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Conclusioni del vertice finanziario del G7

I Paesi del G7 utilizzeranno tutti gli strumenti per sostenere la crescita e l'occupazione. È quanto affermano i ministri dell'economia e delle finanze dei Sette Grandi nel documento finale del vertice che si è svolto a Roma in cui si ribadisce anche l'impegno ad evitare il protezionismo. I Sette Grandi contrasteranno il «grave» rallentamento economico che persisterà per buona parte del 2009. La stabilizzazione dei mercati e dell'economia è la «priorità più alta» dei Sette Grandi e nel documento finale del vertice si evidenzia anche la necessità di evitare l'«eccessiva volatilità» delle valute.
Le sette maggiori economie avanzate ribadiscono la loro determinazione a «ristabilire la piena fiducia» nel sistema finanziario. Questo considerando anche che «il grave deterioramento dell’economia globale ha già implicato significative perdite di posti di lavoro, e ci si attende che persista per la maggior parte del 2009». I Paesi del G7 riaffermano poi la loro determinazione a «evitare misure protezionistiche e a non erigere nuove barriere che non farebbero altro che esacerbare la fase negativa». I ministri finanziari hanno incaricato i loro rispettivi numeri due di redigere entro i prossimi quattro mesi un "legal standard", vale a dire un rapporto su un insieme di regole universalmente condivise su proprietà, integrità e trasparenza nell’attività economica e finanziaria internazionale. Ma il G7 mette anche in rilievo che misure di risposta «pronte e vigorose» sono state già messe in piedi, e che operando assieme «le azioni dei singoli ne risulteranno rafforzate».


«Il lavoro impostato dal G7 - ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti - parte dall'assunzione che in questa situazione c'è in giro per il mondo un deficit di fiducia e che tra le principali cause della crisi c'è soprattutto un deficit di regole. Credo - ha chiarito Tremonti - che il punto fondamentale sia l'impegno fortissimo su nuove regole per un nuovo ordine economico coerente con la struttura del capitalismo e del mercato globale». Il protezionismo «credo sia oggettivamente un pericolo» ha sottolineato il ministro dell'Economia «anche per gli effetti di progressiva aggressività che il fenomeno comporta. Non credo - ha osservato - che le formule finora utilizzate siano per ora pericolose». In particolare rispetto alla formula Usa del "Buy American" (confermata dal segretario al Tesoro americano Timothy Geithner) Tremonti ha precisato che «si tratta di uno slogan più che di un disegno politico» poiché c'è comunque «la volontà e l'affermazione degli impegni all'interno della Wto che è garanzia sufficiente per escludere effetti protezionistici».


Al G7 «ho riferito sul lavoro che il Financial Stability Forum ha fatto e presenterà al G20. Le regole sono riassumibili in tre punti: più capitali, più riserve e standard più rigorosi per i vigilanti» ha detto il governatore della Banca d'Italia e presidente del Financial Stability Forum, Mario Draghi, durante la conferenza stampa della presidenza italiana del G7. Da Draghi è arrivato anche un monito alle banche sulla trasparenza: «Tutti gli istituti devono tirare fuori tutti gli asset tossici dai loro bilanci». «La cosa più importante - ha sottolineato il numero uno di Bankitalia - è che si faccia luce esattamente sulla qualità dei bilanci bancari». «La velocità di peggioramento» della crisi economia, ha aggiunto Draghi, «sta diminuendo» ma partiamo da una situazione talmente negativa, ha sottolineato, che «è difficile capovolgerla in corso d'anno».


Impresa Oggi
Le ipocrisie del vertice. L’immagine che i sette ministri finanziari hanno dato al mondo è stata più che deludente (tralasciando la presenza al meeting finale del ministro giapponese completamente ubbriaco). Infatti la parola d’ordine è stata “lotta al protezionismo in quanto un sistema aperto del commercio e degli investimenti è indispensabile per la prosperità globale”. Nella relazione finale il G7 ha confermato tre urgenze: evitare misure protezionistiche che avrebbero solo l'effetto di esacerbare la recessione, contrastare la crescita di nuove barriere e lavorare per una conclusione rapida e ambiziosa dei negoziati del Doha Round (1).  D’altra parte sono sotto gli occhi di tutti le misure protezionistiche che i singoli governi stanno adottando, come la clausola "buy american" introdotta nel piano di stimolo all'economia che il congresso ha mantenuto e ha rafforzato con "hire american" (assumere gli americani) o i maxiaiuti forniti al settore dell'auto dal governo di Parigi a condizione che le imprese acquistini solo componentistica realizzata da aziende francesi. Purtroppo i vari governanti hanno la memoria corta; la Grande Depressione fu scatenata sì dal crac di Wall Street ma anche dalle successive guerre protezionistiche che misero in ginocchio gli scambi mondiali. Alcuni pensano che i problemi si possano risolvere con un "we can", altri con politiche nazional populistiche, ma forse giova osservare che è il momento di citare le crude parole di Chuchill durante la seconda guerra mondiale "Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore".

(1) L'obiettivo corrente dei negoziati del Wto è la conclusione, con un accordo unico (comprendente tutte le materie oggetto di trattativa), del cosiddetto Doha Round, l'attuale ciclo negoziale, detto anche "Round dello Sviluppo", perchè appunto basato sulla Doha development agenda, la dichiarazione elaborata nella ministeriale di Doha nel novembre 2001.
Nel testo della dichiarazione di Doha può leggersi l'impegno dei Paesi membri a "miglioramenti sostanziali nell'accesso al mercato; riduzione, in vista di una progressiva eliminazione, di ogni forma di sostegno alle esportazioni; sostanziali riduzioni negli aiuti nazionali che creano distorsioni al commercio".

Eugenio Caruso

17/02/2009

Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda a
E. Caruso, L'estinzione dei dinosauri di stato.

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