I compiti della leadership nella gestione del personale dell'impresa. Il punto di vista di John Kotter.

Impegnati ad avere degli amici, perchè sono buoni in tempi, luoghi e casi che tu non penseresti.

Francesco Guicciardini


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I compiti della leadership

Assodato che un moderno stile di gestione del personale di un'impresa ruota attorno alla figura del leader è necessario individuare i compiti di una leadership che voglia affrontare le turbolenze del mercato, abbandonando la navigazione a vista, ma affidandosi al controllo di alcuni parametri.
Analizzeremo una serie di compiti che competono alla leadership e che, come si potrà capire, non si conciliano con la gestione ordinaria dell'impresa. In un circolo virtuoso, quanto più un imprenditore si libera di impegni operativi affidati a collaboratori responsabilizzati, tanto più potrà occuparsi del futuro della sua impresa.
Un leader capace dovrà individuare i compiti più consoni alle necessità della propria impresa e più adeguati alla creazione di valore; per ciascun compito vedremo quale dovrà essere l'impatto sui collaboratori.

Compito del leader è possedere la vision che gli consenta di indicare la direzione verso la quale sviluppare l'impresa e di dare un senso reale e fondato alle azioni di ciascun collaboratore.
La vision deve, ovviamente, essere associata a ipotesi concrete e dimostrabili e alla capacità di essere comunicata in modo trasparente e facile in modo che i collaboratori:

  • Accettino i valori e le norme che la vision richiede.
  • Possano riconoscere e capire il ruolo che dovranno svolgere nell'impresa intesa come squadra..
  • Riescano ad utilizzare al meglio le proprie potenzialità.
  • Siano motivati e determinati ad assumersi responsabilità.
  • Siano coinvolti emotivamente nel conseguimento degli obiettivi dell'impresa.
  • Siano facilitati ad operare secondo i princìpi della qualità totale.

Giova sottolineare che la realizzazione di vision particolarmente ambiziose infonde energia nei collaboratori, non solo perché li spinge nella direzione giusta, ma anche perché soddisfa alcuni bisogni primari: appagamento, appartenenza, riconoscimento, autostima.

La mission è la ragion d'essere di un'azienda e deve essere pensata dalla leadership in modo che ciascun collaboratore, pur con diversi gradi di approfondimento, sia in grado di dare risposte precise alle seguenti domande.

  • Qual è la ragion d'essere della nostra impresa.
  • Qual è il nostro mercato.
  • Quali sono i nostri principali clienti.
  • Quali sono i nostri principali prodotti.
  • Quali sono le fonti del nostro vantaggio competitivo.
  • Qual è la nostra politica di marketing.
  • Quali sono i valori reali della nostra impresa.

Si tratta, quindi, della descrizione del business, della tipologia dei prodotti o dei servizi, dei mercati, delle tecnologie, dei valori fondamentali e delle priorità strategiche di medio termine dell'impresa.
La leadership deve assicurarsi che la mission aziendale soddisfi i seguenti requisiti.

  • Sia enunciata in modo chiaro e visibile.
  • Contenga le regole fondamentali della vita aziendale.
  • Sia rispettata da tutti.
  • Tenga conto della soddisfazione dei collaboratori.

La leadership dovrà operare perché la propria impresa raggiunga l'eccellenza grazie a competenze distintive che le consentano di essere diversa dalle altre.
Come già ampiamente descritto in letteratura, uno degli elementi del vantaggio competitivo di un'impresa è la differenziazione; questa caratteristica può essere acquisita grazie al costante sviluppo delle competenze dell'impresa.

Le competenze distintive, generalmente:

  • Non sono tangibili,
  • Sono nel dna dell'impresa,
  • Si sviluppano tramite informazione e conoscenza,
  • Sono un insieme di componenti che creano "autostima di impresa",
  • Nascono e si rafforzano grazie allo "spirito di squadra".

Compito della leadership è quello di porsi le seguenti domande.

  • Qual è il principale know-how dell'impresa.
  • Qual è il maggiore potenziale conoscitivo dell'impresa.
  • In che cosa la nostra impresa è migliore della concorrenza.
  • Il nostro prodotto mette in evidenza le competenze distintive dell'impresa.
  • Quali sono le fonti che ci hanno fatto acquisire quelle competenze.
  • Come possono essere rafforzate quelle fonti
  • Quale altra opportunità di business può nascere per l'impresa dal nostro know-how.
  • Tutti gli stakeholder sono consci di queste nostre competenze.

La leadership dovrà preoccuparsi, inoltre, di sviluppare nell'impresa le competenze emotive che consentono, sia di trasmettere ai collaboratori cuore, entusiasmo (si potrebbe dire "lavorare divertendosi"), senso di appartenenza, spirito di sacrificio, sia di evitare la caduta nel buco nero della routine, della de-responsabilizzazione, della burocratizzazione, del disimpegno emotivo.

La leadership secondo Kotler

John Kotter, un guru della gestione d’impresa, ha illustrato la sua visione della leadership in numerose pubblicazioni e conferenze.
Sostiene Kotter «E’ nei momenti di transizione e di difficoltà, quando diventa complicato capire dove va il mondo, che i leader sono veramente necessari, per dare quel colpo di timone che introduce al cambiamento. Se l’economia va bene, la congiuntura è stabile e le cose vanno avanti da sole, c’è meno bisogno di gente che sappia comandare. E’ qui che l’educazione alla leadership diventa importante. Ma per educare le persone alla leadership ci vuole molto tempo. L’ideale sarebbe incominciare dagli anni del liceo, introducendo corsi, per ragazzi di quell’età, sulle caratteristiche e le qualità di un leader, e soprattutto, sul principio base della leadership che è la gestione del cambiamento».
La mia esperienza lavorativo dice  invece che, spesso, paradossalmente, al top management di regola si chiede il contrario. Un amministratore delegato è considerato bravo se sa inserirsi al vertice dell’impresa senza creare problemi e se è in grado di gestire l’esistente, valorizzando al massimo gli asset che l’impresa possiede.
Sostiene, invece, Kotter «Il mondo, oggi, è sottoposto a enormi cambiamenti: le nuove tecnologie e la globalizzazione sono i due elementi principali del cambiamento, ma io, in una recente ricerca ho identificato ben 53 elementi responsabili del cambiamento, tutti molto importanti. Il pianeta ha superato i sei miliardi di abitanti e il gap tra quello che abbiamo e ciò di cui avremmo bisogno domani cresce ogni giorno di più. E’ chiaro che in queste circostanze un’impresa ferma non può sopravvivere».
Secondo Kotter un buon leader deve prendere la situazione in mano e introdurre i cambiamenti necessari a fronteggiare le nuove condizioni in cui l’impresa si trova a operare.
Secondo Kotter esistono otto passaggi fondamentali perché un leader riesca a tenere il timone del cambiamento:

  1. Creare un senso di urgenza nei propri collaboratori.
  2. Mettere insieme una buona squadra.
  3. Sviluppare una nuova strategia.
  4. Comunicare a tutti la nuova strategia.
  5. Eliminare le barriere che ostacolano la realizzazione della strategia.
  6. Ottenere qualche rapido successo.
  7. Continuare a tenere sottopressione i collaboratori.
  8. Mantenere il nuovo corso con fermezza facendolo diventare parte della cultura dell’impresa.

Se questa sequenza funziona nei tempi giusti, l’impresa saprà adattarsi alle trasformazioni in atto, altrimenti finirà con il soccombere.

 

I veri leader si circondano di persone motivate e capaci

Per fare prosperare un'impresa o qualsiasi organizazione il leader non deve solo saper scegliere, ma anche formare i propri collaboratori e farli crescere. Per riuscire deve occuparsi di loro, motivarli, metterli alla prova, correggerli, farli riprovare in caso di insuccesso.

Nella mia lunga esperienza professionale ho visto, peraltro, molti "capi" che tendono a concentrare tutto nelle proprie mani. Assegnano ai collaboratori compiti limitati, specifici, fornendo poche informazioni e limitandone l'autonomia.

I capi che si comportano in questo modo possono essere dei mediocri, non sanno affrontare e risolvere i probblemi e non sanno decidere. Non delegano perché temono che i collaboratori possano superarli, che qualcuno di loro possa offuscare il loro ruolo ed, eventualmente pretenderne il posto. Invidiano chiunque emerga e perciò lo frenano, lo mettono in disparte, ne ostacolano le iniziative. Questi comportamenti sono molto frequenti nella pubblica amministrazione dove molti capi hanno quell'incarico per "meriti politici o sindacali".

Esistono però anche capi che pur essendo capaci, attivi ed energici non delegano e non insegnano. Di solito lo fanno perché non hanno fiducia negli "altri", sono sospettosi, vedono dovunque fannulloni e temono che se i collaboratori dovessero sbagliare ne andrebbe di mezzo il prestigio dell'impresa o la credibilità del capo. Vogliono, pertanto, circondarsi di esecutori, non di collaboratori, sottovalutando gli "altri" e sopravvalutando se stessi. Sono autoritari, vogliono essere gli unici protagonisti, ma spesso falliscono perché perdono tempo in questioni di dettaglio e trascurano le strategie. Per le loro imprese ho coniato l'espressione di organizzazione a raggiera. Al centro della raggiera c'è, ovviamente, il capo.

Ci sono poi i capi che non fanno crescere i propri collaboratori perché pensano solo a se stessi; più del futuro e dello sviluppo dell'impresa o dell'organizzazione che dirigono vogliono il successo personale e l'attenzione della gente. Non pensano a cosa succederà dopo, non vogliono un continuatore né un erede.

Chi si preoccupa, allora, di far crescere i suoi, di formarli, di farli diventare dei capi? Solo chi si sente tanto forte da poter aiutare gli altri, solo chi pensa più all'impresa o all'organizzazione che a se stesso e si considera uno strumento di guida e di orientamento al fine di far crescere l'impresa e farla vivere a lungo.

Eugenio Caruso

Per approfondire le caratteristiche che dovrebbero distinguere l'impresa moderna si rimanda al seguente successo editoriale: L'impresa in un mercato che cambia.

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