La protesta nell'università

Prima i tetti, poi i monumenti e infine i blocchi a strade, autostrade e stazioni e gli attacchi alle forze dell’ordine. Gli universitari in lotta contro la riforma Gelmini, o meglio contro il governo, srotolano il rituale delle proteste giovanili che periodicamente infiammano il nostro paese. Come mai, non hanno dato vita a scontri, blocchi e disordini i due milioni di disoccupati in un Paese che era fiero di aver mantenuto la coesione sociale nella crisi? Ascoltando qualche giorno fa alla Radio 24, Oscar Giannino analizzare la crisi dell'università ho convenuto con lui che occorre porsi alcune domande. Primo: nelle contestazioni degli univeritari pesa, la strumentalizzazione politica? Sì, perché le difficoltà innegabili e crescenti dell’esecutivo Berlusconi, lo sfilarsi dei finiani e l’enorme pressione dei media e dei sondaggi sul governo hanno finito per alzare molto la temperatura. Se leggi sui giornali o ascolti in tv che si sta preparando il 25 aprile in Italia, allora il blocco di autostrade e stazioni sarà come il grande atto preparatorio che attesta che c’eri anche tu, a dare la spallata finale al despota. Secondo: è rinata, la mitica unità di studenti e lavoratori? No! Tra gli studenti di oggi e il popolo degli artigiani, commercianti e partite IVA, come delle piccole imprese industriali o di servizi vittime della crisi, c’è una grande estraneità. Il vecchio cavallo di battaglia dell’unità rivoluzionaria tra libro e martello è morto negli anni ottanta. Al suo posto è nata un’alleanza singolare. Di fatto, gli studenti hanno iniziato a protestare in coda ai ricercatori universitari; sono stati i ricercatori i primi a salire sui tetti, seguiti dai politici che dovrebbero dare una mano a risolvere i problemi, non a incancrenirli. Di fatto, gli studenti hanno fatto proprio e ripetuto lo slogan del no ai tagli all’Università – che sono stati eliminati, ma che importa!?!? – e del no dei ricercatori all’idoneità entro tre anni o della massima protrazione di un altro triennio dei loro contratti. La vera rivoluzione sarebbe se gli studenti dicessero basta allo strapotere degli ordinari nella fallimentare gestione universitaria e chiedessero invece un riesame di merito di tutti i titoli di chi nell’Università pretende di insegnare e fare ricerca. I casi sono due: o gli studenti non conoscono le cifre e le responsabilità del disastro universitario italiano figlio di 40 anni di concorsi gravati da cordate nepotistiche, oppure il loro è un atteggiamento reazionario, altro che rivoluzionario. Alcuni rettori lo hanno capito e, dopo aver incassato in Parlamento, dove la loro lobby è fortissima, sostanziali modifiche alla Gelmini originaria, che tagliava molti privilegi dei baroni, hanno aizzato gli studenti alla protesta nel nome dell’autonomia universitaria, ma in realtà in nome della volontà di mantenere uno status quo che non premia il merito. Terzo: g li studenti non conosceranno cifre e trend del disastro universitario italiano, perché le proteste non si nutrono di numeri e analisi ma di slogan e obiettivi simbolici da abbattere. Ma capiscono che da anni in Italia l’ascensore sociale è bloccato, che il lavoro ipertutelato dei loro padri non l’avranno mai, che dovranno contare sul patrimonio delle famiglie, elevatissimo rispetto a quello di altri Paesi, ma che sarà comunque una vita grama, e che se vorranno realizzarsi dovranno sputare sangue. Quarto: che risposta dare alla protesta contro un futuro così grigio? La sinistra ha per storia e per vocazione la missione barricadera della rivoluzione e della capacità di far risuonare i bassi istinti della violenza innati nell'uomo, ma anche la destra sbaglia quando dice agli studenti "tornate a studiare" e non informa, in modo efficace, che occorre introdurre nell'università un vero sistema meritocratico (nemico del posto sicuro per soli meriti di anzianità), perchè quanto meglio funzionerà l'università, potendo contare su docenti e ricercatori di qualità, tanto più preparati saranni i suoi laureati e altrettanto migliori saranno le loro possibilità di carriera.

Integrazione del 24 dicembre 2010
Il Senato ha approvato definitivamente la riforma dell'Università. Il via libera al disegno di legge è giunto al termine di un iter lungo e tormentato, con 161 sì, 98 no e 6 astenuti. Non è mancata una bagarre in aula al momento dell'intervento della presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. «Mi rifiuto di proseguire, di concludere il mio intervento tra gli insulti» ha affermato la capogruppo del Pd. «Siete degli irresponsabili - ha detto Anna Finocchiaro - non si tratta così la presidente del principale gruppo di opposizione». Questa riforma, aveva detto prima Anna Finocchiaro, «é, per dirla in maniera icastica, la foglia di fico sui tagli che il governo ha impresso all'università e alla ricerca dopo averli impressi alla scuola. Una legge che si sovrappone a una vergogna». Finocchiaro, offesa per avere ricevuto «insulti» durante il suo intervento, ha detto in aula che il Pd potrebbe intervenire «110 volte» sul coordinamento del testo. Poi sono arrivate le scuse di Maurizio Gasparri a nome del Pdl. Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Bocciati 850 emendamenti L'esame del provvedimento è andato avanti rapidamente, con qualche rara richiesta di voto elettronico. Sono stati bocciati tutti gli 850 emendamenti presentati. Ed è giunto anche un sì unanime dell'aula del Senato all'ordine del giorno presentato dal terzo Polo (Fli, Udc, Api e Mpa) che denuncia un'insufficienza di risorse per il sistema universitario e impegna il governo a «garantire le coperture finanziarie alla riforma nonchè la certezza dei finanziamenti nel medio periodo per consentire un'adeguata programmazione degli interventi». Il 22 dicembre l'ostruzionismo di Pd e Idv aveva fortemente rallentato i lavori. Poi l'accordo dopo ben tre riunioni dei capigruppo: il voto è stato rimandato al 23 dicembre in cambio di tempi leggermente più lunghi per la discussione in aula (prima si era parlato di un minuto per ogni gruppo, anziché per ogni singolo parlamentare. Sacconi: la riforma archivia i danni prodotti dagli anni Settanta L'approvazione della riforma dell'università, ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, intervenuto a "la telefonata" di Canale 5, «archivia gli anni Settanta e i guasti che hanno prodotto, in particolare nel sistema educativo, reintroducendo il merito, l'attenzione a dare ai nostri giovani competenze che poi siano spendibili e riconosciute nel mercato del lavoro». Intervenendo nel corso di un'informativa alla Camera sulle manifestazioni del 22 nella Capitale il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha sottolineato che a Roma è stata «una giornata di mobilitazione, ma senza incidenti». E le forze dell'ordine «hanno dato prova di grande equilibrio ed eccellente professionalità». Per Maroni «Il dispositivo di prevenzione ha funzionato egregiamente», anche se qualche «criticità» c'é stata per il blocco della tangenziale. Maroni ha poi sottolineato che «il dissenso così sarà sempre tutelato, ma la violenza sarà contrastata con ogni mezzo». Per Gianfelice Rocca, vice presidente Confindustria per l'Education, l'approvazione della riforma evita di «lasciare le nostre università in una situazione di forte incertezza su tutti i fronti: le risorse, la governance, la valutazione della qualità della ricerca e della didattica, la selezione dei docenti». La riforma, sottolinea Rocca, «consegna finalmente al Paese un sistema universitario nuovo che mette al centro i giovani; in cui il merito, il finanziamento premiale, la selezione dei migliori e l'internazionalizzazione potranno sostituire l'appiattimento retributivo, il finanziamento su base storica e egualitaria, le assunzioni per anzianità e la chiusura internazionale che hanno caratterizzato la vita dei nostri atenei per troppi anni, penalizzando i giovani e ritardando lo sviluppo del Paese». Ora c'è la possibilità di competere «a livello internazionale lasciandosi alle spalle sprechi, inefficienze e nepotismi». L'ABC della riforma. È salito a 29 articoli il ddl Gelmini, che cambia radicalmente l'università in Italia. Anche se ci vorranno 42 decreti attuativi, tra decreti legislativi, deleghe e atti ministeriali, le nuove norme approvate definitivamente dal Senato introducono diverse novità sia sul fronte della governance degli atenei sia su quello del reclutamento. Su quest'ultimo punto, arrivano i contratti «tenure track», di due tipi. contratti di durata triennale, prorogabili per due anni per una sola volta, e contratti triennali non rinnovabili riservati ai candidati che abbiano usufruito già dei contratti del primo tipo, o abbiano usufruito di assegni di ricerca per tre anni (anche non consecutivi) o di borse post-dottorato, oppure di contratti o borse presso atenei stranieri. Si riconosce poi alle università la facoltà di stipulare, gratis o a titolo oneroso, contratti con professionisti esterni (anche pensionati o lavoratori autonomi, ma con un reddito annuo non inferiore a 40mila euro lordi) per migliorare l'attività didattica. Sì anche alle norme anti-parentopoli: non potranno partecipare ai procedimenti per la chiamata a professore di ruolo e associato coloro che hanno un grado di parentela o di affinità - fino al quarto grado compreso - con un professore dell'ateneo, con il rettore, direttore generale o un componente del cda. Il divieto si applica anche agli assegni di ricerca e ai contratti a qualsiasi titolo erogati dall'ateneo. Gli assegni di ricerca potranno essere firmati solo da atenei, enti pubblici di recerca e sperimentazione, l'Enea, l'Agenzia spaziale italiana, oltre alle istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca.
Scende, ma di poco, l'età pensionabile, con la soppressione del biennio Amato, che consentiva il fuori ruolo per due anni. Gli ordinari, andranno in pensione a 70 anni, gli associati a 68. Con l'entrata in vigore della legge, arriverà poi l'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla cattedra, il fondo per valorizzare il merito dei degli studenti (se si riusciranno a trovare le risorse), la possibilità di aggregarsi tra atenei per migliorare l'offerta formativa, anche a livello interregionale. Professori e ricercatori, anche a tempo determinato, devono entrare in aula e tenere lezioni o seminari. L'impegno viene misurato in 1.500 ore annue, di cui, almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti, se rientrano nel regime di tempo pieno. Si scende a 250 ore per quello di tempo definito. Sul fronte della governance, disco verde alla "nuova" figura del direttore generale e a una netta distinzione tra Cda, consiglio di amministrazione, e senato accademico, che avrà "poteri" limitati alla sola didattica e ricerca. Attenzione anche alle spese: se fuori controllo, l'università verrà commissariata e la cinghia subirà una bella stretta. Ecco in 36 voci tutte le novità introdotte dalla riforma Gelmini.
Abilitazione scientifica nazionale (articolo 16). Che durerà 4 anni e sarà condizione per l'accesso ai ruoli di professori di prima e di seconda fascia. Entro 90 giorni dall'entrata in vigore della riforma, saranno dettate le procedure necessarie per conseguire l'abilitazione. Tra i parametri previsti, un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare in ogni caso non inferiore a 12 e giudizi diversi per funzioni e per area disciplinare. Le procedure per il conseguimento dell'abilitazione saranno indette con cadenza annuale. L'abilitazione è attribuita da una commissione nazionale e costituisce titolo preferenziale per l'attribuzione dei contratti d'insegnamento.
Abrogazioni (articolo 29). Con l'entrata in vigore del ddl Gelmini di riforma dell'università, gli atenei possono procedere alla copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore, di assegnista, sono attraverso le procedure previste dalle nuove norme.
Anagrafe studenti (articolo 27). Prevista una modifica solamente formale all'istituto già disciplinato dalla legge 170 del 2003. Sono state chiarite meglio le finalità dell'anagrafe.
Assegni di ricerca (articolo 22). Solo se ci sono le risorse e con bandi pubblici. Possono conferire assegni di ricerca: gli atenei, enti pubblici di recerca e sperimentazione, l'Enea, l'Agenzia spaziale italiana, oltre alle istituzioni il cui diploma di perfezionamento scientifico è stato riconosciuto equipollente al titolo di dottore di ricerca. Si chiarisce poi che possono essere destinatari degli assegni solo gli studiosi in possesso di curriculum scientifico-professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca. I soggetti conferenti l'assegno possono comunque riservare una quota di assegni di ricerca a studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca (o titolo equivalente) all'estero o a studiosi stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca in Italia. Il dottorato di ricerca (o la specializzazione, se l'assegno si riferisce all'area medica) può essere inserito come requisito obbligatorio per partecipare al bando. Ogni assegno può durare da uno a 3 anni. È rinnovabile e, in genere, non cumulabile con borse di studio. L'importo dell'assegno è determinato dall'ateneo e gode delle comuni disposizioni fiscali e previdenziali. I vincitori di assegno possono scegliere l'università e la struttura dove svolgere la propria attività, previo assenso delle stesse. Gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli. Comunque, la durata massima dei rapporti instaurati con gli assegnisti da parte di qualsiasi soggetto non può superare i 4 anni, anche non continuativi.
Atenei federati (articolo 3). E' una possibilità che possono cogliere 2 o più università per offrire servizi al top, abbattendo i costi. Bisognerà, però, avere il disco verde dal ministero dell'Istruzione. La federazione poi può aver luogo, anche, con enti o istituzioni operanti nei settori della ricerca e dell'alta formazione.
Chiamata dei professori ordinari e associati (articolo 18). I posti di professore di prima e seconda fascia all'università saranno stabiliti sulla base di una programmazione triennale, nell'ambito delle disponibilità di bilancio. Gli atenei procedono alla copertura dei posti di professore a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Non possono partecipare ai procedimenti per la chiamata coloro che hanno un grado di parentela o di affinità fino al quarto grado compreso con un professore dell'ateneo, con il rettore, direttore generale o un componente del cda. Tale divieto si applica anche agli assegni di ricerca e ai contratti a qualsiasi titolo erogati dall'ateneo. Al fine di procedere alla programmazione triennale, le università statali hanno la necessità di vincolare le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell'ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca o iscritti a corsi universitari nell'università stessa. Giro di vite sulla partecipazione a gruppi o progetti di ricerca delle università (qualsiasi ne sia l'ente finanziatore). E' ammesa solo a professori e ricercatori, anche a tempo, ai titolari di assegno di ricerca, agli studenti dei corsi di dottorato (e a quelli delle lauree magistrali nell'ambito di specifiche attività formative), professori a contratto, personale tecnico-amministrativo dell'ateneo o di altre amministrazioni o società, purchè, però, in possesso di specifiche competenze nel campo della ricerca.
Comitato garanti per la ricerca (articolo 21). Viene istituito il Comitato nazionale dei garanti della ricerca al quale, fra l'altro, compete l'indicazione dei criteri generali per le attività di valutazione dei risultati. Esso subentra alla commissione istituita per la valutazione delle domande per l'accesso al Fondo per gli investimenti della ricerca di base (Firb), nonché alla commissione di garanzia prevista per la selezione dei programmi di ricerca di interesse nazionale.
Competenza disciplinare (articolo 10). Presso ogni ateneo è istituito un collegio di disciplina, composto da professori e ricercatori a tempo pieno. L'avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore. Al collegio, compete esprimere un parere.
Contratti per attività di insegnamento (articolo 23). Si riconosce alle università la facoltà di stipulare, gratis o a titolo oneroso, contratti con professionisti esterni (anche pensionati o lavoratori autonomi con un reddito annuo non inferiore a 40mila euro lordi) per migliorare l'attività didattica. I contratti a titolo gratuito (salvo quelli stipulati in convenzione con enti pubblici) non possono superare, nell'anno accademico, il 5% dell'organico dei professori e ricercatori di ruolo in servizio presso l'ateneo. Questi contratti sono stipulati dal rettore e possono durare un anno accademico, rinnovabile annualmente fino a un massimo di 5 anni. Gli atenei, poi, possono stipulare per esigenze didattiche, anche integrative, contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità finanziarie, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionale. Il titolo di dottore di ricerca, la specializzazione, l'abilitazione o altri eventuali titoli conseguiti all'estero costituiscono titolo preferenziale per firmare questi contratti. Al fine di favorire l'internazionalizzazione degli atenei, alle singole università è consentito affidare insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti straniei di chiara fama. Il curriculum del prescelto va pubblicato su internet, mentre il suo compenso è deciso dal cda.
Decreti attuativi riforma (articolo 5, commi 1 e 2 e commi da 7 a 9). Entro 12 mesi dall'entrata in vigore della riforma dell'università, targata Gelmini, il Governo dovrà emanare 4 decreti legislativi su: riordino contabilità atenei, premi agli atenei, valorizzazione professori e personale amministrativo e diritto allo studio. Il tutto a costo zero per l'erario. I decreti dovranno ricevere l'ok delle commissioni parlamentari e dovranno essere emanati d'intesa con le regioni. Gli effetti finanziari della nuove norme si conosceranno solo al momento dell'adozione dei decreti. Entro 18 mesi dall'entrata in vigore dei decreti legislativi, si potranno fare correzioni e integrazioni.
Diritto allo studio (articolo 5, comma 6). In primo luogo, andranno definiti i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per garantire il pieno successo formativo di tutti gli studenti. Poi, bisognerà garantire a tutti la più ampia libertà di scelta degli studi più adatti e, per chi non dispone dei necessari mezzi economici, la certezza di poter, comunque, arrivare ai più alti livelli di istruzione. Si conferma il ruolo dell'università di essere un importante ascensore sociale.
Dottorato di ricerca (articolo 19). Si prevede in primo luogo che i corsi di dottorato di ricerca debbono essere accreditati dal ministero dell'Istruzione. I corsi di dottorato poi possono essere istituiti non solo dalle università, ma anche da istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale, da qualificate istituzioni di formazione e ricerca avanzate, da consorzi tra atenei o tra università ed enti di ricerca privati o pubblici. Il numero di laureati da ammettere ai corsi di dottorato e il numero di dottorandi esonerati dai contributi per ragioni di reddito o di merito continuano ad essere decisioni di competenza dei Rettori, ma viene soppresso il vincolo di riservare borse di studio ad almeno metà dei dottorandi; tale disposizione, tuttavia, potrà essere applicata solamente dopo l'entrata in vigore del decreto ministeriale di accreditamento. La nuova disciplina del dottorato di ricerca introduce altresì nella legge la possibilità di applicare i contratti di apprendistato (previsti dalla legge Biagi, il Dlgs 276/2003) ai dottorandi in ricerca, utilizzando tali contratti in modo alternativo alle borse di studio. Le disposizioni dell'articolo in esame novellano la normativa vigente consentendo che la frequenza di un corso di specializzazione medica non escluda la possibilità di frequentare un corso di dottorato di ricerca; in questo caso, però, la durata del corso di dottorato viene ridotta ad un minimo di due anni. Previste poi nuove norme che disciplinano il congedo straordinario dei dipendenti pubblici che siano stati ammessi a corsi di dottorato di ricerca, con o senza borsa di studio.
Equipollenze (articolo 17). Si prevede l'equipollenza - con le lauree di primo livello - dei diplomi delle scuole dirette a fini speciali, istituite ai sensi del Dpr 10 marzo 1982, n. 162, e dei diplomi universitari triennali di cui alla legge 19 novembre 1990, n. 341. Ciò, però, solo se si tratti di titoli conseguiti al termine di un corso di durata triennale.
Fondo formazione impiegati pubblici (articolo 28). Fondo per la formazione e l'aggiornamento della dirigenza presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, destinato, con una particolare attenzione, anche a quei funzionari pubblici degli enti locali interessati dall'assegnazione delle nuove responsabilità derivanti dall'applicazione delle norme sul federalismo fiscale. È autorizzata una spesa di 2 milioni a decorrere dal 2012 e fino al 2017.
Fondo per il merito (articolo 4). Istituito presso via XX Settembre, con il compito di promuovere l'eccellenza e il merito tra gli studenti (per la prima volta iscritti al primo anno) individuati mediante prove nazionali standard. Il fondo garantirà i cosiddetti prestiti d'onore (a tassi molti bassi) oppure fornirà borse di studio, determinate in base a voti e a reddito. Partirà se ci saranno le risorse disponibili. Ed è previsto anche che nei limiti delle risorse disponibili, gli studenti più bravi potranno non restituire i soldi ricevuti in premio. Il fondo per il merito verrà alimentato da prevalentemente da versamenti spontanei di privati. Ma sono previsti, anche, finanziamenti pubblici. Il 10% delle borse di studio dovrà essere appannagio degli studenti iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti.
Fondo premialità (articolo 9). Che potrà essere rimpinguato anche con finanziamenti privati. Servirà per premiare i docenti bravi.
Interventi perequativi per gli atenei statali (articolo 11). Previsto, a decorrere dal 2011, che una quota pari almeno all'1,5% del fondo di funzionamento ordinario sia destinata a essere ripartita tra le università che presentino situazioni di sottofinanziamento. L'intervento perequativo viene ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento derivi dall'applicazione delle misure di valutazione.
Lettori di scambio (articolo 26). Le università, sulla base di accordi culturali internazionali, possono conferire a studiosi stranieri in possesso di elevata e qualificata professionalità, incarichi annuali, rinnovabili, per attività legate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origini e alla cooperazione internazionale. La norma sana anche la posizione dei collaboratori esperti linguistici assunti dagli atenei come lettori di madrelingua straniera.
Mobilità docenti (articolo 7). Via libera a norme che favoriscono lo scambio di professori e ricercatori da un ateneo all'altro. Previsto anche che i professori universitari, a domanda, possano essere collocati - per massimo 5 anni, anche consecutivi - in aspettativa senza assegni, per lo svolgimento di attività professionali, pure in ambito internazionali, presso altri soggetti che, però, provvedono a stipendiarli. L'aspettativa è concessa dal rettore. Sono previsti poi incentivi per favorire la mobilità dei docenti e si sottolinea anche come in caso di cambiamento di sede, i professori e i ricercatori (sia di ruolo che a tempo determinato) responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall'università di appartenenza conservino la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti. A patto però che ciò sia scientificamente possibile e - soprattutto - che ci sia l'accordo del committente della ricerca.
Nucleo di valutazione d'ateneo (articolo 2, comma 1, lettere q e r). Che dovrà essere composto con soggetti di elevata qualificazione professionale in prevalenza esterni, il cui curriculum è reso pubblico nel sito internet dell'università. Sarà integrato da una rappresentanza degli studenti. Il nucleo di valutazione avrà, tra l'altro, la funzione di verifica della qualità e dell'efficacia dell'offerta didattica e della congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari di contratto di insegnamento.
Nuova governance universitaria (articolo 2). Entro 6 mesi dalla conversione in legge del ddl di riforma del sistema universitario, gli atenei dovranno approvare statuti con nuove caratteristiche. Intanto, ci dovrà essere un codice etico per evitare incompatibilità, conflitti d'interessi legati a parentele. Il rettore, poi, non potrà rimanere in carica per più di 6 anni, non rinnovabili. Qualora risulti eletto a rettore un professore appartenente ad altro ateneo, tale elezione si configura anche come chiamata e concomitante trasferimento nell'organico dei professori della nuova sede, e comporta pure lo spostamento della quota di finanziamento ordinario relativo alla somma degli oneri stipendiali in godimento presso la sede di provenienza del professore stesso. Inoltre il posto resosi vacante può essere coperto solo in attuazione delle norme vigenti in materia di assunzioni. Il neo rettore sarà passibile anche di mozione di sfiducia, proposta dal senato accademico con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti. Senato accademico e Consiglio di amministrazione, Cda, dovranno avere funzioni nette e distinte. Il primo (composto da un numero di professori non superiore a 35 unità) avanzerà proposte di carattere scientifico, ma sarà il Cda (11 componenti, di cui al massimo 3 membri esterni) ad avere la responsabilità delle spese, delle assunzioni e dei costi di gestione, anche delle sedi distaccate. Arrivano divieti per i componenti di Senato e Cda (con alcune eccezioni per rettore e direttori di dipartimento) di ricoprire altre cariche accademiche. Spazio, poi, a un direttore generale, che sostituirà l'attuale direttore amministrativo. Il nuovo Dg avrà compiti di grande responsabilità (dal personale, alla gestione amministrativa e contabile dell'ateneo) e dovrà rispondere delle sue scelte, come un vero e proprio manager privato. Riordino, pure, per i dipartimenti, che avranno compiti di organizzare la didattica di settore e tutte le attività connesse e accessorie. Ogni dipartimento dovrà avere almeno 35 professori e ricercatori, anche, a tempo determinato. Ovvero 40 nelle università con un numero di docenti superiore a mille unità. I dipartimenti posso raggrupparsi in facoltà o scuole, con funzioni di coordinamento e razionalizzazione delle attività didattiche e di gestione dei servizi comuni. All'interno del dipartimento o del raggruppamento ci dovrà essere (a costo zero per l'Erario) una commissione paritetica docenti-studenti per assicurare l'alta qualità del servizio e monitorare l'offerta formativa e l'attività di servizio agli studenti da parte dei professori e ricercatori, valutandone i risultati. Una specifica niente affatto secondaria, visto che dalla valutazione dei ragazzi dipenderà (parte) dell'attribuzione dei fondi all'ateneo. Sì poi agli insegnamenti, corsi di studio e forme di selezione svolti in lingua inglese. Con l'arrivo dei nuovi statuti, tutti gli attuali organi universitari decadranno automaticamente. Il mandato dei rettori in carica al momento dell'adozione dello statuto è prorogato fino al termine dell'anno accademico successivo. L'elettorato passivo per le cariche accademiche è riservato ai docenti che assicurano un numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato prima della data di collocamento a riposo.
Pensioni a 70 anni (articolo 25). Salta il biennio Amato, che consentiva ai docenti il fuoro ruolo per due anni. Con l'entrata in vigore quindi delle nuove norme, i professori ordinari andranno in pensione a 70 anni, mentre gli associati a 68.
Premi alle università (articolo 5, comma 3). Bisognerà introdurre un sistema di accredito delle sedi e dei corsi di studio e di dottorato, utilizzando specifici indicatori definiti dall'Anvur. L'obiettivo è evitare che si creino insegnamenti e strutture non necessarie. L'efficienza dell'ateneo sarà valutata, periodicamente, dall'Anvur. Due gli indicatori principali: qualità della ricerca e della didattica. Ai migliori, arriveranno più soldi dal fondo di finanziamento ordinario. Per chi riporterà voti bassi, invece, la cinghia si ristringe.
Politiche di reclutamento (articolo 5, comma 5). Prevista l'attribuzione di una quota non superiore al 10% del fondo di finanziamento ordinario correlata a meccanismi di valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei, elaborati dall'Anvur.
Principi ispiratori della riforma (articolo 1). Si chiarisce che gli atenei sono, prima di tutto, sedi di libera formazione e strumento per la circolazione del sapere. Nel loro operare poi sono tenuti a rispettare i principi di autonomia e di responsabilità (finanziaria, scientifica, didattica), anche sperimentando, in accordo con Viale Trastevere, nuovi modelli organizzativi e funzionali e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica. Disco verde anche ad accordi su base interregionale tra atenei. Il diritto allo studio per tutti e il merito vanno promossi e valorizzati. Finisce l'era dei finanziamenti "pioggia": le università saranno valutate e le risorse pubbliche assegnate in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi strategici per il sistema e le sue componenti.
Progetti di ricerca (articolo 20). La norma dispone la sperimentazione triennale della tecnica di valutazione fra pari per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (First). La valutazione deve essere svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all'estero (mentre nel testo precedentemente approvato dal Senato si parlava di professionisti e non di studiosi). Si prevede anche che i membri del comitato - chiamato a valutare i progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore a 40 anni - debbano essere "in maggioranza" di età inferiore a 40 anni.
Qualità sistema universitario (articolo 13). Si fa riferimento alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche. E si prevede che gli incrementi premianti siano disposti annualmente con decreto di viale Trastevere, in misura compresa fra lo 0,5% e il 2% del fondo di funzionamento.
Ricercatori a tempo determinato (articolo 24). Per i ricercatrori sono previsti contratti a tempo determinato, di tipo "tenure track". Di due tipi. Contratti di durata triennale, prorogabili per due anni per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità e criteri definiti con decreto del ministero dell'Istruzione (per la cui emanazione non è previsto un termine). I contratti possono essere stipulati con lo stesso soggetto anche in sedi diverse. La seconda tipologia, sono contratti triennali non rinnovabili riservati ai candidati che abbiano usufruito già dei contratti del primo tipo, oppure abbiano usufruito di assegni di ricerca per tre anni (anche non consecutivi) o di borse post-dottorato, oppure di contratti o borse presso atenei stranieri. Questo secondo tipo di contratto è stipulato esclusivamente con il regime del tempo pieno, mentre i contratti del primo tipo possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito, con un impegno annuo complessivo pari a 350 ore per il tempo pieno e a 200 ore per il tempo definito. Si prevede poi che nel terzo anno di questa tipologia di contratto l'università, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuti il titolare del contratto che abbia conseguito l'abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, dando pubblicità alla procedura sul proprio sito. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti internazionalmente individuati con un apposito regolamento di ateneo. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato.In ogni caso, la durata complessiva dei rapporti instaurati con il medesimo soggetto, titolare degli assegni di ricerca e dei contratti a tempo determinato, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici non può essere superiore a 12 anni, escludendo i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute. I contratti non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli: il loro espletamento, però, costituisce titolo preferenziale nei concorsi per l'accesso alle pubbliche amministrazioni.
Riconoscimento crediti (articolo 14). Scende da 60 a 12 il numero massimo dei crediti formativi. Il riconoscimento deve essere effettuato esclusivamente sulle competenze dimostrate da ciascun studente. Sono escluse forme di riconoscimento attribuite "collettivamente". Sono previste deroghe in relazione a particolari esigenze degli istituti di formazione della pubblica amministrazione, sentiti i ministeri competenti. Le università possono riconoscere crediti formativi agli studenti che hanno conseguito medaglie olimpiche e nazionali.
Rientro cervelli (articolo 29, comma 20). Si prevede che il servizio prestato in Italia da parte di studiosi impegnati all'estero richiamati nell'ambito dei cosiddetti piani di rientro dei cervelli, sia riconosciuto per 2/3 ai fini della carriera e per intero, a domanda e con onere a carico del richiedente, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Il comma riporta anche le modalità di copertura dell'onere, valutato in 340mila euro annui a decorrere dal 2011.
Riordino contabilità atenei (articolo 5, comma 4). In arrivo un nuovo sistema di contabilità economico-patrimoniale, che renda più chiari i bilanci. Dovrà essere realizzato in accordo con il Mef e con la Crui. Si dovrà, poi, adottare un piano economico-finanziario triennale al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell'ateneo. Le spese per l'indebitamento e quelle per il personale di ruolo e a tempo determinato dovranno avere un tetto massimo. Spazio, anche, a un costo standard unitario di formazione per studente in corso. Giro di vite, poi, in caso di dissesto finanziario. In caso di declaratoria di dissesto, bisognerà predisporre entro 180 giorni un piano di rientro che dovrà essere approvato da Via XX settembre e da attuare al massimo entro 5 anni. Se non si fa o non viene approvato, scatta il commissariamento. Si prevede, comunque, un fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei.
Scatti di stipendio (articoli 8 e 29, comma 19). Passano da biennali a triennali gli scatti di stipendio. Viene cancellato il periodo di straordinario, per i docenti di prima fascia, della conferma (per quelli di seconda fascia) e vengono eliminate le procedure di ricostruzione di carriera e conseguente rivalutazione del trattamento iniziale. Prevista la possibilità per i docenti nominati secondo il regime previgente di optare per il nuovo regime. Per gli scatti meritocratici, dovranno essere stanziati 18 milioni per il 2011, 50, ciascuno, per il 2012 e 2013.
Stabilizzazione ricercatori (articolo 29, comma 9). A valere sugli 800 milioni di risorse in più che arriveranno dal 2011 al fondo di funzionamento ordinario per effetto della legge di stabilità appena approvata, è riservata una quota non superiore a 13 milioni l'anno per il 2011, a 93, per il 2012, e a 173 per il 2013, per la chiamata di professori associati.
Settori scientifico-disciplinari (articolo 15). Andranno rivisti entro 60 giorni dall'entrata in vigore delle nuove norme contenute nel ddl di riforma. Scenderanno dagli attuali 370 a circa la metà, con una consistenza minima di almeno 50 professori di prima fascia in ciascun settore. A regime, saranno necessari almeno 30 professori di prima fascia. I settori concorsuali e quelli scientifico-disciplinari saranno rivisti con cadenza quinquennale.
Università non statali (articolo 12). Al fine di incentivare la correlazione tra la distribuzione delle risorse statali e il conseguimento di risultati di rilievo nella didattica e nella ricerca, è previsto che una quota non superiore al 20% dei contributi stabiliti dalla legge 243/1991, relativi agli atenei non statali legalmente riconosciuti, sia ripartita sulla base dei criteri stabiliti dall'Anvur. Gli incrementi sono disposti annualmente con decreto di viale Trastevere, in misura compresa fra il 2% e il 4 per cento. La misura dell'incremento è determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti. Queste previsioni non si applicano alle università telematiche, a meno che non siano ricomprese in un decreto dell'Istruzione.
Valorizzazione professori e personale (articolo 6). Professori e ricercatori, anche a tempo determinato, devono entrare in aula e tenere lezioni o seminari. L'impegno viene misurato in 1.500 ore annue, di cui, almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti, se rientrano nel regime di tempo pieno. Si scende a 250 ore per quello di tempo definito. Si prevede poi che i ricercatori a tempo indeterminato, gli assistenti del ruolo a esaurimento e i tecnici laureati, che hanno svolto tre anni di didattica, oltre che i professori incaricati stabilizzati, possano svolgere con il loro consenso: corsi, moduli curriculari, attività di tutoraggio e di didattica integrativa. Acquisiscono il titolo di professore aggregato ma solo per l'anno accademico in cui svolgono tali corsi, pur mantenendo però il trattamento economico originario. Ma conservano il titolo di professore aggregato anche nei periodo di congedo straordinario. L'opzione per il tempo pieno o definito si sceglie all'atto di presa in servizio. Nel caso di passaggio dall'uno all'altro regime serve una domanda da presentare almeno sei mesi prima dell'inizio dei corsi. Viene rimessa poi al regolamento di ateneo l'individuazione delle modalità per certificare l'effettivo svolgimento delle attività didattiche e di servizio agli studenti da parte dei professori e ricercatori. In ogni caso viene fatta salva la competenza esclusiva dell'ateneo a valutare i propri docenti. E in caso di giudizio negativo, scatta l'esclusione dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale, oltre che dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca. Sul fronte delle incompatibilità poi si conferma che la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio e dell'industria. È fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari (Dlgs 297/1999). L'attività a tempo pieno è però incompatibile con l'esercizio di attività libero-professionale. Quella a tempo definito no, salvo conflitti d'interesse. Si prevede poi che i docenti a tempo pieno possano svolgere (anche retribuiti) attività lezioni e seminari a carattere occasionale, attività pubblicistiche ed editoriali, consulenze. Serve invece il nulla osta del rettore per svolgere ricerche o ricoprire incarichi presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro: sempre che non ci siano conflitti di interesse. Se c'è l'accordo tra università, i docenti a tempo pieno possono svolgere attività didattica e di ricerca presso altri atenei. Gli accordi in ambito sanitario dovranno essere definiti d'intesa con le regioni. Professori e ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul loro operato, con la richiesta di scatto stipendiale. Se il giudizio dell'ateneo è negativo la richiesta dello scatto può essere rinnovata dopo un anno. I soldi per il mancato scatto vanno nel fondo per premiare i docenti.

Eugenio Caruso

2 dicembre 2010

Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda a
E. Caruso, L'estinzione dei dinosauri di stato.

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