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Avere successo con il marketing. Capitolo 6. Elementi base del marketing.

La libertà dell’uno termina dove inizia la libertà degli altri.

Stuart Mill


Questo è il sesto di una serie di articoli tutti mirati a illustrare i vantaggi per l’impresa di un forte orientamento al marketing. Per il capitolo 5 clicca qui. Per il capitolo 7 clicca qui.


marketingconquistare

Quando in un'impresa si affrontano i problemi di marketing strategico e di marketing operativo, oltre a quanto già detto nei precedenti capitoli, non si può fare a meno di valutare altri elementi che sono altrettanto fondamentali, sia nel modello classico, sia in quello relazionale, ai fini dell'elaborazione di qualsiasi progetto di pianificazione e controllo dell'attività di marketing (Eugenio Caruso, Il circolo virtuoso impresa- mercato, Tecniche Nuove, 2004) .

1 Il ciclo di vita del prodotto.

Nel marketing, il concetto di ciclo di vita di un prodotto viene elaborato da Levitt (Levitt, 1965) e si diffonde rapidamente. Esso si articola in quattro fasi: introduzione, sviluppo, maturità, declino. Il ciclo di vita vale anche per un servizio, per una competenza, per una qualsiasi fornitura.

Seguendo Lambin, pur senza rifiutare altri campi di applicazione, si ritiene che il modello di ciclo di vita di un prodotto (Cvp) dia i migliori risultati, attraverso l'analisi del prodotto-mercato e cioè di una fornitura vista come un insieme specifico di caratteristiche, destinato a un determinato gruppo di acquirenti. Uno stesso prodotto può, pertanto, avere un profilo del ciclo di vita diverso, a seconda dei mercati geografici presi in considerazione, o a seconda dei segmenti di uno stesso mercato di riferimento. In quest'ottica il Cvp non riflette soltanto l'evoluzione del prodotto, ma anche quella del mercato cui è destinato. L'una è determinata largamente dalla tecnologia, l'altra dalla domanda globale (Lambin, 2000).
Nel caso del prodotto-mercato è, essenzialmente, la domanda globale ad essere in gioco; i fattori che, maggiormente, determinano la sua evoluzione sono, da una parte, le variabili ambientali non controllabili e dall'altra la pressione di marketing delle imprese. I fattori ambientali non controllabili più importanti sono: l'evoluzione tecnologica e i cambiamenti delle abitudini di consumo o fruizione.

È interessante notare che il ciclo di vita di un prodotto:

  • era regolato dall'impresa quando essa era orientata alla produzione;
  • era diventato di pertinenza del mercato quando la customer satisfaction era il vangelo del sistema produttivo;
  • ora esso viene deciso dal complesso degli stakeholder.

Il ciclo di vita può essere valutato a priori da modelli probabilistici che prendono in considerazione un gran numero di variabili (Penati, 1994), ma non si ritiene, né utile, né interessante, per una PMI, approfondire questi modelli.

In genere è nella fase di maturità del prodotto che si pongono i maggiori interrogativi strategici: decidere cioè se investire nella protezione e nel rafforzamento delle posizioni di mercato oppure se cercare nuove possibilità di sviluppo.

La storia industriale mostra, che, generalmente, le aziende leader sono quelle che incontrano maggiori difficoltà nell'affrontare le transizioni imposte dall'evoluzione del mercato; difficilmente questo accade per i produttori dei grandi beni di consumo come detersivi o prodotti alimentari le cui dimensioni sono oramai tali che difficilmente una sfida tecnologica li trova impreparati.

Spesso la sfida ad un leader viene da aziende che non operano nel settore; la crisi degli orologiai svizzeri fu provocata dalla Timex, che abbatté i costi, ma, fondamentalmente, aggirò la rete di distribuzione convenzionale (gioiellieri e orologiai), vendendo nei drugstore e nei grandi magazzini frequentati da potenziali clienti molto sensibili al prezzo.
La crisi dei produttori di calcolatori da tavolo fu provocata dalla Texas Instruments (inizialmente produttrice solo di dispositivi a stato solido) che, con il lancio dei calcolatori tascabili, provocò l'ecatombe dei concorrenti e, nel giro di cinque anni, divenne leader nel settore.
Quando, per applicazioni militari nel campo dei radar, vennero realizzati i generatori a microonde con frequenze superiori ai mille megahertz, nessuno avrebbe immaginato che da questa tecnologia sarebbero nati i forni a microonde che, a loro volta, avrebbero dato impulso al settore dei cibi precotti e congelati e un contributo decisivo alla diffusione dei fast-food.
L'entrata e l'uscita da un mercato devono essere studiati in funzione del raccordo ottimale tra azienda e mercato. Entrare in un mercato alle sue prime fasi e seguirlo fino alla sua maturità può rivelarsi un errore; la vita del prodotto è limitata, ma il mercato ha doti di longevità che consentono di sfruttare il momento migliore per il matrimoniotra l'offerta dell'azienda e il mercato.

1.1 Fase di introduzione

Nella fase di introduzione il modello del Cvp prevede un'evoluzione delle vendite lenta a causa di quattro elementi.

  • I problemi di messa a punto di una nuova tecnologia non consentono all'impresa di alimentare il mercato ad un ritmo elevato.
  • La distribuzione può mostrarsi restia ad acquisire un prodotto non ancora consolidato sul mercato. Anche nel b2b il buyer industriale  deve acquistare familiarità con un nuovo prodotto.
  • I clienti potenziali possono essere lenti a modificare le loro abitudini di acquisto; solo i pionieri adotteranno il prodotto nella misura in cui sono consapevoli della validità dell'innovazione introdotta.
  • La concorrenza indiretta, cioè quella dei prodotti succedanei, può essere molto forte e rallentare la crescita della domanda verso il nuovo prodotto.

Obiettivo strategico del marketing, in questa fase, è la creazione della domanda attraverso l'informazione e l'"educazione" del mercato.

1.2 Fase di sviluppo

Se il prodotto supera con successo il test dell'introduzione, entra nella fase dello sviluppo, caratterizzata da una rapida crescita delle vendite. Le cause di questa crescita possono essere tre.

  • I primi acquirenti, soddisfatti, ripetono i loro acquisti e influenzano altri acquirenti potenziali.
  • La disponibilità del prodotto gli conferisce una visibilità che ne favorisce la diffusione.
  • L'entrata di qualche concorrente ha l'effetto di aumentare la pressione totale di marketing sulla domanda, in una fase in cui questa è espandibile ed elastica.

Caratteristiche importanti di questa fase sono: la diminuzione dei costi di produzione, grazie all'aumento dei volumi di vendita, e l'effetto "esperienza" che inizia a dare risultati anche sul fronte della competitività di costo.

Gli obiettivi strategici del marketing sono:

Superato il punto di flesso della fase di crescita si entra in una fase di turbolenza. Il tasso di crescita della domanda subisce una decelerazione, pur rimanendo alto, l'ambiente concorrenziale si modifica, notevolmente, e l'impresa deve porsi nuovi obiettivi:

  • Segmentare il mercato in modo creativo.
  • Massimizzare le quote di mercato per i segmenti obiettivo.
  • Posizionare chiaramente l'immagine del prodotto.
  • Comunicare al mercato il posizionamento scelto.

1.3 Fase di maturità

La crescita della domanda continua a rallentare per assestarsi, prevedibilmente, al ritmo di crescita del PIL. Il prodotto è entrato nella fase di maturità. Nelle economie industrializzate la maggior parte dei settori è situata in questa fase, che, normalmente, può essere molto lunga. Le cause di questa stabilizzazione sono tre.

  • Dove arriva la distribuzione, i tassi di assorbimento e penetrazione del prodotto sono a livello di saturazione.
  • La copertura del mercato, tramite la distribuzione, è intensiva e non può essere aumentata.
  • La tecnologia è stabilizzata e sono prevedibili solo modifiche di secondaria importanza.

I compiti del marketing diventano i seguenti:

  • Differenziare i prodotti per qualità, proponendo caratteristiche nuove o migliorative.
  • Esplorare nuove nicchie.
  • Evitare la concorrenza sui prezzi che può condurre all'implosione del settore.
  • Ricercare i vantaggi competitivi di costo e di differenziazione basandosi sulla catena del valore.
  • Adottare le tecniche del marketing relazionale che pone l'accento sulla fidelizzazione del cliente.

1.4 Fase di declino

La fase di declino si traduce in un decremento strutturale della domanda, dovuta, essenzialmente, a tre fattori.

  • Appaiono sul mercato nuovi prodotti con migliori prestazioni che sostituiscono i prodotti preesistenti svolgendo la stessa funzione. È l'impatto del progresso tecnologico.
  • Le preferenze, i gusti, le abitudini di consumo si modificano con il tempo e fanno sì che il prodotto appaia sorpassato.
  • Intervengono cambiamenti nell'ambiente sociale, economico, politico; per esempio vengono modificate le norme in materia di sicurezza, di igiene, di protezione ambientale. Il prodotto diventa obsoleto o, più semplicemente, ne viene vietato l'uso.

In questa fase le  imprese dispongono di una capacità produttiva superiore alla domanda e si scatenano, generalmente, furiose battaglie commerciali basate sulla competitività di prezzo. Si può avere l'implosione del settore; molte imprese disinvestono e si ritirano, altre, se il declino ha la caratteristica della progressività, si specializzano su un mercato residuo, tendente, con il tempo, a scomparire.
È interessante analizzare, ad esempio, il mercato di massa dei supporti musicali; il mercato ha visto il ciclo di vita del vinile, sostituito violentemente dalle cassette magnetiche, queste a loro volta sono state sostituite dal CD e questo è destinato a soccombere ai supporti di ultima generazione. Peraltro il vinile ha avuto una ripresa con un riposizionamento; esso è diventato il supporto musicale dei cultori e dei professionisti che preferiscono il segnale analogico a quello digitale degli altri supporti.

Concludiamo questo paragrafo mettendo in evidenza l'importanza dell'analisi del ciclo di vita ai fini dell'elaborazione di una politica di marketing.
Come si è visto, sia pur brevemente, ogni fase del ciclo di vita di un prodotto richiede un'adeguata operatività di marketing, pertanto, prima di avviare qualunque azione, l'impresa deve analizzare il proprio prodotto con il filtro dell'analisi del Cvp.

2 Il vantaggio competitivo

Per vantaggio competitivo si intende l'insieme delle caratteristiche o attributi detenuti da un prodotto e che gli conferiscono un grado di superiorità in rapporto ai concorrenti più immediati. Tali caratteristiche o attributi possono essere di varia natura e basarsi sul prodotto stesso, sulle funzioni accessorie od opzionali o sulle modalità di produzione, di distribuzione o di vendita.
Questa superiorità, laddove esista, è, dunque, una superiorità relativa al concorrente che occupa la posizione più vicina all'interno del prodotto-mercato o del segmento.
La superiorità relativa al concorrente più immediato può essere il risultato di una serie di fattori, che si possono suddividere in due categorie sulla base dell'origine del vantaggio competitivo a cui portano. Il vantaggio competitivo, infatti, può essere esterno o interno.

2.1 Vantaggio competitivo esterno

Un vantaggio competitivo si definisce esterno quando si basa su alcune qualità distintive del prodotto che costituiscono un valore per l'acquirente in quanto gli riducono i costi di utilizzo e/o aumentano le sue performance.
Il vantaggio competitivo esterno dà, dunque all'impresa un maggior potere di mercato, nel senso che la mette in condizioni di far sì che il mercato accetti un prezzo di vendita superiore a quello del concorrente prioritario che non è in grado di creare un prodotto che dia lo stesso livello di soddisfazione al cliente.
Una strategia basata su un vantaggio competitivo esterno poggia sull'analisi della catena del valore aziendale condotta sul principio della differenziazione.
Questa strategia, mette, principalmente, in causa l'abilità di marketing dell'impresa e la sua capacità di scoprire, più efficacemente, quelle aspettative del cliente che non sono state soddisfatte dai prodotti esistenti.

2.2 Vantaggio competitivo interno

Un vantaggio competitivo è interno quando si basa sulla superiorità dell'impresa nell'analisi della catena del valore aziendale, condotta sul principio della riduzione dei costi; questa superiorità è, quindi, il frutto della capacità organizzativa e tecnologica dell'impresa.
Un vantaggio competitivo interno si traduce in una maggiore produttività e di conseguenza dà all'impresa una redditività maggiore e una maggiore capacità di resistenza ad una riduzione dei prezzi imposti dal mercato o dalla concorrenza, che, trovandosi in difficoltà, attua questo tipo di strategia.
Giova osservare che, se per ridurre i costi di produzione, si sacrifica la qualità, oppure si riduce la differenziazione, la riduzione dei prezzi di vendita imposta dal mercato rischia di eliminare il vantaggio competitivo.

3 L'ambito competitivo

La scacchiera del possibile scontro competitivo può essere divisa in quattro quadranti  (Fiocca, 1994).

  • Si fa lo stesso gioco con vecchie regole su tutta la scacchiera. È il caso in cui sono state ottimizzate le catene del valore relativamente, sia ai costi, che alla differenziazione e i margini di miglioramento sono esigui. In generale, o esiste un'azienda leader nel settore e le altre si accontentano di quote minori di mercato, oppure si è creata una situazione di market sharing tra diversi concorrenti di pari forza.
  • Si fa lo stesso gioco ma circoscritto a una nicchia di mercato. L'azienda si concentra su un segmento di mercato che valorizza la sua capacità di soddisfare una fascia ristretta di acquirenti. L'azienda di nicchia non deve però dormire sogni tranquilli, perché quella leader del settore potrà sempre cercare di scalzarla. La conquista della leadership in piccole nicchie di mercato è una delle armi preferite dalle PMI.
  • Si fa un nuovo gioco circoscritto a una nicchia di mercato. Le guerre veramente decisive si combattono quando cambiano le regole del gioco. Le nuove regole possono essere dovute a sensibili riduzioni dei prezzi, conseguiti grazie all'introduzione di un'importante innovazione tecnologica, oppure a un'accorta revisione della catena del valore dell'impresa secondo il modello della riduzione dei costi e della concomitante differenziazione, a innovative politiche di marketing o a campagne pubblicitarie aggressive. Spesso la strategia di fare un gioco nuovo crea nuove nicchie che nessun concorrente era stato in grado di raggiungere precedentemente.
  • Si fa un nuovo gioco su tutta la scacchiera. Questo quadrante è quello in cui i rischi sono maggiori ma anche le ricompense. Un'azienda che prende questa strada, per riuscire a dominare il mercato, ne riscrive tutte le regole e alla fine lascia i concorrenti senza risorse. Sono fin troppo banali gli esempi della Microsoft di Bill Gates nel campo dell'informatica, dell'Intel nel settore dei microchip, della McDonald's nel campo della ristorazione giovanile, della Culligan nella distribuzione dell'acqua da rubinetto. In generale questo ambito competitivo lo si conquista, o con la creazione di un nuovo prodotto che elimina quelli preesistenti, o con l'offerta di un vecchio prodotto a prezzi molto inferiori a quelli della concorrenza. Quando però la leadership diventa prevaricante e non lascia nicchie di mercato ai concorrenti, questi possono coalizzarsi e scatenare costose battaglie contro il leader. Sempre nel caso della Microsoft, ad esempio, è significativo che numerosissime azioni legali siano pendenti presso antitrust e tribunali americani, contro Bill Gates e la sua politica di accaparramento del mercato del software. Anche contro Intel si stanno coalizzando i competitor con azioni presso l'antitrust usa.

4 La differenziazione

La differenziazione (Fiocca, 1994) è un elemento base del marketing e, come già detto, importante strumento di vantaggio competitivo. Infatti, il successo di un prodotto può essere dovuto alla sua capacità di essere o di apparire diverso rispetto al "prodotto della concorrenza; di conseguenza, uno dei compiti più importanti del marketing deve essere quello di perseguire con creatività e originalità tutte le possibili strade della differenziazione.
La differenziazione può avvenire secondo due criteri, orizzontale o verticale. È verticale quella differenziazione che consente al cliente di apprezzare differenze oggettive e misurabili. È orizzontale quella apprezzabile solo con criteri soggettivi (la percezione che quel prodotto sia diverso dagli altri).
                                     
È doveroso sottolineare che la differenziazione esiste solo se la riconosce il mercato; ad esempio, nel settore dei prodotti tecnologici, un'azienda può realizzare un prodotto particolarmente innovativo, che si differenzia da quelli della concorrenza, ma se il potenziale acquirente non riesce a vedere le differenze, per lui non esistono, e se non esistono per l'acquirente non esistono per il mercato.
 
A volte la differenziazione se cattura un mercato ne «disgusta un altro» (Davidow, 1986); ad esempio Steve Jobs, una personalità nel business del personal computer, creò un rapporto speciale con i giovani, con il mondo della grafica e con quello dell'arte, diventando una sorta di «eroe contro un mondo dominato dagli uomini in grigio». Ebbene gli "uomini in grigio" tennero lontano il marchio Apple dal mondo delle imprese.

5 La segmentazione del mercato e il posizionamento.

Nello sviluppo del processo di marketing esistono due snodi fondamentali che sono rappresentati dalla segmentazione e dal posizionamento (Fiocca, 1994).

Con la segmentazione, infatti, l'impresa individua il proprio mercato obiettivo; con il posizionamento essa definisce la posizione che la propria offerta dovrà assumere rispetto alla domanda e rispetto alle caratteristiche dell'offerta della concorrenza, su quel mercato obiettivo.

Alla base della segmentazione, concetto proposto originariamente da W. Smith (Smith, 1956), sta il riconoscimento che "non esiste un mercato, ma una somma di segmenti di mercato, ciascuno caratterizzato da un insieme di clienti tra loro omogenei"; si intende, infatti, per segmento di mercato "un gruppo di clienti che condividono, desideri, bisogni e modalità di acquisto". La domanda è, per definizione, eterogenea, perché eterogenei sono i bisogni della clientela.
 
Un'interessante definizione di posizionamento l'ha data Regis McKenna «Posizionamento è la localizzazione psicologica nella mente del consumatore, relativamente alla qualità di un prodotto o di un servizio, al confronto con la competizione»; il posizionamento sarebbe, in pratica, stabilito dalla percezione che ne ha il cliente.

La prima fase di un'analisi strategica di marketing consiste, pertanto, nell'identificare il mercato in cui l'impresa intende competere e di definire una strategia di posizionamento. Questa scelta del mercato di riferimento implica la preliminare scomposizione del mercato in sottoinsiemi, omogenei in termini di bisogni dei clienti e di motivazioni d'acquisto. Ognuno di questi sottoinsiemi è in grado di costituire un mercato potenziale a sé stante.
L'impresa, pertanto, può scegliere di rivolgersi al mercato nel suo complesso o di concentrarsi su uno o più segmenti del mercato di riferimento.
La scomposizione si realizza, generalmente, in due tappe; la prima, detta macro-segmentazione, consiste nell'identificazione di prodotti-mercato, la seconda, detta micro-segmentazione, identifica i segmenti all'interno di ciascun prodotto-mercato preso in esame. Sulla base di tale scomposizione l'impresa potrà valutare la maggiore o minore attrattività dei diversi prodotti-mercato e segmenti, misurare la propria competitività e definire un proprio posizionamento.

L'impresa sarà in grado di soddisfare l'eterogeneità della domanda solo se il marketing saprà dare le indicazioni necessarie per combinare, in modo opportuno, l'eterogeneità della domanda con la relativa rigidità della produzione, effettuando una segmentazione del mercato per clienti sufficientemente omogenei.
La segmentazione, effettuata tenendo conto della eterogeneità della domanda, dovrà, inoltre, essere caratterizzata da una precisa delimitazione tra un segmento e l'altro, dalla sicura raggiungibilità del segmento da parte dell'offerta e dalla convenienza per l'impresa; infatti, vi dovrà essere una convenienza economica nell'approntare una politica di differenziazione verso ogni segmento.  Ad ogni segmento, dovrà essere indirizzato, infatti, uno specifico e originale marketing mix, con i relativi necessari investimenti.
Non esiste, peraltro, un unico modo per segmentare il mercato (Fiocca, 1994); ciascuna azienda dovrà utilizzare le variabili in modo diverso, funzionalmente alla propria identità.
Nel caso dei beni di consumo, le principali variabili per la segmentazione sono:

  • la segmentazione geografica;
  • la segmentazione demografica;
  • l'età del consumatore;
  • il sesso;
  • la segmentazione relativa agli aspetti sensoriali;
  • il reddito;
  • la segmentazione psicografica (classe sociale, stile di vita, personalità);
  • la segmentazione in base al comportamento: le occasioni, i vantaggi desiderati, lo status del consumatore (consumatore, ex-consumatore, potenziale consumatore), la frequenza dell'utilizzo del prodotto, la fedeltà al prodotto o all'azienda, il grado di informazione, l'atteggiamento nei confronti del prodotto.

Nel caso di prodotti e servizi per l'industria, la segmentazione può essere effettuata utilizzando molte delle stesse variabili. Le aziende possono essere segmentate in base a criteri geografici, ai vantaggi che si vogliono ottenere, alla frequenza dell'utilizzo, alla fedeltà, al grado di conoscenza che l'azienda ha del prodotto, oltre che, naturalmente, al settore merceologico di appartenenza e al suo giro d'affari.
 
Scegliendo come obiettivo il segmento, piuttosto che l'intero mercato, il fornitore del settore industriale ha maggiori possibilità di personalizzare l'offerta e di offrire valore all'acquirente, stabilendo con lui un legame e una barriera all'ingresso di un potenziale concorrente; questa è anche la strada che conduce alla partnership e successivamente al modello di impresa a rete.

La vera opportunità nel condurre una segmentazione del mercato sta nell'identificare le caratteristiche dominanti in una popolazione di acquirenti, selezionarle per segmenti di popolazione e quindi nel creare un prodotto che soddisfi i bisogni che nascono dalle caratteristiche dominanti di ciascun segmento.

Per concludere questo aspetto del marketing occorre notare che si possono effettuare infinite segmentazioni del mercato, ma occorre tenere conto che, per costituire un valore reale, i segmenti del mercato devono essere contraddistinti dalle seguenti caratteristiche.

  • Identificabilità: la segmentazione deve condurre ad un segmento definito in tutte le sue componenti.
  • Misurabilità: è necessario poter avere gli elementi per misurare il volume e la forza d'acquisto del segmento.
  • Reattività: indica la facilità con la quale il segmento reagisce agli stimoli promozionali.
  • Omogeneità: le risposte del segmento sono omogenee e coerenti.
  • Accessibilità: indica la facilità con cui è possibile raggiungere e servire quel segmento.
  • Convenienza in termini di utile atteso.
  • Fattibilità: normalmente ogni segmento ha una barriera d'entrata. Il costo necessario per superare la barriera va quantificato correttamente in modo da valutare la convenienza dell'investimento rispetto al volume di vendite atteso.

Una volta acquisita la leadership, un segmento è generalmente poco costoso da difendere e poco attrattivo per un attacco da parte di un competitor; specialmente se l'azienda leader focalizza tutto il suo business su quel segmento e riesce a far coincidere la propria immagine con quella del segmento.


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