AMAL NASER - RICONOSCERE LA PALESTINA È UNA DISTRAZIONE. SERVONO SANZIONI PER IMPEDIRE CHE IL POPOLO PALESTINESE VENGA CANCELLATO
Stanno uccidendo il mio popolo. La mia famiglia. La mia Patria.
Dì Amal Naser - 11 agosto 2025
Sono nipote di sopravvissuti alla Nakba. Nel 1948, i miei nonni furono espulsi da Lydd, Palestina Storica, insieme all'80% della sua popolazione, dalle milizie israeliane. Mio padre è cresciuto in un campo profughi, senza casa, senza stabilità, solo il sogno del Ritorno. Sono cresciuta con le loro storie e assistendo ai Crimini israeliani in corso: l'Occupazione della Cisgiordania, l'assedio di Gaza, la Pulizia Etnica dei villaggi in tutta la Palestina. Non ho mai avuto bisogno che uno Stato mi dicesse che ero palestinese o mi concedesse l'autodeterminazione. Lo abbiamo fatto noi stessi, mantenendo viva la nostra lotta.
Essere testimone di queste ingiustizie mi ha dato la determinazione e la forza di lottare per la mia Patria. Per anni ho visto le istituzioni di potere deluderci, permettere che un crimine dopo l'altro si verificasse contro il popolo palestinese nella più totale impunità. Sapevo che eravamo noi, il popolo, le masse, che potevamo porre fine a questa tortura.
Per quasi due anni, ho organizzato raduni settimanali con il Palestine Action Group (Gruppo d'Azione per la Palestina) per fermare quello che Amnesty International, B'Tselem (il Centro d'Informazione Israeliano per i Diritti Umani) e la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati hanno chiamato per nome: Genocidio.
La scorsa settimana, abbiamo guidato una delle più grandi manifestazioni mai tenute in Australia sul Sydney Harbour Bridge. Siamo stati spinti lì dalle immagini di Gaza: bambini ridotti in scheletri dalla fame, famiglie schiacciate sotto le macerie, messaggi delle nostre famiglie che ci imploravano di combattere e il disgusto per il fatto che il nostro governo, con la sua inazione, fosse Complice di questo Massacro. Sapevamo anche che una marcia così grande e simbolica non poteva essere ignorata. Le nostre richieste erano chiare: sanzioni contro Israele e la fine del commercio bilaterale di armi.
Eppure, il governo ci offre invece il "riconoscimento" di uno Stato Palestinese, come se fosse ciò che chiedevamo. Il riconoscimento, mentre vedo la mia Patria Sterminata, mentre Benjamin Netanyahu giura di Occupare Gaza a tempo indeterminato, mentre Israele espande i suoi insediamenti in tutta la Cisgiordania illegalmente Occupata, è vuoto quanto le condanne che i capi si Stato occidentali hanno espresso all'intensificazione dei Crimini israeliani.
Il riconoscimento non basta. Non si può "riconoscere" uno Stato mentre si permette che componenti di fabbricazione australiana contribuiscano ad armare il Regime che lo sta distruggendo. Non si può combattere per i morti mentre si contribuisce a fabbricare le armi che li uccidono. E non lo dico in senso metaforico. Lockheed Martin, uno dei maggiori produttori di armi al mondo, ha realizzato profitti record grazie al Genocidio e ha confermato che ogni singolo aereo F-35 contiene parti e componenti australiani. (Faccio notare che non riesco più a trovare questa menzione sul suo sito web.) Esperti delle Nazioni Unite hanno osservato che l'esportazione di parti potrebbe costituire una violazione del Diritto Internazionale.
Questi aerei da guerra stanno Distruggendo e Annientando Gaza. Il minimo che possiamo fare è smettere di esportare queste parti in Israele, insieme all'acciaio corazzato utilizzato nei veicoli blindati israeliani. Invece, il Ministro della Difesa Richard Marles dichiara che siamo un Paese con F-35, mentre cerca di riconoscere lo Stato al cui Sterminio il suo governo, non bloccando le esportazioni, partecipa.
La realtà è che Israele agisce impunemente grazie al continuo sostegno che riceve da governi come l'Australia. La stessa impunità che ha permesso l'espulsione dei miei nonni nel 1948, che sostiene l'Occupazione della Cisgiordania e l'assedio di Gaza, che oggi consente il deliberato affamare una popolazione.
Per quasi due anni ho visto bombe cadere su ospedali e scuole. Ho visto i miei familiari uccisi. Mi sono sentita sola mentre vedevo video di bambini urlanti sullo schermo e il mondo ci aveva abbandonati. Mi sono infuriata quando il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha annunciato un assedio totale della Striscia di Gaza il 9 ottobre 2024 e ha dichiarato che la popolazione di Gaza, il mio popolo, la mia famiglia, sarebbe stata trattata come "bestie", e il mondo non è riuscito a fermarlo.
"Stiamo combattendo contro delle bestie e stiamo agendo di conseguenza", ha detto Gallant.
La risposta di Israele agli attacchi di Hamas del 7 Ottobre 2023 è stata davvero sproporzionata e una violazione del Diritto Internazionale.
Ho ascoltato leader pronunciare parole vuote mentre i Massacri si intensificavano: l'invasione di Gaza, l'uccisione di Hind Rajab, una bambina di sei anni, con 335 proiettili, il Massacro della Farina, il Massacro della tendopoli a Rafah, l'Uccisione di oltre 60.000 persone. I Crimini sono aumentati. Le condanne si sono fatte più forti. Le azioni sono rimaste le stesse.
Israele non si lascerà fermare da discorsi o lamenti. Sarà fermato solo interrompendo le forniture alla sua Macchina Militare di Morte: sanzioni, embargo sulle armi, fine del commercio con questo Regime. Di fatto, questo è il minimo che l'Australia deve fare per adempiere ai suoi obblighi legali di prevenire e punire Israele per questo Genocidio.
Per me, questo non è un concetto astratto. Porto con me il dolore di generazioni e ricevo messaggi da familiari a Gaza che ci implorano di non smettere di protestare contro questa atrocità. Non lo farò.
Il nostro movimento viene ascoltato. La pressione sta aumentando. Il governo si sta affannando; non per principio, ma perché la gente lo chiede.
Nel 2003, il governo Howard respinse l'opposizione di massa nelle strade e invase l'Iraq, lasciando milioni di morti in guerra e occupazione, per niente. Il governo Albanese deve riflettere sulla sua eredità, su come vorrebbe essere ricordato: un governo che serve gli interessi e i desideri del suo popolo, o uno complice di un Genocidio.
La storia ci osserva. Ci sono vite in bilico.
Il riconoscimento non è sufficiente. Non lo è mai stato. Solo l'azione può porre fine a un Genocidio. Il 24 agosto 2025 saremo di nuovo in piazza per una grande Marcia Nazionale per la Palestina. E non ci fermeremo.
Amal Naser è una rifugiata palestinese di terza generazione e un'organizzatrice del Palestine Action Group.
Traduzione: La Zona Grigia
Shireen Abu Akleh, reporter palestinese cattolica melkita con cittadinanza americana, popolare volto di Al Jazeera, per venticinque anni ha documentato gli orrori dell’occupazione israeliana in terra palestinese, intervistando detenuti e visitando le zone di guerra. La chiamavano “La voce della Nazione”.
Nel 2022 è stata uccisa, colpita alla testa da un cecchino dell’IDF, nonostante indossasse il giubbino della stampa.
Si trovava nel campo profughi di Jenin, in quel momento teatro dell’ennesimo raid israeliano.
Ricordiamo la sua storia. Soprattutto in queste ultime ore in cui la propaganda sionista cerca di giustificare l’uccisione di Anas al-Sharif e dei suoi colleghi, giornalisti di Al Jazeera.
Sono centinaia le persone che lavoravano per la stampa uccise da Israele, ognuna di loro costituisce un crimine di guerra. Non sono cominciate dopo il 7 ottobre, non sono delimitate alla Striscia di Gaza, non sono giustificabili in nessun modo. Non dimentichiamo.
Ogni limite è stato superato.
Il quotidiano Il Tempo oggi pubblica la mia foto in prima pagina, accusandomi di antisemitismo.
Da ormai settimane, ogni giorno, lo stesso giornale mi dedica articoli carichi di aggressività, insinuazioni, attacchi personali e accuse infamanti, false e gravissime per via del mio impegno per i diritti del popolo palestinese.
Ma a chi obbedisce Il Tempo? Sebbene si definisca indipendente, questo giornale è di proprietà di Antonio Angelucci, deputato della Lega, record di assenze nel Parlamento italiano, che possiede anche Libero e Il Giornale. Tre testate che, anziché occuparsi di informare, confezionano ogni giorno articoli per difendere il governo e la maggioranza parlamentare di cui il loro padrone fa parte.
Nessuna parola sul genocidio in corso, nessuna parola sui bambini ammazzati e lasciati morire di fame dal Governo terrorista di Israele, ma solo fango per colpire, delegittimare, intimorire chi racconta la verità.
Così stanno facendo con me e non mi sorprende, ormai so bene come operano i giornali succubi del potere nel nostro Paese.
Certo mi preoccupa l’istigazione all’odio alimentata giorno dopo giorno con le sue possibili conseguenze sul piano della sicurezza.
Ho deciso pertanto di presentare querela perché tutto ciò non può essere tollerato.
Se l’obiettivo è frenarmi, zittirmi, intimorirmi, state certi, non ci riuscirete.
Né voi né i vostri padroni.
I puntini si uniscono e danno forma al sistema di dominio che Israele persegue e che ha saputo raccontare sapientemente. Fin dalla sua nascita ha investito molto nella propria immagine, raccontandosi con toni leggendari e mitici (il piccolo Davide che sconfiggeva il Golia arabo, la Terra promessa che si faceva reale, la mano che aveva tramutato il deserto in giardino) e negando per decenni le radici della sua fondazione, la pulizia etnica dell’80% della popolazione palestinese che fino al 1948 abitava quelle terre.
Il 7 ottobre 2023 ha cambiato i termini del discorso solo in parte. È vero però che abbiamo assistito a un disvelamento, sia individuale che istituzionale: dai soldati di stanza a Gaza che pubblicano fieri sui social gli orrori commessi, ai vertici politici e militari che pubblicamente invocano e praticano una seconda Nakba. È uno dei due ruscelli della narrazione che alimentano lo stesso fiume.
L’altro ruscello è quello di cui (di nuovo pochi giorni fa) ha parlato Netanyahu, «l’enorme budget, centinaia di migliaia di shekel, per strumenti di propaganda» in mano al ministero degli esteri. Esiste da decenni. Da ventidue mesi Israele è impegnato, direttamente o indirettamente, a definire fake news ogni immagine e notizia in arrivo da Gaza: la fame non esiste, i morti di stenti soffrivano di altre patologie, gli aiuti ci sono ma è l’Onu a farli marcire, ospedali e scuole sono centri militari di Hamas, i giornalisti sono combattenti camuffati dietro i giubbotti «Press».

22 agosto 2025
MORO E MELONI
Nel 1967 in Italia fu approvata la legge contro il genocidio detta anche Legge Moro per essere stata fortemente voluta dall’esponente della Democrazia Cristiana ucciso nel 1978.
La Legge Moro prevede l’ergastolo per chiunque compia atti diretti a distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
Punisce non solo le uccisioni, ma anche le condizioni di vita imposte per sterminare un popolo, l’impedimento delle nascite e il trasferimento forzato di minori.
Sono perseguibili anche l’istigazione, la cospirazione e la collaborazione.
Vale la giurisdizione universale: chi commette genocidio può essere processato in Italia anche se straniero e per fatti avvenuti all’estero.
La legge n. 962/1967 (legge Moro) è molto chiara: non punisce solo chi compie materialmente il genocidio, ma anche chi collabora in qualunque forma.
In particolare:
l’art 5 – “Chiunque commette fatti diretti a collaborare nella realizzazione del genocidio è punito con la stessa pena stabilita per il genocidio”.
Questo significa che anche fornire mezzi, strumenti, armi, assistenza logistica o finanziaria a chi compie genocidio è equiparato al genocidio stesso.
La pena prevista è l’ergastolo, come per gli autori diretti.
Cosa è successo ad Aldo Moro?
La sua scorta fu assassinata con una operazione militare di altissimo livello, e Aldo Moro fu ucciso dopo molti giorni di prigionia.
Tutta la vicenda ebbe l’appoggio del Mossad, il servizio segreto di Tel Aviv tra i più potenti e funzionali al mondo.
Alberto Franceschini, l’ex terrorista e brigatista italiano, uno dei fondatori ed esponente di spicco delle Brigate Rosse, ha rivelato dopo quaranta anni dall’assassinio di Moro, che il Mossad era entrato in contatto con le Brigate Rosse.
Gli 007 israeliani avevano come obiettivo quello di destabilizzare l’Italia, di indebolirla sul piano geopolitico, in modo che Israele risultasse come partner privilegiato per il controllo del Mediterraneo e del Medioriente.
Aldo Moro non avrebbe consentito di trascinare lo Stato italiano nella complicità di un genocidio in atto, e il Mossad lo ha ucciso.
Meloni non ha avuto dubbi su come fare per rimanere salda al potere, ed ha mantenuto i rapporti con il governo genocida di Israele, continuando a scambiare armi e tecnologie.
Meloni è complice del genocidio del popolo palestinese e deve essere processata secondo la Legge Moro.
Carla Corsetti

22 settembre 2025
Ieri sera, a ‘È sempre Cartabianca’, Bianca Berlinguer ha letteralmente triturato, domanda per domanda, il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Un confronto da manuale, dove le contraddizioni, le bugie e le ipocrisie del governo sono state smontate una a una.
Tajani parte subito male, malissimo: se la prende con un comico, Enzo Iacchetti: “Il signor Iacchetti ha detto qualche bugia, parla senza conoscere le cose”.
Berlinguer non lo lascia subito respirare: “Non ha detto nessuna bugia”.
Ma lui insiste, stizzito: “Ha detto che non abbiamo fatto niente e che la Flotilla si è sostituita al Governo. Noi abbiamo mandato decine di tonnellate di beni alla popolazione palestinese, abbiamo lanciato aiuti con aerei italiani ed emiratini. Iacchetti, che non conosce niente, fa il comico… poi se vuole si candida e si fa eleggere.”
È qui che Berlinguer lo inchioda con il primo sdeng: “Ma non lo ha detto Iacchetti, lo hanno detto le Nazioni Unite. A Gaza c’è una carestia provocata dall’uomo. Perché l’esercito israeliano non fa passare i convogli. Ogni settimana facciamo vedere bambini che raccolgono briciole da terra perché non hanno da mangiare”.
Tajani prova la carta dell’orgoglio nazionale: “No, il cibo italiano è arrivato”.
E Berlinguer: “È arrivato solo quello italiano? Il cibo degli inglesi non è arrivato, quello di tutti gli altri non è arrivato, ma quello italiano è arrivato? Scusi, me lo deve spiegare”.
Il ministro, goffamente, risponde: “Sì, è arrivato. Questa è la verità”.
Berlinguer lo inchioda con ironia: “Quello italiano è raccomandato? Ci hanno scritto sopra ‘Italia’ e gli israeliani hanno detto: lui può entrare?”.
E Tajani: “Assolutamente sì! Iacchetti è un bugiardo”.
A quel punto Berlinguer lo incalza: “Ministro, lei sa qual è la situazione a Gaza”.
Tajani prova a correggere il tiro: “È una situazione inaccettabile, l’ho sempre detto”.
Berlinguer, senza sconti: “Ok, ma per far capire a Netanyahu che non può permettersi di compiere quello che alcuni considerano genocidio, quali iniziative sta prendendo il nostro Paese per passare dalle parole ai fatti?”.
Tajani prova a buttarla in farsa: “Noi abbiamo già sanzionato i coloni insieme all’Unione Europea. Siamo pronti a riconoscere lo Stato di Palestina, ma a patto che Ham*s vada fuori”.
Berlinguer lo riporta alla realtà: “Ministro, ma lei sa che a Gaza adesso c’è Hamas. Chi ha già riconosciuto lo Stato di Palestina, ossia la maggioranza dei Paesi delle Nazioni Unite. Riconoscere lo Stato di Palestina ha un significato simbolico ma anche politico e va fatto subito. Non si può aspettare, come ha detto Giorgia Meloni, che l’Italia lo farà solo se vengono liberati gli ostaggi e se Hamas se ne va. Perché questo è come dire: lasciamo la situazione così com’è. Non c’è ipocrisia nel fare una dichiarazione così?”.
Tajani, in difficoltà, tira fuori la domanda più allucinante possibile: “Domando: voi siete a favore di Hamas?”
Berlinguer lo stende con il terzo sdeng: “Quindi secondo lei Francia, Gran Bretagna, Canada, Australia e tutti quelli che hanno riconosciuto la Palestina sono a favore di Hamas? Me lo dica: la Francia è a favore di Hamas? La Gran Bretagna lo è? Mi dica”.
Il ministro, in affanno: “Non otterranno alcun risultato”.
E Berlinguer, implacabile: “Ma mi dica: sono a favore di Hamas?”.
“Ci sarà una risoluzione della maggioranza in cui ci diciamo pronti a riconoscere lo Stato palestinese purché se ne vada Hamas”.
Replica secca: “Quindi non riconoscete lo Stato di Palestina, è meglio dirlo chiaramente.”
Tajani balbetta ancora: “Ma anche gli altri Stati hanno detto le stesse cose, cioè che riconoscono la Palestina ma Ham*s se ne deve andare.”
Berlinguer lo corregge: “Ma loro hanno già riconosciuto la Palestina, invece voi state mettendo condizioni che significano non riconoscerla”.
Il ministro cerca un appiglio: “Noi chiediamo ai partiti di opposizione di scegliere un’azione contro Ham*s per liberare gli ostaggi e far andare via Ham*s”.
Berlinguer lo liquida con sarcasmo: “Certo, è una cosa immediata…”.
Poi l’affondo finale.
Berlinguer: “Secondo lei ha ragione chi dice che non ci sono due eserciti che si stanno contrapponendo ma uno solo che sta colpendo la popolazione civile? Non crede sia gravissimo?”.
Tajani prova a resistere: “Certo. Ma Ham*s è presente e combatte a Gaza. Ci sono reparti combattenti. Stanno combattendo”.
Berlinguer non gli dà scampo: “E questo giustifica l’uccisione di cento palestinesi al giorno?”.
Tajani: “Ehm… io… voglio ripetere ed essere molto chiaro. Ham*s deve dire: noi ci ritiriamo perché non vogliamo che muoiano civili. Israele sta compiendo una carneficina, abbiamo condannato con parole durissime, lo abbiamo detto”.
Berlinguer, glaciale: “Lo avete detto, ma non avete fatto niente. Non avete preso alcuna iniziativa. Durante il vertice della Commissione Europea, quando si discuteva di sanzioni, Raffele Fitto nemmeno c’era, se n’è andato”.
Tajani tenta il colpo di coda: “Noi siamo pronti a votare a favore delle sanzioni dei coloni e dei ministri. In più siamo pronti a discutere delle sanzioni economiche a Israele”.
E l’ultima stoccata: “Quindi voterete a favore della sospensione delle agevolazioni fiscali per Israele?”.
Il ministro: “Su questo vogliamo discuterne. Vogliamo evitare ricadute sulla popolazione civile”.
Berlinguer lo inchioda: “Ma scusi, ministro: quando si mettono le sanzioni, che sia a Israele o che sia alla Russia, è chiaro che avranno delle ricadute sulla popolazione civile”.
Fine della partita.
Ecco cosa succede quando un ministro degli Esteri incontra una giornalista.
Che figuraccia epocale.

26 settembre 2025
La salita sul carro della causa di Gaza dopo due anni di massacri da parte di amministrazioni comunali, personaggi dello spettacolo, influencer, sindacati e comuni cittadini, mi provoca disgusto. È inevitabile.
Se questi difensori dei diritti umani si fossero svegliati prima, forse la carneficina a Gaza si sarebbe arrestata, o forse no, ma in ogni caso avrebbe ottenuto l'attenzione internazionale che meritava già due anni fa. Gli israeliani non hanno mai nascosto, sin dall'inizio delle operazioni, qual è il loro scopo: radere sl suolo Gaza e sterminare più palestinesi possibile.
Qualcuno mi risponderà: che ti importa, l'importante è che si siano svegliati. Me importa, eccome. Perché quelli che scendono in piazza per Gaza sono gli stessi che considerano la Russia uno Stato criminale e Zelensky un agnellino e sono gli stessi che considerano i No Vax subumani.
Non vedo un aumento del livello di consapevolezza, ma solo un accodarsi della massa a un buonismo di facciata, pronto a trasmutare di nuovo in cinismo, disinteresse, odio e cattiveria alla prossima crisi mondiale.
28 settembre 2025
"Gaza è uno dei centri urbani più antichi della Terra...Fu menzionata per la prima volta dal faraone Thutmose III nel XV secolo a.C., quando era conosciuta come Ghazzati.
Palestina è anche uno dei toponimi più antichi dell'umanità, e le testimonianze di un popolo che porta questo nome sono antiche quanto l'alfabetizzazione stessa. Sul tempio di Medinet Habu, vicino a Tebe, è inciso in geroglifici il nome del popolo che aveva invaso il nord e che gli egiziani conoscevano come “Peleset”. L'iscrizione risale al tempo del faraone Ramses III e fu scolpita nel 1186 a.C. Le iscrizioni cuneiformi degli Assiri menzionano i “Palashtu” che vivevano sulla costa sud-orientale del Mediterraneo a partire dall'800 a.C. circa. Il Libro della Genesi, al versetto 21:34, dice chiaramente che dopo essere emigrato dalla città di Ur, il patriarca Abramo visse “nella terra dei Filistei”. Erodoto, il padre della storia, descrive la stessa zona come “Siria Palestina” intorno al 480 a.C.
Gaza produceva il vino dolce più celebre del mondo classico, che veniva esportato in tutto il Mediterraneo in caratteristiche “anfore a siluro”, lunghe anfore che sono state ritrovate anche in luoghi lontani come la Francia e la Cornovaglia. Era così richiesto che diversi faraoni egizi ne stabilirono il monopolio.
Gaza è stata per molti secoli un centro di apprendimento e di alta cultura; un tempo era famosa per il suo vino, i suoi piaceri e le sue feste dionisiache; era un luogo di grande ricchezza in quanto capolinea della via dell'incenso arabo; ed è una città dove la gente ha vissuto e amato per molti millenni.
La Palestina era a maggioranza cristiana fino al XII secolo e ancora alla metà del XIX secolo il 15% della popolazione era cristiana. I palestinesi furono i primi cristiani e molti si convertirono dall'ebraismo. Molti di coloro che oggi sono musulmani sono discendenti sia di palestinesi ebrei che cristiani.
Gli Accordi di Sanremo (1920) stabilivano che “non si farà nulla che possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina” - una clausola che la pulizia etnica di 750.000 palestinesi durante la Nakba del 1948 ha completamente ignorato."
William Dalrymple,

30 settembre 2025
Impresa Oggi
Tratto da