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Antonio Barezzi mecenate di Verdi

Il 21 luglio del 1867 moriva a Busseto ANTONIO BAREZZI (1787-1867), imprenditore e suocero di Giuseppe Verdi fondamentale sostenitore del suo talento.
Se il mondo ha ricevuto in dono immortali capolavori lo dobbiamo anche a lui.
Nel 1832 Antonio Barezzi accompagnò il giovane Verdi al conservatorio di Milano e, dopo la cocente delusione per la mancata ammissione, sostenne gli studi privati anticipando i costi e patrocinando la concessione del sussidio del Monte di Pietà di Busseto.
Negli anni di studio a Milano del giovane Verdi coprì tutte le sue spese. Fu negli anni precedenti la partenza per Milano che Verdi abitò nella sua casa e qui, a poco a poco, sbocciò l'amore per la figlia primogenita, Margherita, che diverrà sua sposa nel 1836.
Le morti premature per malattia sia dei due figli nati dalla loro unione che della moglie Margherita avvenute nel brevissimo periodo tra il 1839 ed il 1840 gettarono Verdi nella più cupa disperazione e fu solo grazie all'aiuto del suocero che il giovane riusci a riprendersi.
Verdi gli fu grato e riconoscente per tutta la vita come testimoniato da numerosi suoi scritti e dalla dedica, nel 1847, del Macbeth.
Antonio Barezzi morirà a Busseto nel 1867, assistito dal Maestro e dalla sua seconda moglie Giuseppina Strepponi. Grande uomo Antonio Barezzi e andava giustamente ricordato con sentimenti di stima e riconoscenza perché è anche grazie a lui se l'Italia ha avuto uno dei suoi più grandi geni musicali: Giuseppe Verdi.
Seguono alcune lettere:

“Da molto tempo era nei miei pensieri d’intitolare un’opera a Lei che m’è stato e padre, e benefattore, ed amico […] Ora eccole questo Macbeth che io amo a preferenza delle altre mie opere e che quindi stimo più degno d’essere presentato a Lei. Il cuore l’offre: l’accetti il cuore, e le sia testimonianza della memoria eterna, della gratitudine, e dell’affetto che le porta il suo aff. G. Verdi” (Milano, 25 marzo 1847).

Lettera di Verdi a Clara Maffei pochi giorni prima della morte del Barezzi (S. Agata, 30 giugno 1867):

“... Oh questa perdita mi sarà estremamente dolorosa!...Povero vecchio che m’ha voluto tanto bene!! E povero me che per poco ancora e poi nol vedrò più!!! Voi sapete che a Lui devo tutto, tutto, tutto. E a lui solo, non ad altri come l’han voluto far credere. Mi par di vederlo ancora (e son ben molti anni) quando io finiti i miei studi nel ginnasio di Busseto mio padre mi dichiarò che non avrebbe potuto mantenermi nell’Università di Parma e mi decidessi di ritornare nel mio villaggio natio. Questo buon vecchio saputo questo, mi disse: tu sei nato a qualche cosa di meglio, e non sei fatto per vendere il sale e lavorare la terra. Domanda a codesto Monte di Pietà una magra pensione di 25 franchi al mese per quattro anni, ed io farò il resto; andrai al Conservatorio di Milano e, quando lo potrai mi restituirai il denaro speso per te. Così fu! Vedete quanta generosità, quanto cuore, e quanta virtù. Io ne ho ben conosciuto degli uomini ma giammai uno migliore! Egli mi ha amato quanto i suoi figli, ed io l’ho amato quanto mio padre”.

Lettera di Verdi pochi giorni dopo la scomparsa del Barezzi, al conte Arrivabene (Busseto, 25 luglio 1867):

“Il povero signor Antonio, il mio secondo padre, il mio benefattore, il mio amico, colui che m’ha amato tanto, non è più! La sua molta età non vale a mitigare il dolore che è per me grandissimo! Povero signor Antonio! Se vi è una seconda vita Egli vedrà se io l’ho amato e s’io son grato a quello che ha fatto per me. È morto nelle mie braccia ed ho la consolazione di non avergli mai dato un dispiacere”.

barezzi
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Eugenio Caruso - 22 luglio 2025

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www.impresaoggi.com