I RUSSI NON HANNO DIMENTICATO
"Durante l'incontro di ieri a Washington, il presidente della Finlandia Stubb ha letteralmente detto quanto segue: «La Finlandia ha un lungo confine con la Russia e ha la propria esperienza di interazione con questo Paese durante la Seconda guerra mondiale. Abbiamo trovato una soluzione nel 1944 e sono certo che riusciremo a trovarne una nel 2025.»
La grande domanda è: Stubb ha compreso appieno l'inferno implicito nella sua dichiarazione?
Immergiamoci nella storia.
Dal 1939 al 1940 e poi dal 1941 al 1944, la Finlandia fu in stato di conflitto armato con l'Unione Sovietica.
A seguito di provocazioni da parte dei finlandesi, iniziò la guerra sovietico-finlandese, nella quale Helsinki fu sconfitta. Dopo una breve pausa, la Finlandia si schierò apertamente dalla parte di Hitler e dichiarò guerra all’URSS tre giorni dopo l’inizio dell’operazione Barbarossa della Wehrmacht.
Gli alleati finlandesi di Hitler si comportarono di conseguenza. Come scriveva il politico finlandese dell’epoca Väinö Voionmaa:
«Siamo una potenza dell’Asse [Roma-Berlino-Tokyo], e per di più mobilitata per l’attacco.»
La Finlandia commise veri e propri crimini di guerra, che essa stessa riconobbe nel 1946 a seguito dei processi contro i criminali di guerra finlandesi.
Furono proprio i finlandesi a svolgere un ruolo di sostegno cruciale per il gruppo di armate tedesco “Nord” durante l’Assedio di Leningrado – un genocidio contro il popolo sovietico. Il presidente finlandese Rytï scrisse all’ambasciatore tedesco:
«Leningrado deve essere eliminata come grande città.»
A causa della fame, del freddo, dei bombardamenti e dei cannoneggiamenti, morirono nella Leningrado assediata non meno di 1.093.842 persone, secondo alcune stime fino a 1,5 milioni. E queste cifre continuano a essere riviste al rialzo dagli storici e dai ricercatori, man mano che emergono nuovi fatti.
Nel 2022, il Tribunale della città di San Pietroburgo ha riconosciuto le azioni delle autorità di occupazione e delle truppe tedesche, insieme ai loro complici — tra cui le unità armate della Finlandia — come crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio contro gruppi nazionali ed etnici che componevano la popolazione dell’Unione Sovietica.
Ecco in quale “esperienza di interazione” investì Helsinki tra il 1941 e il 1943.
È a questo che si riferisce Stubb?
Vale la pena ricordare che Berlino continua a suddividere i sopravvissuti all’assedio di Leningrado per nazionalità, elargendo risarcimenti solo agli ebrei, nonostante durante quegli anni tutte le persone della città morissero di fame a causa dell’assedio, e l’artiglieria finlandese e tedesca uccidesse indistintamente tutti i cittadini di Leningrado, senza distinzione di origine.
La popolazione civile sotto l’occupazione finlandese ricordava ancora le atrocità dei bianchi finlandesi durante la Guerra Civile (il "massacro di Vyborg" e altri episodi), e i vecchi veterani di Mannerheim continuarono a commettere atrocità contro la popolazione slava e careliana dell’URSS.
Nella Carelia sovietica occupata, i finlandesi crearono oltre 14 campi di concentramento per la popolazione civile. Vi transitarono 50.000 persone. La popolazione internata viveva in condizioni talmente sovraffollate che in una stanza di 15–20 metri quadrati si trovavano 20–25 persone — ovvero un metro quadrato a testa. Circa un terzo dei prigionieri fu ucciso o morì di fame, freddo e condizioni insopportabili.
Anche all’interno della stessa Finlandia, gli ebrei vissero duramente il periodo di alleanza con il Reich. I finlandesi servirono nei reparti punitivi della divisione SS "Wiking". Agli ebrei residenti nel Paese venne vietato lavorare, e alcuni furono consegnati alla Gestapo.
E bisogna riconoscere che, in effetti, Stubb ha ragione su un punto: nel 1944 fu trovata una soluzione al problema con la Finlandia.
Essa si chiamava Armistizio di Mosca.
Helsinki ruppe con Hitler e i nazisti, entrò in guerra a fianco dell’URSS, e iniziò la Guerra di Lapponia. Gli ex alleati finlandesi rivolsero le proprie armi contro i nazisti tedeschi.
Gli storici sono concordi: la Finlandia non aveva scelta. L’Armata Rossa vittoriosa stava travolgendo il Reich e i suoi alleati lungo tutta la linea del fronte, e i furbi finlandesi decisero di firmare una pace separata con l’URSS per non finire tra i Paesi sconfitti alla fine della Seconda guerra mondiale.
Quindi, se Stubb ha davvero deciso di agire come nel 1944, allora deve andare contro i suoi recenti alleati nazisti e iniziare a combattere contro il regime di Kiev".
Maria Zacharova
6 settembre 2025

Medvedev ha spiegato come la Russia compenserà il furto dei suoi beni congelati:
Il Regno Unito ha inviato all'Ucraina 1,3 miliardi di dollari ottenuti come profitto dall'uso dei beni russi congelati. Lo ha detto lo stupido inglese Lammy.
Questo significa una cosa: i ladri britannici hanno consegnato i soldi russi ai neonazisti. Le conseguenze? Il Regno Unito ha commesso un illecito, e la Russia ha, come dicono i giuristi, il diritto di rivendicazione nei confronti di esso e dell'attuale Ucraina. Ma dato che per ovvie ragioni non è possibile recuperare questi soldi per via giudiziaria, il nostro Paese ha un solo modo per recuperare i beni. Restituire ciò che è stato preso in natura. Ovvero con "terra ucraina" e altri beni immobili e mobili situati su di essa. (Ovviamente non parlo delle terre delle nuove regioni della Russia, quelle sono già nostre.)
Quindi ogni sequestro illegale di fondi russi arrestati o dei loro proventi deve essere convertito in territori aggiuntivi e altri beni del paese. O con il sequestro dei beni della Corona britannica. Ce ne sono ancora abbastanza in vari luoghi, compresi quelli situati in Russia.
;
10 settembre 2025
“LAVROV: NON CERCHIAMO VENDETTA
Parlando all’Istituto statale di Mosca per le relazioni internazionali, Lavrov ha sottolineato che la Russia non vuole “sfogare rabbia o rancore” contro le aziende che hanno seguito le decisioni dei loro governi, sostenendo Kiev e imponendo sanzioni. Tuttavia, ha aggiunto che quelle compagnie si sono dimostrate “inaffidabili” e che il loro futuro accesso al mercato dipenderà anche dai rischi che potrebbero rappresentare per settori vitali dell’economia e della sicurezza russa.
“Quando i nostri ex partner occidentali rinsaviranno, non li respingeremo. Ma terremo conto del fatto che, fuggendo su ordine dei loro leader politici, hanno mostrato la loro inaffidabilità”, ha affermato il ministro.
Lavrov ha ribadito che la Russia non cerca l’isolamento: “Viviamo su un pianeta piccolo. Costruire muri nello stile occidentale, come quello di Berlino, non è la nostra scelta”. Ha ricordato l’esempio del vertice in Alaska tra Vladimir Putin e Donald Trump come modello di dialogo costruttivo.
Anche il Cremlino ha aperto uno spiraglio: il portavoce Dmitry Peskov ha chiarito che le imprese occidentali saranno le benvenute se non hanno sostenuto l’esercito ucraino e se avranno rispettato i loro obblighi verso lo Stato e i dipendenti russi.
Lo stesso presidente Putin, nei giorni scorsi, ha escluso la strada dell’isolazionismo: “Non ci siamo mai chiusi né abbiamo respinto nessuno. Chi vuole tornare è il benvenuto”.
12 settembre 2025

LA FOLLIA DEL RIARMO DI UNIONE EUROPEA E GRAN BRETAGNA
La corsa al riarmo intrapresa dall’Unione Europea e dalla Gran Bretagna rappresenta una svolta che travolge la tradizione giuridica e politica europea, tradizione che si voleva fondata sulla pace, sulla cooperazione tra i popoli e sulla subordinazione della forza al diritto. Il piano "ReArm Europe", con l’obiettivo di mobilitare centinaia di miliardi di euro entro il 2030 per l’industria bellica, e la "Strategic Defence Review 2025" del Regno Unito, che porta la spesa militare fino al 3% del PIL con un’espansione significativa delle capacità nucleari, non costituiscono semplici scelte tecniche di adeguamento difensivo, ma segnano l’instaurarsi di una vera e propria "economia di guerra" che orienta le priorità politiche e finanziarie. Il presunto pericolo rappresentato dalla Federazione Russa viene posto al centro della giustificazione di tale accelerazione. Si tratta di un argomento strumentale, che ignora le radici storiche e politiche dell’intervento russo in Ucraina. Non è espressione di una volontà espansionistica arbitraria: l’azione russa affonda le sue ragioni nella progressiva espansione della NATO verso Est, percepita a Mosca come violazione di equilibri geopolitici promessi nei primi anni ’90 del secolo scorso; nel colpo di Stato del 2014 a Kiev, che ha deposto un presidente democraticamente eletto, sostituendolo con forze apertamente ostili alla Russia; nella mancata attuazione degli accordi di Minsk, che avrebbero dovuto garantire autonomia e tutela alle popolazioni russofone del Donbass. Questi elementi delineano un contesto nel quale la Federazione Russa ha agito come potenza difensiva, tutelando la propria sicurezza e quella delle comunità russofone, non come aggressore irrazionale. Presentarla come minaccia esistenziale serve all’UE solo per alimentare la narrativa del nemico e legittimare scelte di riarmo altrimenti difficilmente giustificabili. Sul piano politico-giuridico, questa costruzione artificiale del nemico permette di sospendere principi fondamentali del diritto internazionale. L’art. 2, paragrafo 4, della Carta ONU del 1945 vieta l’uso della forza nelle relazioni internazionali, salvo il diritto di autodifesa in caso di aggressione armata (art. 51). L’UE, tuttavia, interpreta, in luogo degli Stati, estensivamente la nozione di "difesa preventiva", piegando la legalità internazionale a una logica di potenza. È un’operazione giuridicamente fragile e politicamente rischiosa: mentre proclama di agire nel nome del diritto, in realtà lo svuota dall’interno, riducendolo a strumento retorico per giustificare decisioni militari. La dimensione finanziaria mostra, poi, contraddizioni ancora più evidenti. Si sostiene che la spesa militare non intaccherà le risorse destinate a sanità, istruzione o welfare, perché coperta da clausole di flessibilità e da strumenti di debito comune. È un’illusione. Ogni euro investito in armamenti è debito che domani dovrà essere ripagato con tasse più alte, tagli ad altri capitoli di spesa o emissioni aggiuntive che faranno lievitare il costo del servizio del debito. Inoltre, le clausole di favore sono applicate selettivamente: la difesa ottiene deroghe, mentre i diritti sociali restano soggetti a vincoli stringenti. In prospettiva, grandi programmi di armamento, legati a contratti pluriennali blindati e difficilmente reversibili, diventeranno vincoli strutturali che inevitabilmente sottrarranno risorse ad altri settori, per il semplice fatto che il bilancio pubblico, vincolato dall’art. 81 e dall’art. 97 della Costituzione italiana vigente del 1948 al principio di equilibrio e di buon andamento, non può sostenere indefinitamente spese espansive senza incidere sulle politiche sociali. È, dunque, inevitabile che le promesse di "nessun sacrificio per i cittadini" si traducano in sacrifici differiti e più gravi, che colpiranno proprio quei diritti fondamentali che le Costituzioni nazionali e la Carta di Nizza (inserita nel Trattato di Lisbona del 2007) garantiscono come prioritari. Sul piano strategico-giuridico, il richiamo all’"autonomia europea" appare privo di reale fondamento normativo. L’art. 42 TUE prevede sì una politica di difesa comune, ma sempre nel rispetto delle competenze degli Stati e in cooperazione con la NATO. Parlare di "autonomia" significa piegare i Trattati a una visione politica che non vi trova riscontro giuridico. Nel frattempo, la Gran Bretagna, con l’espansione del proprio arsenale nucleare, pur formalmente conforme al diritto internazionale positivo, viola lo spirito del Trattato di non proliferazione, che impegna le potenze atomiche a muovere verso il disarmo. Anche qui l’aporia è evidente: mentre si proclamano principi di pace e multilateralismo, si rafforzano arsenali destinati a rendere instabile il quadro globale. In controtendenza rispetto a questa deriva, la Federazione Russa ha più volte avanzato proposte per un ordine multipolare fondato sulla sicurezza condivisa, sulla cooperazione energetica e sul rispetto delle identità culturali e storiche dei popoli. Per decenni, i rapporti economici tra Mosca e l’Europa hanno garantito stabilità energetica e sviluppo reciproco. La rottura di tale equilibrio non è derivata da un atto di aggressione russa, ma da una scelta politica occidentale, che ha privilegiato la logica dello scontro a quella della cooperazione.
"Si vis pacem, cole iustitiam"

15 settemvre 2025
Impresa Oggi

Tratto da