importante: trasmettendo un fascio di luce laser a infrarossi attraverso un gas nobile, si otteneva un gran numero di “armoniche” di ordine superiore, ossia onde elettromagnetiche di frequenza superiore rispetto alla frequenza fondamentale della luce laser, a cui si sovrappongono. L’Huillier capì che le armoniche supplementari sono prodotte dall’interazione della luce laser con gli atomi del gas, che fornisce ad alcuni elettroni un’energia in eccesso, poi emessa sotto forma di luce. Ma, soprattutto, fu presto chiaro che l’interazione tra queste armoniche supplementari, nelle giuste condizioni, avrebbe potuto produrre una serie di impulsi di luce ultravioletta di durata pari ad alcune centinaia di attosecondi. La scoperta di L’Huillier, insomma, forniva un potenziale strumento per abbattere la barriera del femtosecondo e riuscire a studiare fenomeni anche alla scala dell’attosecondo.
Osservato il vorticoso movimento degli elettroni
Tuttavia, è stato necessario attendere l’inizio degli anni duemila per avere un riscontro sperimentale rigoroso. Nel 2001, in particolare, il francese Pierre Agostini, oggi in forze all’Ohio University ma all’epoca all’Università di Parigi-Saclay, fu il primo a sviluppare una tecnica sperimentale (nota come “metodo RABBIT”) in grado di generare impulsi di luce consecutivi della durata di appena 250 attosecondi.
Quasi in contemporanea arrivò il contributo dell’ungherese Ferenc Krausz, grazie anche a ricerche precedenti realizzate da un gruppo di ricerca italiano, del Politecnico di Milano, di cui faceva parte anche Mauro Nisoli. ”Nel 1996, insieme a Orazio Svelto e Sandro De Silvestri, abbiamo inventato una tecnica particolare di compressione ottica, che abbiamo poi applicato al laser usato dal gruppo di ricerca di Krausz all’Università tecnica di Vienna”, ricorda Nisoli. “Con il laser di Krausz stabilimmo il record di durata di quell’epoca per un impulso di luce, pari a 4,5 femtosecondi.”
Negli anni successivi il fisico ungherese perfezionò la tecnica, basandosi anche sul lavoro di L’Huillier, finché nel 2001 riuscì a generare i primi impulsi isolati di 650 attosecondi.
Rompere il “muro” dell’attosecondo ha rappresentato un passaggio cruciale per la comprensione dei fenomeni governati dai moti degli elettroni, aprendo la strada anche a numerose potenziali applicazioni. “C’è un salto di qualità enorme nel passare da impulsi al femtosecondo agli attosecondi: se si vuole analizzare i primissimi stadi dell’interazione tra la luce e la materia, che sono fondamentali perché, di fatto, ogni fenomeno emerge quando la materia interagisce con la luce, è indispensabile riuscire ad analizzare la dinamica degli elettroni”, spiega Nisoli.
Alcune delle applicazioni più importanti riguardano lo studio dei materiali. “Lo stesso Krausz ha dimostrato che è possibile modificare la conducibilità di un isolante come il vetro di ben 18 ordini di grandezza, in modo reversibile, in meno di un femtosecondo”, riprende Nisoli. “Ciò offre la possibilità di interagire con un materiale solido attraverso la luce e di realizzare transizioni da isolante a conduttore in meno di un femtosecondo, senza danneggiare il materiale”.
Oltre a questo – continua il ricercatore – un altro settore applicativo importante, su cui sta lavorando anche il mio laboratorio, è quello della cosiddetta ‘atto-chimica’, dove l’obiettivo è sfruttare impulsi di luce ultra-brevi per indurre nelle molecole reazioni chimiche che non potrebbero avvenire naturalmente”.
Un’altra frontiera di potenziale grande impatto è rappresentata dalla diagnostica medica: per esempio, il gruppo di ricerca di Krausz, al Max-Planck-Institut di ottica quantistica di Garching, in Germania, sta sviluppando una tecnica per misurare in modo accurato il campo elettrico di impulsi di luce ultra-brevi che hanno attraversato un plasma ricavato dal sangue, con l’obiettivo di ottenere indizi utili sulla possibile presenza di tumori. Questa e altre applicazioni sono ancora in fase di sviluppo, ma potrebbero diventare presto di uso comune.

 

Eugenio Caruso - 15 settembre 2023



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www.impresaoggi.com