Da quando mi sono trasferito in  Brianza, da Milano, sono solito recarmi a Bergamo il sabato pomeriggio, per fare shopping e  per godermi la piacevolezza di una bella e tranquilla città. 
  Da dove vivo, per andare a Bergamo si deve  attraversare un ponte in ferro detto di Paderno d’Adda, lungo 266 metri e costruito tra  il 1887 e il 1889 dalle Officine Savignano di Cuneo. Il ponte è a senso unico  alternato regolato da semafori; sia all’andata che al ritorno, il sabato, i  tempi di attesa ai semafori sono tra i 10 e i 15 minuti.
  La settimana scorsa mi è capitato di andare a  Bergamo per lavoro, in un giorno feriale, e, al ritorno, verso le 18, ho avuto una spiacevolissima sorpresa;  la coda per arrivare al ponte era lunga diversi chilometri e il tempo di attesa  per arrivare all’agognato attraversamento fu di circa un’ora. Raccolte le  opportune informazioni mi spiegano che molti  lavorano in Brianza e  abitano nella campagna bergamasca, dove le case sono molto meno care. Per farla  in breve  al mattino tra le 6 e le 8 e  il pomeriggio tra le 17 e le 19 per percorrere i 266 metri del ponte  occorrono 1,5 ore nella direzione di flusso dei pendolari e 1 ora nella  direzione opposta, quella in cui mi ero trovato inopinatamente io stesso.
  Allora ho incominciato a fare alcuni ragionamenti.
  Per poter essere a Milano per un appuntamento  fissato alle 9 e percorrere un trentina di chilometri, mai partire dopo le  sette, altrimenti si arriva alle 10. Noi super esperti della tangenziale Est  sappiamo che pochi minuti fanno la differenza di un’ora. Al ritorno tra le 18 e  le 20 si può restare in coda anche per due ore; l’alternativa sono le strade  provinciali dove si procede comunque  a  passo d’uomo, si fa il doppio di tragitto e si inquinano le cittadine che si attraversano.   Della tangenziale Ovest è meglio non  parlare, anche in questo caso mi è capitato di restare bloccato per ore. Il  massimo dell’esasperazione, però, si può raggiungere sul tratto urbano della A4 sul  quale il più piccolo incidente segnalato sulla Milano Torino o sulla Milano  Bergamo vi si ripercuote con effetti disastrosi. Il notiziario "Le strade in diretta” può  annunciare traffico bloccato da Certosa a Cavenago; gli ignari palermitani, a  esempio, non sanno che si tratta di qualcosa come 50 chilometri. Ogni  percorso sulle strade provinciali da e per Milano sono un  interrotto serpente di autoveicoli. E questo  parlando solo di Milano.
  D’altra parte sembra che il caso più urgente e  vergognoso della viabilità italiana sia dovuto alla mancanza del ponte sullo  stretto.
  Io ho avuto l’occasione di passare dalla Calabria alla Sicilia molte volte nel corso di giornate lavorative e  scegliendo, in base all’orario, tra le compagnie private e le Ferrovie dello  stato non mi è mai capitato di dover attendere, per l’imbarco,  più mezz’ora; il tempo dell’attraversamento  varia in base al mezzo: traghetto, aliscafo, nave veloce e può essere di soli  20 minuti. Qual è il problema?
 Esso  esiste ed è grave: nei 15 giorni a cavallo di ferragosto  sembra che l’unica notizia di rilievo del panorama  italiano siano le tre/quattro ore di attesa per l’imbarco a Reggio o a Messina  dei poveri siciliani che tornano a casa per le ferie.  Quello che per i lombardi, per parlare della sola  Lombardia che conosco meglio, è la prassi per 200 giorni all’anno, due volte al  giorno, diventa un dramma per il turista che deve sobbarcarsi questo  inconveniente per due giorni all’anno  (andata  e ritorno). Ma, “Questo ponte s’ha da fare” afferma Giuseppe Cruciani nel suo  ultimo libro ed essendosi nominato paladino di questa impresa accusa, nel suo  programma radiofonico “La zanzara”, del peccato di “benaltrismo” chi si azzarda  ad affermare che in Italia vi sono investimenti prioritari, ben più importanti. A proposito di "benaltrismo". giova ossrvare che il giornalista durante il suo programma radiofonico, posto davanti ad osservazioni o domande sgradite, suole affermare, come dei tic verbali "Questo è un altro problema", oppure "Non è questo il punto", oppure "Questo, che c'entra?'". 
  Io, modestamente, chiedo: qual è il costo  sociale ed etico di quei milioni di italiani che sono costretti a passare nelle  loro vetture 3-4 ore della propria giornata per la mancanza di un sistema  viabilistico e di trasporti pubblici all’altezza di un paese industrializzato?  E qual è il costo imprenditoriale di quelle merci bloccate nei tir, a loro volta bloccati su qualche tangenziale? Valgono sempre le parole di quell'amico imprenditore: “L’efficienza del mio  sistema impresa termina ai cancelli della fabbrica”.Ma,  "Questo è un altro problema".
Già duemila anni fa un ponte costruito nel Sud rappresentò il simbolo dello spreco. Caligola, intendendo smentire la profezia che l'astrologo Trasillo aveva fatto a Tiberio : "Caligola ha tante probabilità di regnare quante di attraversare a cavallo il golfo di Baia", costruì un ponte di navi fortemente ancorate che egli gettò sul mare tra Baia e Pozzuoli. Se però l'idea di un ponte di navi non era originale, non aveva uguali la grande strada che egli vi fece dostruire sopra. Ai lati di questa strada sorgevano botteghe e locande per i viaggiatori. Lui stesso passò più volte su quella strada a piedi, sulla biga o sul suo cavallo Incitatus, volendo sbeffeggiare la profezia di Trasillo. Giova ricordare che per costruire il suo ponte Caligola requisì molte navi che servivano per il trasporto del grano privando così per lungo tempo i romani dei necessari rifornimenti. Ma forse questo è un altro problema. 
 
  9 ottobre  2009
Eugenio Caruso
