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3. Arte e scienza della comunicazione d'impresa. Introduzione, parte seconda.


La fantasia è più importante del sapere.
Einstein


 

L'abilità nella comunicazione d'impresa

Come è noto l'impresa moderna è "il tessuto delle sue relazioni"; pertanto, riuscire a costruire relazioni "produttive" all'interno del sistema degli stakeholder è un suo compito primario.
Il successo nella costruzione del tessuto delle relazioni  aziendali presuppone la capacità di comunicare adattandosi ai diversi interlocutori, con le loro diverse personalità, manie, comportamenti. Infatti, spesso, le difficoltà che si incontrano nel realizzare una corretta comunicazione interpersonale sono da attribuirsi alle diversità specifiche degli interlocutori che non consentono di attivare efficaci interfacce.

Da qualche anno è adottato nel campo della comunicazione il modello degli stili sociali (Sproccati, 1997 - Schuler, 1998) che si pone, appunto, i seguenti obiettivi:

  • Riconoscere le differenze di comportamento tra le persone.
  • Migliorare la comunicazione attraverso l'interpretazione    dei comportamenti.
  • Identificare e gestire le tensioni che potrebbero manifestarsi durante una relazione.
  • Utilizzare la migliore strategia per rendere produttivo il rapporto.

    Il modello degli stili sociali si basa sul seguente principale presupposto:

I comportamenti più significativi che vengono recepiti sono riconducibili alle dimensioni dell'assertività (controllo sugli altri) e dell'espressività (controllo di sé). Il modello degli stili sociali è stato illustrato con maggior dettaglio nel volume Apologia del venditore pubblicato in questa stessa collana (Caruso, 2004 ter).

L'assertività è quella tendenza, percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona tende a influenzare e controllare i pensieri e le azioni dell'altro. La tab. 1.1 mostra i vari livelli dell'assertività.

L'espressività è quella tendenza, percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona controlla o manifesta le proprie emozioni nel relazionarsi con gli altri. La tab. 1.2 mostra i vari livelli dell'espressività

Tab. 1.1  I vari livelli dell'asssertività - controllo sugli altri

A

B

C

D

AFFERMARE

DOMANDARE

Comportamenti percepiti
dall'altro

Comportamenti percepiti
dall'altro

Indica, dirige, impone

Offre suggerimenti

È competitivo e protagonista

Collabora

Agisce e pensa con rapidità

Agisce e pensa con pacatezza

Vede e si assume i rischi

Minimizza i rischi

Prende l'iniziativa

Asseconda

Fa delle affermazioni

Fa delle domande

Tab. 1.2  I vari livelli dell'espressività - controllo su di se

1

2

3

4

CONTROLLARE LE EMOZIONI

ESTERNARE LE EMOZIONI

Comportamenti percepiti
dall'altro

Comportamenti percepiti
dall'altro

Freddo

Caloroso

Orientato al problema

Orientato al rapporto

Si basa sui fatti

Si basa sulle intuizioni

Controllato

Spontaneo

Compassato

Amichevole

Non esterna le proprie emozioni

Esprime le proprie emozioni

La tab. 1.3 mostra la matrice degli stili sociali: gli individui vengono classificati in quattro principali categorie in funzione dei livelli di assertività ed espressività.

Gli analytical sono orientati al processo e quindi alle relazioni interpersonali; essendo interrogativi e controllati tendono a fare poco uso del potere personale e dell'espressività emotiva.

I driver sono più orientati al risultato che ai processi e alle relazioni; esercitano il proprio potere personale e controllano le emozioni.

Tab. 1.3  Matrice degli stili sociali

 

ANALYTICAL (D, C, 1, 2)

  • Controlla le emozioni
  • Domanda

 

DRIVER (1, 2, A, B)

  • Controlla le emozioni
  • Afferma

 

AMIABLE (D, C, 4, 3)

  • Esterna le emozioni
  • Domanda

 

EXPRESSIVE (A, B, 4, 3)

  • Afferma
  • Esterna le emozioni

Gli expressive sono abbastanza orientati alle relazioni interpersonali; grazie all'elevato livello d'assertività e d'espressività manifestano liberamente le proprie emozioni e fanno uso del proprio potere personale.

Gli amiable sono orientati alle azioni di sostegno, mirate alla creazione dei rapporti e alla creazione di empatia; tengono a freno il potere personale ed esprimono liberamente sentimenti ed emozioni.

La teoria che trae origine da queste premesse afferma che ciascuno di noi ha una propria "zona di comfort", definita da una particolare combinazione dei livelli di assertività e di espressività. Quando ci muoviamo nella nostra zona di comfort ci sembra di risultare più efficienti, ma non sempre il risultato è produttivo.
Il nostro interlocutore potrebbe sentirsi, infatti, più a suo agio se abbandonassimo la nostra "zona di comfort". Questo cambiamento di stato non è facile da adottare, specie se gli interlocutori sono all'oscuro dei comportamenti percepiti uno dall'altro, ma è indispensabile se si vogliono creare le condizioni indispensabili per costruire un buon rapporto.
All'autore, ad esempio, capita, di trovarsi a proprio agio nel ruolo di driver. Con l'esperienza di numerose riunioni di lavoro e meeting, si può capire, con una certa facilità, se l'interlocutore si trova a proprio agio; a volte la risposta è negativa e, spesso, la soluzione sta nel rivolgere all'interlocutore una domanda e consentirgli di  parlare liberamente. Ciò permette di capire qual è la sua zona di comfort ideale.
Un altro elemento da prendere in considerazione, durante lo sviluppo del rapporto, concerne la "tensione" che si crea tra gli interlocutori quando le rispettive "zone di comfort" non sono gradite dall'altro.
La tensione è un parametro molto importante, perché spesso arricchisce e stimola lo scambio di opinioni, purché non sia eccessiva e diventi di ostacolo al rapporto. Quando si supera "il limite di guardia", ciascun interlocutore cerca gli strumenti per scaricare la tensione e, in generale, i comportamenti di sfogo riflettono le modalità adottate nell'infanzia e perciò sono detti regressivi.
I comportamenti regressivi dipendono dagli stili sociali di ciascuno.
Gli analytical diventano elusivi ovvero evitano il conflitto, rimandano e temporeggiano per non dover affrontare il problema.
I driver tendono a diventare autoritari ovvero ad imporsi sugli altri con la logica accentuando il controllo delle proprie emozioni.
Gli amiable tendono ad essere remissivi ovvero non mostrano apertamente il proprio disaccordo ma ostentano atteggiamenti vittimistici.
Gli expressive diventano aggressivi, attaccano l'altro, anche sul piano personale nel tentativo di colpevolizzarlo e trasformano i propri sentimenti in arma.

La diversità di stili sociali nei rapporti interpersonali può sfociare quindi in un conflitto che sarà tanto più aspro quanto più alto sarà il livello di assertività affermativa degli interlocutori.
È necessario che individui in posizioni conflittuali e ai quali stia a cuore la soluzione del problema oggetto del conflitto imparino a gestire il rapporto interpersonale ricorrendo a due strumenti.

  • Il compromesso, per mezzo del quale le controparti rinunciano a parte dei propri obiettivi. Non si tratta di rinunciare ad obiettivi di carattere tecnico (la vendita o l'acquisto di un impianto, ad esempio), ma ad obiettivi di  assertività ed espressività che risultano fastidiosi all'altro.
  • La collaborazione, con la quale si cercano soluzioni comportamentali che consentano di comprendere gli obiettivi di entrambe le parti in causa.

Un'importante dimensione del modello degli stili sociali è, infatti, la versatilità, cioè la capacità di un individuo di adattare il proprio comportamento alle esigenze altrui; qualità grazie alla quale lo stile sociale di una persona può diventare più efficace.

L'utilizzo della versatilità migliora le comunicazioni sul lavoro, aiuta a lavorare in team, valorizza le diversità, favorisce l'elaborazione di soluzioni più valide e, in ultima analisi, assicura risultati più produttivi.

L'abilità nel modello degli stili sociali consiste quindi:

  • nel modificare la propria zona di comfort e nell'operare perché lo faccia anche il nostro interlocutore in modo che attraverso compromesso e collaborazione si attivi una relazione efficace;
  • nel migliorare la propria versatilità, operazione sulla quale si può lavorare più facilmente e che consente maggiori soddisfazioni in termini comportamentali.

Non va trascurato che se una persona vuole rifuggire dagli stati regressivi dovrebbe, in prima analisi, avere una  buona consapevolezza di come essa è vista dagli altri.
Questo è un punto assolutamente oscuro, sia alla psicologia, sia alla sociologia.
Pertanto, la nostra osservazione deve essere diretta ad una profonda osservazione del comportamento degli altri e all'analisi di come questi comportamenti sono interpretati da noi stessi e da terzi: successivamente, possiamo analizzare i nostri comportamenti ed ottenere una prima valutazione sommaria su come gli altri potrebbero vedere noi stessi.

I Media

Un testo  sulla Comunicazione d'impresa non può fare a meno di affrontare da un punto di vista gnoseologico il discorso sui media e, in particolare, non può fare a meno di commentare le teorie di Marshall McLuhan (McLuhan, 1967).
Secondo il grande sociologo canadese il medium è un'estensione dell'uomo. Nell'era della meccanica l'uomo aveva già operato un'estensione del proprio corpo in senso spaziale; nell'era dell'elettricità e della trasmissione elettromagnetica l'uomo ha esteso il proprio sistema nervoso centrale sino ad incorporare tutta l'umanità del pianeta, abolendo i precedenti concetti deterministici di spazio e di tempo.
 Quest'estensione del sistema nervoso dell'uomo ha, improvvisamente, contratto il pianeta per effetto di una sorta di implosione, trasformando il mondo in un villaggio, che può essere influenzato dall'estensione di ciascuno. Inoltre, sostiene McLuhan, con l'era dell'elettricità si è avuta anche un'estensione tecnologica dei sensi: con il telefono si ha un'estensione dell'orecchio e della voce, con il cinema e la televisione un'estensione dell'intero sistema sensorio. Pertanto tutto il sistema della Comunicazione è stato completamente rivoluzionato.
Sostiene, conseguentemente, McLuhan, "il medium è il messaggio" che, in altre parole, significa che le conseguenze individuali e sociali di ogni medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, derivano dalla forza innovativa introdotta da tali estensioni o da ogni nuova tecnologia che migliora, potenzia o crea un nuovo medium e non dai contenuti trasmessi dal medium. Il messaggio di un medium è nel mutamento di proporzioni, di ritmo, di abitudini o di schemi che introduce nei rapporti umani.
Secondo McLuhan sintomo della incapacità di afferrare la vera essenza del medium è l'errata convinzione comune e frequente che asserisce "In se stessi i prodotti della scienza non sono né buoni, né cattivi: è il modo in cui vengono usati che ne determina il valore". La storia dello sviluppo della scienza e della tecnologia sembra contraddire questo preconcetto.
L'alfabeto fonetico e il papiro, indipendentemente da come essi vengono usati, segnano la fine della burocrazia del tempio e del monopolio della conoscenza e del potere da parte dei sacerdoti. La semplicità dell'alfabeto e la leggerezza e la facile trasportabilità del papiro si associano per facilitare l'apprendimento, per velocizzare il trasferimento delle informazioni e delle notizie e, infine, come già detto, per consentire il trasferimento di potere dalla classe sacerdotale a quella militare.
Per vincere lo scontro con la casta sacerdotale Tolomeo II creò la grande biblioteca di Alessandria, facendone il centro del potere imperiale; l'enorme gruppo di impiegati e di scribi rappresentava una forza che operava a favore dell'organizzazione politica dell'impero e che era completamente antitetica alla classe sacerdotale.
Con lo sviluppo della stampa è, ancora, il medium, indipendentemente dai contenuti, che trasforma una società feudale e chiusa nella società aperta della borghesia e degli intellettuali, e che esalta l'individualismo e il nazionalismo. La stampa libera, infatti, enormi energie psichiche e sociali staccando l'individuo dal gruppo tradizionale e tribale e fornendo, nel contempo, un modello di aggregazione basata sull'omogeneità linguistica.
La stampa origina l'industrializzazione, la produzione di massa, l'alfabetizzazione, l'istruzione universitaria. La stampa modifica sia i procedimenti dell'istruzione sia quelli del mercato; il libro diventa la prima macchina dell'insegnamento e anche la prima merce prodotta in serie ad un prezzo costante.
La stampa a caratteri mobili è la prima forma di meccanizzazione di un lavoro manuale e, offrendo l'immagine della precisione ripetibile, diventa l'archetipo di tutte le meccanizzazioni successive; essa porta anche il messaggio della parcellizzazione e della specializzazione dei processi lavorativi.
Con la stampa e con l'avvio della meccanizzazione viene superato il concetto della superiorità dell'aristocratico otium, anche se inteso nel senso romano di tempo dedicato alla lettura, alle arti, alla cultura e all'attività fisica sul negotium. Il lavoro diventa il blasone della ricca borghesia e la capacità di creare valore dal proprio lavoro inizia a diventare l'idea fondante della società.
Un aspetto interessante associato all'introduzione della stampa (che avvalora la tesi che il medium è il messaggio), è che essa fu considerata, per lungo tempo, una sorta di magazzino delle informazioni, piuttosto che un metodo per il rapido sviluppo di nuova conoscenza. Fino al 1700 più del 50% dei libri stampati saranno opere dell'antichità e del medioevo.

Ad esempio, giova osservare che lo strumento della tortura fu applicato fino alla fine del settecento perché i libri sui delitti e sulle pene che circolavano in ambito ecclesiastico e giuridico erano stampe di secoli precedenti. Tra i giuristi che si occupavano di processi grande importanza avevano, principalmente, il Tractatus de tormentis della seconda metà del XIII secolo, e poi, il Tractatus de maleficiis, del 1299, il Practica criminalis del 1451, il Praxis torquendi reos del 1654 , tutti testi che prevedevano quando e come applicare la tortura per estorcere le confessioni. Fino al XVIII secolo, in tutta la giurisprudenza europea regnano tecniche (in primis il processo inquisitorio), nate nel duecento, come se, in tale ambito, un incantesimo avesse sospeso il tempo. Dal duecento al settecento, in Europa, cambia tutto meno che la macchina giudiziaria. Cesare Beccaria nel Dei delitti e delle pene osserva «Farraginosi volumi di privati ed oscuri interpreti formano quella tradizione di opinioni che da una gran parte dell'Europa ha tuttavia il nome di leggi». L'inquisizione è connotata, in Europa, dal pessimismo teologale: essendo l'uomo peccatore, in qualunque punto si affondino le sonde affiora il male. Tale assioma sviluppa una serie di teoremi:

  • colpevole o innocente l'imputato sa qualcosa, - pertanto, quanto sa è sufficiente per prendere qualunque decisione, - ma è improbabile che l'imputato confessi liberamente, - allora va stimolato perché la verità venga a galla, - vanno provate, in prima istanza, le "tecniche dolci", diremmo oggi il metodo psicologico, - se queste non funzionano si applica la tortura, "che inietta impulsi irresistibili che conducono alla confessione". È interessante notare che i migliori inquisitori conoscono l'arte della manipolazione psichica ai fini della persuasione, come oggi i migliori persuasori pubblicitari. Le regole sulla confessione sotto tortura mostrano risvolti perversi; siccome essa viene estorta, giuridicamente non vale, occorre che il confitente la ratifichi l'indomani, se non lo fa viene riportato nella "stanza dei tormenti", e così via, fino alla ratifica della confessione. Al termine di questo iter giudiziario il reo viene ulteriormente torturato al fine di essere purificato dal peccato e liberato dai vincoli con il demonio. L'opus inquisitorio si serve di tempi lunghi, penombre, parole insinuanti, promesse; non esiste tensione dialettica perché all'inquisito è richiesta una sola cosa, la confessione. L'inquirente lavora in solitudine sul principio "del primato dell'ipotesi sui fatti", lui ne ha in mente una e deve raggiungere l'obiettivo della sua conferma. Anche in questo caso, se consideriamo la tortura come un medium non dobbiamo guardare al come essa veniva praticata ma al cosa implicava nell'ambito della società europea: il mantenimento del potere giuridico in mano alla Chiesa, la conferma dell'esistenza del male e quindi della necessità della purificazione, la presenza del diavolo sulla terra, l'ostracismo verso ogni novità o innovazione, infatti, lo scibile umano deve essere accreditato dalla più potente istituzione del mondo, la Santa Romana e Universale Inquisizione (successivamente Congregazione del Sant'Uffizio).

«L'avvento del medium del denaro nel Giappone secentesco ebbe effetti non dissimili da quello della tipografia in occidente. La penetrazione dell'economia monetaria produsse una rivoluzione lenta, ma irreversibile, culminata nello sfaldamento del governo feudale e nel riallacciamento dei rapporti con i paesi stranieri dopo duecento anni di isolamento. Il denaro ha riorganizzato la vita della gente proprio perché ne è di fatto un'estensione». I media vanno considerati alla stregua di materie prime in grado di influenzare le società; l'uso del carbone e dell'acciaio ha condotto alla rivoluzione industriale, l'uso del medium dell'elettricità ha rivoluzionato i concetti di spazio e di tempo.
Sostiene McLuhan «L'azione dei media è quella di far accadere le cose, piuttosto che quella di darne coscienza», d'altra parte quando nasce un nuovo medium l'obiettivo della sua introduzione è trasmettere, in modo nuovo, un messaggio.
Inevitabilmente e inconsapevolmente, il medium diventa esso stesso messaggio in grado di "far accadere le cose", ma l'azione di darne coscienza non spetta al medium ma all'uomo che, secondo il principio di causalità, si accorgerà delle trasformazioni in atto nella società.
È interessante notare che, spesso, i primi a rendersi conto del valore intrinseco di un nuovo medium sono gli artisti; si pensi ai cubisti e ai futuristi, ad esempio, che per primi si sono resi conto dei nuovi concetti di spazio e di tempo introdotti dall'era elettrica. Queste forme pittoriche, mostrando in due dimensioni l'interno e l'esterno, la cima e il fondo, il davanti e il dietro rinunciano all'illusione della prospettiva a favore dell'immediata consapevolezza sensoria del tutto, rinunciano alla sequenzialità temporale a favore della simultaneità.
Platone sognava per i giovani ateniesi un'accademia ideale senza rendersi conto che la città di Atene era la miglior accademia si potesse pensare; quello che Platone desiderava esisteva già da secoli prima che qualcuno ne facesse oggetto di meditazione. Lo stesso avviene per i media; inseriti nella società ne determinano lo sviluppo prima di diventare oggetto di analisi.
Peraltro, i sensi umani, grazie alle estensioni costituite dai media, non solo influenzano il mondo circostante ma ne vengono influenzati, come aveva compreso Jung, che, nel suo Contributions to analytical psychology, afferma «Ogni romano era circondato da schiavi. Lo schiavo e la sua psicologia dilagarono in tutta l'Italia antica e ogni romano divenne, interiormente e inconsapevolmente, uno schiavo. Vivendo in un mondo di schiavi, fu infettato, attraverso l'inconscio dalla loro psicologia. Nessuno può difendersi da un'influenza del genere». McLuhan sostiene che essendo il mondo degli schiavi (inteso come medium) un'estensione sensoriale del cittadino romano, ne sarebbe derivata l'influenza del mondo degli schiavi sul cittadino romano.
Pur prendendo con le dovute cautele i principi di McLuhan si può comunque affermare, con assoluta certezza, che ogni qual volta l'uomo ha introdotto un nuovo medium, questo ha svolto un'azione dirompente sullo status quo della società umana. Sono sotto gli occhi di tutti gli effetti prodotti dal cinema, dalla radio, dalla televisione, dal computer; ha ragione pertanto, il sociologo canadese quando afferma «più che del contenuto è opportuno preoccuparsi del medium».
Quando fu introdotta la stampa a caratteri mobili nessuno avrebbe potuto prevedere gli effetti che tale innovazione avrebbe prodotto sulla società umana nei secoli successivi.

Un altro medium che ha modificato il modo di rapportarsi dell'uomo nella società è il cinema. Compito del regista cinematografico è quello di trasportare lo spettatore dal proprio mondo a quello del film e di fargli superare la realtà attraverso l'illusione; l'operazione si verifica in misura talmente completa che coloro che subiscono quest'esperienza l'accettano subliminalmente senza esserne, quindi, consapevoli.
Il cinema è un medium freddo perché l'intervento dello spettatore è enorme. Basta pensare allo svolgimento di un film; per esso non vale il principio dell'unità d'azione, di luogo e di tempo. Un attore compare e scompare secondo le direttive del regista, gli episodi si accavallano, la storia va avanti e, indifferentemente, torna indietro, richiedendo allo spettatore uno sforzo per ricostruire un filo continuo di tutta la storia ed, eventualmente, richiede anche la fantasia necessaria per riempire gli spazi lasciati ad arte vuoti dal regista; esattamente come per un romanzo scritto. Ma, a differenza della pagina stampata il cinema ha il potere di immagazzinare una quantità enorme di informazioni; basta pensare all'immagine di un maestoso paesaggio o di una prestigiosa dimora. Quanto dovrebbe scrivere un romanziere per descrivere quello che il film è in grado di trasmettere, con grande dettaglio, in pochi secondi?
Sostiene McLuhan che il film rappresenta, paradossalmente, il più magico dei beni di consumo perché è il più efficace dispensatore di sogni. «Esso permise di inscatolare l'american way of life e di esportarla in tutto il mondo. E il mondo si affrettò a mettersi in coda per comprare sogni in scatola Il cinema non solo accompagnò la prima grande ondata dei beni di consumo, ma fu un incentivo, un mezzo di propaganda».
Questo è un aspetto assolutamente importante da sottolineare; il cinema si trasforma, infatti, velocemente in una gigantesca inserzione pubblicitaria subliminale per ogni bene di consumo; il sistema della produzione industriale trova nel cinema l'agente pubblicitario più efficace ed efficiente; esso opera subliminalmente, coinvolge milioni di "consumatori", non costa nulla.

Un altro medium che ha modificato la struttura delle società è la radio; essoebbe un avvio molto tribolato a causa dell'opposizione e dell'ostruzionismo del mondo della carta stampata che vedeva nel nuovo medium un grave pericolo. La radio iniziò a diffondersi, nonostante una serie di restrizioni, ma il medium è il messaggio, pertanto intervenire sui contenuti del medium non ostacola la nascita di un nuovo strumento, capace, ancora, di modificare la società.
Il potere di questo medium lo si scopre quando i giovani si chiudono nella loro camera per ascoltare la stazione preferita, quando il pensionato passeggia nei viali dei giardini con la radiolina all'orecchio, quando l'adulto viaggia in macchina con la compagnia di una radio; i notiziari, i segnali orari, i bollettini meteorologici, le notizie sul traffico hanno trasformato la radio in un sistema nervoso dell'informazione. La famosa trasmissione di Orson Welles sull'invasione dei marziani fu una dimostrazione della capacità di persuasione della radio.
Se l'alfabetizzazione aveva portato all'individualismo, la stampa al nazionalismo, la radio riporta al localismo, al nucleo familiare e ad una sorta di arcaico tribalismo. Hitler, attraverso la radio convinse i tedeschi del pericolo dell'accerchiamento e sollevò la "tribù" della razza germanica contro l'impurezza delle tribù accerchianti. Roosevelt, grazie alla radio riuscì a convincere gli americani, restii ad intervenire nel conflitto mondiale, del loro dovere morale di difendere democrazia e libertà nel mondo. Ancora nel 2003, nella Guinea Bissau, piccola nazione dell'Africa occidentale con poco più di un milione di abitanti, un generale rovescia il governo legittimamente eletto e, nonostante l'opposizione di quasi tutti i partiti, impone un nuovo governo, grazie all'appoggio della popolazione. Un diplomatico, intervistato sui motivi del successo del generale golpista, afferma «Ha saputo usare con grande destrezza l'arma della radio». Ulteriore dimostrazione che un medium caldo come la radio ha un grande potere di penetrazione nell'ambito di una comunità che si identifichi in una tribù. Afferma McLuhan «È la radio il medium del delirio, ed è il principale strumento per riscaldare il sangue tribale dell'Africa».
Dagli anni sessanta la radio offre ai giovani, sia la possibilità di chiudersi in una propria privacy, sia di stabilire un legame tribale con gli altri del gruppo. Occorre notare che la radio è un medium bifronte, da un lato restringe il mondo alle dimensioni della propria camera o della propria auto e si rivolge alle necessità personali dell'individuo nelle diverse ore del giorno, dall'altro partecipa all'estensione sensoriale dell'uomo, avviata dall'era dell'elettricità, inserendo il parametro della velocità nella trasmissione delle informazioni, e diventando, pertanto, un elemento di stimolo per i media che lo hanno preceduto.

Dopo la radio arriva la televisione; il medium che trasmette le voci e le immagini. Iniziamo a convivere con i giornalisti, con i presentatori, con i divi televisivi che entrano nelle nostre case e si scopre che la Tv è un medium freddo, a bassa risoluzione, che chiede una forte partecipazione dell'utente.
La televisione ha consentito alla gente di essere coinvolta in argomenti che erano stati, sempre, appannaggio degli specialisti: la gestione della giustizia, la medicina, la politica; programmi di grande successo sono quelli che ci fanno entrare nelle aule dei tribunali (la serie di  Perry Mason, ad esempio o le rubriche Forum e Un giorno in Pretura; i programmi che trattano del caso Franzoni vendono un forte coinvolgimento degli spettatori, divisi tra innocentisti e colpevolisti) e negli ospedali (come la serie ER Medici in prima fila o le rubriche Medicina 33, TG2 Salute, Vivere meglio, Medici). I programmi politici di intrattenimento hanno sgretolato il blocco del partitismo per favorire le icone, candidature politiche prive di spessore, e pertanto poco problematiche, ma capaci di "sfondare lo schermo", di entrare nei nostri salotti e, principalmente, di essere sempre presenti.
Il coinvolgimento è particolarmente forte nei programmi che prevedono quiz e domande di cultura o di cronaca; lo spettatore si mette nei panni del candidato e cerca di rispondere ad alta voce ai quesiti e si sente appagato dal consenso di chi gli sta accanto e che può testimoniare della sua "bravura". È interessante ricordare che l'avvio della televisione come medium di massa si ebbe, in Italia, con il programma di quiz, Lascia o raddoppia?, programma che appunto, per la prima volta, teneva conto della necessità di coinvolgere lo spettatore nella programmazione televisiva.
Dopo che i personaggi della televisione sono entrati nelle nostre case gli spettatori sono entrati nella televisione con i Reality Show (Il grande fratello, L'isola dei famosi, La talpa) e con le varie trasmissioni che vedono come protagonisti la gente comune (i programmi per la scelta delle "veline" o la Corrida, ad esempio); in tal modo si è chiuso il cerchio schermo-spettatore e, subliminalmente, televisione e realtà si sono fuse nell'immaginario della gente.
Grande successo hanno in televisione i grandi riti tribali, come incoronazioni, sposalizi, funerali di membri di case regnati o di personaggi famosi; lo spettatore subliminalmente si convince di poter dire c'ero anch'io e la sua partecipazione al rito raggiunge l'acme del coinvolgimento emotivo e sensoriale.
Con la televisione è lo spettatore che crea gli "idoli" più acclamati, Tra gli anni settanta, ottanta e novanta, con il prevalere della televisione su altri media, si è passati dai divi di Hollywood, alle rockstar, ai calciatori. Con la televisione si è realizzato, infatti, un avvicinamento ad idoli che possono essere, oggi, l'anonimo e insignificante giovane della porta accanto, domani, il calciatore affermato, ricco, famoso e fidanzato con una "velina"; molti giovani sognano di poter diventare essi stessi ricchi e famosi grazie alla capacità di tirare calci ad un pallone.
Nel 1960, McLuhan, dopo aver osservato una serie dibattiti e di interventi televisivi dei due candidati, previde la vittoria di Kennedy su Nixon (dato peraltro per sicuro vincente) sulla base delle seguenti considerazioni.

  • La televisione è un medium freddo che richiede il coinvolgimento dello spettatore.
  • Nixon si presenta con un ruolo ben preciso, quello dell'avvocato dedicatosi alla politica e quello del politico di lungo corso, pertanto lo spettatore non ha nulla da aggiungere di suo al personaggio e questa sensazione lo mette a disagio.
  • L'aspetto e il comportamento di Kennedy non fa pensare ad uno status o ad un ruolo ben precisi «Non sembrava né un miliardario, né un politico, avrebbe potuto essere qualsiasi cosa, un droghiere, un professore, un allenatore di football» e, pertanto, lo spettatore è coinvolto emotivamente nella creazione del personaggio che risulta, in parte, come una propria creazione e che non potrà non essergli più familiare e simpatico.

Infine nasce Internet il medium freddo per definizione. Il web è l'atto finale dell'estensione del sistema nervoso dell'uomo: il collegamento "fisico" di ogni individuo allacciato alla rete. Il coinvolgimento dei navigatori in Internet è totale. Se si può affermare, sia pure con un ragionamento limite, che esiste la realtà dello schermo televisivo in assoluto, l'esistenza di Internet ha senso solo se in ciascun nodo della rete è collocata una persona che opera e che crea. Internet sta operando mutamenti di proporzioni, di ritmo, di abitudini o di schemi nei rapporti umani, mai visti prima.
Con Internet si realizza in concreto quanto McLuhan aveva previsto cinquant'anni fa: il villaggio globale. Il pianeta si è contratto a guisa di un grosso villaggio e come in ogni villaggio che si rispetti il pettegolezzo vi regna incontrastato. L'autore può citare una serie di "leggende metropolitane", con attestati di assoluta veridicità, trovate su Internet o inviategli via e-mail da amici e parenti.
L'ultima sostiene che non può più essere denunciato il borseggio compiuto da ignoti in quanto la giurisprudenza lo considererebbe un semplice smarrimento; il governo ha dovuto smentire. C'è stato il momento in cui circolava la leggenda secondo cui le carni usate da McDonalds provenivano da vitelli modificati geneticamente e privi di ossa. Per un certo tempo erano state pubblicizzate la vendita di gatti allevati in bottiglie sigillate e un poligono di tiro, in Usa, dove si  poteva dare la caccia a bellissime ragazze nude utilizzando proiettili di vernice. Una leggenda di qualche anno fa metteva in guardia le ragazze dal chiudersi nei camerini per provare capi di abbigliamento per non correre il rischio di essere rapite e subire un espianto di organi; secondo alcune versioni nei sotterranei di questi fantomatici magazzini esistevano attrezzatissime sale operatorie pronte ad operare qualche malcapitata. Diverse varianti sul tema ha il racconto della turista che va in un paese straniero, pensa di aver acquistato un grazioso cagnolino, ma tornata a casa scopre di avere comprato un orribile, enorme ratto. Altre storie raccontano dell'esistenza di coccodrilli nelle fogne di New York, del marito che va da una prostituta e scopre che è sua moglie, del bambino in fin di vita che, come ultimo desiderio, desidera entrare nel Guinness dei primati per numero di cartoline ricevute, o del rischio di far esplodere una pompa di benzina utilizzando un telefono cellulare. Le "leggende metropolitane" nascono nel villaggio globale per lo stesso motivo per cui girano i pettegolezzi nei piccoli centri o nei condomìni; esse sono il sale e il pepe delle relazioni umane del web, sono credibili in quanto create con un mix si realtà, di verosimiglianza e di fantasia e poi se la stessa notizia proviene da tante fonti deve essere vera e Internet ha la possibilità di attivare reazioni a catena di ampiezza insospettabile.

Un altro aspetto importante che va descritto è la forza dei media che si compenetrano. Ad esempio dall'ibridazione di ruota, strada e carta i romani riuscirono ad estendere e a mantenere il proprio potere in spazi sempre più ampi e uniformi; grazie alla forza di questi tre strumenti la legione romana, oltreché efficientissima macchina da guerra era anche un processo meccanizzato per creare ricchezza (costruire strade, porti, città, favorire i commerci tra paesi lontani). Quando gli arabi troncarono i rifornimenti di papiro si ridusse il traffico sulle strade e, con esso, il rifornimento di informazioni e disposizioni e il centro iniziò a perdere il collegamento con la periferia. Quando ruota, strada e papiro divennero solo un ricordo del passato iniziò, definitivamente, il crollo dell'impero.
Si pensi, ora, all'ibridazione di stampa, televisione, arte, e pubblicità. Dalla compenetrazione di questi media nascono molti aspetti positivi e negativi della nostra società: i nuovi modelli di interazione impresa mercato, l'auto gratificazione, la rottura di solitudini, incubi e paure ancestrali, il consumismo, il prevalere dell'immaginario sul reale, il predominio dell'immagine e dei rituali sulla parola e sull'ascolto, un nuovo tribalismo sociale.

Rapporto del Censis sull'uso dei media in Italia.

È interessante analizzare il quarto rapporto annuale del Censis, dal  titolo I media che vorrei, sulla comunicazione in Italia; le ricerche condotte dal Centro di studi socio economici hanno messo in evidenza una tendenza della gente a ridurre le ore di fruizione della televisione. Le grandi reti stanno cercando di arginare il fenomeno con i reality show, però, senza successo.
Vediamo quali sono le conclusioni del Censis per i vari media nel 2004.
Televisione. Il rapporto mette in evidenza che il televisore non è sempre acceso nella casa degli italiani, in maniera indiscriminata e passiva; il rapporto italiani televisione sta evolvendo verso un utilizzo più maturo e individuale con la tendenza ad un uso meno intensivo. La maggioranza degli intervistati se deve accendere il televisore lo fa per un motivo preciso, determinato dalla scelta consapevole di vedere un "programma preferito" (34%), un "telegiornale" (27%) o un "film" (8%). L'uso indiscriminato e passivo, con un televisore "sempre acceso" riguarda appena il 10% dei telespettatori; solo una minoranza, pari al 21% dice di accenderlo "senza un motivo preciso". Ma un indicatore ancora più importante di una maturazione dell'uso del mezzo è il fatto che il 42% del campione analizzato se dopo aver acceso il televisore si accorge che non c'è nulla che gli piace, "lo spegne" il 21% "lo lascia acceso solo come sottofondo o compagnia", mentre un altro 21% dice di "guardare comunque quello che è in programma". Per quanto riguarda l'informazione televisiva, sono circa il 31% gli utenti di un unico telegiornale, preferito a tutti gli altri, mentre un 26% ne guarda diversi, un 22% non si perde i titoli, e segue il telegiornale solo se vi sono notizie interessanti.
La Tv satellitare. Si percepiscono ancora ostacoli ad una sua più larga diffusione. Di natura economica, perché, fra chi non è abbonato, costituiscono un freno per un 42% "il costo di antenna e decoder", ma anche di natura culturale e di offerta, perché il 21% non si abbona, poiché "ha già molti canali nella televisione tradizionale", il 13% dice che i suoi "programmi preferiti sono già presenti nella televisione generalista", e il 12% ritiene che "non ci sia un'offerta interessante". Tuttavia il ruolo di questo medium si delinea essenzialmente come alternativa alla televisione tradizionale generalista, dato che, fra coloro che sono abbonati, le motivazioni principali sono: "avere alternative alla televisione tradizionale" (40%), "l'offerta è migliore rispetto alla televisione tradizionale" (28%), "c'è meno pubblicità" (24%) o, persino, "la qualità delle immagini è migliore" (22,%).
La radio. Si conferma ancora una volta nella sua vocazione musicale, giovanile e amicale e gli ascolti sono in leggera crescita. Si ascolta essenzialmente per la musica che trasmette (50%), soprattutto fra i giovani (67%) e per i servizi informativi e formativi. Si riscontra una significativa fidelizzazione con l'emittente, dato che il 30% del campione dice che la sua radio è quasi sempre sintonizzata sulla stazione preferita.
I quotidiani. Nessuna novità sul piano della diffusione, che resta sostanzialmente stabile, ma viene confermato il loro ruolo imprescindibile nell'ambito dei media (da circa vent'anni il numero di quotidiani letti in Italia e di circa sei milioni al giorno). I quotidiani vengono percepiti, da chi li legge, come uno strumento fondamentale "per capire le cose che accadono" (40%), e come "un'abitudine difficile da interrompere" (30%), talvolta contagiosa, dato che circa il 29% dice di leggerlo "perché qualcuno in casa lo compra". Di un certo interesse sono anche le indicazioni su come dovrebbe essere il quotidiano ideale: facile da maneggiare (26%), meno costoso (24%), con articoli brevi (20%), ma anche, che sappia raccontare i fatti, non in maniera agguerrita e ansiogena, bensì con un tono pacato (18%). Da alcuni anni è andata diffondendosi, anche in Italia, la free-press; si tratta di quotidiani distribuiti gratuitamente nelle grandi città e che riportano solo notizie. Questi quotidiani sono anche chiamati "giornali radio stampati", infatti alle notizie, date in forma molto stringata, si alternano brevi inserzioni pubblicitarie che rendono economicamente vantaggiosa l'iniziativa. I giovani sono tra i maggiori utilizzatori di questo medium. L'autore ha avuto modo di verificare, sui mezzi pubblici di trasporto, che anche ragazzini tra i dieci e i quindici anni sono abituali lettori di questa free-press.
I libri. Gli italiani hanno un pessimo rapporto con i libri, che non accenna a migliorare se non a piccolissimi passi. Più della metà non li legge, e meno di un terzo ne legge tre in un anno. Le scelte di lettura vengono fatte in una sorta di circuito chiuso: si legge quasi "sempre lo stesso genere" (41%), o "si segue un autore" (38%), o "un determinato tema" (29%). Eppure non è un problema di costo, vi fa cenno solo il 18%. È opportuno, però, considerare che il rapporto del Censis non tiene conto dei libri venduti come allegati a quotidiani o riviste; prendendo in considerazione anche questa fetta di mercato il settore libri ha evidenziato, invece, un forte incremento nel numero di copie vendute.
Settimanali e mensili. Non sono in cima alla graduatoria della diffusione dei media, perché sono rispettivamente al quinto e al settimo posto, ma possono contare sulla fedeltà di un pubblico di alto profilo, che li sceglie innanzitutto "per i contenuti specifici" (53%), per "la ricchezza e originalità delle informazioni" (28%) e per una abitudine "costante" (18%) o "irrinunciabile" (35%). Un'insidia alla loro posizione nel panorama mediatico viene tuttavia da altri media, ovvero dalla televisione (14%), da internet (8%) e persino dal cellulare (2% in media, e 7% fra i giovani), i quali vengono percepiti come alternative di consumo alle riviste settimanali o ai mensili.
Internet. E' utile, è divertente, è unico, ma purtroppo è ancora percepito come "difficile", e ciò ne limita tuttora una diffusione più ampia di quella pur rapidamente raggiunta in questi ultimi anni. Le ragioni del successo sono connesse alla "illimitata disponibilità di informazioni" (40%), alla "possibilità di aggiornamento in tempo reale sugli avvenimenti" (23%), nonché "all'unicità e specificità del mezzo" (23%). Anche se presenti, come fattori di successo, appaiono minoritari gli aspetti di concorrenza con altri media (6%) e gli aspetti relazionali (13%). Le barriere all'uso sono riconducibili quasi esclusivamente "all'incapacità di usare un computer" (74%) e poi al fatto che semplicemente internet "non interessa" (12%); non c'entrano niente gli spauracchi mediatici sui virus (indicati dal 2% scarso) o sulle insidie della pornografia (indicati da meno dell'1%). Fra gli ostacoli ad un uso più intenso, invece, da parte di chi già lo usa, si profila "il costo della connessione" (31%), "la difficoltà ad essere aiutati in caso di problemi" (20%), "la mancanza di certificazione  e di controllo dei contenuti" (10%) e "la lentezza delle connessioni" (10%).
Cellulari. Sono la vera rivoluzione digitale di questi anni sul piano della diffusione dei consumi. Il fatto di poter essere "in contatto con chi voglio quando voglio" (82%), di "essere avvertiti tempestivamente delle cose a cui si tiene" (26%), di "permettere di organizzare la giornata" (17%), di "vivere più tranquilli" (14%), e persino di "non poterne fare a meno" (10%) sono le ragioni fondamentali dello straordinario successo fra gli italiani. Colpisce, tuttavia, lo scarso uso delle tante funzioni ormai disponibili sui cellulari: il 61% non ne sente il bisogno, il 22% ne teme i costi, e quindi oltre che telefonare e mandare sms si fa poco altro. Tuttavia, la penetrazione dei telefonini nei comportamenti di consumo ha raggiunto un punto tale da modificare il vecchio rapporto con il telefono di casa, e questa nuova situazione riguarda già il 64% degli italiani, perché: non hanno più la linea fissa (18%), la usano solo per connettersi a internet (5%), fanno meno chiamate (21%), ricevono meno chiamate (10%), mandano un sms invece che chiamare da casa (12%).

Bibliografia dell'introduzione

Brochand B., J. Lendrevie, Le regole del gioco, Lupetti editore, 1987
Caruso E., Gestire e motivare le persone, Tecniche Nuove, 2004
Caruso E. Il circolo virtuoso impresa - mercato, Tecniche Nuove, 2004 bis
Caruso E., Apologia del venditore, Tecniche Nuove. 2004 ter
Goleman D, R. E. Boyatzis, A. McKee, Essere leader, RCS Libri, 2002
Linton I., Il database marketing, FrancoAngeli, 1996
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, 1967
Schuler E., Le tecniche assertive, FrancoAngeli, 1998
Sproccati C., Il modello degli stili sociali per migliorare i comportamenti, Qualità, dicembre 1997
Stone B., Metodi di successo del marketing diretto, Sarin, 1988
Trevisani D., Psicologia di Marketing e Comunicazione, FrancoAngeli, 2003

Eugenio Caruso
3 giugno 2010

 

La premessa di questa serie di articoli la trovi cliccando qui.

La parte prima dell'introduzione la trovi cliccando qui

Tratto, parzialmente, da E. Caruso Comunico quindi esisto Tecniche Nuove 2005

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